Gazzetta n. 246 del 20 ottobre 2000 (vai al sommario)
TESTO AGGIORNATO DEL DECRETO LEGISLATIVO 11 maggio 1999, n. 152
Testo aggiornato del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, recante: "Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole", a seguito delle disposizioni correttive ed integrative di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258.

Avvertenza:
Il testo aggiornato qui pubblicato e' stato redatto dal Ministero dell'ambiente ai sensi dell'art. 11, comma 2, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione di decreto del Presidente della Repubblica e nelle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, corredato delle relative note, ai sensi dell'art. 10, comma 3, del medesimo testo unico, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni del decreto legislativo n. 152/1999 integrate con le modifiche apportate dalle nuove disposizioni di cui al decreto legislativo n. 258/2000. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui riportati. La pubblicazione del presente testo aggiornato assorbe la "ripubblicazione" del testo del decreto legislativo n. 258/2000, corredato delle relative note, annunciata in calce alla pag. 15 del supplemento ordinario n. 153/L alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 218 del 18 settembre 2000.
Art. 1.
F i n a l i t a'
1. Il presente decreto definisce la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotter-ranee, perseguendo i seguenti obiettivi:
a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;
b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;
c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorita' per quelle potabili;
d) mantenere la capacita' naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonche' la capacita' di sostenere comunita' animali e vegetali ampie e ben diversificate.
2. Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si realizza attraverso i seguenti strumenti:
a) l'individuazione di obiettivi di qualita' ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici;
b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell'ambito di ciascun bacino idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni;
c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonche' la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di qualita' del corpo recettore;
d) l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collettamento e depurazione degli scarichi idrici, nell'ambito del servizio idrico integrato di cui alla legge 5 gennaio 1994, n. 36 (a);
e) l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;
f) l'individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche.
3. Le regioni a statuto ordinario regolano la materia disciplinata dal presente decreto nel rispetto di quelle disposizioni in esso contenute che, per la loro natura riformatrice costituiscono principi fondamentali della legislazione statale ai sensi dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione (b). Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione al presente decreto secondo quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione.
Riferimenti normativi:
(a) La legge 5 gennaio 1994, n. 36 recante
"disposizioni in materia di risorse idriche" e' pubblicata
sul supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 14 del
19 gennaio 1994.
(b) Il testo dell'art. 117 della Costituzione e' il
seguente:
"Art. 117. - La Regione emana per le seguenti materie
norme legislative nei limiti dei principi fondamentali
stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreche' le norme
stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e
con quello di altre regioni:
ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi
dipendenti dalla regione;
circoscrizioni comunali polizia locale urbana e
rurale; fiere e mercati;
beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed
ospedaliera; istruzione artigiana e professionale e
assistenza scolastica;
musei e biblioteche di enti locali;
urbanistica;
turismo ed industria alberghiera;
tramvie e linee automobilistiche di interesse
regionale;
viabilita', acquedotti e lavori pubblici di interesse
regionale; navigazione e porti lacuali;
acque minerali e termali;
cave e torbiere;
caccia;
pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste;
artigianato;
altre materie indicate da leggi costituzionali.
Le leggi della Repubblica possono demandare alla
regione il potere di emanare norme per la loro attuazione".
 
Art. 2.
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) "abitante equivalente": il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno;
b) "acque ciprinicole": le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti ai ciprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci, i pesci persici e le anguille;
c) "acque costiere": le acque al di fuori della linea di bassa marea o del limite esterno di un estuario;
d) "acque salmonicole": le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti a specie come le trote, i temoli e i coregoni;
e) "estuario": l'area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono definiti con decreto del Ministro dell'ambiente; in via transitoria sono fissati a cinquecento metri dalla linea di costa;
f) "acque dolci": le acque che si presentano in natura con una bassa concentrazione di sali e sono considerate appropriate per l'estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile;
g) "acque reflue domestiche": acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attivita' domestiche;
h) "acque reflue industriali": qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od installazioni in cui si svolgono attivita' commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento;
i) "acque reflue urbane": acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato;"
l) "acque sotterranee": le acque che si trovano al di sotto della superficie del terreno, nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo;
m) "agglomerato": area in cui la popolazione ovvero le attivita' economiche sono sufficientemente concentrate cosi' da rendere possibile, e cioe' tecnicamente ed economicamente realizzabile anche in rapporto ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento di acque reflue urbane o verso un punto di scarico finale;
n) "applicazione al terreno"; l'apporto di materiale al terreno mediante spandimento sulla superficie del terreno, iniezione nel terreno, interramento, mescolatura con gli strati superficiali del terreno;
n-bis) "utilizzazione agronomica": la gestione di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive ovvero di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari, dalla loro produzione all'applicazione al terreno di cui alla lettera n), finalizzata all'utilizzo delle sostanze nutritive ed ammendanti nei medesimi contenute ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo;
o) "autorita' d'ambito": la forma di cooperazione tra comuni e province ai sensi dell'art. 9, comma 2, della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (a);
o-bis) "gestore del servizio idrico integrato": il soggetto che in base alla convenzione di cui all'articolo 11 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (b), gestisce i servizi idrici integrati e, soltanto fino alla piena operativita' del servizio idrico integrato, il gestore esistente del servizio pubblico";
p) "bestiame": si intendono tutti gli animali allevati per uso o profitto;
q) "composto azotato": qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso l'azoto allo stato molecolare gassoso;
r) "concimi chimici": qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale;
s) "effluente di allevamento": le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato;
t) "eutrofizzazione": arricchimento delle acque in nutrienti, in particolare modo di composti dell'azoto ovvero del fosforo, che provoca una proliferazione delle alghe e di forme superiori di vita vegetale, producendo una indesiderata perturbazione dell'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della qualita' delle acque interessate;
u) "fertilizzante": fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1994, n. 748 (c) ai fini del presente decreto e' fertilizzante qualsiasi sostanza contenente, uno o piu' composti azotati, sparsa sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione; sono compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi di cui alla lettera v);
v) "fanghi": i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane;
z) "inquinamento": lo scarico effettuato direttamente o indirettamente dall'uomo nell'ambiente idrico di sostanze o di energia le cui conseguenze siano tali da mettere in pericolo la salute umana, nuocere alle risorse viventi e al sistema ecologico idrico, compromettere le attrattive o ostacolare altri usi legittimi delle acque;
aa) "rete fognaria": il sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane;
aa-bis) "fognature separate": la rete fognaria costituita da due condotte, una che canalizza le sole acque meteoriche di dilavamento e puo' essere dotata di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, l'altra che canalizza le altre acque reflue unitamente alle eventuali acque di prima pioggia;
bb) "scarico": qualsiasi immissione diretta tramite condotta di acque reflue liquide, semiliquide e comunque convogliabili nelle acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'art. 40;
cc) "acque di scarico": tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;
cc-bis) "scarichi esistenti": gli scarichi di acque reflue urbane che alla data del 13 giugno 1999 sono in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente ovvero di impianti di trattamento di acque reflue urbane per i quali alla stessa data siano gia' state completate tutte le procedure relative alle gare di appalto e all`assegnazione lavori; gli scarichi di acque reflue domestiche che alla data del 13 giugno 1999 sono in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente; gli scarichi di acque reflue industriali che alla data del 13 giugno 1999 sono in esercizio e gia' autorizzati;
dd) "trattamento appropriato": il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo ovvero un sistema di smaltimento che dopo lo scarico garantisca la conformita' dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualita' ovvero sia conforme alle disposizioni del presente decreto;
ee) "trattamento primario": il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo fisico ovvero chimico che comporti la sedimentazione dei solidi sospesi, ovvero mediante altri processi a seguito dei quali il BOD5 delle acque reflue in arrivo sia ridotto almeno del 20% prima dello scarico e i solidi sospesi totali delle acque reflue in arrivo siano ridotti almeno del 50%;
ff) "trattamento secondario": il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazioni secondarie, o un altro processo in cui vengano rispettati i requisiti di cui alla tabella 1 dell'allegato 5;
gg) "stabilimento industriale" o, semplicemente, "stabilimento": qualsiasi stabilimento nel quale si svolgono attivita' commerciali o industriali che comportano la produzione, la trasformazione ovvero l'utilizzazione delle sostanze di cui alla tabella 3 dell'allegato 5 ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali sostanze nello scarico;
hh) "valore limite di emissione": limite di accettabilita' di una sostanza inquinante contenuta in uno scarico, misurata in concentrazione, ovvero in peso per unita' di prodotto o di materia prima lavorata, o in peso per unita' di tempo;
ii) "zone vulnerabili": zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in acque gia' inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali tipi di scarichi.
Riferimenti normativi:
(a) Il testo dell'art. 9, comma 2, della citata legge
5 gennaio 1994, n. 36, e' il seguente:
"2. I comuni e le province provvedono alla gestione del
servizio idrico integrato mediante le forme, anche
obbligatorie, previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142,
come integrata dall'art. 12 della legge 23 dicembre 1992,
n. 498".
(b) Il testo dell'art. 11 della legge 5 gennaio 1994,
n. 36, pubblicata nel supplemento ordinario n. 14 alla
Gazzetta Ufficiale 19 gennaio 1994, e' il seguente:
"Art. 11 (Rapporti tra enti locali e soggetti gestori
del servizio idrico integrato). - 1. La regione adotta una
convenzione tipo e relativo disciplinare per regolare i
rapporti tra gli enti locali di cui all'art. 9 ed i
soggetti gestori dei servizi idrici integrati. in
conformita' al criteri ed agli indirizzi di cui
all'articolo 4, comma 1, lettere f) e g).
2. La convenzione tipo prevede, in particolare:
a) il regime giuridico prescelto per la gestione del
servizio;
b) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio
economico-finanziario della gestione;
c) la durata dell'affidamento, non superiore comunque
a trenta anni;
d) i criteri per definire il piano
economico-finanziario per la gestione integrata del
servizio;
e) le modalita' di controllo del corretto esercizio
del servizio;
f) il livello di efficienza e di affidabilita' del
servizio da assicurare all'utenza anche con riferimento
alla manutenzione degli impianti;
g) la facolta' di riscatto da parte degli enti locali
secondo i principi di cui al titolo I, capo II, del
regolamento approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902 (14);
h) l'obbligo di restituzione delle opere, degli
impianti e delle canalizzazioni dei servizi di cui
all'articolo 4, comma 1, lettera f), oggetto
dell'esercizio, in condizioni di efficienza ed in buono
stato di conservazione;
i) idonee garanzie finanziarie e assicurative;
l) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e
le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice
civile;
m) i criteri e le modalita' di applicazione delle
tariffe determinate dagli enti locali e del loro
aggiornamento, anche con riferimento alle diverse categorie
di utenze.
3. Ai fini della definizione dei contenuti della
convenzione di cui al comma 2, i comuni e le province
operano la ricognizione delle opere di adduzione, di
distribuzione, di fognatura e di depurazione esistenti e
definiscono le procedure e le modalita', anche su base
pluriennale, per assicurare il conseguimento degli
obiettivi previsti dalla presente legge. A tal fine
predispongono, sulla base dei criteri e degli indirizzi
fissati dalle regioni, un programma degli interventi
necessari accompagnato da un piano finanziario e dal
connesso modello gestionale ed organizzativo. Il piano
finanziario indica, in particolare, le risorse disponibili,
quelle da reperire nonche' i proventi da tariffa, come
definiti all'articolo 13, per il periodo considerato".
(c) La legge 19 ottobre 1984, n. 748 recante "Nuove
norme per la disciplina dei fertilizzanti" e' pubblicata
nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del
6 novembre 1984, n. 305.
 
Art. 3.
C o m p e t e n z e
1. Le competenze nelle materie disciplinate dal presente decreto sono stabilite dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (a), dagli altri provvedimenti statali e regionali adottati ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59 (b).
2. Lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le autorita' di bacino, l'agenzia nazionale e le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente assicurano l'esercizio delle competenze gia' spettanti alla data di entrata in vigore della legge 15 marzo 1997, n. 59, fino all'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1.
3. In relazione alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattivita' che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea o pericolo di grave pregiudizio alla salute o all'ambiente o inottemperanza agli obblighi di informazione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri competenti, esercita i poteri sostitutivi in conformita' all'art. 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (c), fermi restando i poteri di ordinanza previsti dall'ordinamento in caso di urgente necessita', nonche' quanto disposto dall'art. 53. Gli oneri economici connessi all'attivita' di sostituzione sono posti a carico dell'ente inadempiente.
4. Le prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione del presente decreto sono stabilite negli allegati al decreto stesso e con uno o piu' regolamenti adottati ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (d), previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; attraverso i medesimi regolamenti possono altresi' essere modificati gli allegati al presente decreto per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove acquisizioni scientifiche o tecnologiche.
5. Ai sensi dell'art. 20 della legge 16 aprile 1987, n. l83 (e) con decreto dei Ministri competenti per materia, si provvede alla modifica degli allegati al presente decreto per dare attuazione alle direttive che saranno emanate dall'Unione europea, per le parti in cui queste modifichino modalita' esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle direttive dell'Unione europea recepite dal presente decreto.
6. I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche attraverso appositi accordi di programma con le competenti autorita', concorrono alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua, della rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e della fitodepurazione.
7. Le regioni assicurano la piu' ampia divulgazione delle informazioni sullo stato di qualita' delle acque e trasmettono all'agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente i dati conoscitivi e le informazioni relative all'attuazione del presente decreto, nonche' quelli prescritti dalla disciplina comunitaria, secondo le modalita' indicate con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri competenti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano. L'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente elabora a livello nazionale, nell'ambito del Sistema informativo nazionale ambientale, le informazioni ricevute e le trasmette ai Ministeri interessati e al Ministero dell'ambiente anche per l'invio alla Commissione europea. Con lo stesso decreto sono individuati e disciplinati i casi in cui le regioni sono tenute a trasmettere al Ministero dell'ambiente i provvedimenti adottati ai fini delle comunicazioni all'Unione europea o in ragione degli obblighi internazionali assunti.
8. Sono fatte salve le competenze spettanti alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
9. Le regioni favoriscono l'attiva partecipazione di tutte le parti interessate all'attuazione del presente decreto in particolare in sede di elaborazione, revisione e aggiornamento dei piani di tutela.
Riferimenti normativi:
(a) Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112
recante "conferimento di funzioni e compiti dello Stato
alle regioni ed agli enti locali in attuazione del capo I
della legge 15 marzo 1997, n. 59". E' pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale - serie
generale - n. 92 del 21 aprile 1998.
(b) La legge 15 marzo 1997, n. 59 recante "delega al
governo per il conferimento di funzioni e compiti alle
regioni e enti locali, per la riforma della pubblica
amministrazione e per la semplificazione amministrativa "
e' pubblicata nel supplemento ordinario n. 92 alla Gazzetta
Ufficiale - serie generale - del 21 aprile 1998.
(c) Il testo dell'art. 5 del citato decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 112, pubblicato nel supplemento ordinario
alla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 92 del
21 aprile 1998, e' il seguente:
"Art. 5 (Poteri sostitutivi). - 1. Con riferimento alle
funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti
locali, in caso di accertata inattivita' che comporti
inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza
alla Unione europea o pericolo di grave pregiudizio agli
interessi nazionali, il Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta del Ministro competente per materia,
assegna all'ente inadempiente un congruo termine per
provvedere.
2. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei
Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un
commissario che provvede in via sostitutiva.
3. In casi di assoluta urgenza, non si applica la
procedura di cui al comma 1 e il Consiglio dei Ministri
puo' adottare il provvedimento di cui al comma 2, su
proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di
concerto con il Ministro competente. Il provvedimento in
tal modo adottato ha immediata esecuzione ed e'
immediatamente comunicato rispettivamente alla Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito
denominata "Conferenza Stato-regioni" e alla Conferenza
Stato-citta' e autonomie locali allargata ai rappresentanti
delle comunita' montane, che ne possono chiedere il
riesame, nei termini e con gli effetti previsti dall'art.
8, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59.
4. Restano ferme le disposizioni in materia di poteri
sostitutivi previste dalla legislazione vigente".



Note all'art. 3.
(d) Il testo dell'art. 17, comma 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400, recante "Disciplina, dell'attivita'
di governo e ordinamento della presidenza del Consiglio dei
Ministri" pubblicata sul supplemento ordinano n. 214 alla
Gazzetta Ufficiale - serie generale - del 12 settembre
1988, e' il seguente:
"3. Con decreto ministeriale possono essere adottati
regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di
autorita' sottordinate al Ministro, quando la legge
espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per
materie di competenza di piu' Ministri, possono essere
adottati con decreti interministeriali, ferma restando la
necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge.
I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono
dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati
dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente
del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione".
(e) Il testo dell'art. 20 della legge 16 aprile 1987,
n. 183 pubblicata nel supplemento ordinario n. 109 alla
Gazzetta Ufficiale - serie generale - del 13 maggio 1987,
e' il seguente:
"Art. 20 (Adeguamenti tecnici). - 1. Con decreti dei
Ministri interessati sara' data attuazione alle direttive
che saranno emanate dalla Comunita' economica europea per
le parti in cui modifichino modalita' esecutive e
caratteristiche di ordine tecnico di altre direttive della
Comunita' economica europea gia' recepite nell'ordinamento
nazionale.
2. I Ministri interessati danno immediata comunicazione
dei provvedimenti adottati ai sensi del comma 1 al Ministro
per il coordinamento delle politiche comunitarie, al
Ministro degli affari esteri ed al Parlamento".



