Gazzetta n. 73 del 28 marzo 2000 (vai al sommario)
MINISTERO DELLA SANITA'
DECRETO 1 marzo 2000
Adozione del progetto relativo al piano nazionale sangue e plasma per il triennio 1999-2001.

IL MINISTRO DELLA SANITA'
di concerto con
IL MINISTRO DEL TESORO, DEL BILANCIO
E DELLA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA

Vista la legge 4 maggio 1990, n. 107, recante la "Disciplina della attivita' trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati";
Visto in particolare l'art. 12, comma 5 di detta legge, che demanda al Ministro della sanita', nell'ambito del "Piano sanitario nazionale", la definizione di un progetto specifico per le attivita' trasfusionali;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, recante "Approvazione del Piano sanitario nazionale per il triennio 1998-2000", con particolare riguardo al relativo obiettivo V, laddove e' previsto, fra gli altri, il traguardo dell'autosufficienza del sangue e degli emoderivati", in coerenza con le raccomandazioni in materia espresse dal Consiglio d'Europa;
Visto l'art. 1, comma 11, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come sostituito dall'art. 1 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, recante "Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale", a norma dell'art. 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419";
Visto l'art. 9 del decreto legislativo 27 agosto 1997, n. 281, concernente in particolare le funzioni della conferenza Stato-citta' ed autonomie locali unificata, per le materie ed i compiti di interesse comune, con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;
Preso atto dell'intesa raggiunta nell'ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, unificata con la conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, nella seduta del 2 dicembre 1999;

Decreta:

E' adottato il "Piano nazionale sangue e plasma per il triennio 1999-2001", nel testo di cui all'intesa fra Stato e conferenza unificata, allegato come parte integrante del presente decreto.
Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 1 marzo 2000
Il Ministro della sanità
Bindi Il Ministro del tesoro, del bilancio
e della programmazione economica
Amato
 
II PIANO NAZIONALE SANGUE E PLASMA (1999-2001)

1. ANALISI DEI RISULTATI DEL PRIMO PIANO NAZIONALE
SANGUE E PLASMA (1994-1996)

Il Piano nazionale sangue e plasma per il triennio 1994-1996 (PNSP 1994-1996) prevedeva la completa applicazione della normativa sulle attivita' trasfusionali scaturita dalla promulgazione della legge n. 107/1990. In particolare gli obiettivi specifici del PSPN 1994-1996 erano:
il raggiungimento della autosufficienza;
la riorganizzazione dei servizi trasfusionali e l'avviamento del modello organizzativo previsto dalla legge n. 107/1990 con la sperimentazione del modello dipartimentale;
l'attuazione della pratica del buon uso del sangue.
Purtroppo a numerosi anni dall'emanazione della legge n. 107/1990 e del Piano nazionale sangue e plasma 1994-1996 gli obiettivi previsti sono stati solo parzialmente conseguiti ed in maniera difforme sul territorio nazionale in conseguenza del fatto che molte delle previsioni in tali atti non hanno trovato una concreta applicazione.
In particolare le carenze di tipo attuativo si riscontrano nella attivazione di adeguati strumenti di coordinamento e di governo del sistema, nella razionalizzazione della rete trasfusionale, nella definizione di un efficace meccanismo di compensazione tra le regioni e le aziende sanitarie, nella definizione chiara dei rapporti con le aziende di frazionamento del plasma e nel rafforzamento del ruolo delle associazioni del volontariato, soprattutto nelle regioni carenti.
Il Dipartimento della programmazione del Ministero della sanita' ha completato una verifica relativa alla applicazione della legge n. 107/1990 e del Piano nazionale sangue e plasma 1994-1996 nelle diverse regioni, la tabella I ne sintetizza le conclusioni.
La valutazione dei dati del Registro nazionale sangue e plasma elaborati dall'Istituto superiore di sanita' consente di effettuare le considerazioni che seguono. 1.1 Autosufficienza.
Il numero di donatori risulta consistente (1.251.862 secondo i dati del Registro nazionale sangue e plasma 1996), ma con distribuzione disomogenea: maggiore la presenza nelle regioni del nord, meno nelle regioni del sud ove e' molto elevata la quota di donatori occasionali.
Il numero di donazioni e' in modesto esubero al centro-nord (si segnala un eccedenza di 111.626 unita', se calcolata sulla base dell'indice di 40 unita' per 1000 abitanti) e deficitario al centro-sud (mancanza di 227.714 unita' con un indice di 30 unita' per 1000 abitanti).
E' stato raggiunto l'obiettivo del 90% di separazione delle unita' di sangue.
Il Piano nazionale sangue e plasma 1994-1996 si proponeva di raggiungere una disponibilita' di plasma di 800.000 litri/anno: nel 1996 ne sono stati prodotti 564.134 (28% da aferesi), pari al 70% dell'obiettivo, di cui 406.830 (77%) avviati al frazionamento. La dipendenza dal mercato internazionale per i farmaci plasmaderivati risulta, pero', piu' elevata (60% circa) perche' e' ancora elevato il consumo di plasma per uso clinico (23%). Molto carente la situazione al centro-sud. 1.2 Riorganizzazione dei servizi trasfusionali.
La meta' circa delle regioni ha provveduto ad adottare un piano sangue regionale. Le strutture trasfusionali risultano essere 380 sul territorio nazionale, numero verosimilmente troppo elevato, e le esperienze dipartimentali sono limitate a poche regioni, anche se previste nei piani regionali piu' recenti.
I compiti istituzionali del Centro regionale di coordinamento e compensazione sono spesso disattesi o espletati in maniera impropria.
Le strutture di coordinamento a livello nazionale sono insufficienti e non e' previsto un intervento di controllo e sostitutivo nei confronti delle regioni inadempienti. 1.3 Attuazione della pratica del buon uso del sangue.
Esiste sul territorio una rilevante eterogeneita' sia nell'ambito delle attivita' produttive (raccolta, lavorazione, controllo e distribuzione degli emocomponenti), sia in quelle di medicina trasfusionale piu' strettamente legate alla attivita' ospedaliera.

Tabella I
INDAGINI CONOSCITIVE SULLE ATTIVITA' TRASFUSIONALI - ANNI 1995-1996
Verifiche compiute presso gli Assessorati alla sanita' ----> vedere TABELLA <----
2. OBIETTIVI GENERALI DEL PIANO NAZIONALE SANGUE E PLASMA
PER GLI ANNI 1999-2001