 
Art. 4.
Disposizioni generali
1. Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee, il presente decreto individua gli obiettivi minimi di qualita' ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di qualita' per specifica destinazione per i corpi idrici di cui all'articolo 6, da garantirsi su tutto il territorio nazionale.
2. L'obiettivo di qualita' ambientale e' definito in funzione della capacita' dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunita' animali e vegetali ampie e ben diversificate.
3. L'obiettivo di qualita' per specifica destinazione individua lo stato dei corpi idrici idoneo a una particolare utilizzazione da parte dell'uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.
4. In attuazione del presente decreto sono adottate, mediante il piano di tutela delle acque di cui all'articolo 44, misure atte a conseguire i seguenti obiettivi entro il 31 dicembre 2016:
a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei l'obiettivo di qualita' ambientale corrispondente allo stato di "buono" come definito nell'allegato 1;
b) sia mantenuto, ove gia' esistente, lo stato di qualita' ambientale "elevato" come definito nell'allegato 1;
c) siano mantenuti o raggiunti altresi' per i corpi idrici a specifica destinazione di cui all'articolo 6 gli obiettivi di qualita' per specifica destinazione di cui all'allegato 2, salvo i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente.
5. Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di qualita' ambientale e per specifica destinazione che prevedono per gli stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli piu' cautelativi; quando i limiti piu' cautelativi si riferiscono al conseguimento dell'obiettivo di qualita' ambientale, il rispetto degli stessi decorre dal 31 dicembre 2016.
6. Il piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di qualita' ambientale con i diversi obiettivi di qualita' per specifica destinazione.
7. Le regioni possono altresi' definire obiettivi di qualita' ambientale piu' elevati, nonche' individuare ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi di qualita'.
 
Art. 5. Individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualita' ambientale
1. Entro il 30 aprile 2003, sulla base dei dati gia' acquisiti e dei risultati del primo rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 42 e 43, le regioni identificano per ciascun corpo idrico significativo, o parte di esso, la classe di qualita' corrispondente ad una di quelle indicate nell'allegato 1.
2. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni stabiliscono e adottano le misure necessarie al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi di qualita' ambientale di cui all'articolo 4, comma 4, lettere a) e b), tenendo conto del carico massimo ammissibile ove fissato sulla base delle indicazioni dell'autorita' di bacino di rilievo nazionale e interregionale per i corpi idrici sovraregionali, assicurando in ogni caso per tutti i corpi idrici l'adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.
3. Al fine di assicurare entro il 31 dicembre 2016, il raggiungimento dell'obiettivo di qualita' ambientale corrispondente allo stato "buono", entro il 31 dicembre 2008, ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto di esso deve conseguire almeno i requisiti dello stato "sufficiente" di cui all'allegato 1.
4. Le regioni possono motivatamente stabilire termini diversi, per i corpi idrici che presentano condizioni tali da non consentire il raggiungimento dello stato "buono" entro il 31 dicembre 2016.
5. Le regioni possono motivatamente stabilire obiettivi di qualita' ambientale meno rigorosi per taluni corpi idrici, qualora ricorra almeno una delle seguenti condizioni:
a) il corpo idrico ha subito gravi ripercussioni in conseguenza dell'attivita' umana che rendono manifestamente impossibile o economicamente insostenibile un significativo miglioramento dello stato qualitativo;
b) il raggiungimento dell'obiettivo di qualita' previsto non e' perseguibile a causa della natura litologica ovvero geomorfologica del bacino di appartenenza;
c) l'esistenza di circostanze impreviste o eccezionali, quali alluvioni e siccita'.
6. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 5, la definizione di obiettivi meno rigorosi e' consentita purche' i medesimi non comportino l'ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e, fatto salvo il caso di cui al comma 5, lettera b), non sia pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi fissati dal presente decreto in altri corpi idrici all'interno dello stesso bacino idrografico.
7. Nei casi previsti dai commi 4 e 5, i piani di tutela devono comprendere le misure volte alla tutela del corpo idrico, ivi compresi i provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina degli scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonche' le relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale modifica deve essere inserita come aggiornamento del piano.
 
Art. 6.
Obiettivo di qualita' per specifica destinazione
1. Sono acque a specifica destinazione funzionale:
a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
b) le acque destinate alla balneazione;
c) le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d) le acque destinate alla vita dei molluschi.
2. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 4, commi 4 e 5, per le acque indicate al comma 1, e' perseguito, per ciascun uso, l'obiettivo di qualita' per specifica destinazione stabilito nell'allegato 2, fatta eccezione per le acque di balneazione.
3. Le regioni, al fine di un costante miglioramento dell'ambiente idrico, stabiliscono programmi, che vengono recepiti nel piano di tutela, per mantenere, ovvero adeguare, la qualita' delle acque di cui al comma 1, all'obiettivo di qualita' per specifica destinazione. Relativamente alle acque di cui al comma 2, le regioni predispongono apposito elenco che provvedono ad aggiornare periodicamente.
 
Art. 7.
Acque superficiali destinate alla produzione
di acqua potabile
1. Le acque dolci superficiali per essere utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile, sono classificate dalle regioni nelle categorie A1, A2 e A3 secondo le caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche di cui alla tabella 1/A dell'allegato 2.
2. A seconda della categoria di appartenenza, le acque dolci superficiali di cui al comma 1 sono sottoposte ai seguenti trattamenti:
a) categoria A1: trattamento fisico semplice e disinfezione;
b) categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione;
c) categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinazione e disinfezione.
3. Le regioni inviano i dati relativi al monitoraggio e classificazione delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero della sanita', che provvede al successivo inoltro alla Commissione europea.
4. Le acque dolci superficiali che presentano caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche qualitativamente inferiori ai valori limite imperativi della categoria A3 possono essere utilizzate, in via eccezionale, solo nel caso in cui non sia possibile ricorrere ad altre fonti di approvvigionamento e a condizione che le acque siano sottoposte ad opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualita' delle acque destinate al consumo umano.
 
Art. 8.
Deroghe
1. Per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni possono derogare ai valori dei parametri di cui alla tabella 1/A dell'allegato 2:
a) in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;
b) limitatamente ai parametri contraddistinti nell'allegato 2 tabella 1/A dal simbolo (o) in caso di circostanze meteorologiche eccezionali o condizioni geografiche particolari;
c) quando le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di talune sostanze con superamento dei valori fissati per le categorie A1, A2 e A3;
d) nel caso di laghi poco profondi e con acque quasi stagnanti, per i parametri indicati con un asterisco nell'allegato 2, tabella 1/A, fermo restando che tale deroga e' applicabile unicamente ai laghi aventi una profondita' non superiore ai 20 metri, che per rinnovare le loro acque impieghino piu' di un anno e nel cui specchio non defluiscano acque di scarico.
2. Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se ne derivi concreto pericolo per la salute pubblica.
 
Art. 9.
Acque di balneazione
1. Le acque destinate alla balneazione devono rispondere ai requisiti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470 (a), e successive modificazioni.
2. Per le acque che risultano ancora non idonee alla balneazione ai sensi del citato decreto Presidente della Repubblica n. 470 del 1982 le regioni, entro l'inizio della stagione balneare successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto e, successivamente, prima dell'inizio della stagione balneare, con periodicita' annuale, comunicano al Ministero dell'ambiente, secondo le modalita' indicate con il decreto di cui all'articolo 3, comma 7, tutte le informazioni relative alle cause ed alle misure che intendono adottare.
Riferimenti normativi:
(a) Il decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno
1982, n. 470, recante "Attuazione della direttiva (CEE) n.
76/160 relativa alla qualita' delle acque di balneazione"
e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - serie generale -
del 26 luglio 1982, n. 203.
 
Art. 10.
Acque dolci idonee alla vita dei pesci
1. Al fini della designazione delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per esser idonee alla vita dei pesci, sono privilegiati:
a) i corsi d'acqua che attraversano il territorio di parchi nazionali e riserve naturali dello Stato, nonche' di parchi e riserve naturali regionali;
b) i laghi naturali ed artificiali, gli stagni ed altri corpi idrici, situati nei predetti ambiti territoriali;
c) le acque dolci superficiali comprese nelle zone umide dichiarate "di importanza internazionale" ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con il decreto del Presidente della Repubblica del 13 marzo 1976, n. 448, (a) sulla protezione delle zone umide, nonche' quelle comprese nelle "oasi di protezione della fauna", istituite dalle regioni e province autonome ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157; (b);
d) le acque dolci superficiali che, ancorche' non comprese nelle precedenti categorie, presentino un rilevante interesse scientifico, naturalistico, ambientale e produttivo in quanto costituenti habitat di specie animali o vegetali rare o in via di estinzione, ovvero in quanto sede di complessi ecosistemi acquatici meritevoli di conservazione o, altresi', sede di antiche e tradizionali forme di produzione ittica, che presentano un elevato grado di sostenibilita' ecologica ed economica.
2. Sono escluse dall'applicazione del presente articolo e degli articoli 11, 12 e 13, le acque dolci superficiali dei bacini naturali o artificiali utilizzati per l'allevamento intensivo delle specie ittiche, nonche' i canali artificiali adibiti a uso plurimo, di scolo o irriguo, e quelli appositamente costruiti per l'allontanamento dei liquami e di acque reflue industriali.
3. Le acque dolci superficiali che presentino valori dei parametri di qualita' conformi con quelli imperativi previsti dalla tabella 1/B dell'allegato 2, sono classificate, entro quindici mesi dalla designazione, come acque dolci "salmonicole" o "ciprinicole".
4. La designazione e la classificazione ai sensi dei commi 1 e 3 sono effettuate dalle regioni, ricorrendone le condizioni, devono essere gradualmente estese sino a coprire l'intero corpo idrico, ferma restando la possibilita' di designare e classificare nell'ambito del medesimo, tratti come "acqua salmonicola" e tratti come "acqua ciprinicola".
5. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessita' di tutela della qualita' delle acque, il presidente della giunta regionale o il presidente della provincia, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
Riferimenti normativi:
(a) Il decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo
1976, n. 448, recante "Esecuzione della convenzione
relativa alle zone umide d'importanza internazionale,
soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, firmata a
Ramsar il 2 febbraio 1971", e' pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale - serie generale - n. 173 del 3 luglio 1976.
(b) La legge 11 febbraio 1992, n. 157 recante "Norme
per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo
venatorio" e' pubblicata nel supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 46 del 25 febbraio
1992.
 
Art. 11
Successive designazioni e revisioni
1. Le regioni sottopongono a revisione la designazione e la classificazione di alcune acque dolci idonee alla vita dei pesci in funzione di elementi imprevisti o sopravvenuti.
 
Art. 12
Accertamento della qualita' delle acque idonee alla vita dei pesci
1. Le acque designate e classificate si considerano idonee alla vita dei pesci se rispondono ai requisiti riportati nella tabella 1/B dell'allegato 2.
2. Se dai campionamenti risulta che non sono rispettati uno o piu' valori dei parametri riportati nella tabella 1/B dell'allegato 2, le autorita' competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita, ad apporti inquinanti o a eccessivi prelievi e propongono all'autorita' competente le misure appropriate.
3. Ai fini di una piu' completa valutazione delle qualita' delle acque, le regioni promuovono la realizzazione di idonei programmi di analisi biologica delle acque designate e classificate.
 
Art. 13
D e r o g h e
1. Per le acque dolci superficiali designate o classificate per essere idonee alla vita dei pesci, le regioni possono derogare al rispetto dei parametri indicati nella tabella 1/B dell'allegato 2, dal simbolo (o), in caso di circostanze meteorologiche eccezionali o speciali condizioni geografiche e, quanto al rispetto dei parametri riportati nella medesima tabella, per arricchimento naturale del corpo idrico da sostanze provenienti dal suolo senza intervento diretto dell'uomo.
 
Art. 14
Acque destinate alla vita dei molluschi
1. Le regioni designano, nell'ambito delle acque marine costiere e salmastre, che sono sede di banchi e popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi, quelle richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e per contribuire alla buona qualita' dei prodotti della molluschicoltura direttamente commestibili per l'uomo.
2. Le regioni possono procedere a designazioni complementari, oppure alla revisione delle designazioni gia' effettuate, in funzione dell'esistenza di elementi imprevisti al momento della designazione.
3. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessita' di tutela della qualita' delle acque, il presidente della giunta regionale, il presidente della provincia e il sindaco, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
 
Art. 15.
Accertamento della qualita' delle acque destinate
alla vita dei molluschi
1. Le acque designate ai sensi dell'articolo 14 devono rispondere ai requisiti di qualita' di cui alla tabella 1/C dell'allegato 2.
2. Qualora le acque designate non risultano conformi ai requisiti di cui alla tabella 1/C dell'allegato 2, le regioni stabiliscono programmi per ridurre l'inquinamento.
3. Se da un campionamento risulta che uno o piu' valori di parametri di cui alla tabella 1/C dell'allegato 2, non sono rispettati, le autorita' competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita o ad altri fattori di inquinamento. In tali casi le regioni adottano misure appropriate.
 
Art. 16.
Deroghe
1. Per le acque destinate alla vita dei molluschi, le regioni possono derogare ai requisiti alla tabella 1/C dell'allegato 2, in caso di condizioni meteorologiche o geografiche eccezionali.
 
Art. 17.
Norme sanitarie
1. Le attivita' di cui agli articoli 14, 15 e 16 lasciano impregiudicata l'attuazione delle norme sanitarie relative alla classificazione delle zone di produzione e di stabulazione dei molluschi bivalvi vivi, effettuata ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530 (a).
Riferimenti normativi:
(a) Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530,
recante "Attuazione della direttiva 91/492/CEE che
stabilisce le norme sanitarie applicabili alla produzione e
commercializzazione dei molluschi bivalvi vivi" e'
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale - serie generale - n. 7 dell'11 gennaio 1993.
 
Art. 18
Aree sensibili
1. Le aree sensibili sono individuate secondo i criteri dell'allegato 6.
2. Ai fini della prima individuazione sono designate aree sensibili:
a) i laghi di cui all'allegato 6, nonche' i corsi d'acqua a esse afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;
b) le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di Comacchio, i laghi salmastri e il delta del Po;
c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448 (a);
d) le aree costiere dell'Adriatico-Nord Occidentale dalla foce dell'Adige al confine meridionale del comune di Pesaro e i corsi d'acqua ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa.
3. Resta fermo quanto disposto dalla legislazione vigente relativamente alla tutela di Venezia.
4. Sulla base dei criteri stabiliti nell'allegato 6 e sentita l'Autorita' di bacino, le regioni, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, possonodesignare ulteriori aree sensibili ovvero individuano all'interno delle aree indicate nel comma 2, i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.
5. Le regioni, sulla base dei criteri previsti dall'allegato 6, delimitano i bacini drenanti nelle aree sensibili che contribuiscono all'inquinamento di tali aree.
6. Ogni quattro anni si provvede alla reidentificazione delle aree sensibili e dei rispettivi bacini drenanti che contribuiscono all'inquinamento delle aree sensibili.
7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 4 e 6 devono soddisfare i requisiti dell'articolo 32 entro sette anni dalla identificazione.
Riferimenti normativi:
(a) Il titolo del decreto del Presidente della
Repubblica 13 marzo 1976, n. 448 e' riportato nelle note
all'art. 10.
 
Art. 19.
Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola
1. Le zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui all'allegato 7/A-I.
2. Ai fini della prima individuazione sono designate zone vulnerabili le aree elencate nell'allegato 7/A-III.
3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sulla base dei dati disponibili, e per quanto possibile sulla base delle indicazioni stabilite nell'allegato 7/A-I, le regioni, sentita l'Autorita' di bacino, possono individuare ulteriori zone vulnerabili ovvero, all'interno delle zone indicate nell'allegato 7/A-III, le parti che non costituiscono zone vulnerabili.
4. Almeno ogni quattro anni le regioni, sentita l'Autorita' di bacino, rivedono o completano le designazioni delle zone vulnerabili per tener conto dei cambiamenti e fattori imprevisti al momento della precedente designazione. A tal fine le regioni predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo per verificare le concentrazioni dei nitrati nelle acque dolci per il periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui all'allegato 7/A-I, nonche' riesaminano lo stato eutrofico causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di transizione e delle acque marine costiere.
5. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 3 e 4 devono essere attuati i programmi di azione di cui al comma 6, nonche' le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole in data 19 aprile 1999, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999.
6. Entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 3, ed entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone di cui al comma 4, le regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure di cui all'allegato 7/A-IV, definiscono ovvero rivedono, se gia' posti in essere, programmi d'azione obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque dall'inquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro attuazione nell'anno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 3 e nei successivi quattro anni per le zone di cui al comma 4.
7. Le regioni provvedono, inoltre, a:
a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona pratica agricola, stabilendone le modalita' di applicazione;
b) predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli agricoltori sul programma di azione e sul codice di buona pratica agricola;
c) elaborare ed applicare entro quattro anni a decorrere dalla definizione o revisione dei programmi di cui al comma 6, i necessari strumenti di controllo e verifica dell'efficacia dei programmi stessi sulla base dei risultati ottenuti; ove necessario, modificare o integrare tali programmi individuando tra le ulteriori misure possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi di attuazione delle misure stesse.
8. Le variazioni apportate alle designazioni, i programmi di azione, i risultati delle verifiche dell'efficacia degli stessi e le revisioni effettuate devono essere comunicati al Ministero dell'ambiente, secondo le modalita' indicate nel decreto di cui all'articolo 3, comma 7. Al Ministero per le politiche agricole e' data tempestiva notizia delle integrazioni apportate al codice di buona pratica agricola di cui al comma 7, lettera a) nonche' degli interventi di formazione e informazione.
9. Al fine di garantire un generale livello di protezione delle acque il codice di buona pratica agricola e' di raccomandata applicazione al di fuori delle zone vulnerabili.
 
Art. 20.
Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e altre zone vulnerabili
1. Con le modalita' previste dall'articolo 19 e sulla base delle indicazioni contenute nell'allegato 7/B, le regioni identificano le aree di cui all'articolo 5, com-ma 21, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194 (a), allo scopo di proteggere le risorse idriche o altri comparti ambientali dall'inquinamento derivante dall'uso di prodotti fitosanitari.
2. Le regioni e le Autorita' di bacino verificano la presenza nel territorio di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di siccita', degrado del suolo e processi di desertificazione e le designano quali aree vulnerabili alla desertificazione.
3. Per le aree di cui al comma 2, nell'ambito della pianificazione di bacino e della sua attuazione, sono adottate specifiche misure di tutela, secondo i criteri previsti nel piano d'azione nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999.
Riferimenti normativi:
(a) Il testo dell'art. 5, comma 21, del decreto
legislativo 17 marzo 1995, n. 194, recante "Attuazione
della direttiva 91/414/CEE in materia di immissione in
commercio di prodotti fitosanitari" pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale - serie
generale - n. 122 del 27 maggio 1995, e' il seguente:
"21. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del
presente decreto il Ministro dell'ambiente, sentite le
regioni e le province autonome, definisce i criteri per
l'individuazione delle aree vulnerabili, nelle quali le
regioni e le province autonome possono chiedere
l'applicazione, delle limitazioni e delle esclusioni di
impiego di cui al comma 20".
 
Art. 21
Disciplina delle aree di salvaguardia
delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano
1. Su proposta delle autorita' d'ambito, le regioni, per mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, nonche' per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonche', all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione.
2. Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma 1, le autorita' competenti impartiscono, caso per caso, le prescrizioni necessarie per la conservazione, la tutela della risorsa ed il controllo delle caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo umano.
3. Per la gestione delle aree di salvaguardia si applicano le disposizioni dell'articolo 13 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (a), e le disposizioni dell'articolo 24 della stessa legge (b), anche per quanto riguarda eventuali indennizzi per le attivita' preesistenti.
4. La zona di tutela assoluta e' costituita dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni; essa deve avere una estensione in caso di acque sotterranee e, ove possibile per le acque superficiali, di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e adibita esclusivamente ad opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio.
5. La zona di rispetto e' costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e puo' essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilita' e rischio della risorsa. In particolare nella zona di rispetto sono vietati l'insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attivita':
a) dispersione di fanghi ed acque reflue, anche se depurati;
b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilita' delle risorse idriche;
d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade;
e) aree cimiteriali;
f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;
g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione della estrazione ed alla protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;
h) gestione di rifiuti;
i) stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;
l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
m) pozzi perdenti;
n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione. E' comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.
6. Per gli insediamenti o le attivita' di cui al comma 5, preesistenti, ove possibile e comunque ad eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento; in ogni caso deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Le regioni e le provincie autonome disciplinano, all'interno delle zone di rispetto, le seguenti strutture od attivita':
a) fognature;
b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;
c) opere viarie, ferroviarie ed in genere infrastrutture di servizio;
d) le pratiche agronomiche e i contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma 5.
7. In assenza dell'individuazione da parte della regione della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione.
8. Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni delle regioni per assicurare la protezione del patrimonio idrico. In esse si possono adottare misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agroforestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.
9. Le regioni, al fine della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora utilizzate per l'uso umano, individuano e disciplinano, all'interno delle zone di protezione, le seguenti aree:
a) aree di ricarica della falda;
b) emergenze naturali ed artificiali della falda;
c) zone di riserva.
Riferimenti normativi.
(a) L'art. 13 della legge 5 gennaio 1994, n. 36,
pubblicata nel supplemento ordinario n. 14 alla Gazzetta
Ufficiale - serie generale - del 19 gennaio 1994 e' il
seguente:
"Art. 13 (Tariffa del servizio idrico). - 1. La tariffa
costituisce il corrispettivo del servizio idrico come
definito all'articolo 4, comma 1, lettera f).
2. La tariffa e' determinata tenendo conto della
qualita' della risorsa idrica e del servizio fornito, delle
opere e degli adeguamenti necessari, dell'entita' dei costi
di gestione delle opere, dell'adeguatezza della
remunerazione del capitale investito e dei costi di
gestione delle aree di salvaguardia, in modo che sia
assicurata la copertura integrale dei costi di investimento
e di esercizio.
3. Il Ministro dei lavori pubblici, di intesa con il
Ministro dell'ambiente, su proposta del comitato di
vigilanza di cui all'art. 21, sentite le Autorita' di
bacino di rilievo nazionale, nonche' la conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, elabora un metodo
normalizzato per definire le componenti di costo e
determinare la tariffa di riferimento. La tariffa di
riferimento e' articolata per fasce di utenza e
territoriali, anche con riferimento a parcolari situazioni
idrogeologiche ed in funzione del contenimento del consumo.
4. La tariffa di riferimento costituisce la base per la
determinazione della tariffa nonche' per orientare e
graduare nel tempo gli adeguamenti tariffari derivanti
dall'applicazione della presente legge.
5. La tariffa e' determinata dagli enti locali, anche
in relazione al piano finanziario degli interventi relativi
al servizio idrico di cui all'articolo 11, comma 3.
6. La tariffa e' applicata dai soggetti gestori, nel
rispetto della convenzione e del relativo disciplinare.
7. Nella modulazione della tariffa sono assicurate
agevolazioni per i consumi domestici essenziali nonche' per
i consumi di determinate categorie secondo prefissati
scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa
redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di
tariffa per le residenze secondarie e per gli impianti
ricettivi stagionali.
8. Per le successive determinazioni della tariffa si
tiene conto degli obiettivi di miglioramento della
produttivita' e della qualita' del servizio fornito e del
tasso di inflazione programmato.
9. L'eventuale modulazione della tariffa tra i comuni
tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni
medesimi che risultino utili ai fini dell'organizzazione
del servizio idrico integrato".
(b) il testo dell'art. 24 della citata legge 5 gennaio
1994, n. 36 e' il seguente:
"Art. 24 (Gestione delle aree di salvaguardia). - 1.
Per assicurare la tutela delle aree di salvaguardia delle
risorse idriche destinate al consumo umano, il gestore del
servizio idrico integrata puo' stipulare convenzioni con lo
Stato, le regioni, gli enti locali, le associazioni e le
universita' agrarie titolari di demani collettivi, per la
gestione diretta dei demani pubblici o collettivi ricadenti
nel perimetro delle predette aree, nel rispetto della
protezione della natura e tenuta conto dei diritti di uso
civico esercitati.
2. La quota di tariffa riferita ai costi per la
gestione delle aree di salvaguardia, in caso di
trasferimenti di acqua da un ambito territoriale ottimale
all'altro, e' versata alla comunita' montana, ove
costituita, o agli enti locali nel cui territorio ricadono
le derivazioni; i relativi proventi sono utilizzati ai
fitti della tutela e del recupero delle risorse
ambientali".
 
Art. 22.
Pianificazione del bilancio idrico
1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli obiettivi di qualita' attraverso una pianificazione delle utilizzazioni delle acque volta ad evitare ripercussioni sulla qualita' delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.
2. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico come definito dall'Autorita' di bacino, nel rispetto delle priorita' della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilita', del minimo deflusso vitale, della capacita' di ravvenamento della falda e delle destinazioni d'uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative.
3. Le regioni definiscono, sulla base delle linee guida di cui al comma 4 e dei criteri adottati dai Comitati istituzionali delle Autorita' di bacino, gli obblighi di installazione e manutenzione in regolare stato di funzionamento di idonei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi d'acqua pubblica derivati, in corrispondenza dei punti di prelievo e, ove presente, di restituzione, nonche' gli obblighi e le modalita' di trasmissione dei risultati delle misurazioni all'Autorita' concedente per il loro successivo inoltro alla regione ed alle Autorita' di bacino competenti. Le Autorita' di bacino provvedono a trasmettere i dati in proprio possesso all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente secondo le modalita' di cui all'articolo 3, comma 7.
4. Il Ministro dei lavori pubblici provvede entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto a definire, di concerto con gli altri Ministri competenti e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano, le linee guida per la predisposizione del bilancio idrico di bacino, comprensive dei criteri per il censimento delle utilizzazioni in atto e per la definizione del minimo deflusso vitale.
5. Salvo quanto previsto al comma 6, tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto sono regolate dall'Autorita' concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici come previsto dall'articolo 3, comma 1, lettera i), della legge 18 maggio 1989, n. 183 (a) e dall'articolo 3, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (b) senza che cio' possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.
6. Per le finalita' di cui ai commi 1 e 2 le autorita' concedenti, a seguito del censimento di tutte le utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico provvedono, ove necessario, alla loro revisione, disponendo prescrizioni o limitazioni temporali o quantitative, senza che cio' possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.
6-bis. Nel provvedimento di concessione prefereziale, rilasciato ai sensi dell'articolo 4 dei regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (c), sono previsti i rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici e le prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.
Riferimenti normativi.
(a) Il testo dell'art. 3, comma 1, lettera i) della
legge 18 maggio 1989, n. 183, e' il seguente:
Art. 3 (Le attivita' di pianficaziane, di
programmazione e di attuazione). - 1. La attivita' di
programmazione, di pianificazione e di attuazione degli
interventi destinati a realizzare le finalita' indicate
all'art. 1 curano in particolare:
a) - h) (Omissis).
i) la razionale utilizzazione delle risorse idriche
superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica,
irrigua ed idrica garantendo, comunque, che l'insieme delle
derivazioni non pregiudichi il minimo deflusso costante
vitale negli alvei sottesi nonche' la pulizia delle
acque;".
(b) il testo dell'art. 3, comma 3, della legge 5
gennaio 1994, n. 36, e' il seguente:
"Art. 3 (Equilibrio del bacino idrico). - (Omissis).
3. Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti
prelievi o da trasferimenti sia a valle che oltre la linea
di displuvio, le derivazioni, sono regolate in modo da
garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli
alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli
ecosistemi interessati".
(c) il testo dell'art. 4 del regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775, recante "testo unico delle disposizioni di
legge sulle acque e impianti elettrici", pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 1984, n. 5, e' il seguente:
4. Per le acque pubbliche, le quali, non comprese in
precedenti elenchi, siano incluse in elenchi suppletivi,
gli utenti che non siano in grado di chiedere il
riconoscimento del diritto all'uso dell'acqua ai termini
dell'art. 3, hanno diritto alla concessione limitatamente
al quantitativo di acqua e di forza motrice effettivamente
utilizzata, con esclusione di qualunque concorrente, salvo
quanto e' disposto dall'art. 45.
La domanda deve essere presentata entro i termini
stabiliti dall'art. 3 per i riconoscimenti e sara' istruita
con la procedura delle concessioni.
 