La terapia trasfusionale, nelle Nazioni economicamente avanzate, non e' mai stata cosi' sicura come oggi anche se nella percezione della popolazione e' considerata, a torto, un evento ad alto rischio. Essa, peraltro, e' fondamentale per gli ammalati critici delle seguenti aree:
urgenza - emergenza;
trapianti di organo;
cardiochirurgia e altri interventi di alta chirurgia;
ematologia;
oncologia.
Senza un supporto trasfusionale adeguato non si potrebbero raggiungere successi terapeutici per gli ammalati affetti dalle patologie suddette. La terapia trasfusionale e' quindi da considerare come una necessita' routinaria nell'attivita' ospedaliera quotidiana, pertanto una buona organizzazione sanitaria deve mantenere un costante afflusso di donatori per garantirne la corretta applicazione.
Gli obiettivi generali del Piano nazionale sangue e plasma 1999-2001, traggono spunto dalla esperienza condotta a partire dalla legge n. 107/1990 e dal suo processo di revisione attualmente in atto, dal bilancio dei risultati conseguiti dal Piano nazionale sangue e plasma 1994-1996, dalle raccomandazioni dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa in materia trasfusionale nonche' dalle indicazioni del Piano sanitario nazionale per il triennio 1998-2000. 2.1 Autosufficienza.
Gli organismi dell'Unione europea hanno indicato, con diversi provvedimenti, gli obiettivi generali che ciascun Stato membro deve realizzare nel settore trasfusionale. In particolare, l'autosufficienza nazionale di sangue, emocomponenti ed emoderivati basata sulla donazione volontaria, periodica e non remunerata, l'autosufficienza europea e la predisposizione di iniziative per la cooperazione internazionale. Ai fini del raggiungimento della autosufficienza riveste particolare importanza la formazione di una cultura sulla sicurezza del sangue e dei suoi derivati. Pertanto e' fondamentale attuare la diffusione di informazioni corrette ed adeguate a livello della popolazione che si vuole raggiungere (popolazione generale, gruppi particolari, professionisti della materia, insegnanti, politici), in linea con la risoluzione 95/C 164/01 del Consiglio dell'Unione europea del 2 giugno 1995.
In Italia le attivita' trasfusionali sono disciplinate da una legge quadro (legge 4 maggio 1990, n. 107) e da numerosi decreti attuativi. La legge definisce il modello organizzativo generale del sistema trasfusionale individuando le principali istituzioni coinvolte nel raggiungimento degli obiettivi della stessa e stabilendo, per ciascuna di esse, ruoli e competenze.
La legge prevede quali strumenti attuativi specifici la definizione, a livello nazionale, del Piano nazionale sangue e plasma e, a livello di ciascuna regione, atti programmatori specifici (piani regionali sangue e plasma).
Nella definizione dei piani nazionale e regionali e' necessario tenere conto degli aspetti fortemente innovativi introdotti dal decreto legislativo n. 502/1992 e successive modifiche che comportano significative correzioni rispetto alla legge n. 107/1990, in merito alle autonomie aziendali, al modello organizzativo e agli aspetti finanziari.
Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 riconosce nell'autosufficienza di sangue, emocomponenti ed emoderivati un interesse di carattere nazionale non frazionabile.
I criteri per la definizione dei livelli di autosufficienza devono essere stabiliti non solo attraverso l'aumento della produzione di emocomponenti, ma anche attraverso lo sviluppo di politiche di buon uso del sangue, degli emocomponenti e degli emoderivati volte a dimensionare sempre piu' i consumi entro parametri terapeutici corretti, nonche' attraverso la riqualificazione dei sistemi di produzione e degli standard di prodotto e l'utilizzo razionale di alternative alla trasfusione omologa (autotrasfusione, farmaci da ingegneria genetica).
L'obiettivo dell'autosufficienza a livello nazionale deve quindi considerare:
gli aspetti contraddittori di carattere economico e gestionale dovuti alla opportunita' di attuare economie di scala, coordinamenti e compensazioni a livello regionale e nazionale che non possono essere confinati ad uno scenario di programmazione di singole aziende sanitarie;
i diversi compiti, di tipo programmatorio, gestionale e di controllo, che investono la competenza delle autorita' nazionali e regionali;
la identificazione appropriata dei fabbisogni teorici e il loro confronto con i fabbisogni reali;
il corretto impiego della risorsa sangue, assumendo a pratica costante la trasfusione mirata con emocomponenti e plasmaderivati;
la diffusione di programmi attuativi di terapie alternative all'uso di sangue omologo, quali l'autotrasfusione e la terapia farmacologica;
la ponderata attivazione di programmi di plasmaferesi produttiva;
il flusso e lo scambio delle informazioni (informatizzazione) ai diversi livelli (aziendale, regionale, nazionale);
il coordinamento organizzativo a livello regionale e interregionale ai fini della compensazione;
la regolamentazione degli scambi e il sistema del finanziamento;
il coinvolgimento specifico del volontariato, soprattutto nelle regioni che non hanno raggiunto l'autosufficienza attraverso le donazioni periodiche. 2.2 Razionalizzazione del modello organizzativo.
Il processo di riorganizzazione delle strutture trasfusionali regionali, inteso come ridefinizione del numero delle strutture e delle funzioni ad esse attribuibili, e' stato avviato gia' con l'emanazione del Piano sangue e plasma nazionale 1994/1996 tenendo conto non soltanto delle indicazioni della legge n. 107/1990, ma anche di tre fondamentali eventi organizzativi introdotti dal decreto legislativo n. 502/1992 e successive modifiche:
a) il processo di riorganizzazione della rete ospedaliera pubblica e privata;
b) il sistema urgenza/emergenza;
c) l'ampliamento dell'ambito territoriale delle Aziende sanitarie locali (ASL).
La struttura trasfusionale e' chiamata ad assolvere compiti che rispondono sia ad esigenze di carattere intra-aziendale (o di servizio in riferimento alle specifiche necessita' di medicina trasfusionale di ogni singolo ospedale di appartenenza), che ad esigenze sovra-aziendali (o produttive in riferimento alle problematiche della autosufficienza; della compensazione, delle attivita' diagnostiche e terapeutiche di secondo livello, ecc.). Cio' posto, e' necessario che la sua organizzazione sia prevista su base territoriale ampia, di norma provinciale, in modo da garantire la gestione di tutta la materia (attivita' di raccolta, produzione, conservazione e distribuzione di emocomponenti, nonche' tutte le attivita' di medicina trasfusionale) assicurando livelli omogenei di qualita' e di sicurezza operativa e livelli assistenziali essenziali e uniformi nelle strutture ospedaliere del territorio di competenza che non potrebbero essere altrimenti garantiti da una eccessiva parcellizzazione delle strutture trasfusionali.
Il presente Piano deve quindi poter identificare modalita' in virtu' delle quali il sistema trasfusionale del Paese costituisca contemporaneamente lo strumento della realizzazione degli obiettivi aziendali - la cui organizzazione e' direttamente correlata alla complessita' della rete ospedaliera e del territorio di competenza - e lo strumento della realizzazione degli obiettivi della programmazione nazionale e regionale per cio' che attiene le attivita' volte a garantire la costante disponibilita' di sangue e suoi prodotti.
Pertanto l'organizzazione dipartimentale, cosi' come prevista dal decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni nonche' dal Piano sangue e plasma nazionale 1994-1996, costituisce un prezioso strumento per la razionalizzazione del modello organizzativo a livello locale delle strutture trasfusionali. 2.3 Sicurezza trasfusionale.
Una ulteriore indicazione di rilievo degli organismi comunitari e' che le politiche trasfusionali nei diversi Paesi siano finalizzate al conseguimento della massima riduzione possibile del rischio trasfusionale.
Devono, quindi, essere focalizzati tutti gli aspetti legati alla promozione della donazione volontaria e non remunerata, alla selezione del donatore, alla tutela della sua salute, alla valorizzazione dell'associazionismo volontario in quanto promotore di stili di vita e modelli di comportamento tali da favorire la salute ed il benessere del ricevente.
Parte essenziale della sicurezza trasfusionale e' la responsabilizzazione di tutte le istituzioni sanitarie, centrali e regionali, in merito all'attivazione di standard e sistemi operativi che consentano la verifica sistematica della sicurezza e dell'efficacia terapeutica del sangue e dei suoi prodotti. 2.4 Sviluppo scientifico e tecnologico.
Il sistema donazione/trasfusione ha dimostrato una grande capacita' di adeguarsi ai rapidi progressi che hanno caratterizzato negli ultimi 20 anni il campo delle conoscenze nell'ambito della medicina trasfusionale, dell'ematologia, delle malattie infettive e trasmissibili.
La circolazione delle informazioni e delle conoscenze, la predisposizione degli strumenti di istruzione, di apprendimento e di verifica devono essere parte essenziale del Piano nazionale sangue e plasma 1999-2001. 2.5 Qualita' efficienza ed economicita' di gestione delle strutture trasfusionali.
L'esperienza in Italia, e anche negli altri Paesi europei, ha dimostrato che il mancato coordinamento delle diverse funzioni necessarie alla conduzione di una efficiente politica sanitaria nel campo trasfusionale comporta la dispersione di risorse rilevanti, la perdita di qualita' della struttura trasfusionale e, conseguentemente, la diminuzione degli standard di sicurezza.
La predisposizione di un adeguato modello organizzativo che consenta la ottimizzazione delle risorse e' condizione essenziale per la programmazione di un servizio che, di per se', rappresenta un rilevante impegno anche economico-finanziario. 2.6 Politica sociale in campo trasfusionale.
Lo Stato garantisce l'accesso a tutti i prodotti terapeutici derivati dal sangue alle condizioni piu' favorevoli per effettuare le terapie piu' appropriate. Questo obiettivo puo' essere conseguito distribuendo gratuitamente al cittadino il sangue ed i suoi prodotti ottenuti dal Servizio trasfusionale nazionale.
Lo Stato inoltre garantisce al cittadino un adeguato indennizzo in caso di danno biologico direttamente o indirettamente correlato con l'assunzione di prodotti derivati dal sangue. A tale fine nel presente Piano si individuano azioni organizzative volte a rendere piu' rapida ed appropriata l'azione amministrativa.
Lo Stato promuove altresi' iniziative di educazione sanitaria sintoniche con gli obiettivi enunciati dal Piano sangue nazionale ed ispirate a quelle proposte per l'anno 2000 dall'Organizzazione mondiale della sanita' per le nazioni appartenenti alla Regione europea 2.7 Autosufficienza europea ed iniziative per la cooperazione internazionale.
Le costanti preoccupazioni sulla qualita', la sicurezza e l'efficacia del sangue e dei prodotti emoderivati nella Unione europea hanno spinto il Consiglio dell'Unione europea a raccomandare agli Stati membri l'elaborazione di una strategia comune in materia e ad intraprendere azioni volte ad armonizzare la regolamentazione e l'organizzazione del settore trasfusionale al fine di migliorare la fiducia dei cittadini nella sicurezza del sistema donazione-trasfusione e promuovere l'autosufficienza a livello comunitario.
Il presente Piano pone tra i suoi obiettivi prioritari l'adeguamento delle normative in tema di selezione e di vigilanza in armonia alle indicazioni della Unione europea e del Consiglio d'Europa.
3. COMPITI E FINALITA' DEL PIANO NAZIONALE
SANGUE E PLASMA 1999-2001 IN RIFERIMENTO
ALLE DIVERSE COMPONENTI

3.1 Donatori.
Il volontariato rappresenta una componente essenziale del sistema trasfusionale in ragione delle istanze etiche di cui e' portatore.
Il Piano deve valorizzare, in modo precipuo, il ruolo del volontariato per quelle funzioni che sono specificamente affidate dalla legge n. 107/1990. In particolare dovranno essere sviluppate azioni finalizzate al coinvolgimento del volontariato sui seguenti aspetti:
a) programmazione dell'autosufficienza, con predisposizione di strumenti idonei a diffondere la cultura della solidarieta', a promuovere la donazione di sangue ed emocomponenti in forma volontaria, anonima, periodica e non remunerata. Deve essere considerato obiettivo del presente Piano nazionale sangue e plasma la progressiva eliminazione della donazione occasionale e di quella "dedicata";
b) promozione, insieme con le strutture trasfusionali, di un "progetto salute" in virtu' della funzione di osservatorio epidemiologico che e' possibile costituire sulla grande popolazione dei donatori: la conoscenza e la diffusione delle informazioni di carattere scientifico e medico possono promuovere nell'intera popolazione stili di vita e modelli di comportamento capaci di migliorare il livello di salute;
c) la raccolta associativa, laddove prevista dalla programmazione regionale, puo' costituire, se gestita con criteri di efficienza, un elemento di flessibilita' del sistema. Questa attivita' deve esplicarsi con modalita' coerenti con il piano annuale di produzione e le esigenze di sicurezza; pertanto dovra' realizzarsi nell'ambito dei sistemi di garanzia di qualita' e dei requisiti fissati per l'autorizzazione. 3.2 Ammalati.
A tutti gli utenti del Servizio sanitario e, in particolare, a coloro che debbono ricorrere a procedure trasfusionali deve essere garantita:
a) la sicurezza della terapia a loro necessaria;
b) la costante disponibilita' di sangue, emocomponenti, plasmaderivati;
c) la definizione di livelli essenziali ed uniformi di assistenza sull'intero territorio nazionale sia dal punto di vista strutturale che organizzativo;
d) l'informazione ampia e documentata che permetta di esprimere un reale consenso.
Inoltre deve essere prevista la partecipazione, in base al decreto ministeriale 5 novembre 1996, di un rappresentante delle Associazioni dei malati, ai Comitati per il buon uso del sangue, costituiti presso i presidi ospedalieri. 3.3 Operatori della medicina trasfusionale.
Il Piano deve predisporre gli strumenti per la formazione, la didattica, la ricerca clinica, la divulgazione scientifica delle attivita' di medicina trasfusionale, delle attivita' di prevenzione, diagnosi e cura delle malattie del sangue, delle attivita' finalizzate alla prevenzione, al controllo delle malattie trasmissibili con il sangue e gli emoderivati, al buon uso del sangue, degli emocomponenti e dei plasmaderivati e alla definizione e diffusione dei criteri della qualita' del servizio. 3.4 Ruolo delle Istituzioni.
Il Piano nazionale sangue e plasma 1999-2001 deve prevedere (a livello nazionale, regionale e di azienda sanitaria locale e ospedaliera) le modalita' attuative attraverso le quali ogni componente istituzionale coopera al conseguimento degli obiettivi del Piano stesso. Si deve evitare il rischio che orizzonti programmatori ristretti riducano le attivita' di medicina trasfusionale al soddisfacimento di esigenze locali e che, quindi, si pongano in contrasto con le necessita' di coordinamento e di compensazione che tutta la normativa del settore prevede su parametri nazionali e regionali. Particolare rilievo assumono, a tale riguardo, i compiti di coordinamento degli organi ministeriali e delle regioni.