Art. 23.
Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775
1. Il secondo comma dell'articolo 7 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 175 (a) introdotto dall'articolo 3 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275 (b) e' sostituito dal seguente:
"Le domande di cui al primo comma relative sia alle grandi sia alle piccole derivazioni sono altresi' trasmesse alle Autorita' di bacino territorialmente interessate che, nel termine massimo di quaranta giorni dalla ricezione, comunicano il proprio parere all'ufficio istruttore in ordine alla compatibiita' della utilizzazione con le previsioni del piano di tutela e, anche in attesa di approvazione dello stesso, ai fini del controllo sull'equilibrio del bilancio idrico o idrologico. Decorso il predetto termine senza che sia intervenuta alcuna pronuncia, il parere si intende espresso in senso favorevole".
2. Il comma 1 dell'articolo 9 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, cosi' come sostituito dall'articolo 4 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275 (c) sostituito dal seguente:
"1. Tra piu' domande concorrenti, completata l'istruttoria di cui agli articoli 7 e 8, e' preferita quella che da sola o in connessione con altre utenze concesse o richieste presenti la piu' razionale utilizzazione delle risorse idriche in relazione ai seguenti criteri:
a) l'attuale livello di soddisfacimento delle esigenze essenziali dei concorrenti anche da parte dei servizi pubblici di acquedotto o di irrigazione, evitando ogni spreco e destinando preferenzialinente le risorse qualificate all'uso potabile;
b) le effettive possibilita' di migliore utilizzo delle fonti in relazione all'uso;
c) le caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico;
d) la quantita' e la qualita' dell'acqua restituita rispetto a quella prelevata.
1-bis. E' preferita la domanda che, per lo stesso tipo di uso, garantisce la maggior restituzione d'acqua in rapporto agli obiettivi di qualita' dei corpi idrici. In caso di piu' domande concorrenti per usi industriali e' altresi' preferita quella del richiedente che aderisce al sistema ISO 14001 ovvero al sistema di cui al regolamento CEE n. 1836/1993 del Consiglio del 29 giugno 1993 (d) sull'adesione volontaria delle imprese del settore industriale a un sistema comunitario di ecogestione e audit.".
3. L'articolo 12 bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (a) introdotto dall'articolo 5 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275 (b) e' sostituito dal seguente:
"Art. 12-bis. - 1. Il provvedimento di concessione e' rilasciato se non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualita' definiti per il corso d'acqua interessato e se e' garantito il minimo deflusso vitale, tenuto conto delle possibilita' di utilizzo di acque reflue depurate o di quelle provenienti dalla raccolta di acque piovane, sempre che cio' risulti economicamente sostenibile. Nelle condizioni del disciplinare sono fissate, ove tecnicamente possibile, la quantita' e le caratteristiche qualitative dell'acqua restituita. Analogamente, nei casi di prelievo da falda si tiene conto della necessita' di assicurare l'equilibrio complessivo tra i prelievi e la capacita' di ricarica dell'acquifero, anche al fine di evitare fenomeni di intrusione di acque salate o inquinate, e quant'altro sia utile in funzione del controllo del miglior regime delle acque.
2. L'utilizzo di risorse qualificate con riferimento a quelle prelevate da sorgenti o falde o comunque riservate al consumo umano, puo' essere assentito per usi diversi da quello potabile sempre che non vi sia possibilita' di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane, ovvero se il riutilizzo sia economicamente insostenibile, solo nei casi di ampia disponibilita' delle risorse predette, di accertata carenza qualitativa e quantitativa di fonti alternative di approvvigionamento; in tal caso, il canone di utenza per uso diverso da quello potabile e' triplicato.
3. Sono escluse le concessioni ad uso idroelettrico i cui impianti sono posti in serie con gli impianti di acquedotto.".
4. L'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (a) e' sostituito dal seguente:
"Art. 17. - 1. Salvo quanto previsto dall'articolo 93 (e) e dall'articolo 28, commi 3 e 4, della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (f) e' vietato derivare o utilizzare acqua pubblica senza un provvedimento autorizzativo o concessorio dell Autorita' competente. Nel caso di violazione del disposto del comma 1, l'amministrazione competente dispone la cessazione dell`utenza abusiva ed il contravventore, fatti salvi ogni altro adempimento o comminatoria previsti dalle leggi vigenti, e' tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Nei casi di particolare tenuita' si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinquecentomila a lire tre milioni. Alla sanzione prevista dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (g). E 'in ogni caso dovuta una somma pari ai canoni non corrisposti. L'autorita' competente, con espresso provvedimento nel quale sono stabilite le necessarie cautele, puo' eccezionalmente consentire la continuazione provvisoria del prelievo in presenza di particolari ragioni di interesse pubblico generale, purche' l'utilizzazione non risulti in palese contrasto con i diritti di terzi e con il buon regime delle acque".
5. E' soppresso il secondo comma dell'articolo 54 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (a).
6. Fatta salva la normativa transitoria di attuazione dell'articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (h) per le derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica, in tutto o in parte abusivamente in atto, la sanzione di cui all'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato dal presente articolo, e' ridotta ad un quinto qualora sia presentata domanda in sanatoria entro il 31 dicembre 2000. Non sono soggetti a tale adempimento ne' al pagamento della sanzione coloro che abbiano presentato comunque domanda prima della data di entrata in vigore del presente decreto. La concessione in sanatoria e' rilasciata nel rispetto della legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della concessione in sanatoria, l'utilizzazione puo' proseguire, fermo restando l'obbligo del pagamento del canone per l'uso effettuato e il potere dell'autorita' concedente di sospendere in qualsiasi momento l`utilizzazione qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualita'.
6-bis. I termini previsti dall'articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 18 febbraio 1999, n. 238 (i) per la presentazione delle domande di riconoscimento o la concessione preferenziale di cui all'articolo 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (l) e dell'articolo 2 della legge 17 agosto 1999, n. 290 (m) per le denunce dei pozzi, sono prorogati al 31 dicembre 2000. In tali casi i canoni demaniali decorrono dal 10 agosto 1999.
7. Il primo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato dal comma 1, dell'articolo 29 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (n) e' sostituito dal seguente:
"Tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, salvo quanto disposto al secondo comma, non puo' eccedere i trenta anni ovvero quaranta per uso irriguo. Resta ferma la disciplina di cui all'articolo 12, commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (o)".
8. Il comma 7 si applica anche alle concessioni di derivazione gia' rilasciate. Qualora la scadenza di queste ultime, per effetto dello stesso comma 7, risulti anticipata rispetto a quella originariamente fissata nel provvedimento di concessione, le relative derivazioni possono continuare ad essere esercitate sino alla data di scadenza originaria, purche' venga presentata domando entro il 31 dicembre 2000, fatta salva l'applicazione di quanto previsto all'articolo 22, e sempre che alla prosecuzione della derivazione non osti uno specifico motivo di interesse pubblico. Le piccole derivazioni ad uso idroelettrico di pertinenza dell'ENEL, per le quali risulti decorso il termine di trenta anni fissato dal comma 7, sono prorogate per ulteriori trenta anni a far data dall'entrata in vigore del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, previa presentazione della relativa domanda entro il 31 dicembre 2000. Le regioni, anche su richiesta o parere dell'ente gestore qualora la concessione ricada in area protetta, ove si verifichino la mancanza dei presupposti di cui al comma 1 procedono, senza indennizzo, alla modifica delle condizioni fissate dal relativo disciplinare ai fini di rendere compatibile il prelievo, ovvero alla revoca.
9. Dopo il terzo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (q) e' inserito il seguente:
"Le concessioni di derivazioni per uso irriguo devono tener conto delle tipologie delle colture in funzione della disponibilita' della risorsa idrica, della quantita' minima necessaria alla coltura stessa, prevedendo se necessario specifiche modalita' di irrigazione; le stesse sono assentite o rinnovate solo qualora non risulti possibile soddisfare la domanda d'acqua attraverso le strutture consortili gia' operanti sul territorio.".
9-bis. Fatta salva l'efficacia delle norme piu' restrittive tutto il territorio nazionale e' assoggettato a tutela ai sensi dell'articolo 94 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (a).
9-ter. Le regioni disciplinano i procedimenti di rilascio delle concessioni di derivazione di acque pubbliche nel rispetto delle direttive sulla gestione del demanio idrico emanate, entro il 30 settembre 2000, ai sensi dell'artico-lo 88, comma 1, lettera p), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (s), su proposta del Ministro dei lavori pubblici, nelle quali sono indicate anche le possibilita' di libero utilizzo di acque superficiali scolanti su suoli o in fossi o in canali di proprieta' privata. Le regioni, sentite le Autorita' di bacino, disciplinano forme di regolazione dei prelievi delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall'articolo 93 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (r) laddove sia necessario garantire l'equilibrio del bilancio idrico di cui all'artico-lo 3 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (s).
9-quater. Il comma 2 dell'articolo 25 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, come modificato dall'articolo 28, comma 2, della legge 30 aprile 1999, n. 136 (t) e' sostituito dal seguente:
"2. Il riconoscimento e la concessione preferenziale delle acque superficiali o sorgentizie che hanno assunto natura pubblica per effetto dell'articolo 1, nonche' le concessioni in sanatoria, sono rilasciati su parere dell'ente gestore dell'area naturale protetta. Gli enti gestori di aree protette verificano le captazioni e le derivazioni gia' assentite all'interno delle aree protette e richiedono all'autorita' competente la modifica delle quantita' di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli equilibri biologici dei corsi d'acqua oggetto di captazione, senza che cio' possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della Pubblica Amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.".
9-quinquies. Il comma 3 dell'articolo 25 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (u) e' abrogato".
Riferimenti normativi.
(a) Il testo unico delle disposizioni di legge sulle
acque e impianti elettrici, approvato con regio decreto 11
dicembre 1933, n. 1775, e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 8 gennaio 1934, n. 5.
Si riporta il testo dell'art. 7 del suddetto testo
unico, come modificato dal decreto legislativo n. 152/1999.
"Art. 7. - Le domande per nuove concessioni e
utilizzazioni corredate dei progetti di massima delle opere
da eseguire per la raccolta, regolazione, estrazione,
derivazione, condotta, uso, restituzione e scolo delle
acque sono dirette al Ministro dei lavori pubblici e
presentate all'ufficio del Genio civile alla cui
circoscrizione appartengono le opere di presa.
Le domande di cui al primo comma relative sia alle
grandi sia alle piccole derivazioni sono altresi' trasmesse
alle Autorita' di bacino territorialmente interessate che,
nel termine massimo di quaranta giorni dalla ricezione,
comunicano il proprio parere all'ufficio istruttore in
ordine alla compatibilita' della utilizzazione con le
previsioni del piano di tutela e, anche in attesa di
approvazione dello stesso, ai fini del controllo
sull'equilibrio del bilancio idrico o idrologico. Decorso
il predetto termine senza che sia intervenuta alcuna
pronuncia, il parere si intende espresso in senso
favorevole.
Ogni richiedente di nuove concessioni deve depositare,
con la domanda, una somma pari ad un quarantesimo del
canone annuo e in ogni caso non inferiore a lire cinquanta.
Le somme cosi' raccolte sono versate in tesoreria in conto
entrate dello Stato.
L'ufficio del Genio civile ordina la pubblicazione
della domanda mediante avviso nel foglio degli annunzi
legali delle province nel cui territorio ricadono le opere
di presa e di restituzione delle acque.
Nell'avviso sono indicati il nome del richiedente e i
dati principali della richiesta derivazione, e cioe':
luogo di presa, quantita' di acqua, luogo di
restituzione ed uso della derivazione.
L'avviso e' pubblicato anche nella Gazzetta Ufficiale
del Regno.
Nei territori che ricadono nella circoscrizione del
magistrato alle acque per le province venete e di Mantova,
questo deve essere sentito sull'ammissibilita' delle
istanze prima della loro istruttoria.
Se il Ministro ritiene senz'altro inammissibile una
domanda perche' inattuabile o contraria al buon regime
delle acque o ad altri interessi generali, la respinge con
suo decreto sentito il parere del Consiglio superiore dei
lavori pubblici.
Le domande che riguardano derivazioni tecnicamente
incompatibili con quelle previste da una o piu' domande
anteriori, sono accettate e dichiarate concorrenti con
queste, se presentate non oltre trenta giorni dall'avviso
nella Gazzetta Ufficiale relativo alla prima delle domande
pubblicate incompatibili con la nuova. Di tutte le domande
accettate si da' pubblico avviso nei modi sopra indicati.
Dopo trenta giorni dall'avviso, la domanda viene
pubblicata, col relativo progetto, mediante ordinanza del
Genio civile.
In ogni caso l'ordinanza stabilisce il termine, non
inferiore a quindici e non superiore a trenta giorni, entro
il quale possono presentarsi le osservazioni e le
opposizioni scritte avverso la derivazione richiesta.
Se le opere di derivazione interessano la
circoscrizione di piu' uffici del Genio civile, l'ordinanza
di istruttoria e' emessa dal Ministro dei lavori pubblici.
Nel caso di domande concorrenti la istruttoria e'
estesa a tutte le domande se esse sono tutte incompatibili
con la prima; se invece alcune furono accettate al di la'
dei termini relativi alla prima, per essere compatibili con
questa e non con le successive, l'istruttoria e' intanto
limitata a quelle che sono state presentate ed accettate
entro novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale dell'avviso relativo alla prima domanda".
(b) Il decreto legislativo 12 luglio 1993 n. 275,
recante "riordino in materia di concessione di acque
pubbliche" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie
generale - n. 182 del 5 agosto 1993.
(c) Il testo dell'art. 9 del regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775, gia' modificato dall'art. 4 del decreto
legislativo 12 luglio 1993, n. 275, come ulteriormente
modificato dal decreto legislativo n. 152/1999, e' il
seguente:
"Art. 9. - 1. Tra piu' domande concorrenti, completata
l'istruttoria di cui agli articoli 7 e 8, e' preferita
quella che da sola o in connessione con altre utenze
concesse o richieste presenti la piu' razionale
utilizzazione delle risorse idriche in relazione ai
seguenti criteri:
a) l'attuale livello di soddisfacimento delle
esigenze essenziali dei concorrenti anche da parte dei
servizi pubblici di acquedotto o di irrigazione, evitando
ogni spreco e destinando preferenzialmente le risorse
qualificate all'uso potabile;
b) le effettive possibilita' di migliore utilizzo
delle fonti in relazione all'uso;
c) le caratteristiche quantitative e qualitative del
corpo idrico;
d) la quantita' e la qualita' dell'acqua restituita
rispetto a quella prelevata.
1-bis. E' preferita la domanda che, per lo stesso tipo
di uso, garantisce la maggior restituzione d'acqua in
rapporto agli obiettivi di qualita' dei corpi idrici. In
caso di piu' domande concorrenti per usi industriali e'
altresi' preferita quella del richiedente che aderisce al
sistema ISO 14001 ovvero al sistema di cui al regolamento
CEE n. 1836/1993 del Consiglio del 29 giugno 1993
sull'adesione volontaria delle imprese del settore
industriale a un sistema comunitario di ecogestione e
audit.
A parita' di tali condizioni e' prescelta quella che
offra maggiori ed accertate garanzie tecnico-finanziarie ed
economiche d'immediata esecuzione ed utilizzazione. In
mancanza di altre condizioni di preferenza, vale il
criterio della priorita' di presentazione.
Qualora tra piu' domande concorrenti si riscontri che i
progetti sono sostanzialmente equivalenti, quantunque in
alcuna di quelle posteriormente presentate la utilizzazione
sia piu' vasta, e' di regola preferita la prima domanda
quando non ostino motivi prevalenti d'interesse pubblico e
il primo richiedente si obblighi ad attuare la piu' vasta
utilizzazione.
Sulla preferenza da darsi all'una od all'altra domanda
decide definitivamente il Ministro dei lavori pubblici
sentito il Consiglio superiore. Il Consiglio indica, per la
domanda prescelta, gli elementi essenziali che devono
essere contenuti nel disciplinare.
Nelle concessioni a prevalente scopo irriguo, a parita'
di utilizzazione, e' preferita fra piu' concorrenti la
domanda di chi abbia la proprieta' dei terreni da irrigare
o del relativo consorzio dei proprietari".
(d) Il regolamento CEE n. 1836/1993 del Consiglio del
29 giugno 1993 sull'adesione volontaria delle imprese del
settore industriale ad un sistema comunitario di
ecogostione e audit e pubblicato nella G.U.C.E. n. 168 del
10 luglio 1993.
(e) Si riporta il testo dell'art. 93 del regio decreto
11 dicembre 1993, n. 1775:
"Art. 93. - Il proprietario di un fondo, anche nelle
zone soggette a tutela della pubblica amministrazione, a
norma degli articoli seguenti, ha facolta', per gli usi
domestici, di estrarre ed utilizzare liberamente, anche con
mezzi meccanici, le acque sotterranee nel suo fondo,
purche' osservi le distanze e le cautele prescritte dalla
legge.
Sono compresi negli usi domestici l'innaffiamento di
giardini ed orti inservienti direttamente al proprietario
ed alla sua famiglia e l'abbeveraggio del bestiame".
(f) I commi 3 e 4 dell'articolo 28 della legge 5
gennaio 1994, n. 36, sono i seguenti:
"3. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne
al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici e'
libera.
4. La raccolta di cui al comma 3 non richiede licenza o
concessione di derivazione di acque; la realizzazione dei
relativi manufatti e' regolata alle leggi in materia di
edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e
sbarramenti e dalle altre leggi speciali".
(g) L'art. 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689
recante "modifiche al sistema penale" pubblicata nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale - serie
generale - n. 329 del 30 novembre 1981 e' il seguente:
"Art. 16 (Pagamento in misura ridotta). - E' ammesso il
pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza
parte del massimo della sanzione prevista per la violazione
commessa o, se piu' favorevole e qualora sia stabilito il
minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo
importo, oltre alle spese del procedimento, entro il
termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o,
se questa non vi e' stata, dalla notificazione degli
estremi della violazione.
Nei casi di violazione [del testo unico delle norme
sulla circolazione stradale e] dei regolamenti comunali e
provinciali continuano ad applicarsi, [rispettivamente
l'art. 138 dei testo unico approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393, con le
modifiche apportate dall'art. 11 della legge 14 febbraio
1974, n. 62, e] l'art. 107 del testo unico delle leggi
comunali e provinciali approvato con regio decreto 3 marzo
1934, n. 383.
Il pagamento in misura ridotta e' ammesso anche nei
casi in cui le norme antecedenti all'entrata in vigore
della presente legge non consentivano l'oblazione".
(h) L'art. 1 della citata legge 5 gennaio 1994, n. 36
e' il seguente:
"Art. 1 (Tutela e uso delle risorse idriche). - 1.
Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorche' non
estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una
risorsa che e' salvaguardata ed utilizzata secondo criteri
di solidarieta'.
2. Qualsiasi uso delle acque e' effettuato
salvaguardando le aspettative ed i diritti delle
generazioni future a fruire di un integro patrimonio
ambientale.
3. Gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e
al rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio
idrico, la vivibilita' dell'ambiente, l'agricoltura. la
fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e
gli equilibri idrologici.
4. Le acque termali, minerali e per uso geotermico sono
disciplinate da leggi speciali".
(i) L'art. 1, del decreto del Presidente della
Repubblica 18 febbraio 1999, n. 238, recante "regolamento
recante norme per l'attivazione di talune disposizioni
della legge 5 gennaio 1994, n. 36, in materia di risorse
idriche", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 luglio
1999, n. 173, e' il seguente:
"Art. 1 (Demanio idrico). - 1. Appartengono allo Stato
e fanno parte del demanio pubblico tutte le acque
sotterranee e le acque superficiali, anche raccolte in
invasi o cisterne.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica a
tutte le acque piovane non ancora convogliate in un corso
d'acqua o non ancora raccolte in invasi o cisterne.
3. Ai sensi dell'art. 28, commi 3 e 4, della legge 5
gennaio 1994, n. 36, la raccolta delle acque di cui al
comma 2 in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli
o di singoli edifici e' libera e non e' soggetta a licenza
o concessione di derivazione, ferma l'osservanza delle
norme edilizie e di sicurezza e di altre norme speciali per
la realizzazione dei relativi manufatti, nonche' delle
discipline delle regioni e delle province autonome di
Trento e di Bolzano in materia di trattamento e di
depurazione delle acque.
4. Per le acque pubbliche di cui all'art. 1, della
legge 5 gennaio 1994, n. 36, e al presente regolamento non
iscritte negli elenchi delle acque pubbliche, pua' essere
chiesto il riconoscimento o la concessione preferenziale di
cui all'art. 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775,
entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente
regolamento".
(l) L'art. 4 del citato decreto 11 dicembre 1933, n.
1775, e' il seguente:
"Art. 4. - Per le acque pubbliche, le quali, non
comprese in precedenti elenchi, siano incluse in elenchi
suppletivi, gli utenti che non siano in grado di chiedere
il riconoscimento del diritto all'uso dell'acqua ai termini
dell'art. 3, hanno diritto alla concessione limitatamente
al quantitativo di acqua e di forza motrice effettivamente
utilizzata, con esclusione di qualunque concorrente, salvo
quanto e' disposto dall'art. 45.
La domanda deve essere presentata entro i termini
stabiliti dall'art. 3 per i riconoscimenti e sara' istruita
con la procedura delle concessioni".
(m) L'art. 2 della legge 17 agosto 1999, n. 290,
recante "proroga di termini nel settore agricolo"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 195 20 agosto 1999,
e' il seguente:
"Art. 2 (Denuncia dei pozzi - Modifica all'art. 11 del
decreto-legge n. 507 del 1994). - 1. Il termine per le
denunce dei pozzi di cui all'art. 10 del decreto
legislativo 12 luglio 1993, n. 275, come modificato
dall'art. 14 del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507,
convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 1994,
n. 584, e' riaperto e fissato in dodici mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge; in caso di
richiesta di riconoscimento o concessione, i canoni di
derivazione irrigua sono dovuti dalla data di accoglimento
della relativa domanda. Le regioni adottano, entro quattro
mesi dalla data di entrata m vigore della presente legge,
provvedimenti finalizzati alla semplificazione degli
adempimenti, con particolare riferimento alle utenze
minori. La disposizione di cui al presente comma ha
efficacia dal 1o luglio 1995.
2. Per i pozzi ad uso domestico o agricola, la denuncia
e la richiesta di concessione possono effettuarsi anche
mediante autocertificazione ai sensi della legge 4 gennaio
1968, n. 15, e successive modificazioni. La presentazione
di tale denuncia, da effettuarsi presso le amministrazioni
provinciali competenti nel termine di cui al comma 1,
estingue ogni illecito amministrativo eventualmente
commesso per la mancata tempestiva denuncia.
3. Al comma 1 dell'art. 11 del decreto-legge 8 agosto
1994, n. 507, convertito, con modificazioni, dalla legge
21 ottobre 1994, n. 584, le parole: "periodo non superiore
a due anni" sono sostituite dalle seguenti: " periodo non
superiore a quattro anni".
(n) Il testo vigente dell'art. 21 del regio decreto 11
dicembre 1933, n. 1775, gia' modificato dalla legge 5
gennaio 1994, n. 36, come ulteriormente modificato dal
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258, e' il seguente:
"Art. 21. - Tutte le concessioni di derivazione sono
temporanee. La durata delle concessioni, salvo quanto
disposto al secondo comma, non puo' eccedere i trenta anni
ovvero quaranta per uso irriguo. Resta ferma la disciplina
di cui all'art. 12, commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo
16 marzo 1999, n. 79.
Le concessioni di grandi derivazioni ad uso industriale
sono stipulate per una durata non superiore ad anni
quindici e possono essere condizionate alla attuazione di
risparmio idrico mediante il riciclo o il riuso dell'acqua,
nei termini quantitativi e temporali che dovranno essere
stabiliti in sede di concessione, tenuto conto delle
migliori tecnologie applicabili al caso specifico.
Il Ministro dei lavori pubblici, sentito il Consiglio
superiore, tenuto conto dello scopo prevalente, determina
la specie e la durata di ciascuna concessione.
Le concessioni di derivazioni per uso irriguo devono
tener conto delle tipologie delle colture in funzione della
disponibilita' della risorsa idrica, della quantita' minima
necessaria alla coltura stessa, prevedendo se necessario
specifiche modalita' di irrigazione; le stesse sono
assentite o rinnovate solo qualora non risulti possibile
soddisfare la domanda d'acqua attraverso le strutture
consortili gia' operanti sul territorio.
Giusta il disposto dell'art. 8 del testo unico sulle
ferrovie concesse alla industria privata, approvato con
regio decreto 9 maggio 1912, n. 1447; le derivazioni
posteriori alla legge 12 luglio 1908, n. 444, accordate ad
un concessionario di ferrovia pubblica per la applicazione
della trazione elettrica, conservano la durata della
concessione della ferrovia e ne costituiscono parte
integrante.
La stessa disposizione e' applicabile alle tramvie a
trazione meccanica in virtu' dell'art. 273 del citato testo
unico e alle derivazioni concesse per trazione elettrica di
funicolari, funivie, filovie ed ascensori in servizio
pubblico".
(o) Il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 recanta
"attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni
per il mercato interno dell'energia elettrica" e pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 31 marzo 1999, n. 75.
Si riporta il testo dell'art. 12, commi 6, 7 e 8, del
suddetto decreto:
"6. Le concessioni rilasciate all'Enel S.p.a. per le
grandi derivazioni idroelettriche scadono al termine del
trentesimo anno successivo alla data di entrata in vigore
del presente decreto.
7. Le concessioni scadute o in scadenza entro il
31 dicembre 2010 sono prorogate a quest'ultima data e i
titolari di concessione interessati, senza necessita' di
alcun atto amministrativo, proseguono l'attivita' dandone
comunicazione all'amministrazione concedente entro novanta
giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto
fatto salvo quanto previsto al comma 2 del successivo art.
16.
8. Per le concessioni la cui scadenza sia fissata a
dopo il 31 dicembre 2010 si applicano i termini di scadenza
stabiliti nell'atto di concessione".
(p) Si riporta il testo dell'art. 21 del regio decreto
11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato dal decreto
legislativo n. 152/1999:
"Art. 21. - Salvo quanto disposto dal secondo comma,
tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La
durata delle concessioni ad eccezione di quelle di grande
derivazione idroelettrica, per le quali resta fermo quanto
disposto dall'art. 36 della legge 24 aprile 1998, n. 128, e
relativi decreti legislativi di attuazione della direttiva
96/1992/CE, non puo' eccedere i trenta anni ovvero quaranta
per uso irriguo.
Le concessioni di grandi derivazioni ad uso industriale
sono stipulate per una durata non superiore ad anni
quindici e possono essere condizionate alla attuazione di
risparmio idrico mediante il riciclo o il riuso dell'acqua,
nei termini quantitativi e temporali che dovranno essere
stabiliti in sede di concessione, tenuto conto delle
migliori tecnologie applicabili al caso specifico.
Il Ministro dei lavori pubblici, sentito il Consiglio
superiore, tenuto conto dello scopo prevalente, determina
la specie e la durata di ciascuna concessione.
Le concessioni di derivazioni per uso irriguo devono
tener conto delle tipologie delle colture in funzione della
disponibilita' della risorsa idrica, della quantita' minima
necessaria alla coltura stessa, prevedendo se necessario
specifiche modalita' di irrigazione; le stesse sono
assentite o rinnovate solo qualora non risulti possibile
soddisfare la domanda d'acqua attraverso le strutture
consortili gia' operanti sul territorio.
Giusta il disposto dell'art. 8 del testo unico sulle
ferrovie concesse alla industria privata, approvato con
regio decreto 9 maggio 1912 n. 1447 (16); le derivazioni
posteriori alla legge 12 luglio 1908, n. 444, accordate ad
un concessionario di ferrovia pubblica per la applicazione
della trazione elettrica, conservano la durata della
concessione della ferrovia e ne costituiscono parte
integrante.
La stessa disposizione e' applicabile alle tramvie a
trazione meccanica in virtu' dell'art. 273 del citato testo
unico e alle derivazioni concesse per trazione elettrica di
funicolari, funivie, filovie ed ascensori in servizio
pubblico".
(q) L'art. 94 del regio decreto 11 dicembre 1933, n.
1775 e' il seguente:
"Art. 94. - Il Governo del Re e' autorizzato a
stabilire con successivi decreti, da emanarsi su proposta
del Ministro dei lavori pubblici di concerto con quello
dell'agricoltura, i comprensori nei quali la ricerca,
l'estrazione e l'utilizzazione di tutte le acque
sotterranee sono soggette alla tutela della pubblica
amministrazione.
(r) L'art. 88, comma 1, lettera p) del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n.112, e' il seguente.
"1. Ai sensi dell'art. 1, comma 4, lettera c), della
legge 15 marzo 1997, n. 59, hanno rilievo nazionale i
compiti relativi:
a)-q) omissis
p) alle direttive sulla gestione del demanio idrico
anche volte a garantire omogeneita', a parita' di
condizioni, nel rilascio delle concessioni di derivazione
di acqua, secondo i principi stabiliti dall'art. 1 della
legge 5 gennaio 1994, n. 36".
(s) L'art. 93 del regio decreto 11 dicembre 1933, n.
1775, e' il seguente:
"Art. 93. - Il proprietario di un fondo, anche nelle
zone soggette a tutela della pubblica amministrazione, a
norma degli articoli seguenti, ha facolta', per gli usi
domestici, di estrarre ed utilizzare liberamente, anche con
mezzi meccanici, le acque sotterranee nel suo fondo,
purche' osservi le distanze e le cautele prescritte dalla
legge. Sono compresi negli usi domestici l'innaffiamento di
giardini ed orti inservienti direttamente al proprietario
ed alla sua famiglia e l'abbeveraggio del bestiame".
(t) L'art. 3 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e' il
seguente:
"Art. 3 (Equilibrio del bilancio idrico). - 1.
L'autorita' di bacino competente definisce ed aggiorna
periodicamente il bilancio idrico diretto ad assicurare
l'equilibrio fra le disponibilita' di risorse reperibili o
attivabili nell'area di riferimento ed i fabbisogni per i
diversi usi, nel rispetto dei criteri e degli obiettivi di
cui agli articoli 1 e 2.
2. Per assicurare l'equilibrio tra risorse e
fabbisogni, l'autorita' di bacino competente adotta, per
quanto di competenza, le misure per la pianificazione
dell'economia idrica in funzione degli usi cui sono
destinate le risorse.
3. Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti
prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea
di displuvio, le derivazioni sono regolate in modo da
garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli
alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli
ecosistemi interessati".
(u) Il testo vigente dell'art. 25 della citata legge 5
gennaio 1994, n. 36, gia' modificato dalla legge 30 aprile
1999, n. 136, come ulteriormente modificato dal decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 258, e' il seguente:
"Atr. 25 (Disciplina delle acque nelle aree protette).
- 1. Nell'ambito delle aree naturali protette nazionali e
regionali, l'ente gestore dell'area protetta, sentita
l'autorita' di bacino, definisce le acque sorgive, fluenti
e sotterranee necessarie alla conservazione degli
ecosistemi, che non possono essere captate.
2. Il riconoscimento e la concessione preferenziale
delle acque superficiali o sorgentizie che hanno assunto
natura pubblica per effetto dell'art. 1, nonche' le
concessioni in sanatoria, sono rilasciati su parere
dell`ente gestore dell`area naturale protetta. Gli enti
gestori di aree protette verificano le captazioni e le
derivazioni gia' assentite all'interno delle aree protette
e richiedono alle autorita' competente la modifica delle
quantita' di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli
equilibri biologici dei corsi d'acqua oggetto di
captazione, senza che cio' possa dar luogo alla
corresponsione di indennizzi da parte della pubblica
amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del
canone demaniale di concessione.
3. (abrogato)".
 