4. AZIONI DA REALIZZARE
PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI DEL PIANO

Il Piano nazionale sangue e plasma per il triennio 1999-2001, una volta definiti gli obiettivi quali-quantitativi, dovra' individuare le strategie organizzative e le azioni da realizzare in relazione ai seguenti aspetti: 4.1 Azioni correlate all'obiettivo I:
Autosufficienza:
attivazione di un nuovo flusso informativo;
coordinamento programmatico tra Stato e regioni: piano di produzione annuale;
regolamentazione delle cessioni tra regioni e aziende sanitarie;
razionalizzazione del sistema di produzione e distribuzione di farmaci emoderivati;
razionalizzazione dei consumi. 4.2 Azioni correlate all'obiettivo II:
Razionalizzazione del modello organizzativo:
rafforzamento delle strutture di coordinamento organizzativo-gestionale e coordinamento tecnicoscientifico;
potenziamento dell'organizzazione per le funzioni attribuite all'Istituto superiore di sanita';
razionalizzazione ed organizzazione delle strutture trasfusionali: l'organizzazione dipartimentale;
organizzazione del sistema urgenza-emergenza;
rapporti di tipo organizzativo e di coordinamento tra strutture del servizio trasfusionale nazionale e strutture di volontariato. 4.3 Azioni correlate all'obiettivo III:
Sicurezza trasfusionale:
donazione volontaria, periodica, non remunerata;
standardizzazione;
attivazione e coordinamento del sistema ispettivo;
attivazione del sistema nazionale di emovigilanza. 4.4 Azioni correlate all'obiettivo IV:
Sviluppo scientifico e tecnologico:
sviluppo delle nuove tecnologie in campo trasfusionale;
proposizione di progetti di ricerca finalizzata;
formazione. 4.5 Azioni correlate all'obiettivo V:
Qualita', efficienza ed economicita' dei servizi trasfusionali:
accreditamento;
definizione di un sistema di garanzia di qualita';
razionalizzazione delle procedure trasfusionali.
attivazione di sistemi di monitoraggio sull'efficienza ed efficacia delle strutture trasfusionali. 4.6 Azioni correlate all'obiettivo VI:
Politica sociale in campo trasfusionale:
iniziative a sostegno dello sviluppo e delle funzioni istituzionalmente riconosciute alle associazioni e federazioni di volontariato del sangue, in particolare nelle regioni non autosufficienti;
gratuita' del sangue e dei suoi prodotti;
potenziamento delle strutture dedicate al riconoscimento del danno biologico;
prevenzione;
informazione e tutela dei cittadini;
sviluppo di iniziative per le realta' socio-sanitarie emergenti. 4.7 Azioni correlate all'obiettivo VII:
Autosufficienza europea ed iniziative per la cooperazione internazionale:
armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative.

5. DEFINIZIONE DELLE AZIONI SPECIFICHE PER L'ATTUAZIONE
DEL PIANO NAZIONALE SANGUE E PLASMA 1999-2001

Obiettivo I: Autosufficienza 5.1 Attivazione di un nuovo flusso informativo.
Allo scopo di definire un piano annuale di produzione e distribuzione di sangue, emocomponenti ed emoderivati necessari per il raggiungimento della autosufficienza nazionale, ogni regione dovra' istituire un flusso informativo stabile, coordinato a livello nazionale e collegato con il Ministero della sanita' e l'Istituto superiore di sanita', attraverso una rete informativa nazionale dedicata all'autosufficienza del sangue mediante la quale vengano gestiti i seguenti dati:
a) dati di base:
donatori;
gruppi autosufficienti di donatori;
sessioni di donazione;
unita' organizzative interessate;
caratteristiche del sangue donato;
distribuzione del sangue e dei suoi prodotti;
b) dati risultanti da elaborazioni da effettuare a livello regionale e centrale;
stima del fabbisogno regionale e nazionale di sangue, emocomponenti, emoderivati;
dati relativi ai consumi nei presidi ospedalieri pubblici e privati ed alle farmacie extra-ospedaliere pubbliche e private;
dati relativi alle capacita' produttive del Servizio trasfusionale nazionale e delle aziende di frazionamento convenzionate;
dati inerenti i flussi di scambio intra ed extra-regionali e la gestione delle scorte;
dati relativi all'importazione ed all'esportazione;
dati relativi alla consistenza numerica e agli indicatori di efficienza delle organizzazioni di volontariato del sangue;
dati relativi alla qualita' ed ai costi del Servizio trasfusionale nazionale e all'efficienza dei servizi erogati;
dati relativi alla valutazione dei costi inerenti la spesa farmaceutica per gli emoderivati;
dati relativi ai consumi del sangue e dei suoi prodotti in relazione alla tipologia dei casi trattati;
dati relativi al sistema dell'emovigilanza;
dati epidemiologici relativi allo stato di salute della popolazione dei donatori di sangue ed emocomponenti.
La valutazione comparata di tutti questi elementi consentira' al Ministero della sanita' ed a ciascuna regione, anche in relazione allo sviluppo delle politiche di buon uso del sangue e degli obiettivi assistenziali, di costruire il piano di produzione annuale.
Il Ministero della sanita', entro sei mesi dalla promulgazione del presente Piano nazionale sangue e plasma 1999-2001, decreta il programma di attuazione del progetto di informatizzazione del flusso informativo e il relativo finanziamento. Il progetto, che dovra' essere previsto secondo le indicazioni degli Enti normatori riconosciuti, dovra' essere completato entro tre anni dalla emanazione del Decreto di cui sopra e dovra' comprendere una fase pilota, che dovra' interessare il Ministero, l'Istituto superiore di sanita' e quattro regioni paradigmatiche di diverse situazioni operative, ed una fase di estensione dell'intero sistema operativo a tutte le regioni secondo tempi e modalita' previste nel suddetto decreto. 5.2 Coordinamento programmatico tra Stato e regioni: piano di produzione annuale.
Ogni anno le regioni, in concomitanza con la definizione del piano economico-finanziario, determinano, sulla base delle indicazioni del Ministero della sanita' e dei dati forniti dall'Istituto superiore di sanita', il Piano regionale annuale di produzione di sangue, emocomponenti e plasma destinato al frazionamento industriale.
La programmazione della produzione regionale e nazionale e delle compensazioni deve essere effettuata prioritariamente sulla base del numero di donatori periodici disponibili. Il ricorso alla donazione occasionale deve costituire una modalita' residuale e collegata a situazioni di carenza che non possono essere soddisfatte attraverso i meccanismi organizzativi di seguito previsti.
Il piano annuale di produzione definisce per ogni singola Regione:
produzione di sangue ed emocomponenti per il fabbisogno della propria rete ospedaliera pubblica e privata (accreditata e non accreditata);
fornitura programmata/acquisizione di sangue ed emocomponenti per/da altre aziende sanitarie (regionali ed extraregionali);
produzione di plasma da inviare all'industria convenzionata in relazione al fabbisogno regionale e nazionale;
quota di farmaci plasmaderivati necessaria per soddisfare il fabbisogno regionale relativo alle strutture ospedaliere pubbliche, private e del territorio;
quota di farmaci plasmaderivati eccedenti il fabbisogno aziendale da collocare presso altre aziende sanitarie della regione o di altre regioni;
produzione di sangue, emocomponenti e farmaci emoderivati da destinare come scorta per la gestione degli scambi non programmati e per le urgenze e le emergenze.
Il Piano annuale di produzione prevede, secondo le modalita' individuate dal presente atto, le quote di finanziamento per il raggiungimento degli obiettivi posti. 5.3 Regolamentazione delle cessioni tra regioni e aziende sanitarie.
La programmazione dell'autosufficienza nazionale deve seguire due direttive principali:
a) la prima, secondo programmi di medio e lungo periodo, che preveda in ogni regione, sulla base di progetti specifici, l'incentivazione di tutte le capacita' operative del volontariato e delle strutture trasfusionali finalizzate ai raggiungimento di livelli produttivi il piu' possibile vicini a quelli indicati come obiettivo;
b) la seconda, con possibilita' di attuazione a breve periodo, che preveda la promozione di un "patto di solidarieta'" attraverso il gemellaggio tra regioni eccedentarie e regioni carenti, che veda partecipi le strutture sanitarie e il volontariato. il patto dovra' essere finalizzato, oltre che alla compensazione interregionale programmata, alla diffusione della cultura della donazione ed alla attuazione della formazione del personale.
La programmazione dell'autosufficienza nazionale dovra' prevedere:
la identificazione dei fabbisogni teorici e reali su base annuale delle singole regioni carenti e la programmazione della produzione in eccedenza delle regioni autosufficienti;
il coordinamento da parte delle strutture centrali competenti;
la definizione del sistema tariffario e di specifici criteri di finanziamento;
l'impegno solidale delle strutture trasfusionali e del volontariato tra regioni eccedentarie e regioni carenti nella programmazione delle attivita', con l'avvio di progetti sperimentali di gemellaggio interregionale da parte delle regioni gia' disponibili;
il convenzionamento tra le aziende sanitarie di regioni diverse;
l'identificazione di incentivi, anche di carattere economico-finanziario, per le regioni che si impegnano a raggiungere nel triennio gli obiettivi dichiarati;
la definizione dei criteri e delle modalita' operative dello scambio;
la verifica e l'aggiornamento annuale dei programmi.
I rapporti "di fornitura programmata" tra aziende sanitarie della regione o di altre regioni possono, peraltro, essere resi rapidamente operativi sulla base di quanto previsto dal decreto ministeriale 1o settembre 1995 "Disciplina dei rapporti tra strutture pubbliche provviste di servizi trasfusionali e quelle pubbliche e private, accreditate e non accreditate, dotate di frigoemoteche", che prevede appositi accordi o convenzioni, nei quali saranno dettagliatamente definiti i seguenti aspetti:
quantita', tipologia e scadenza dei prodotti da fornire;
articolazione temporale delle consegne;
modalita' di trasporto e di ritiro;
costo dei prodotti;
modalita' di pagamento;
procedure tecniche di prelievo, centrifugazione, etichettatura;
controllo di qualita' dei prodotti.
I rapporti tra aziende sanitarie e presidi ospedalieri privati (accreditati e non accreditati) dovranno essere regolamentati da apposite convenzioni secondo le modalita' previste dal succitato decreto ministeriale 1o settembre 1995.
Gli "scambi" di sangue ed emoderivati realizzati su base non programmata saranno contabilizzati e compensati dalle regioni, secondo le modalita' di finanziamento previste dal presente atto. 5.4 Razionalizzazione del sistema nazionale di produzione e distribuzione di farmaci emoderivati.
La produzione di plasma per uso industriale in Italia si caratterizza per alcuni elementi di criticita' ed in particolare:
a) la non sufficiente standardizzazione delle procedure di raccolta e di frazionamento con mezzi semplici;
b) il rapporto sfavorevole tra la produzione di plasma di tipo A e B in alcune regioni;
c) gli elevati costi di produzione.
Al fine di pervenire nell'arco del triennio al raggiungimento degli obiettivi di autosufficienza, e' necessario individuare, nell'ambito della formulazione del piano di produzione annuale, le necessarie strategie che definiscano una soluzione dei problemi evidenziati.
Anche per la regolamentazione del rapporto con l'industria convenzionata per il frazionamento del plasma si configurano elementi di criticita' che necessitano di essere normalizzati; in particolare si evidenziano elementi che diminuiscono il peso contrattuale di alcune regioni, come la scarsa quantita' di materia prima oggetto della contrattazione e la conseguente mancanza di economie di scala.
Al fine di esercitare un monitoraggio ed un controllo sulle condizioni contrattuali con le imprese di frazionamento, e' auspicabile l'istituzione di un osservatorio nazionale presso il Ministero della sanita'.
Infine le regioni valuteranno l'opportunita' di concludere tra loro accordi per rendere piu' competitive le condizioni contrattuali ed i rapporti di scambio.
In merito al sistema di distribuzione dei farmaci emoderivati deve essere osservato che tali prodotti sono farmaci a tutti gli effetti. Essi possono percio' essere liberamente commercializzati, dalle imprese farmaceutiche, su tutto il territorio della Unione europea (Direttiva dell'U.E. 381/1989 recepita in Italia con il decreto legislativo 29 maggio 1991, n. 178). La distribuzione dei farmaci emoderivati avviene in base a prescrizioni mediche sia attraverso le farmacie dei presidi ospedalieri sia le farmacie extraospedaliere (pubbliche o private) operanti sul territorio.
Questa situazione comporta di fatto che la distribuzione del prodotto plasmaderivato regionale (o nazionale) avviene in un contesto di libera commercializzazione e di concorrenza.
Per tale motivo la distribuzione del prodotto regionale potra' realizzarsi attraverso protocolli d'intesa da stipularsi con i rappresentanti dei servizi farmaceutici ospedalieri e delle farmacie esterne del territorio, con i grossisti dei settore e con le categorie degli utenti.
In particolare dovranno essere definite a livello regionale apposite linee guida per l'utilizzo di farmaci plasmaderivati e dei corrispondenti farmaci derivati da biotecnologie nonche' campagne di informazione nei riguardi degli utenti e dei medici specialisti e di libera scelta. 5.5 Razionalizzazione dei consumi.
Il Piano nazionale sangue e plasma individua il fabbisogno trasfusionale teorico riferito a parametri internazionali di consumo secondo quanto segue:
emazie 40 unita'/1000 abitanti;
plasma: 12 litri/1000 abitanti;
fattore VIII: 1.9 UI/abitante;
albumina: 250 grammi/1000 abitanti;
Immunoglobuline: 25 grammi/1000 abitanti.
Tali parametri devono costituire dati di riferimento per la programmazione nazionale, ma devono essere adeguati sulla base dei consumi effettivi, delle potenzialita' regionali e degli altri criteri compresi nel flusso informativo sulla base dei quali ogni anno le regioni e il Ministero della sanita' dovranno definire il piano annuale di produzione di sangue, emocomponenti e plasma da destinare al frazionamento industriale.
Una delle finalita' della pratica della medicina trasfusionale dovrebbe essere quella di produrre linee guida in grado di determinare il momento in cui il rischio legato alla mancata attuazione della terapia trasfusionale eccede quello della trasfusione in se'. L'indicazione che nasce da una vasta letteratura scientifica sull'argomento e' che sia necessario far ricorso ad attivita' di educazione per il buon uso del sangue, utilizzando non solo attivita' didattiche, ma prevalentemente azioni rivolte alla pratica quotidiana, come l'adozione di algoritmi decisionali sulla pratica trasfusionale, audit retrospettivi, meeting tra fornitori ed utilizzatori dell'emoterapia, analisi critica della richiesta trasfusionale.
In particolare appare necessario predisporre iniziative finalizzate a responsabilizzare le dirigenze mediche dei presidi ospedalieri sul funzionamento dei Comitati Ospedalieri per il buon uso del sangue, con la finalita' di produrre:
a) linee guida sulle indicazioni alla terapia trasfusionale;
b) revisione degli standard di consumo per le diverse situazioni cliniche considerate;
c) audit retrospettivi, verifica e revisione della qualita' dei processi e dei risultati dell'assegnazione del sangue, dei suoi componenti e dei suoi prodotti;
d) revisione degli standard di assegnazione degli emocomponenti ed emoderivati negli stessi comitati ospedalieri per il buon uso del sangue.
Sulla base dei report prodotti sara' possibile, da parte del Ministero e dell'Istituto superiore di sanita' costruire, per le singole regioni e per il Paese nel suo complesso, gli standard di consumo di sangue, emocomponenti ed emoderivati, effettuare una valutazione critica ed un confronto con gli standard internazionali della letteratura accreditata sulla base di criteri scientifici, cimici e tecnici.
Cio' consentira' di ridefinire costantemente gli effettivi fabbisogni, di descrivere le azioni locali e regionali intese ad adeguare i consumi agli standard suggeriti dalla comunita' scientifica e di programmare l'entita' reale degli emocomponenti ed emoderivati da commissionare all'apparato produttivo delle strutture di medicina trasfusionale del Paese.