Art. 24.
Acque minerali naturali e di sorgenti
1. Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente sono rilasciate tenuto conto delle esigenze di approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle previsioni del piano di tutela.
 
Art. 25.
Risparmio idrico
1. Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure necessarie all'eliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili.
2. Il comma 1 dell'articolo 5 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, (a) e' sostituito dal seguente:
"1. Le regioni prevedono norme e misure volte a favorire la riduzione dei consumi e l'eliminazione degli sprechi ed in particolare a:
a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di distribuzione di acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite;
b) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni, reti duali di adduzione al fine dell'utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili;
c) promuovere l'informazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo;
d) installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unita' abitativa nonche' contatori differenziati per le attivita' produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano;
e) realizzare nei nuovi insediamenti sistemi di collettamento differenziati per le acque piovane e per le acque reflue.".
3. All'articolo 5 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 dopo il comma 1, e' inserito il seguente:
"1-bis. Gli strumenti urbanistici, compatibilmente con l'assetto urbanistico e territoriale e con le risorse finanziarie disponibili, prevedono reti duali al fine dell'utilizzo di acque meno pregiate, nonche' tecniche di risparmio della risorsa. Il comune rilascia la concessione edilizia se il progetto prevede l'installazione di contatori per ogni singola unita' abitativa, nonche' il collegamento a reti duali, ove gia' disponibili.".
4. All'articolo 13, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, (b) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "ed in funzione del contenimento del consumo.".
5. Le regioni, sentita le autorita' di bacino, approvano specifiche norme sul risparmio idrico in agricoltura, basato sulla pianificazione degli usi, sulla corretta individuazione dei fabbisogni nel settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.
Riferimenti normativi:
(a) Il testo vigente dell'articolo 5 della legge
5 gennaio 1994, n. 36, come modificato dal decreto
legislativo n. 152/99, e' il seguente:
"Art. 5 (Risparmio idrico). - 1. Le regioni prevedono
norme e misure volte a favorire la riduzione dei consumi e
l'eliminazione degli sprechi ed in particolare a:
a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione
e di distribuzione di acque a qualsiasi uso destinate al
fine di ridurre le perdite;
b) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti
abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti
dimensioni, reti duali di adduzione al fine dell'utilizzo
di acque meno pregiate per usi compatibili;
c) promuovere l'informazione e la diffusione di
metodi e tecniche di risparmio idrico domestico e nei
settori industriale, terziario ed agricolo;
d) installare contatori per il consumo dell'acqua in
ogni singola unita' abitativa nonche' contatori
differenziali per le attivita' produttive e del settore
terziario esercitate nel contesto urbano;
e) realizzare nei nuovi insediamenti sistemi di
collettamento differenziali per le acque piovane e per le
acque reflue.
1-bis. Gli strumenti urbanistici, compatibilmente con
l'assetto urbanistico e territoriale e con le risorse
finanziarie disponibili, prevedono reti duali al fine
dell'utilizzo di acque meno pregiate, nonche' tecniche di
risparmio della risorsa. Il comune rilascia la concessione
edilizia se il progetto prevede l'installazione di
contatori per ogni singola unita' abitativa, nonche' il
collegamento a reti duali, ove gia' disponibili.
2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge, con decreto del Ministro dei lavori
pubblici, emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, e'adottato un regolamento per
la definizione dei criteri e del metodo in base ai quali
valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature.
Entro il mese di febbraio di ciascun anno, i soggetti
gestori dei servizi idrici trasmettono al Ministero dei
lavori pubblici i risultati delle rilevazioni eseguite con
la predetta metodologia".
(b) Si riporta il testo dell'art. 13 della legge 5
gennaio 1994, n. 36, come modificato dal decreto
legislativo n. 152/99:
"Art. 13 (Tariffa del servizio idrico). - 1. La tariffa
costituisce il corrispettivo del servizio idrico come
definito all'articolo 4, comma 1, lettera f).
2. La tariffa e' determinata tenendo conto della
qualita' della risorsa idrica e del servizio fomito, delle
opere e degli adeguamenti necessari, dell'entita' dei costi
di gestione delle opere, dell'adeguatezza della
remunerazione del capitale investito e dei costi di
gestione delle aree di salvaguardia, in modo che sia
assicurata la copertura integrale dei costi di investimento
e di esercizio.
3. Il Ministro dei lavori pubblici, di intesa con il
Ministro dell'ambiente, su proposta del comitato di
vigilanza di cui all'articolo 21, sentite le Autorita' di
bacino di rilievo nazionale, nonche' la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, elabora un metodo
normalizzato per definire le componenti di costo e
determinare la tariffa di riferimento. La tariffa di
riferimento e' articolata per fasce di utenza e
territoriali, anche con riferimento a particolari
situazioni idrogeologiche ed in funzione del contenimento
del consumo.
4. La tariffa di riferimento costituisce la base per la
determinazione della tariffa nonche' per orientare e
graduare nel tempo gli adeguamenti tariffari derivanti
dall'applicazione della presente legge.
5. La tariffa e' determinata dagli enti locali, anche
in relazione al piano finanziario degli interventi relativi
al servizio idrico di cui all'articolo 11, comma 3.
6. La tariffa e' applicata dai soggetti gestori, nel
rispetto della convenzione e del relativo disciplinare.
7. Nella modulazione della tariffa sono assicurate
agevolazioni per i consumi domestici essenziali nonche' per
i consumi di determinate categorie secondo prefissati
scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa
redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di
tariffa per le residenze secondarie e per gli impianti
ricettivi stagionali.
8. Per le successive determinazioni della tariffa si
tiene conto degli obiettivi di miglioramento della
produttivita' e della qualita' del servizio fornito e del
tasso di inflazione programmato.
9. L'eventuale modulazione della tariffa tra i comuni
tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni
medesimi che risultino utili ai fini dell'organizzazione
del servizio idrico integrato".
 
Art. 26.
Riutilizzo dell'acqua
1. All'articolo 14 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, (a) dopo il comma 4, e', in fine, aggiunto il seguente:
"4-bis. Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o gia' usata nel ciclo produttivo, la tariffa per le utenze industriali e' ridotta in funzione dell'utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua o gia' usata. La riduzione si determina applicando alla tariffa un correttivo che tiene conto della quantita' di acqua riutilizzata e della quantita' delle acque primarie impiegate.".
2. L'articolo 6 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (b), e' sostituito dal seguente:
"Art. 6 (Modalita' per il riutilizzo delle acque reflue). - 1. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro per le politiche agricole, della sanita', dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dei lavori pubblici e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano sono definite norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue.
2. Le regioni adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate mediante le quali sono in particolare:
a) indicate le migliori tecniche disponibili per la progettazione e l'esecuzione delle infrastrutture nel rispetto delle norme tecniche emanate ai sensi del comma 1;
b) indicate le modalita' del coordinamento interregionale anche al fine di servire vasti bacini di utenza ove vi siano grandi impianti di depurazione di acque reflue;
c) previsti incentivi e agevolazioni alle imprese che adottano impianti di riciclo o riutilizzo.".
3. Il decreto di cui all'articolo 6, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (b), come sostituito dal comma 2, e' emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
4. Con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con i Ministri dell'ambiente e dell'industria, del commercio e dell'artigianato e d'intesa la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano sono definite le modalita' per l'applicazione della riduzione di canone prevista dall'articolo 18, comma 1, lettere a) e d), della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (c).
Riferimenti normativi:
(a) Il testo vigente dell'art. 14 della legge 5 gennaio
1994, n. 36, come modificato dal decreto legislativo n.
152/99, e' il seguente:
"Art. 14 (Tariffa del servizio di fognatura e
depurazione). - 1. La quota di tariffa riferita al servizio
di pubblica fognatura e di depurazione e' dovuta dagli
utenti anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di
impianti centralizzati di depurazione o questi siano
temporaneamente inattivi. I relativi proventi affluiscono
in un fondo vincolato e sono destinati esclusivamente alla
realizzazione e alla gestione delle opere e degli impianti
centralizzati di depurazione.
1-bis. I comuni gia' provvisti di impianti
centralizzati di depurazione funzionanti, che non si
trovino in condizione di dissesto, destinano i proventi
derivanti dal canone di depurazione e fognatura
prioritariamente alla gestione e manutenzione degli
impianti medesimi.
2. Gli utenti tenuti all'obbligo di versamento della
tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura, di cui
al comma 1, sono esentati dal pagamento di qualsivoglia
altra tariffa eventualmente dovuta al medesimo titolo ad
altri enti.
3. Al fine della determinazione della quota tariffaria
di cui al presente articolo, il volume dell'acqua scaricata
e' determinato in misura pari al volume di acqua fornita,
prelevata o comunque accumulata.
4. Per le utenze industriali la quota tariffaria di cui
al presente articolo e' determinata sulla base della
qualita' e della quantita' delle acque reflue scaricate. E'
fatta salva la possibilita' di determinare una quota
tariffaria ridotta per le utenze che provvedono
direttamente alla depurazione e che utilizzano la pubblica
fognatura.
4-bis. Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua
reflua o gia' usata nel ciclo produttivo, la tariffa per le
utenze industriali e' ridotta in funzione dell'utilizzo nel
processo produttivo di acqua reflua o gia' usata. La
riduzione si determina applicando alla tariffa un
correttivo che tiene conto della quantita' di acqua
riutilizzata e della quantita' delle acque primarie
impiegate".
(b) Per l'argomento della legge 5 gennaio 1994, n. 36
si veda nella nota (a) dell'art. 1.
(c) Il testo dell'art. 18, comma 1, lettere a) e d),
della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e' il seguente:
"Art. 18 (Canoni per le utenze di acqua pubblica). - 1.
Ferme restando le esenzioni vigenti, dal 10 gennaio 1994 i
canoni annui relativi alle utenze di acqua pubblica,
previsti dall'articolo 35 del testo unico delle
disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti
elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n.
1775, e successive modificazioni, costituiscono il
corrispettivo per gli usi delle acque prelevate e sono
cosi' stabiliti:
a) per ogni modulo di acqua ad uso di irrigazione,
lire 70.400, ridotte alla meta' se le colature ed i residui
di acqua sono restituiti anche in falda;
b) e c) (omissis);
d) per ogni modulo di acqua assentito ad uso
industriale, lire 22 milioni, assumendosi ogni modulo pari
a tre milioni di metri cubi annui. Il canone e' ridotto del
50 per cento se il concessionario attua un riuso delle
acque a ciclo chiuso reimpiegando le acque risultanti a
valle del processo produttivo o se restituisce le acque di
scarico con le modesime caratteristiche qualitative di
quelle prelevate. Le disposizioni di cui al comma 5
dell'articolo 12 del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90,
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990,
n. 165, e successive modificazioni, non si applicano
limitatamente al canone di cui alla presente lettera;".
 
Art. 27.
Reti fognarie
1. Gli agglomerati devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane:
a) entro il 31 dicembre 2000 per quelli con un numero di abitanti equivalenti superiore a 15.000;
b) entro il 31 dicembre 2005 per quelli con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 15.000.
2. Per le acque reflue urbane che si immettono in acque recipienti considerate "aree sensibili" gli agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti devono essere provvisti di rete fognaria.
3. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie si effettuano adottando le tecniche migliori che non comportino costi eccessivi, tenendo conto in particolare:
a) del volume e delle caratteristiche delle acque reflue urbane;
b) della prevenzione di eventuali fuoriuscite;
c) della limitazione dell'inquinamento delle acque recipienti, dovuto a tracimazioni causate da piogge violente.
4. Per gli insediamenti, installazioni o edifici isolati che scaricano acque reflue domestiche le Regioni identificano sistemi individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati secondo i criteri di cui alla delibera indicata al comma 7 dell'articolo 62, che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale, indicando i tempi di adeguamento.
 
Art. 28.
Criteri generali della disciplina degli scarichi
1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualita' dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite di emissione previsti nell'allegato 5.
2. Ai fini di cui al comma 1, le Regioni, nell'esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili, delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui all'allegato 5, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantita' massima per unita' di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le Regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell'allegato 5:
a) nella tabella 1 relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali;
b) nella tabella 2 relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;
c) nelle tabella 3/A per i cicli produttivi ivi indicati;
d) nelle tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella tabella 5 del medesimo allegato.
3. Gli scarichi devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorita' competente per il controllo nel punto assunto per la misurazione. La misurazione degli scarichi, salvo quanto previsto al comma 3 dell'articolo 34, si intende effettuata subito a monte del punto di immissione in tutte le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, nonche' in fognature, sul suolo e nel sottosuolo.
4. L'autorita' competente per il controllo e' autorizzata ad effettuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l'accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa puo' richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell'allegato 5, subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico generale.
5. I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non e' comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del trattamento degli scarichi parziali stessi per adeguarli ai limiti previsti dal presente decreto. L'autorita' competente, in sede di autorizzazione puo' prescrivere che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia, sia separato dallo scarico terminale di ciascun stabilimento.
6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione, la disciplina dello scarico e' fissata in base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualita' del corpo idrico ricettore, fermo restando che le acque devono essere restituite con caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state prelevate.
7. Salvo quanto previsto dall'articolo 38, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:
a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del fondo o alla silvicoltura;
b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo funzionalmente connesso con le attivita' di allevamento e di coltivazione del fondo, per ogni 340 chilogrammi di azoto presente negli effluenti di allevamento prodotti in un anno da computare secondo le modalita' di calcolo stabilite alla tabella 6 dell'allegato 5. Per gli allevamenti esistenti il nuovo criterio di assimilabilita' si applica a partire dal 13 giugno 2002;
c) provenienti da imprese dedite alle attivita' di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attivita' di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalita' e complementarieta' funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente per almeno due terzi esclusivamente dall'attivita' di coltivazione dei fondi di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilita';
d) provenienti da impianti di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e si caratterizzino per una densita' di allevamento pari o inferiore a 1 kg per metro quadrato di specchio di acqua o in cui venga utilizzata una portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo.
e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale.
8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e successivamente ogni due anni, le regioni trasmettono all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente le informazioni relative alla funzionalita' dei depuratori, nonche' allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalita' indicate nel decreto di cui all'articolo 3, comma 7.
9. Al fine di assicurare la piu' ampia divulgazione delle informazioni sullo stato dell'ambiente le Regioni pubblicano ogni due anni una relazione sulle attivita' di smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo le modalita' indicate nel decreto di cui all'articolo 3, comma 7.
10. Le autorita' competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di programma con i soggetti economici interessati, al fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico ed il recupero come materia prima dei fanghi di depurazione, con la possibilita' di ricorrere a strumenti economici, di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di fissare, per le sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualita'.
 
Art. 29.
Scarichi sul suolo
1. E' vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo fatta eccezione:
a) per i casi previsti dall'articolo 27, comma 4;
b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;
c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata l'impossibilita' tecnica o l'eccessiva onerosita' a fronte dei benefici ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purche' gli stessi siano conformi ai criteri ed ai valori limite di emissione fissati a tal fine dalle regioni ai sensi dell'articolo 28, comma 2. Sino all'emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della tabella 4 dell'allegato 5;
d) per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonche' dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purche' i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilita' dei suoli.
e) Per gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti fognarie separate.
2. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul suolo esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto devono, entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al riutilizzo in conformita' alle prescrizioni fissate con il decreto di cui all'articolo 6, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, cosi' come sostituito dall'articolo 26, comma 2 (a). In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico si considera a tutti gli effetti revocata.
3. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, devono conformarsi ai limiti della tabella 4 dell'allegato 5 entro tre, anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Sino a tale data devono essere rispettati i limiti fissati dalle normative regionali vigenti o, in mancanza di questi, i limiti della tabella 3 dell'allegato 5. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al punto 2.1 dell'allegato 5.
Riferimenti normativi:
(a) Per l'argomento della legge 5 gennaio 1994, n. 36,
si veda la nota (a) dell'art. 1.
 
Art. 30.
Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee
1. E' vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.
2. In deroga a quanto previsto al comma 1 l'autorita' competente, dopo indagine preventiva, puo' autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per scopi geotermici, delle acque di infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel corso di determinati lavori di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli impianti di scambio termico.
3. In deroga a quanto previsto dal comma 1 il Ministero dell'ambiente per i giacimenti a mare e le regioni per i giacimenti a terra possono altresi' autorizzare lo scarico di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unita' geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti ovvero in unita' dotate delle stesse caratteristiche, che contengano o abbiano contenuto idrocarburi, indicando le modalita' dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualita' e quantita', da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.
4. Per le perforazioni in mare con le quali e' svolta attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione di giacimenti di idrocarburi liquidi o gassosi, lo scarico delle acque diretto in mare avviene secondo le modalita' previste dal decreto 28 luglio 1994 del Ministro dell'ambiente, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 16 agosto 1994, e successive modifiche, purche' la concentrazione di olii minerali sia inferiore a 40 mg/l. Lo scarico diretto a mare e' progressivamente sostituito dalla iniezione o reiniezione in unita' geologiche profonde, non appena disponibili pozzi non piu' produttivi, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3.
5. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui al comma 4, e' autorizzato previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare l'assenza di pericoli per le acque e per gli ecosistemi acquatici.
6. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 4 e 5, gli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e debitamente autorizzati alla data di entrata in vigore del presente decreto, devono essere convogliati in corpi idrici superficiali ovvero destinati, ove possibile, al riciclo, al riutilizzo o all'utilizzazione agronomica entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico e' a tutti gli effetti revocata.
 
Art. 31
Scarichi in acque superficiali
1. Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono rispettare i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'art. 28, commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualita'.
2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sonosottoposti ad un trattamento appropriato, in conformita' con le indicazioni dell'allegato 5, entro il 31 dicembre 2005.
3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in conformita' con le indicazioni dell'allegato 5 e secondo le seguenti cadenze temporali:
a) entro il 31 dicembre 2000, per gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 15.000 abitanti equivalenti;
b) entro il 31 dicembre 2005, per gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 10.000 e 15.000;
c) entro il 31 dicembre 2005, per gli scarichi in acque dolci ed in acque di transizione, provenienti da agglomerati con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 10.000.
4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresi', i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'art. 28, commi 1 e 2.
5. Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di reti fognarie provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualita'.
6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone d'alta montagna, al di sopra dei 1.500 metri sul livello del mare, dove a causa delle basse temperature e' difficile effettuare un trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3, purche' studi dettagliati comprovino che essi non avranno ripercussioni negative sull'ambiente.
 
Art. 32
Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici
ricadenti in aree sensibili
1. Ferme restando le disposizioni dell'art. 28, commi 1 e 2, le acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti, che scaricano in acque recipienti individuate quali aree sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento piu' spinto di quello previsto dall'art. 31, comma 3, secondo i requisiti specifici indicati nell'allegato 5.
2. Le disposizioni di cui al comma 1, non si applicano nelle aree sensibili in cui puo' essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane e' pari almeno al 75% per il fosforo totale ovvero per almeno il 75% per l'azoto totale.
3. Le regioni individuano tra gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all'interno dei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili, quelli che, contribuendo all'inquinamento di tali aree, sono da assoggettare al trattamento di cui ai commi 1 e 2 in funzione del raggiungimento dell'obiettivo di qualita' dei corpi idrici ricettori.
 
Art. 33
Scarichi in reti fognarie
1. Ferma restando l'inderogabilita' dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della tabella 5 dell'allegato 5, alla tabella 3 gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari ed ai valori-limite adottati dal gestore del servizio idrico integrato e approvati dall'amministrazione pubblica responsabile in base alla caratteristiche dell'impianto ed in modo che sia assicurato il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane definita ai sensi dell'art. 28, commi 1 e 2.
2. Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purche' osservino i regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato.
3. Non e' ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura.
 
Art. 34
Scarichi di sostanze pericolose
1. Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono attivita' che comportano la produzione, la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alle tabelle 3/A e 5 dell'allegato 5 e nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantita' o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilita' delle metodiche di rilevamento in essere all'entrata in vigore del presente decreto o degli aggiornamenti messi a punto ai sensi del punto 4 dell'allegato 5.
2. Tenendo conto della tossicita', della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell'ambiente in cui e' effettuato lo scarico, l'autorita' competente in sede di rilascio dell'autorizzazione puo' fissare, in particolari situazioni di accertato pericolo per l'ambiente anche per la coopresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione piu' restrittivi di quelli fissati ai sensi dell'art. 28, commi 1 e 2.
3. Per le sostanze di cui alla tabella 3/A dell'allegato 5, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella, le autorizzazioni stabiliscono altresi' la quantita' massima della sostanza espressa in unita' di peso per unita' di elemento caratteristico dell'attivita' inquinante e cioe' per materia prima o per unita' di prodotto, in conformita' con quanto indicato nella stessa tabella.
4. Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della tabella 5 dell'allegato 5, il punto di misurazione dello scarico si intende fissato subito dopo l'uscita dallo stabilimento o dall'impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo. L'autorita' competente puo' richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 dell'allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti, ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (a), e successive modifiche e integrazioni. Qualora, nel caso di cui all'art. 45, comma 2, secondo periodo, l'impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose di cui alla tabella 5 dell'allegato 5, riceva scarichi provenienti da altri stabilimenti o scarichi di acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili ad una modifica o riduzione delle sostanze pericolose, in sede di autorizzazione l'autorita' competente dovra' ridurre opportunamente i valori limite di emissione indicati nella tabella 3 dell'allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione dei diversi scarichi.
5. L'autorita' che rilascia l'autorizzazione per le sostanze di cui alla tabella 3/A dell'allegato 5 derivanti dai cicli produttivi indicati nella stessa tabella, redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi e dei controlli effettuati, ai fini del successivo inoltro alla Commissione europea.
Riferimenti normativi:
(a) il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22,
reca: "Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti,
91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli
imballaggi e sui rifiuti di imballaggio".
 
Art. 35
Immersione in mare di materiale derivante da attivita'
di escavo e attivita' di posa in mare di cavi e condotte
1. Al fine della tutela dell'ambiente marino ed in conformita' alle disposizioni delle convenzioni internazionali vigenti in materia, e' consentita l'immersione deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni costieri, dei seguenti materiali:
a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;
b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilita' ambientale e l'innocuita';
c) materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l'attivita' di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri.
2. L'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera a), e' rilasciata dall'autorita' competente solo quando e' dimostrata, nell'ambito dell'istruttoria, l'impossibilita' tecnica o economica del loro utilizzo ai fini di ripascimento o di recupero ovvero lo smaltimento alternativo in conformita' alle modalita' stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dei lavori pubblici, dei trasporti e della navigazione, per le politiche agricole e forestali nonche' dell'industria, del commercio e dell'artigianato, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. L'immersione in mare di materiale di cui al comma 1, lettera b), e' soggetta ad autorizzazione con esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di impatto ambientale. Per le opere di ripristino, che non comportino aumento della cubatura delle opere preesistenti, e' dovuta la sola comunicazione all'autorita' competente.
4. L'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera c), non e' soggetta ad autorizzazione.
5. L'attivita' di posa in mare di cavi e condotte e l'eventuale relativa movimentazione dei fondali marini e' soggetta ad autorizzazione regionale rilasciata, in conformita' alle modalita' tecniche stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria del commercio e dell'artigianato e dei lavori pubblici per quanto di competenza, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Qualora la movimentazione abbia carattere internazionale, l'autorizzazione e' rilasciata dal Ministero ambiente d'intesa con le regioni interessate.
 