Obiettivo II: Razionalizzazione del modello organizzativo

5.6 Rafforzamento delle strutture di coordinamento organizzativo-gestionale e coordinamento tecnico-scientifico.
Nell'ambito delle azioni da realizzarsi per il raggiungimento dell'autosufficienza nazionale, le funzioni di coordinamento programmatorio, organizzativo, finanziario e di controllo nel settore trasfusionale sono affidate al Ministero della sanita' ed alle regioni, secondo le rispettive competenze e livelli di autonomia.
All'Istituto superiore di sanita' sono attribuite le funzioni di coordinamento tecnico-scientifico, mentre ai Centri regionali di coordinamento e compensazione sono affidate le funzioni di coordinamento tecnico-operativo, con livelli di autonomia organizzativa definiti dalla programmazione regionale.
E' necessario che siano definite con chiarezza le modalita' con le quali le strutture di coordinamento affrontano i propri ruoli:
1. il livello centrale (Ministero della sanita', Istituto superiore di sanita', commissione nazionale per il servizio trasfusionale, conferenza Stato-regioni), rappresenta la sede della programmazione delle attivita' produttive a livello nazionale, che definisce annualmente il fabbisogno di sangue, emocomponenti, plasma e plasmaderivati. Costituisce, altresi' il "tavolo negoziale" attorno al quale vengono concordate e valorizzate le responsabilita' regionali nella programmazione e nella produzione delle attivita' trasfusionali. Svolge, inoltre, tutte le funzioni:
di promozione, sviluppo e controllo degli aspetti tecnico-scientifici, con particolare riguardo alla formulazione e revisione sistematica di standard e di linee guida;
di registrazione, di controllo, di farmacovigilanza, e di emovigilanza previste dalla legge.
Infine dovra' contemplare anche interventi sostitutivi nei confronti delle regioni inadempienti.
2. il livello regionale deve costituire un organo di programmazione, coordinamento e di indirizzo attraverso una struttura regionale che svolga - direttamente o per delega - anche i compiti di centro di coordinamento e compensazione, coadiuvata da una commissione di esperti di supporto alla regione (che preveda la presenza delle diverse componenti che contribuiscono alla gestione delle problematiche normate dalla legge e dal Piano). All'organo di programmazione regionale compete, tra l'altro, di:
a) definire annualmente il fabbisogno regionale di sangue, emocomponenti, plasma e plasmaderivati, sulla scorta delle indicazioni derivanti dalla pianificazione nazionale;
b) concordare con le aziende sanitarie la rispettiva quota di partecipazione al programma di autosufficienza individuando le risorse a cio' deputate;
c) stabilire con le aziende il piano annuale di distribuzione alle strutture sanitarie pubbliche e private del territorio regionale dei plasmaderivati eccedenti il fabbisogno aziendale;
d) verificare periodicamente lo stato di attuazione del programma annuale concordato;
e) individuare gli strumenti e le modalita' operative della armonizzazione, attraverso il modello dipartimentale, delle due grandi aree di intervento delle strutture trasfusionali: la raccolta e la produzione di unita' trasfusionali per uso clinico e da avviare al frazionamento e i complessi bisogni della medicina trasfusionale;
f) proporre per le aziende sede di Dipartimento di medicina trasfusionale il budget per il finanziamento delle attivita'. 5.7 Potenziamento dell'organizzazione per le funzioni attribuite all'Istituto superiore di sanita'.
Si ritiene necessaria l'istituzione, presso l'Istituto superiore di sanita', di una apposita struttura che riunisca tutte le competenze necessarie per l'implementazione delle funzioni di coordinamento tecnico-scientifico e di controllo affidategli dalla legge n. 107/1990 e dal decreto ministeriale n. 308/1997, tenuto anche conto del riscontrato progressivo aumento delle richieste di controllo di Stato da parte di aziende farmaceutiche nazionali ed europee. 5.8 Razionalizzazione ed organizzazione delle strutture trasfusionali: l'organizzazione dipartimentale.
Le regioni devono predisporre la rete delle strutture trasfusionali e le loro articolazioni organizzative decentrate sulla base della riorganizzazione della rete ospedaliera pubblica e privata e dei sistema dell'urgenzaemergenza, nonche' in relazione agli obiettivi regionali e nazionali previsti dal Piano. Le strutture trasfusionali dovranno essere organizzate in Dipartimenti di medicina trasfusionale (DMT) che operano in ambito territoriale, di norma provinciale, definito dalla programmazione regionale e che svolgano almeno le seguenti funzioni:
a) coordinare sul piano tecnico, scientifico ed organizzativo le attivita' trasfusionali;
b) omogeneizzare e standardizzare le procedure trasfusionali garantendo l'avvio di un sistema della qualita' su base dipartimentale;
c) concentrare le attivita' produttive;
d) razionalizzare l'impiego delle risorse;
e) garantire le attivita' di medicina trasfusionale presso le strutture ospedaliere del territorio di competenza;
f) costituire il primo livello di compensazione per emocomponenti e plasmaderivati;
g) gestire il budget assegnato;
h) favorire la partecipazione e lo sviluppo del volontariato.
Tali funzioni dovranno essere svolte coordinando strutture trasfusionali afferenti anche ad aziende sanitarie diverse, regolando i rapporti reciproci con apposite convenzioni secondo quanto indicato nel decreto ministeriale 1o settembre 1995. La centralizzazione dei momenti di direzione delle attivita' nei Dipartimenti di medicina trasfusionale, e quindi la costituzione di capacita' operative e di casistiche consistenti, consentira' di sviluppare le specializzazioni nei diversi settori della medicina trasfusionale e di individuare Centri di riferimento specifici a livello regionale. 5.9 Organizzazione del sistema urgenza-emergenza.
L'organizzazione del sistema dell'urgenza-emergenza in materia trasfusionale deve trovare la sua articolazione organizzativa nell'ambito della pianificazione regionale.
Dovranno pertanto essere previsti i protocolli, le strutture operative e di coordinamento, le scorte di emocomponenti ed emoderivati ritenuti necessari, i collegamenti con altri organismi impegnati nell'urgenzaemergenza (protezione civile, prefetture, forze armate, ecc.).
Per la natura complessa e di grande impegno di mezzi e risorse necessarie a garantire tale sistema, potranno essere previste e incoraggiate azioni programmate di coordinamento anche tra piu' regioni.
La competente struttura del Ministero della sanita' deve prevedere tra i suoi compiti il coordinamento di emergenze che, eventualmente, non potessero essere fronteggiate dalle singole regioni. 5.10 Rapporti di tipo organizzativo e di coordinamento tra strutture del Servizio trasfusionale nazionale e strutture di volontariato.
Le associazioni e federazioni di donatori svolgono un ruolo centrale per il raggiungimento degli obiettivi assistenziali previsti dalla legge n. 107/1990 e pertanto anche la loro attivita' deve rispondere alla logica organizzativa che considera l'autosufficienza di sangue ed emocomponenti come un interesse regionale e nazionale non frazionabile.
Per questo motivo la realizzazione su tutto il territorio nazionale di una disciplina uniforme relativamente alla partecipazione delle organizzazioni di volontariato alle attivita' trasfusionali e' un punto decisivo, diretto a garantire continuita' e razionalita' al sistema.
Tale strategia di uniformita' si realizza attraverso la promozione del dono del sangue; i programmi di educazione sanitaria, il reclutamento e la gestione dei donatori.
Le predette attivita', soprattutto in relazione al nuovo disegno organizzativo previsto dal decreto legislativo n. 502/1992 ed alle nuove modalita' di finanziamento, rischiano di essere gravemente penalizzate, se non viene definito rapidamente un sistema di regole che garantisca le attivita' associative nell'ambito del piu' ampio scenario del rafforzamento della programmazione regionale nel settore trasfusionale.
L'attuale sistema di finanziamento, che prevede il riconoscimento al volontariato di un contributo fisso legato al numero delle donazioni effettuate, finisce per penalizzare proprio quelle realta' carenti nelle quali dovrebbe essere effettuato il massimo investimento per raggiungere gli obiettivi di autosufficienza. Il problema in oggetto per essere risolto richiede che in sede di definizione degli aspetti contrattuali, regione ed associazione, giungano a definire precisi obiettivi programmatici annuali in merito al numero delle donazioni e dei donatori e che il finanziamento alle associazioni sia garantito sulla base degli obiettivi concordati, oltre che dal numero delle donazioni effettuate.
La gestione associativa diretta di unita' di raccolta fisse o mobili, laddove sia prevista dalla pianificazione regionale, deve realizzarsi in stretta integrazione tecnico-funzionale con il Dipartimento di medicina trasfusionale territorialmente competente.
In un sistema dove la programmazione sanitaria ed i comportamenti assistenziali vengono orientati attraverso il finanziamento, e' assolutamente necessario che le associazioni e federazioni di volontariato siano adeguatamente rappresentate nella programmazione a livello locale, regionale e nazionale.

Obiettivo III: Sicurezza trasfusionale

5.11 Donazione volontaria, periodica, non remunerata.
Il conseguimento della massima riduzione possibile del rischio trasfusionale e' una delle indicazioni di maggiore rilievo che gli organismi comunitari pongono all'attenzione degli Stati membri.
La promozione della donazione volontaria, periodica e non remunerata costituisce un obiettivo prioritario del Piano nazionale sangue e plasma. A tal fine devono essere attivate tutte le strutture sanitarie competenti ai diversi livelli operativi (nazionale, regionale, aziendale) di concerto con le associazioni del volontariato del sangue.
In particolare rappresentano obiettivo del presente Piano:
la valorizzazione dell'associazionismo volontario in quanto promotore della cultura della solidarieta', di stili di vita e modelli di comportamento tali da favorire la salute ed il benessere;
la eliminazione progressiva della donazione occasionale o "dedicata" e la sua sostituzione stabile con le risorse del volontariato periodico. 5.12 Standardizzazione.
Particolare attenzione viene posta dagli organismi comunitari ai criteri della selezione del donatore ai fini della sua idoneita' e ai controlli da effettuare su sangue ed emocomponenti. Gli organi di coordinamento nazionali e regionali dovranno fornire il loro contributo originale alle istanze comunitarie ed essere propulsori della omogeneizzazione di tali criteri nelle strutture e nel territorio di loro competenza attraverso la puntualizzazione degli standard di processo e di procedura, la adozione di strumenti di controllo e di verifica e l'avvio del sistema della qualita'. 5.13 Attivazione e coordinamento del sistema ispettivo.
Il Ministero della sanita', L'Istituto superiore di sanita' e gli organi di controllo regionali dovranno vigilare (anche attraverso la valutazione delle relazioni annuali previste dal decreto ministeriale 1o settembre 1995) a che i comitati per il buon uso del sangue siano effettivamente operativi. Tali strutture costituiscono, infatti, gli strumenti piu' capillari per la diffusione e la verifica di corretti criteri in merito alle indicazioni trasfusionali, alla revisione delle linee guida, alla verifica sistematica degli standard di assegnazione del sangue e dei suoi componenti, alla predisposizione di tutti gli strumenti atti ad evitare l'errore trasfusionale, alla verifica della efficacia ed al follow-up trasfusionale.
In Italia le strutture trasfusionali sono attualmente caratterizzate da una estrema variabilita' operativa (dimensioni, attivita' realmente svolte, personale, ecc.). Esse vengono autorizzate a livello regionale, ma, a quanto e' dato conoscere, non in tutte le regioni esistono particolari standard minimi richiesti, ne' vengono condotte ispezioni per verificarne l'applicazione ed il mantenimento. D'altronde, poiche' il sangue e' una sostanza particolare, non e' possibile applicare ad esso le regole di produzione dei prodotti farmaceutici e la sua stessa definizione in termini di qualita' non e' semplice, in quanto derivato da donatori individuali.
Le regioni dovranno, quindi, porre una speciale attenzione a criteri di ispezione e di accreditamento delle strutture trasfusionali.
Obiettivi primari di un sistema ispettivo devono essere:
verificare l'adozione di standard specifici e la loro applicazione pratica;
fornire un meccanismo per il miglioramento continuo e per il raggiungimento della qualita' globale;
costituire uno strumento educativo.
Per raggiungere tali obiettivi e' necessario:
fornire standard comuni per tutta la "catena del sangue" (dalla raccolta alla separazione, dai saggi di screening alla distribuzione) sui quali basare l'accreditamento delle strutture trasfusionali;
definire le buone prassi di produzione applicabili al sangue e ai suoi prodotti;
organizzare un sistema ispettivo che abbia regole comuni sull'intero territorio nazionale.
Gli ispettori potranno essere scelti dalle regioni sia tra gli esperti in materia (p.e. membri delle societa' scientifiche competenti), sia tra gli ispettori regionali non esperti in materia trasfusionale. Nell'uno e nell'altro caso, a livello nazionale, dovranno essere promossi a cura dell'Istituto superiore di sanita', in base al decreto ministeriale 17 luglio 1997, n. 308, programmi di formazione per l'esercizio delle attivita' di vigilanza e controllo, di competenza delle regioni, nei confronti delle strutture trasfusionali. Tali programmi di formazione dovranno fornire elementi di armonizzazione sul territorio nazionale, anche in sintonia con quanto in evoluzione a livello europeo. I corsi dovranno essere ripetuti per aggiornamento in rapporto agli sviluppi nel settore e/o per approfondire aspetti particolari.
Le regioni, sulla base delle ispezioni condotte, potranno revocare le licenze autorizzative delle strutture trasfusionali che non risultino a norma fino al ripristino delle condizioni operative ritenute idonee. 5.14 Attivazione del sistema nazionale di emovigilanza.
Nel nostro Paese non si ha, cosi' come nella maggior parte dei Paesi della Unione europea ad eccezione della Gran Bretagna e della Francia, una sistematica raccolta di informazioni riguardanti:
le reazioni avverse (siano esse di origine virologica che di origine immunologica) e gli errori di trasfusione, determinatisi in soggetti sottoposti a trasfusione;
la distribuzione dei marcatori di infezione nella popolazione dei donatori.
E' necessario sviluppare un sistema di emovigilanza che consenta di:
monitorare le situazioni avverse da trasfusione, l'incidenza delle malattie trasmesse con il sangue e gli errori di trasfusione;
dare informazioni sulla popolazione dei donatori e sulla possibilita' di trasmissione di nuovi agenti infettivi con la trasfusione del sangue;
adottare misure appropriate per evitare la trasmissione di infezioni attraverso la trasfusione del sangue.
Il sistema sviluppato dovra' fornire tempestivamente informazioni sull'uso clinico del sangue e dei suoi prodotti, sulle reazioni avverse dovute sia a trasmissione di agenti infettivi (noti e non), sia a reazioni immunologiche, sugli errori di trasfusione e sull'epidemiologia degli agenti infettivi nella popolazione dei donatori.
Per costruire un sistema integrato di sorveglianza e' necessaria la creazione di una rete informativa dedicata che colleghi i siti di trattamento, le strutture trasfusionali, i centri di coordinamento regionali e le strutture centrali (queste ultime collegate a loro volta con la rete europea).
Affinche' il sistema sia efficace dovranno essere definite le informazioni da raccogliere e la terminologia da utilizzare; dovranno, inoltre, essere definite e concordate procedure standard, protocolli e regole riguardanti le informazioni raccolte e diffuse attraverso la rete di emovigilanza.
Infine dovra' essere definito un sistema di "allerta rapido" che permetta di trasmettere immediatamente, a livello nazionale e comunitario, le informazioni riguardanti aspetti di interesse comune, quali inefficienza, inefficacia o inadeguatezza di un lotto di un test di screening o altro, per poter tempestivamente adottare le misure adeguate al caso.
L'intero sistema dovra' essere armonizzato con quello comunitario, attualmente in corso di definizione.
Il Ministero della sanita' dovra', entro 90 giorni dalla pubblicazione del presente Piano, decretare le modalita' operative della emovigilanza a livello nazionale.