Art. 36
Autorizzazione al trattamento di rifiuti
costituiti da acque reflue
1. Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3 e' vietato l'utilizzo degli impianti di trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti.
2. In deroga al comma 1, l'autorita' competente ai sensi del decreto legislativo del 5 febbraio 1997, n. 22 (a) relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacita' residua di trattamento puo' autorizzare il gestore del servizio idrico integrato a smaltire nell'impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione.
3. Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorita' competente ai sensi dell'art. 45, e', comunque, autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacita' depurative adeguate che rispettino i valori limite di cui all'art. 28, commi 1 e 2 e purche' provenienti dal medesimo ambito ottimale di cui alla legge 5 gennaio 1994, n. 36 (b):
a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori-limite stabiliti per lo scarico in fognatura;
b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi del comma 4 dell'art. 27;
c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonche' quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi risulti tecnicamente o economicamente irrealizzabile.
4. L'attivita' di cui ai commi 2 e 3 puo' essere consentita purche' non sia compromesso il riutilizzo delle acque reflue e dei fanghi.
5. Nella comunicazione prevista al comma 3, il gestore del servizio idrico integrato deve indicare la capacita' residua dell'impianto e le caratteristiche e quantita' dei rifiuti che intende trattare. L'autorita' competente puo' indicare quantita' diverse o vietare il trattamento di specifiche categorie di rifiuti. L'autorita' competente provvede altresi' all'iscrizione in appositi elenchi dei gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione di cui al comma 3;
6. Allo smaltimento dei rifiuti di cui al comma 3, si applica la tariffa prevista per il servizio di depurazione di cui all'art. 14 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 c).
7. Il produttore dei rifiuti di cui al comma 2 e 3, ed il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al rispetto della normativa in materia di rifiuti prevista dal decreto legislativo del 5 febbraio 1997, n. 22 (a), e successive modifiche ed integrazioni, fatta eccezione per il produttore dei rifiuti di cui al comma 3, lettera (b), che e' tenuto al rispetto dei soli obblighi di cui all'art. 10 del medesimo decreto. Il gestore del servizio idrico integrato che, ai sensi dei precedenti commi 3 e 5, tratta rifiuti e' soggetto ai soli obblighi di cui all'art. 12 del decreto legislativo del 5 febbraio 1997, n. 22 (a). Riferimenti normativi:
(a) l'argomento del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e' riportato nella nota a) all'art. 35.
(b) l'argomento della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e' riportato nella nota a) dell'art. 26.
(c) il testo vigente dell'art. 14 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e' riportato nella nota a) dell'art. 26.
(d) il testo dell'art. 12 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e' il seguente:
"Art. 12 (Registri di carico e scarico). - 1. I soggetti di cui all'art. 11, comma 3, hanno l'obbligo di tenere un registro di carico e scarico, con fogli numerati e vidimati dall'Ufficio del registro, su cui devono annotare, le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti, da utilizzare ai fini della comunicazione annuale al catasto. Le annotazioni devono essere effettuate:
a) per i produttori almeno entro una settimana dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo;
b) per i soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto almeno entro una settimana dalla effettuazione del trasporto;
c) per i commercianti e gli intermediari almeno entro una settimana dalla effettuazione della transazione relativa;
d) per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento entro ventiquattro ore dalla presa in carico dei rifiuti.
2. Il registro tenuto dagli stabilimenti e dalle imprese che svolgono attivita' di smaltimento e di recupero di rifiuti deve, inoltre, contenere:
a) l'origine, la quantita', le caratteristiche e la destinazione specifica dei rifiuti;
b) la data, del carico e dello scarico dei rifiuti ed il mezzo di trasporto utilizzato;
c) il metodo di trattamento impiegato.
3. I registri sono tenuti presso ogni impianto di produzione, di stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti nonche' presso la sede delle imprese che effettuano attivita' di raccolta e trasporto, e presso la sede dei commercianti e degli intermediari. I registri integrati con i formulari relativi al trasporto dei rifiuti sono conservati per cinque anni dalla data dell'ultima registrazione, ad eccezione dei registri relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica, che devono essere conservati a tempo indeterminato ed al termine dell'attivita' devono essere consegnati all'autorita' che ha rilasciato l'autorizzazione.
3-bis. I registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dalle attivita' di manutenzione delle reti e delle utenze diffuse svolte dai soggetti pubblici e privati titolari di diritti speciali o esclusivi ai sensi della direttiva 93/38/CE attuata con il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158, che installano e gestiscono, direttamente o mediante appaltatori, reti ed impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico, possono essere tenuti, nell'ambito della provincia dove l'attivita' e' svolta, presso le sedi di coordinamento organizzativo o altro centro equivalente comunicato preventivamente alla provincia medesima.
4. I soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le cinque tonnellate di rifiuti non pericolosi ed una tonnellata di rifiuti pericolosi, possono adempiere all'obbligo della tenuta dei registri di carico scarico dei rifiuti anche tramite le organizzazioni di categoria interessate o loro societa' di servizi che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell'impresa copia dei dati trasmessi.
5. Le informazioni contenute nel registro sono rese in qualunque momento all'autorita' di controllo che ne fa richiesta.
6. In attesa dell'individuazione del modello uniforme di registro di carico e scarico e degli eventuali documenti sostitutivi, nonche' delle modalita' di tenuta degli stessi, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti che disciplinano le predette modalita' di tenuta dei registri".
 
Art. 37
Impianti di acquacoltura e piscicoltura
l. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri per le politiche agricole, dei lavori pubblici, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della sanita' e, previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante dalle attivita' di acquacoltura e di piscicoltura.
 
Art. 38
Utilizzazione agronomica
1. Fermo restando quanto previsto dall'art. 19 per le zone vulnerabili e dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372 (a), per gli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell'allegato 1 al predetto decreto, l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574 (b), nonche' dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'art. 28, comma 7, lettere a), b) e c) e da altre piccole aziende agroalimentari ad esse assimilate, cosi' come individuate in base al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di cui al comma 2, e' soggetta a comunicazione all'autorita' competente di cui all'art. 3, commi 1 e 2 del presente decreto, fatti salvi i casi di esonero di cui al comma 3, lettera b).
2. Le regioni disciplinano le attivita' di utilizzazione agronomica di cui al comma 1, sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del Ministro per le politiche agricole e forestali di concerto con i Ministri dell'ambiente, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della sanita' e dei lavori pubblici, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del predetto decreto ministeriale, garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualita' di cui al presente decreto.
3. Nell'ambito della normativa di cui al comma 2, sono disciplinati in particolare:
a) le modalita' di attuazione degli articoli 3 (c), 5 (d), 6 (e) e 9 (f) della legge 11 novembre 1996, n. 574;
b) i tempi e le modalita' di effettuazione della comunicazione, prevedendo procedure semplificate nonche' specifici casi di esonero dall'obbligo di comunicazione per le attivita' di minor impatto ambientale;
c) le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di utilizzo agronomico;
d) i criteri e le procedure di controllo, ivi compresi quelle inerenti l'imposizione di prescrizioni da parte dell'autorita' competente, il divieto di esercizio ovvero la sospensione a tempo determinato dell'attivita' di cui al comma 1 nel caso di mancata comunicazione o mancato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite;
e) le sanzioni amministrative pecuniarie, fermo restando quanto disposto dall'art. 59, comma 11-ter. Riferimenti normativi:
(a) Il decreto legislativo 10 agosto 1999, n. 372, recante "Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrale dell'inquinamento", e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26 ottobre 1999, n. 252.
(b) la legge 11 novembre 1996, n. 574, recante "Nuove norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari", e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 12 novembre 1996, n. 265.
(c) l'art. 3 della legge 11 novembre 1996, n. 574, e' il seguente:
"Art. 3 (Comunicazione preventiva). - 1. L'utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e' subordinata alla comunicazione da parte dell'interessato al sindaco del comune in cui sono ubicati i terreni, almeno entro trenta giorni prima della distribuzione, di una relazione redatta da un agronomo, perito agrario o agrotecnico o geologo iscritto nel rispettivo albo professionale, sull'assetto pedogeomorfologico, sulle condizioni idrologiche e sulle caratteristiche in genere dell'ambiente ricevitore, con relativa mappatura, sui tempi di spandimento previsti e sui mezzi meccanici per garantire un'idonea distribuzione.
2. L'autorita' competente puo', con specifica motivazione, chiedere ulteriori accertamenti o disporre direttamente controlli e verifiche".
(d) l'art. 5 della legge 11 novembre 1996, n. 574, e' il seguente:
"Art. 5 (Esclusione di talune categorie di terreni). - 1. E' vietato in ogni caso lo spandimento delle acque di vegetazione e delle sanse, ai sensi dell'art. 1, sulle seguenti categorie di terreni:
a) i terreni situati a distanza inferiore a trecento metri dalle aree di salvaguardia delle captazioni di acque destinate al consumo umano ai sensi dell'art. 4 del decreto del presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236;
b) i terreni situati a distanza inferiore a duecento metri dai centri abitati;
c) i terreni investiti da colture orticole in atto;
d) i terreni in cui siano localizzate falde che possono venire a contatto con le acque di percolazione del suolo e comunque i terreni in cui siano localizzate falde site ad una profondita' inferiore a dieci metri;
e) terreni gelati, innevati, saturi d'acqua e inondati".
(e) L'art. 6 della legge 11 novembre 1996, n. 574, e' il seguente:
"Art. 6 (Stoccaggio). - 1. Lo stoccaggio delle acque di vegetazione deve essere effettuato per un termine non superiore a trenta giorni in silos, cisterne o vasche interrate o sopraelevate all'interno del frantoio o in altra localita', previa comunicazione al sindaco del luogo ove ricadono.
2. Restano ferme le disposizioni in materia di edificabilita' dei suoli".
(f) L'art. 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574, e' il seguente:
"Art. 9 (Controlli). - 1. L'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente e le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, laddove esistenti, procedono alla verifica periodica delle operazioni di spandimento delle acque di vegetazione a fini di tutela ambientale.
2. Ogni tre anni a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali, sentito il Ministro dell'ambiente per le parti di competenza, trasmette, entro il 31 dicembre, al Parlamento una relazione sulla applicazione della presente legge, sullo stato delle acque, del suolo, del sottosuolo e delle altre risorse ambientali venute a contatto con le acque di vegetazione, nonche' sulle piu' recenti acquisizioni scientifiche in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari".
 
Art. 39
Acque di prima pioggia e di lavaggio di aree esterne
1. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni disciplinano:
a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate;
b) i casi in cui puo' essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione.
2. Le acque meteori che non disciplinate a sensi del comma precedente non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dal presente decreto.
3. Le Regioni disciplinano altresi' i casi in cui puo' essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari casi nelle quali, in relazione alle attivita' svolte, vi sia il rischio di dilavamento dalle superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualita' dei corpi idrici.
4. E' comunque vietato lo scarico di acque meteoriche nelle acque sotterranee.
 
Art. 40
D i g h e
1. Le regioni adottano apposita disciplina in materia di restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione, nonche' delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da quelli relativi alla ricerca ed estrazione di idrocarburi, alfine di garantire il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualita' di cui al Titolo II.
2. Al fine di assicurare il mantenimento della capacita' di invaso e la salvaguardia sia della qualita' dell'acqua invasata, sia del corpo recettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun impianto. Il progetto di gestione e' finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attivita' di manutenzione da eseguire sull'impianto sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore, dell'ecosistema acquatico, delle attivita' di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dello sbarramento durante le operazioni stesse.
3. Il progetto di gestione individua altresi' eventuali modalita' di manovra degli organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela del corpo ricettore. Restano valide in ogni caso le disposizioni fissate tal decreto del Presidente della Repubblica 1o novembre 1959, n. 1363 (a), volte a garantire la sicurezza di persone e cose.
4. Il progetto di gestione di cui al comma 2, e' predisposto dal gestore sulla base dei criteri fissati con decreto del Ministro dei lavori pubblici e del Ministro dell'ambiente di concerto con i Ministri dell'industria del commercio e dell'artigianato, per le politiche agricole e il Ministro delegato della Protezione Civile, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. Il progetto di gestione e' approvato dalle regioni, con eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla sua presentazione, sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle aree protette direttamente interessate; e' trasmesso al Registro italiano dighe per l'inserimento come parte integrante del foglio condizioni per l'esercizio e la manutenzione di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 1o novembre 1959, n. 1363, (b) e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si intende approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi dalla data di presentazione senza che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente, fermo restando il potere di tali enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine.
6. Con l'approvazione del progetto il gestore e' autorizzato ad eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformita' ai limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.
7. Nella definizione dei canoni di concessione di inerti ai sensi dell'articolo 89, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, (c), le amministrazioni determinano specifiche modalita' ed importi per favorire lo sghiaiamento e sfangamento degli invasi per asporto meccanico.
8. I gestori degli invasi esistenti sono tenuti a presentare il progetto di cui al comma 2 entro sei mesi dal l'emanazione del decreto di cui al comma 4. Fino all'approvazione o alla operativita' del progetto di gestione, e comunque non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 4, le operazioni periodiche di manovre prescritte ai sensi dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 1o novembre 1959, n. 1363 (d), volte a controllare la funzionalita' degli organi di scarico, sono svolte in conformita' ai fogli di condizione per l'esercizio e la manutenzione.
9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non devono pregiudicare gli usi in atto a valle dell'invaso, ne' il rispetto degli obiettivi di qualita' ambientale e degli obiettivi di qualita' per specifica destinazione.
Riferimenti normativi:
(a) Il D.P.R. 1o novembre 1959, n. 1363, recante:
"Approvazione del regolamento per la compilazione dei
progetti, la costruzione e l'esercizio delle dighe di
ritenuta" e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie
generale - del 24 marzo 1960, n. 72.
(b) Si riporta il testo vigente dell'articolo 6 del
citato decreto del Presidente della Repubblica 1o novembre
1959, n. 1363:
"Art. 6 (Foglio di condizioni). - Il foglio di
condizioni, all'osservanza del quale e' vincolata
l'esecuzione dell'opera, e' predisposto con riferimento al
progetto esecutivo e contiene le norme:
a) per l'esecuzione e la manutenzione degli accessi
allo sbarramento durante la costruzione e il successivo
esercizio;
b) per la deviazione provvisoria del corso d'acqua
durante i lavori di costruzione;
c) per l'esecuzione dell'opera, specificando le
modalita' di costruzione, i lavori da eseguire per
l'impermeabilizzazione e l'eventuale consolidamento della
fondazione, le caratteristiche e le provenienze dei
materiali da adoperare e le prove di controllo alle quali
questi dovranno essere sottoposti durante i lavori, sia
nell'eventuale laboratorio di cantiere, sia presso
laboratori specializzati, con indicazione del numero e
della frequenza dei saggi da prelevare sotto il controllo
dell'Amministrazione;
d) per le osservazioni e misure da compiere per il
controllo del comportamento dello sbarramento, con
indicazione degli apparecchi dei vari tipi da disporre
nella struttura e fuori di essa;
e) per la vigilanza dell'opera da parte del
richiedente la concessione o concessionario, e il controllo
dell'Amministrazione durante la costruzione e l'esercizio;
f) per le prestazioni relative al collaudo;
g) per il collegamento della casa dei guardiani con i
centri abitati a valle e con la piu' prossima sede del
richiedente la concessione o concessionario, e per le
segnalazioni da fare in caso di temuto pericolo e di ordine
di immediato svaso del serbatoio;
h) per gli altri provvedimenti che fossero
eventualmente ritenuti necessari per la buona riuscita e la
sicurezza dell'opera.
Lo schema del foglio di condizioni, approvato dalla
Presidenza della competente Sezione del Consiglio superiore
dei lavori pubblici, sara' restituito al Genio civile per
la firma da parte del richiedente la concessione o
concessionario e per il successivo perfezionamento
amministrativo".
(c) L'art. 89, comma 1, lettera d), del citato decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e' il seguente:
"Art. 89 (Funzioni conferite alle regioni e agli enti
locali). - 1. Sono conferite alle regioni e agli enti
locali, ai sensi dell'articolo 4, comma 1 della legge 15
mazzo 1997, n. 59, tutte le funzioni non espressamente
indicate nell'articolo 88 e tra queste in particolare, sono
trasferite le funzioni relative:
a) - c) (omissis);
d) alle concessioni di estrazione di materiale
litoide dai corsi d'acqua".
(d) Si riporta il testo vigente dell'articolo 17 del
citato decreto del Presidente della Repubblica 1o novembre
1959, n. 1363:
"Art. 17 (Accertamenti periodici di controllo). - 1.
L'ingegnere del Genio civile incaricato della vigilanza
dell'opera e' tenuto a visitarla almeno due volte all'anno
e possibilmente negli stati di massimo e di minimo invaso.
A cura dell'ufficio del Genio civile competente saranno
inoltre eseguite periodiche visite di controllo
dell'efficienza dei collegamenti telefonici e radio,
nonche' degli eventuali altri sistemi di segnalazione e
d'allarme.
Delle risultanze di ogni visita e di ogni verifica
sara' redatto apposito verbale che sara' trasmesso al
Servizio dighe.
 
Art. 41
Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici
1. Ferme restando le disposizioni di cui al Capo VII del regio decreto 25 luglio 1904, n. 523 (a), al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversita' da contemperarsi con le esigenze di funzionalita' dell'alveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni e lagune comunque vietando la copertura dei corsi d'acqua, che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumita' e la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti.
2. Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti all'autorizzazione prevista dal regio decreto 25 luglio 1904, n. 523 (a), salvo quanto previsto per gli interventi a salvaguardia della pubblica incolumita'.
3. Per garantire le finalita' di cui al comma 1, le aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano gia' comprese in aree naturali protette statali o regionali inserite nell'elenco ufficiale di cui all'articolo 3, comma 4, lettera c), della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (b), la concessione e' gratuita.
4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 37 (c), non possono essere oggetto di sdemanializzazione.
Riferimenti normativi:
(a) Il regio decreto 25 luglio 1904, n. 523 recante
"Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere
idrauliche delle diverse categorie" e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale del 7 ottobre 1904.
(b) L'art. 3, comma 4, lettera c) della legge
6 dicembre 1991, n. 394 recante "legge quadro sulle aree
protette" pubblica nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale - serie generale - del 13 dicembre 1991, n. 292,
e' il seguente:
"Art. 3 (Comitato per la aree naturali protette e
Consulta tecnica per le aree naturali protette). - 4. Il
Comitato, svolge, in particolare, i seguenti compiti:
a - b) (omissis);
c) approva l'elenco ufficiale delle aree naturali
protette".
(c) La legge 5 gennaio 1994, n. 37, recante: "Norme per
la tutela ambientale della aree demaniali, dei fiumi dei
torrenti, dei laghi e delle acque pubbliche", e' pubblicata
nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale - serie
generale - del 19 gennaio 1994, n. 14.
 