Obiettivo IV: Sviluppo scientifico e tecnologico 5.15 Sviluppo delle nuove tecnologie in campo trasfusionale.
L'Istituto superiore di sanita', sentita la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, dovra' attivare le azioni necessarie a favorire la ricerca e la sperimentazione delle nuove tecnologie in campo trasfusionale ed ematologico.
In particolare, dovranno essere sviluppate, di concerto con le regioni, le nuove tecnologie relative alla prevenzione delle malattie trasmissibili, al prelievo di emocomponenti, alla conservazione di cellule da sangue periferico e midollare, alla diagnostica delle malattie del sangue e degli organi emopoietici. 5.16 Proposizione di progetti di ricerca finalizzata.
Il Ministero affidera' all'Istituto superiore di sanita', con apposito decreto in cui sara' previsto l'adeguato finanziamento, la promozione di progetti di ricerca finalizzata sui seguenti temi:
medicina trasfusionale e buon uso del sangue;
tecniche alternative alla trasfusione omologa;
raccolta del plasma e produzione di farmaci plasmaderivati;
terapia con farmaci plasmaderivati o con farmaci da DNA ricombinante;
studio e prevenzione delle malattie trasmissibili con il sangue ed i suoi prodotti;
malattie del sangue e degli organi emopoietici;
raccolta e trapianto di cellule emopoietiche midollari o periferiche;
diatesi emorragiche e trombotiche;
studio di modelli organizzativi finalizzati ad una migliore qualita' di vita degli ammalati emopatici attraverso il miglior utilizzo delle risorse e una razionale articolazione dei regimi ambulatoriale, di day hospital e di ricovero;
formazione e aggiornamento del personale sanitario e dei dirigenti del volontariato in tema di medicina trasfusionale;
formazione e aggiornamento del personale sanitario in materia di attuazione dei protocolli di assistenza agli emopatici politrasfusi;
formazione e informazione per la sensibilizzazione ai valori della salute, della donazione e della solidarieta';
tutela della salute dei donatori. 5.17 Formazione.
Dalla lettura della legislazione nazionale vigente e dai documenti delle societa' scientifiche internazionali della medicina trasfusionale, nonche' dalle raccomandazioni espresse a vari livelli dalle organizzazioni sanitarie europee, emerge chiaramente la necessita' che esista una corrispondenza tra funzioni dirigenziali di medicina trasfusionale e relativa specializzazione.
Il presente Piano deve quindi prevedere azioni volte a perseguire l'obiettivo della formazione specialistica e continua del personale impegnato nelle attivita' del settore. A tal fine il Ministero della sanita', di concerto con il Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica favorira' la promozione di processi stabili di formazione ed aggiornamento, comprendenti:
l'istituzione di una scuola di specializzazione in medicina trasfusionale, gia' presente in altri Paesi europei (Germania, Gran Bretagna, Austria e Portogallo);
l'attivazione di corsi di formazione teorica, pratica e tecnica con il coinvolgimento dell'Istituto superiore di sanita', delle societa' scientifiche, delle regioni, delle universita' e dei competenti organismi europei e sovranazionali al fine di formare e preparare adeguatamente i quadri dirigenti del servizio trasfusionale e del volontariato secondo le finalita' del presente Piano.

Obiettivo V: Qualita', efficienza ed economicita'
dei servizi trasfusionali 5.18 Accreditamento.
Anche nell'ambito della qualita', il sistema trasfusionale del Paese deve svilupparsi promuovendo il coordinamento fra i diversi livelli di responsabilita' in modo da realizzare un sistema su base nazionale, capace di garantire livelli assistenziali, essenziali ed uniformi, assicurando servizi accreditati sia per gli aspetti strutturali sia per quelli organizzativi, e contemporaneamente un sistema locale, capace di valorizzare le responsabilita' regionali nella programmazione, produzione ed erogazione delle attivita' trasfusionali.
Proprio per le sue caratteristiche di non frazionabilita' e di interesse generale per il Paese, il sistema trasfusionale deve rispondere positivamente ad una precisa definizione delle caratteristiche dei soggetti erogatori per far si che le specifiche delle prestazioni fornite corrispondano a quelle attese: tali caratteristiche devono fondarsi prevalentemente su aspetti di sicurezza, di qualita' e di efficienza, poiche' la sicurezza del sistema comporta aspetti di carattere tecnico estremamente specifici.
E' quindi necessario che la materia sia regolata da norme che consentano una standardizzazione delle procedure ed una loro confrontabilita' anche in condizioni operative diverse ai fini della massima tutela dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza e della qualificazione del prodotto.
Per quanto riguarda il livello centrale, va premesso che il percorso autorizzativo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997, non ha coinvolto il sistema trasfusionale.
Pertanto il Ministero della sanita' definira', in accordo con la conferenza Stato-regioni:
i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attivita' trasfusionali da parte delle strutture pubbliche e private e la periodicita' dei controlli sulla permanenza dei requisiti stessi in quanto si ritiene importante la verifica periodica del loro mantenimento
le linee guida, previste anche dal PSN 1998-2000, per l'autorizzazione e l'accreditamento delle strutture trasfusionali, accreditamento inteso come processo con il quale si attesta la corrispondenza dei requisiti dell'organizzazione erogatrice agli standard fissati. 5.19 Definizione di un sistema di garanzia di qualita'.
Tutte le problematiche inerenti il sistema donazione-trasfusione, nonche' la prevenzione, la diagnosi e la cura delle malattie del sangue comportano aspetti di carattere tecnico estremamente specifico ed eventuali conseguenze che possono avere riflessi di carattere anche giudiziario. E' pertanto necessario che questa materia sia regolata da norme che consentano una standardizzazione delle procedure ed una loro confrontabilita' anche in condizioni operative diverse ai fini della massima tutela dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza e della qualificazione e professionalita' degli stessi operatori del settore. Negli ultimi anni il concetto di qualita' si e' evoluto passando dal controllo di qualita' del prodotto finale (che evidenzia, ma non previene eventuali errori) al concetto della qualita' totale che, attraverso strategie definite e l'applicazione di procedure operative standardizzate, deve portare alla garanzia di qualita' di tutto il processo produttivo. La garanzia di qualita' puo' essere, quindi, definita come l'insieme delle attivita' pianificate e svolte per assicurare che tutti i sistemi e gli elementi che possono influenzare la qualita' dei prodotti funzionino come atteso e siano affidabili.
In particolare, l'applicazione di un sistema di qualita' nelle strutture trasfusionali e' un presupposto essenziale per minimizzare i rischi della trasfusione e per garantire il beneficio terapeutico agli ammalati che debbono ricevere sangue o suoi prodotti.
L'Istituto superiore di sanita', entro 6 mesi dall'entrata in vigore del presente Piano, dovra' predisporre, in collaborazione con le regioni e sentita la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, un programma di iniziative di formazione finalizzato alla preparazione di tutti gli strumenti tecnici e scientifici utili all'avvio del processo di accreditamento tenendo conto dei requisiti minimi delle strutture trasfusionali, delle norme di gestione e di assicurazione della qualita' e degli altri standard riconosciuti a livello internazionale.
L'Istituto superiore di sanita' dovra' inoltre favorire e coordinare iniziative similari promosse da altre istituzioni o societa' scientifiche accreditate. 5.20 Razionalizzazione delle procedure trasfusionali.
Gli organismi di coordinamento a livello nazionale e regionale svolgono un ruolo importante nella razionalizzazione e standardizzazione delle procedure trasfusionali. L'attenta osservazione dei dati del Registro nazionale del sangue e l'attivazione di un nuovo flusso informativo ai fini della programmazione dell'autosufficienza sono condizioni essenziali per la promozione dei sistemi di qualita' e per l'avvio delle necessarie azioni correttive. 5.21 Attivazione di sistemi di monitoraggio sull'efficienza ed efficacia delle strutture trasfusionali.
Il competente organismo del Ministero, l'Istituto superiore di sanita', sentita la Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, e gli uffici regionali competenti dovranno concordare le modalita' di attivazione dei sistemi di monitoraggio delle attivita' trasfusionali e della verifica della loro efficienza ed efficacia a livello locale, regionale e nazionale.
Tale monitoraggio dovra' riguardare le attivita' dell'intero sistema donazione/trasfusione e, piu' in particolare, gli aspetti tecnico-scientifici, gli aspetti legati alle attivita' produttive e di servizio e gli aspetti economici e gestionali.
L'introduzione di un nuovo flusso informativo permettera' alle strutture di coordinamento e di verifica a livello nazionale e regionale un monitoraggio in tempo reale dei diversi aspetti succitati.

Obiettivo VI: Politica sociale in campo trasfusionale 5.22 Iniziative a sostegno dello sviluppo e delle funzioni istituzionalmente riconosciute alle associazioni e federazioni di volontariato del sangue.
Lo Stato e le regioni riconoscono il ruolo fondamentale ed insostituibile del volontariato, rappresentato dalle associazioni dei donatori volontari di sangue ai sensi della legge 23 dicembre 1978, n. 833 "Istituzione del servizio sanitario nazionale" in particolare dell'art. 45 e della legge 11 agosto 1991, n. 266 "legge quadro sul volontariato".
Il presente Piano, pertanto, dovra' promuovere e sostenere iniziative volte ad incrementare nei cittadini valori di solidarieta' disinteressata e di divulgazione delle possibilita' di prevenzione, diagnosi e cura delle principali malattie del sangue. Esso e' orientato a stimolare lo sviluppo associativo ed a sostenerne le iniziative tutelandone l'autonomia, favorendo l'apporto originale delle Associazioni sia nella fase di programmazione, che in quella di gestione per il conseguimento delle finalita' ivi indicate.
Pertanto la realizzazione su tutto il territorio nazionale di una disciplina uniforme relativamente alla partecipazione delle organizzazioni di volontariato alla gestione delle attivita' inerenti il sistema donazione/trasfusione e' un punto decisivo diretto a garantire continuita' e razionalita' all'intero sistema. 5.23 Gratuita' del sangue e dei suoi prodotti.
La cessione di sangue ed emocomponenti tra aziende sanitarie della stessa regione o di altre regioni si realizza esclusivamente attraverso le strutture trasfusionali pubbliche.
La distribuzione di sangue umano e di suoi prodotti al ricevente e' comunque gratuita ed esclude oneri accessori.
I costi di raccolta, frazionamento, conservazione e distribuzione del sangue umano e di suoi componenti e derivati sono a carico del Fondo sanitario nazionale.
Le regioni dovranno attivare, d'intesa con la struttura ministeriale competente, le modalita' operative attraverso le quali in ogni circostanza al cittadino non venga addebitato onere alcuno in merito alla distribuzione di sangue, emocomponenti ed emoderivati. 5.24 Potenziamento delle strutture dedicate al riconoscimento del danno biologico.
Il Ministero e le regioni dovranno predisporre tutti i provvedimenti atti a rendere piu' agile ed equo il riconoscimento dell'eventuale danno biologico da trasfusione. 5.25 Prevenzione.
Le iniziative di educazione sanitaria e le indagini effettuate ai fini della tutela della salute dei donatori e della sicurezza dei riceventi, costituiscono fondamentali attivita' volte a rappresentare un significativo riferimento epidemiologico e a realizzare alcuni dei principali obiettivi del Piano sanitario nazionale quali: "Promuovere comportamenti e stili di vita per la salute" e "Contrastare le principali patologie". 5.26 Informazione e tutela dei cittadini.
Dovranno essere promosse, d'intesa con le associazioni dei donatori, iniziative - fra le quali anche la indizione della giornata nazionale per la donazione del sangue, da effettuarsi l'ultima domenica di maggio o la prima di giugno - volte a:
a) sensibilizzare l'opinione pubblica sui valori umani e di solidarieta' che si esprimono nella donazione di sangue volontaria, periodica, anonima e non remunerata;
b) promuovere l'informazione sul significato e sul contenuto delle nuove forme di donazione (plasmaferesi, citoaferesi, raccolta di "multicomponenti"), cosi' da rendere partecipe il donatore;
c) divulgare le informazioni inerenti la prevenzione, la diagnosi e la cura delle malattie del sangue, nonche' attivare iniziative per la tutela della salute dei donatori e dei malati emopatici con interventi di educazione sanitaria e di medicina preventiva dei donatori e dei candidati alla donazione di sangue, di emocomponenti e di midollo. 5.26-bis Ruolo degli enti locali.
"D'intesa con gli enti locali verranno altresi' promosse, nell'ambito delle iniziative di prevenzione primaria e promozione della salute programmate dagli enti locali stessi, specifiche iniziative di informazione ai cittadini sugli obiettivi del presente Piano nazionale, di educazione sanitaria e di sensibilizzazione alla donazione del sangue". 5.27 Sviluppo di iniziative per le realta' socio-sanitarie emergenti.
Il quadro epidemiologico della popolazione residente in Italia, come nel resto d'Europa, e' in continuo cambiamento e pone nuovi problemi e nuove realta' anche dal punto di vista di nuove forme nosologiche nell'ambito delle malattie del sangue, specie di tipo congenito (sindromi talassemiche, emoglobinopatie, ecc.).
Dovranno essere previsti interventi specifici anche nei confronti delle nuove comunita' etniche al fine di coinvolgerle direttamente nei programmi di prevenzione e di tutela della salute.

Obiettivo VII: Autosufficienza europea
ed iniziative per la cooperazione internazionale. 5.28 Armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative.
L'Unione europea sta realizzando una serie di iniziative volte ad armonizzare la regolamentazione e l'organizzazione del settore trasfusionale, al fine di migliorare la fiducia dei cittadini nella sicurezza della catena della trasfusione del sangue, e a promuovere l'autosufficienza a livello comunitario.
Tali iniziative riguardano la raccolta del sangue, unitamente alla definizione di programmi di ispezione e di standardizzazione da porre in atto e comprendono anche i controlli di qualita', le procedure di garanzia di qualita' e la buona prassi di produzione degli emocomponenti.
Come primo intervento della suddetta strategia, e' stata adottata il 29 giugno 1998 dal Consiglio della Unione europea la raccomandazione n. 98/463/CE sull'esigenza di definire requisiti comuni relativi alla idoneita' dei donatori di sangue e di plasma e la verifica delle donazioni di sangue nella Comunita' europea.
Le ulteriori iniziative da intraprendere a supporto di tale strategia possono essere cosi' sintetizzate:
elaborazione di politiche scientificamente fondate e di procedure concordate di selezione dei donatori presso i centri di raccolta sangue della Unione europea, per fornire le necessarie garanzie sulla sicurezza dei prodotti a base di sangue provenienti da qualsivoglia fonte in seno alla stessa Unione;
attuazione di test efficienti, convalidati e attendibili nella Unione europea;
elaborazione di criteri di valutazione della qualita' e delle buone prassi di produzione, riguardo alla raccolta, alla trasformazione e alla trasfusione di sangue e di emoderivati, nonche' riguardo alle procedure di sorveglianza dei pazienti;
messa a punto di un sistema di emovigilanza per la raccolta di dati epidemiologici relativi alla catena di trasfusione sanguigna;
messa a punto di programmi educativi destinati ai professionisti della sanita' sull'impiego ottimale di sangue e di emoderivati;
sostegno alla diffusione di informazioni sul sangue e sugli emoderivati, nonche' sulle procedure di raccolta, trasformazione e trasfusione attraverso materiali promozionali, film, campagne di informazione ecc.
proposta di revisione della direttiva del Consiglio 89/381 CEE del 14 giugno 1989 sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialita' medicinali e che fissa le disposizioni speciali per i medicinali derivati dal sangue o dal plasma umani.

6. FINANZIAMENTI PER IL CONSEGUIMENTO DEGLI OBIETTIVI
DEL PIANO NAZIONALE SANGUE PLASMA 1999-2001

6.1 Analisi dei problemi.
L'esigenza della definizione di un sistema di finanziamento specifico per il settore trasfusionale, seppur nell'ambito dei meccanismi generali stabiliti, per il Servizio sanitario nazionale, con il decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni ed integrazioni, e' ormai concetto generalmente accettato in ragione delle problematiche relative alla produzione di emocomponenti ed emoderivati come gia' anticipato in altra parte del presente Piano.
Le peculiarita' dei compiti e della strutturazione del servizio trasfusionale suggeriscono, infatti, l'opportunita' di adottare anche in Italia logiche di finanziamento particolari, pur nell'ambito di quelle generali del Servizio sanitario nazionale.
Gli aspetti critici di tale questione sono legati in prevalenza alle funzioni produttive del Servizio e, quindi, alla selezione ed ai controlli periodici del donatore, alla raccolta, alla lavorazione e alla validazione degli emocomponenti, alla loro conservazione ed al trasporto, alla produzione del plasma da destinare al frazionamento.
Tali problematiche necessitano, infatti, di una programmazione su scala regionale e nazionale che non si concilia con esigenze di bilancio locale ristretto.
La situazione italiana attuale e' caratterizzata da rilevanti squilibri tra aree eccedentarie ed aree carenti e, piu' in particolare per i prodotti plasmaderivati, da un deficit tra fabbisogno e produzione che viene coperto attraverso il ricorso al mercato internazionale.
Il sistema di finanziamento del Piano, quindi, deve basarsi su criteri programmatori a livello nazionale, su modalita' di erogazione, sia da parte delle istituzioni nazionali, sia da parte di quelle regionali debitamente coordinate, che prevedano la cooperazione e gli scambi intra ed inter-regionali, e, - almeno nel breve periodo - il mantenimento delle potenzialita' delle strutture eccedentarie e, al contempo, lo sviluppo delle aree carenti.
Nonostante il settore trasfusionale sia considerato quale funzione primaria dello Stato e sia stato oggetto di specifici riferimenti nel Piano sanitario nazionale 1998-2000, e' necessario osservare che, al momento, non esistono le condizioni di base al fine di giungere alla definizione di strumenti o meccanismi specifici di finanziamento che possano essere direttamente governati a livello centrale.
Cio', tuttavia, non esclude la possibilita' di pervenire alla definizione di formule alternative che consentano comunque di dare concretezza alle azioni previste dal Piano, soprattutto mediante il diretto coinvolgimento delle regioni e province autonome.
Tale considerazione deriva dalla constatazione che, almeno negli ultimi anni, si e' sviluppata una notevole sensibilita' di tutti gli attori coinvolti nel settore trasfusionale (regioni, strutture trasfusionali del Servizio sanitario nazionale e organizzazioni del volontariato) che fanno ritenere ragionevolmente possibile giungere alla definizione di strumenti e metodi comuni da applicare su tutto il territorio nazionale al fine del superamento di quei problemi che oggi determinano situazioni di rischio per la popolazione e spreco di risorse.
La realizzazione di tale orientamento e' subordinata alla concretizzazione di due importanti condizioni a livello nazionale:
costituzione dell'organismo di coordinamento nazionale per la gestione delle problematiche relative al settore trasfusionale;
realizzazione del nuovo Sistema informativo nazionale dedicato all'autosufficienza del sangue.
Si rendono, pertanto, necessari i seguenti atti:
identificazione dei fondi, a livello nazionale, necessari per il finanziamento dell'organismo di coordinamento nazionale e per il progetto di sistema informativo dedicato;
definizione dei livelli assistenziali essenziali ed uniformi quale valore specifico nell'ambito della quota capitaria;
definizione delle modalita' di finanziamento relative a progetti finalizzati al riequilibrio nelle realta' carenti della funzione produttiva rispetto ai consumi effettivi;
formulazione di un modello di riferimento per la gestione della quota di finanziamento destinata al settore trasfusionale in ambito regionale o delle province autonome. 6.2 Finanziamento dell'organismo di coordinamento e del Sistema informativo nazionale dedicato all'autosufficienza del sangue.
Entro 90 giorni dall'approvazione del presente Piano, viene predisposto un progetto operativo relativo alla costituzione dell'organismo di coordinamento nazionale per la gestione delle problematiche relative al settore trasfusionale sulla base dei compiti e delle funzioni ad esso attribuiti dalla normativa vigente e nel presente Piano giungendo alla definizione del fabbisogno di personale, di tecnologie e spazi fisici nonche' del piano di lavoro relativo al triennio 1999-2001.
Sulla base di tali determinazioni verra' stabilito l'impegno finanziario relativo, distinto in spese di investimento e spese correnti da finanziare su capitoli specifici del bilancio del Ministero della sanita'.
Entro lo stesso termine verra' predisposto il progetto operativo relativo alla creazione del sistema informativo nazionale dedicato all'autosufficienza del sangue. Tale progetto dovra' essere articolato in modo da evidenziare le esigenze finanziarie per la predisposizione dei supporti informatici presso l'organismo di coordinamento nazionale, da finanziare sui capitoli precedentemente richiamati e presso gli organismi di coordinamento che verranno individuati a livello di regione e provincia autonoma.
In quest'ultimo caso il progetto dovra' considerare l'esistenza di supporti informatici presso le sedi regionali ed il loro grado di adeguatezza rispetto al progetto complessivo.
Le spese di progettazione che dovranno essere sostenute per il disegno del sistema informativo nelle sedi regionali saranno finanziate con le quote vincolate del Fondo sanitario nazionale ai sensi del comma 34-bis, dell'art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e successive modifiche ed integrazioni. Le spese per investimenti per la successiva realizzazione del progetto (acquisto hardware e software) vengono finanziate, in parte, mediante le quote vincolate del Fondo sanitario nazionale precedentemente richiamate e, per una restante quota, mediante i fondi regionali. I costi da sostenere per la gestione corrente del sistema informativo (assunzione e/o addestramento del personale, manutenzioni, ecc.) sono invece a carico dei Fondi sanitari regionali.
L'articolazione delle quote a carico dei differenti fondi individuati per il finanziamento del progetto informativo, verra' stabilita dal Ministro della sanita', sentita la Conferenza Stato-regioni, entro 30 giorni dalla presentazione del progetto. 6.3 Determinazione del valore economico-finanziario dei livelli di assistenza essenziali ed uniformi trasfusionali.
Annualmente sara' determinato, dal Ministero della sanita', il valore economico dei livelli assistenziali essenziali ed uniformi trasfusionali nell'ambito della quota capitaria assegnata alle regioni. Tale valore, in ragione delle autonomie riconosciute alle regioni, resta comunque indicativo. Esso, in ogni caso, non modifica in alcun modo l'ammontare complessivo della quota capitaria assegnata alle regioni, ma rappresenta la parte di Fondo sanitario regionale che deve essere gestita con modalita' specifiche al fine di garantire la copertura dei consumi trasfusionali determinati secondo i criteri successivamente illustrati.
L'impegno a perseguire gli obiettivi del Piano resta comunque vincolante per le regioni anche qualora ritenessero di stabilire valori differenti da quelli nazionali.
La determinazione del valore in oggetto viene fissata in ragione dei consumi programmati nelle strutture sanitarie operanti sul territorio di competenza regionale o delle province autonome e, quindi, sulla base dei seguenti indicatori:
indici di consumo internazionali, rapportati alla popolazione, relativi agli emocomponenti ed agli emoderivati;
indici medi di consumo effettivo definiti a livello nazionale sulla base dei flussi informativi generati dal costituendo Sistema informativo nazionale per l'auto sufficienza del sangue;
indici di consumo specifici legati a situazioni geografiche particolari correlate all'esistenza di patologie ad elevato consumo di emocomponenti e/o emoderivati.
Fino a quando non saranno rese disponibili le informazioni prodotte dal Sistema informativo nazionale, il valore dei livelli assistenziali essenziali ed uniformi trasfusionali viene determinato in ragione dei parametri internazionali e delle stime attualmente disponibili in merito ai consumi generati in aree geografiche particolari.
Al fine di stabilire l'ammontare monetario del valore in oggetto, i consumi programmati di cui sopra, determinati inizialmente in termini fisico-tecnici (es. unita' di emazie), vengono valorizzati mediante l'utilizzo delle tariffe in vigore.
Le produzioni eccedentarie rispetto ai consumi programmati, come enunciato in precedenza, vengono finanziate mediante:
la mobilita' dei pazienti, per la quota impiegata per il trattamento terapeutico di pazienti non residenti;
la contabilizzazione dei flussi di scambio, per le forniture di prodotti emocomponenti ed emoderivati da regioni eccedentarie a quelle carenti;
per il restante valore si procede tramite riallocazione di fondi derivanti dal Fondo sanitario regionale.
L'evidenziazione di quest'ultimo punto sara' resa possibile solo successivamente all'acquisizione dell'informazione del costituendo Sistema informativo nazionale. 6.4 Definizione di modalita' di finanziamento relative a progetti finalizzati al riequilibrio nelle realta' carenti della funzione produttiva con i consumi effettivi.
Il complessivo obiettivo dell'autosufficienza nazionale puo' essere conseguito attraverso la compensazione delle situazioni di squilibrio tra consumi e produzione che si generano a livello regionale. Tuttavia, in ragione del rilevante impegno finanziario che viene ad essere sostenuto dalle realta' eccedentarie, spesso non coperto dal sistema di tariffazione, si rende necessario concordare, con le regioni carenti, il piano pluriennale necessario per il progressivo adeguamento dei livelli di produzione con quelli di consumo effettivo e/o programmato.
I piani regionali di riequilibrio dovranno essere predisposti entro il 31 dicembre 1999 ed articolati per un periodo temporale sufficientemente lungo da consentire il riequilibrio ritenuto possibile.
A tale scopo le regioni potranno avvalersi delle competenze dell'organismo di coordinamento nazionale che provvedera' alla valutazione annuale dei risultati conseguiti al fine del progressivo adattamento dei piani.
I piani dovranno essere oggetto di valutazione da parte delle regioni eccedentarie, al fine di stabilire i relativi piani di ridimensionamento della funzione produttiva.
Le spese relative alla realizzazione dei piani regionali di riequilibrio trovano finanziamento, limitatamente alla parte relativa all'attivita' di promozione, nell'ambito delle quote vincolate del Fondo sanitario nazionale ai sensi del comma 34-bis, dell'art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e successive modifiche ed integrazioni, purche' ricomprese in ambito di programmi che soddisfino i seguenti criteri e parametri:
abbiano dimensione interregionale;
siano di durata pluriennale;
si propongano risultati (intermedi e finali) misurabili e verificabili
e facciano riferimento a obiettivi finalizzati prioritariamente:
alla riduzione delle diseguaglianze sociali e territoriali nei confronti della salute;
all'adozione di programmi di prevenzione di provata efficacia;
al superamento di problemi di carenze strutturali del sistema.
Per il restante valore essi vengono finanziati mediante il Fondo sanitario regionale anche al di fuori della quota indicata per la funzione trasfusionale.
Il Piano sangue e plasma regionale assume quali obiettivi prioritari quelli definiti nei piani di riequilibrio pluriennali per il periodo di competenza. 6.5 Formulazione di un modello di riferimento per la gestione della quota di finanziamento destinata al settore trasfusionale in ambito regionale e delle province autonome.
Al fine di garantire il perseguimento delle finalita' e degli scopi del Piano sanitario nazionale, del Piano nazionale sangue e plasma e degli specifici Piani sangue e plasma regionali, si ritiene utile suggerire, fatta salva l'autonomia organizzativa delle regioni, la costituzione di un Fondo regionale per la funzione trasfusionale al fine di sostenere la produzione di emocomponenti e di emoderivati o di regolamentarne la cessione direttamente tra aziende sanitarie secondo un meccanismo tariffario coerente con le politiche regionali.
Tale necessita' deriva dal riconoscimento della sovraziendalita' della funzione di produzione di emocomponenti ed emoderivati e dalla partecipazione delle regioni al programma di autosufficienza nazionale definito nel presente piano.
Lo scopo del fondo regionale in parola consiste nel sostenere i livelli di produzione programmata finalizzata a coprire i consumi locali della singola azienda e, qualora venga concordato, di altre aziende della regione o fuori dalla stessa e a garantire la copertura dei costi relativi all'eventuale acquisizione programmata dei medesimi prodotti in caso di carenza.
Il meccanismo di funzionamento del sistema di finanziamento proposto viene di seguito descritto nelle sue linee generali.
Il valore economico del Fondo viene calcolato trasformando in termini monetari i consumi programmati complessivi di emocomponenti e emoderivati delle strutture sanitarie, pubbliche e private, che operano sul territorio della regione o provincia autonoma. Il Fondo viene inoltre integrato in ragione dell'eventuale produzione eccedentaria programmata per la cessione ad altri Sistemi sanitari regionali. La costituzione del Fondo determina una riduzione dei finanziamenti delle strutture sanitarie, accreditate o provvisoriamente accreditate, corrispondente ai livelli di consumo programmato specifici e l'accantonamento di quote del Fondo sanitario regionale relativamente ai consumi delle strutture private non accreditate.
L'entita' dei consumi programmati viene stabilita in ragione dei consumi storici, della valutazione del loro andamento anche sulla base dell'evoluzione del sistema sanitario a livello locale, dei programmi sul buon uso del sangue e dell'impiego di prodotti ricombinanti.
Inoltre il valore relativo al consumo dovra' essere determinato in modo da considerare opportunamente, comunque in modo distinto, le previsioni formulate a livello locale in merito all'approvvigionamento con prodotti acquisiti e da acquisire sul mercato.
Lo stesso fondo viene utilizzato per finanziarie:
i livelli di produzione di emocomponenti programmati con ciascuna struttura trasfusionale della regione;
il frazionamento industriale del plasma;
l'eventuale acquisizione di emocomponenti ed emoderivati da altre realta' sanitarie fuori regione o sul mercato;
i progetti obiettivo formulati, a livello nazionale, dalle associazioni di volontariato del sangue per la sensibilizzazione e la promozione della donazione del sangue e plasma nelle regioni carenti al fine di raggiungere in tempi brevi la loro autosufficienza.
Il meccanismo di finanziamento regionale e' quindi organizzato in modo che ciascuna azienda sanitaria partecipi limitatamente agli effettivi fabbisogni e, al contempo, che ciascuna azienda sede di struttura trasfusionale venga finanziata in ragione degli obiettivi di produzione concordati.
I vantaggi, per le aziende sanitarie, si traducono in minori costi relativi alle eventuali produzioni eccedentarie e non collocate presso altre aziende e, per le strutture trasfusionali, in recuperi di efficienza ed efficacia derivanti dalla possibilita' di operare con livelli di programmazione piu' elevati.
Inoltre il costo della lavorazione industriale del plasma viene caricato a livello regionale e finanziato mediante l'impiego del fondo.
L'organismo regionale deputato alla gestione del rapporto con le imprese si assume quindi il rischio imprenditoriale legato alla gestione delle eccedenze di emoderivati non collocabili sul mercato regionale.
Per le eccedenze non collocabili sul mercato nazionale e derivanti dalla produzione di plasma programmato, viene concordato un piano di collocazione sul mercato internazionale con l'eventuale assistenza dell'organismo nazionale.
In considerazione del fatto che gran parte del fabbisogno regionale viene coperto mediante le strutture trasfusionali locali e che il meccanismo di finanziamento proposto considera anche tutte le operazioni di scambio interne alla regione, il fondo regionale, al di la' delle quote che vengono riassegnate alle aziende in forma di finanziamento vincolato, resta determinato dai valori relativi al finanziamento dell'impresa di frazionamento del plasma e per l'acquisto di prodotti emocomponenti ed emoderivati da altre realta' sanitarie nazionali o sul mercato.
Nell'ambito del fondo regionale dovra' essere prevista, come scritto anche in precedenza, la quota necessaria di finanziamento per garantire, attraverso la produzione locale o l'acquisto sul mercato, anche la copertura dei fabbisogni delle strutture sanitarie private non accreditate.
Per la valorizzazione dei consumi e dei livelli di produzione programmati, al fine della determinazione dell'entita' economica del fondo regionale, vengono impiegate le tariffe attualmente in vigore per gli emocomponenti e, per quanto riguarda gli emoderivati, i prezzi medi di mercato, eventualmente corretti in ragione dei costi effettivi di produzione per la quota derivante dal frazionamento del plasma regionale.
Le regioni, qualora lo ritengano opportuno, possono utilizzare parametri differenti da quelli ipotizzati al fine di garantire una maggiore aderenza tra meccanismi di finanziamento e costi sostenuti dalle diverse strutture sanitarie.
 
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