Art. 42
Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell'impatto esercitato dall'attivita' antropica
1. Al fine di garantire l'acquisizione delle informazioni necessarie alla redazione del piano di tutela, le regioni provvedono ad elaborare programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l'impatto antropico esercitato sul medesimo.
2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformita' alle indicazioni di cui all'allegato 3 e sono resi operativi entro il 31 dicembre 2000 e sono aggiornati ogni sei anni.
3. Nell'espletamento dell'attivita' conoscitiva di cui al comma 1, le amministrazioni sono tenute ad utilizzare i dati e le informazioni gia' acquisite, con particolare riguardo a quelle preordinate alla redazione dei piani di risanamento delle acque di cui alla legge 10 maggio 1976, n. 319 (a), nonche' a quelle previste dalla legge l8 maggio 1989, n. 183 (b).
Riferimenti normativi:
(a) La legge 10 maggio 1976, n. 319, recante "Norme per
la tutela delle acque dall'inquinamento" e' pubblicata
nella Gazzetta UfficiaIe - serie generale - del 29 maggio
1976, n. 141.
(b) La legge 18 maggio 1989, n. 183, reca: "Norme per
il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del
suolo".
 
Art. 43
Rilevamento dello stato di qualita' dei corpi idrici
1. Le regioni elaborano programmi per la conoscenza e la verifica dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali e sotterranee all'interno di ciascun bacino idrografico.
2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformita' alle indicazioni di cui all'allegato 1 e resi operativi entro il 31 dicembre 2000. Tali programmi devono essere integrati con quelli gia' esistenti per gli obiettivi a specifica destinazione stabiliti in conformita' all'allegato 2.
3. Al fine di evitare sovrapposizioni e di garantire il flusso delle informazioni raccolte e la loro compatibilita' con il Sistema informativo nazionale dell'ambiente, nell'esercizio delle rispettive competenze, le regioni possono promuovere accordi di programma con le strutture definite ai sensi dell'articolo 92 del decreto legislativo del 31 marzo 1998 n. 112 (a), con l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, le agenzie regionali e provinciali dell'ambiente, le province, le autorita' d'ambito, i consorzi di bonifica e gli altri enti pubblici interessati. Nei programmi devono essere definite altresi' le modalita' di standardizzazione dei dati e di interscambio delle informazioni.
Riferimenti normativi:
a) Si riporta il testo dell'art. 92 del citato decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
"Art. 92 (Riordino di strutture). - 1. Nell'ambito del
riordino di cui all'articolo 9, sono ricompresi in
particolare:
a) gli uffici del Ministero dei lavori pubblici
competenti in materie di acque e difesa del suolo;
b) il Magistrato per il Po e l'ufficio del genio
civile per il Po di Parma;
c) l'ufficio per il Tevere e l'Agro romano;
d) il Magistrato alle acque di Venezia, definendone
le funzioni in materia di salvaguardia di Venezia e della
sua laguna.
2. Con decreti da emanarsi ai sensi dell'articolo 9 del
presente decreto legislativo, si provvede, previa intesa
con la Conferenza unificata, al riordino degli organismi e
delle strutture operanti nel settore della difesa del suolo
nonche' all'adeguamento delle procedure di intesa e leale
cooperazione tra lo Stato e le regioni previste dalla legge
l8 maggio 1989, n. 183, in conformita' ai principi e agli
obiettivi nella stessa stabiliti.
3. Con uno o piu' decreti da emanarsi ai sensi degli
articoli 11 e 12 della legge 15 marzo 1997, n. 59, si
provvede al riordino del Dipartimento dei servizi tecnici
nazionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
4. Gli uffici periferici del Dipartimento dei servizi
tecnici nazionali sono trasferiti alle regioni ed
incorporati nelle strutture operative regionali competenti
in materia".
 
Art. 44
Piani di tutela delle acque
1. Il piano di tutela delle acque costituisce un piano stralcio di settore del piano di bacino ai sensi dell'articolo 17, comma 6-ter, della legge l8 maggio 1989, n. 183, ed e' articolato secondo le specifiche indicate nell'allegato 4.
2. Entro il 31 dicembre 2001 le autorita' di bacino di rilievo nazionale ed interregionale, sentite le province e le autorita' d'ambito, definiscono gli obiettivi su scala di bacino, cui devono attenersi i piani di tutela delle acque, nonche' le priorita' degli interventi. Entro il 31 dicembre 2003, le regioni, sentite le province, previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il piano di tutela delle acque e lo trasmettono alle competenti autorita' di bacino.
3. Il piano di tutela contiene, oltre agli interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui al presente decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.
4. A tal fine il piano di tutela contiene in particolare:
a) i risultati dell'attivita' conoscitiva;
b) l'individuazione degli obiettivi di qualita' ambientale e per specifica destinazione;
c) l'elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento;
d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate per bacino idrografico;
e) l'indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative priorita';
f) il programma di verifica dell'efficacia degli interventi previsti;
g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici.
5. Entro novanta giomi dalla trasmissione del piano di cui al comma 2 le autorita' di bacino nazionali o interregionali verificano la conformita' del piano agli obiettivi e alle priorita' del comma 2 esprimendo parere vincolante. Il piano di tutela e' approvato dalle regioni entro i successivi sei mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2004.
6. Per i bacini regionali le regioni approvano il piano entro sei mesi dall'adozione e comunque non oltre il 31 dicembre 2004.
 
Art. 45
Criteri generali
1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.
2. L'autorizzazione e' rilasciata al titolare dell'attivita' da cui origina lo scarico. Ove tra piu' stabilimenti sia costituito un consorzio per l'effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle attivita' dei consorziati, l'autorizzazione e' rilasciata in capo al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilita' dei singoli consorziati e del gestore del relativo impianto di depurazione in caso di violazione delle disposizioni del presente decreto. Si applica l'articolo 62, comma 11, secondo periodo, del presente decreto.
3. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, servite o meno da impianti di depurazione delle acque reflue urbane, e' definito dalle regioni nell'ambito della disciplina di cui all'articolo 28, commi 1 e 2.
4. In deroga al comma 1 gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell'osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato.
5. Le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro avvio.
6. Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione e' presentata alla provincia ovvero al comune se lo scarico e' in pubblica fognatura. L'autorita' competente provvede entro novanta giorni dalla recezione della domanda.
7. Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372 (a), l'autorizzazione e' valida per i quattro anni dal momento del rilascio. Un anno prima della scadenza ne deve essere chiesto il rinnovo. Lo scarico puo' essere provvisoriamente mantenuto in funzione nel rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente autorizzazione, fino all'adozione di un nuovo provvedimento, se la domanda di rinnovo e' stata tempestivamente presentata. Per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all'articolo 34, il rinnovo deve essere concesso in modo espresso entro e non oltre sei mesi dalla data di scadenza; trascorso inutilmente tale termine, lo scarico dovra' cessare immediatamente. La disciplina regionale di cui al comma 3 puo' prevedere per specifiche tipologie di scarichi di acque reflue domestiche, ove soggetti ad autorizzazione, forme di rinnovo tacito della medesima.
8. Per gli scarichi in un corso d'acqua che ha portata naturale nulla per oltre centoventi giorni ovvero in un corpo idrico non significativo, l'autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e della capacita' di diluizione del corpo idrico e stabilisce prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacita' autodepurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee.
9. In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell'ambiente interessato, l'autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire che gli scarichi, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, siano effettuati in conformita' alle disposizioni del presente decreto e senza pregiudizio per il corpo ricettore, per la salute pubblica e l'ambiente.
10. Le spese occorrenti per effettuare i rilievi, gli accertamenti, i controlli e i sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle domande d'autorizzazione previste dal presente decreto sono a carico del richiedente. L'autorita' competente determina, in via provvisoria, la somma che il richiedente e' tenuto a versare, a titolo di deposito, quale condizione di procedibilita' della domanda. L'autorita' stessa, completata l'istruttoria, provvede alla liquidazione definitiva delle spese sostenute.
11. Per gli insediamenti, edifici o installazioni la cui attivita' sia trasferita in altro luogo ovvero per quelli soggetti a diversa destinazione, ad ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi uno scarico avente caratteristiche qualitativamente o quantitativamente diverse da quelle dello scarico preesistente deve essere richiesta una nuova autorizzazione allo scarico, ove prevista. Nelle ipotesi in cui lo scarico non abbia caratteristiche qualitative o quantitative diverse, deve essere data comunicazione all'Autorita' competente, la quale verificata la compatibilita' dello scarico con il corpo ricettore, puo' adottare i provvedimenti che si rendessero eventualmente necessari.
Riferimenti normativi:
(a) Il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, reca:
"Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla
prevenzione e riduzione integrate dell'inquadramento".
 
Art. 46
Domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali
1. La domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali deve essere accompagnata dall'indicazione delle caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico, della quantita' di acqua da prelevare nell'anno solare, del corpo ricettore e del punto previsto per il prelievo al fine del controllo, dalla descrizione del sistema complessivo di scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, dall'eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi ove richiesto, dalla indicazione dei mezzi tecnici impiegati nel processo produttivo e nei sistemi di scarico, nonche' dall'indicazione dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione.
2. Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A dell'allegato 5 derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella 3/A, la domanda di cui al comma 1 deve altresi' indicare:
a) la capacita' di produzione del singolo stabilimento industriale che comporta la produzione ovvero la trasformazione ovvero l'utilizzazione delle sostanze di cui alla medesima tabella ovvero la presenza di tali sostanze nello scarico. La capacita' di produzione deve essere indicata con riferimento alla massima capacita' oraria moltiplicata per il numero massimo di ore lavorative giornaliere e per il numero massimo di giorni lavorativi;
b) il fabbisogno orario di acque per ogni specifico processo produttivo.
 
Art. 47 Approvazione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane
1. Salve le disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale, le regioni disciplinano le modalita' di approvazione dei progetti degli impianti di depurazione di acque reflue urbane che tengono conto dei criteri di cui all'allegato 5 e della corrispondenza tra la capacita' dell'impianto e le esigenze delle aree asservite, nonche' delle modalita' delle gestioni che devono assicurare il rispetto dei valori limite degli scarichi, e definiscono le relative fasi di autorizzazione provvisoria necessaria all'avvio dell'impianto ovvero in caso di realizzazione per lotti funzionali.
 
Art. 48
Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue
1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 (a), e successive modifiche, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta cio' risulti appropriato.
2. E' comunque vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.
3. Lo smaltimento dei fanghi nelle acque marine mediante immersione da nave, scarico attraverso condotte ovvero altri mezzi e' autorizzato ai sensi dell'art. 18, comma 2, lettera p-bis) del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (b), e deve comunque cessare entro il 2003. Fino a tale data le quantita' totali di materie tossiche, persistenti ovvero bioaccumulabili, devono essere progressivamente ridotte. In ogni caso le modalita' di smaltimento devono rendere minimo l'impatto negativo sull'ambiente.
Riferimenti normativi:
(a) Il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99,
recante "Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente
la protezione dell'ambiente in particolare del suolo,
nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in
agricoltura", e' pubblicato nel supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale - serie generale - del 15 febbraio 1992,
n. 38.
(b) Si riporta il testo dell'articolo 18, comma 2,
lettera p-bis) del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.
22:
2. Sono inoltre di competenza dello Stato:
a) - p) (omissis).
p-bis) l'autorizzazione allo smaltimento di rifiuti
nelle acque marine in conformita' alle disposizioni
stabilite dalle norme comunitarie e dalle convenzioni
internazionali vigenti in materia; tale autorizzazione e'
rilasciata dal Ministro dell'ambiente, sentito il Ministro
delle politiche agricole, su proposta dell'autorita'
marittima nella cui zona di competenza si trova il porto
piu' vicino al luogo dove deve essere effettuato lo
smaltimento ovvero si trova il porto da cui parte la nave
con il carico di rifiuti da smaltire.
 
Art. 49
Soggetti tenuti ai controllo
1. L'autorita' competente effettua il controllo degli scarichi sulla base di un programma che assicuri un periodico, diffuso, effettivo ed imparziale sistema di controlli preventivi e successivi.
2. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi in pubblica fognatura l'ente gestore, ai sensi dell'art. 26 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (a), organizza un adeguato servizio di controllo secondo le modalita' previste nella convenzione di gestione.
Riferimenti normativi:
(a) Si riporta il testo dell'art. 26 della citata legge
15 gennaio 1994, n. 36:
"Art. 26 (Controlli). - 1. Per assicurare la fornitura
di acqua di buona qualita' e per il controllo degli
scarichi nei corpi ricettori, ciascun gestore di servizio
idrico si dota di un adeguato servizio di controllo
territoriale e di un laboratorio di analisi per i controlli
di qualita' delle acque alla presa, nelle reti di adduzione
e di distribuzione, nei potabilizzatori e nei depuratori,
ovvero stipula apposita convenzione con altri soggetti
gestori di servizi idrici. Restano ferme le competenze
amministrative e le funzioni di controllo sulla qualita'
delle acque e sugli scarichi nei corpi idrici stabilite
dalla normativa vigente e quelle degli organismi tecnici
preposti a tali funzioni.
2. Coloro che si approvvigionano in tutto o in parte di
acqua da fonti diverse dal pubblico acquedotto sono tenuti
a denunciare al soggetto gestore del servizio idrico il
quantitativo prelevato nei termini e secondo le modalita'
previste dalla normativa per la tutela delle acque
dall'inquinamento.
3. Le sanzioni previste dall'art. 21 del decreto del
Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236, si
applicano al responsabile della gestione dell'acquedotto
soltanto nel caso in cui, dopo la comunicazione dell'esito
delle analisi, egli non abbia tempestivamente adottato le
misure idonee ad adeguare la qualita' dell'acqua o a
prevenire il consumo o l'erogazione di acqua non idonea".
 
Art. 50
Accessi ed ispezioni
1. Il soggetto incaricato del controllo e' autorizzato a effettuare le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari all'accertamento del rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Il titolare dello scarico e' tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire l'accesso ai luoghi dai quali origina lo scarico.
 
Art. 51
Inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione allo scarico
1. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo V, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione allo scarico, l'autorita' competente al controllo procede, secondo la gravita' dell'infrazione:
a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarita';
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestano situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinano situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.
 
Art. 52
Controllo degli scarichi di sostanze pericolose
1. Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla tabella 5 dell'allegato 5 l'autorita' competente nel rilasciare l'autorizzazione puo' prescrivere, a carico del titolare, l'installazione di strumenti di controllo in automatico, nonche' le modalita' di gestione degli stessi e di conservazione dei relativi risultati, che devono rimanere a disposizione dell'autorita' competente al controllo per un periodo) non inferiore a tre anni dalla data di effettuazione dei singoli controlli.
 
Art. 53
Interventi sostitutivi
1. Nel caso in cui non vengano effettuati i controlli ambientali previsti dal presente decreto, il Ministro dell'ambiente diffida la regione a provvedere nel termine di sei mesi ovvero nel termine imposto dalle esigenze di tutela sanitaria e ambientale. In caso di persistente inadempienza provvede il Ministro dell'ambiente, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, in via sostitutiva, con oneri a carico dell'ente inadempiente.
2. Nell'esercizio dei poteri sostitutivi, il Ministro dell'ambiente nomina un commissario ad acta che pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico delle regioni al fine dell'organizzazione del sistema dei controlli.
 
Art. 54
Sanzioni amministrative
1. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell'effettuazione di uno scarico supera i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all'allegato 5, ovvero i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell'articolo 28, comma 2, ovvero quelli fissati dall'autorita' competente a norma dell'articolo 33, comma 1, o dell'articolo 34, comma 1, e' punito con la sanzione amministrativa da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se l'inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all'articolo 21 ovvero in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (a), si applica la sanzione amministrativa non inferiore a lire trenta milioni.
2. Chiunque apre o comunque effettua scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici di depurazione, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 45, ovvero continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, e' punito con la sanzione amministrativa da lire dieci milioni a lire cento milioni. Nell'ipotesi di scarichi relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la sanzione e' da uno a cinque milioni.
3. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato e al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1, effettua o mantiene uno scarico senza osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione ovvero fissate ai sensi dell'articolo 33, comma 1, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire venticinque milioni.
4. Si applica la sanzione prevista al comma 3 a chi effettuando al momento all'entrata in vigore del presente decreto scarichi di acque reflue esistenti, non ottempera alle disposizioni di cui all'articolo 62, comma 12.
5. (Soppresso).
6. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, effettua l'immersione in mare dei materiali indicati all'articolo 35, comma 1, lettere a) e b), ovvero svolge l'attivita' di posa in mare cui al comma 5 dello stesso articolo, senza autorizzazione, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire venti milioni.
7. Salvo che il fatto non costituisca reato, fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 38, comma 2, chiunque non osserva le disposizioni di cui all'articolo 62, comma 10, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire dieci milioni.
8. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato non osserva il divieto di smaltimento dei fanghi previsto dall'articolo 48, comma 2, e' punito con la sanzione ammmistrativa pecuniaria da lire dieci milioni a lire cento milioni.
9. (Soppresso).
10. Salva che il fatto non costituisca reato, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire dieci milioni a lire cento milioni, chiunque:
a) nell'effettuazione delle operazioni di svaso sghiaiamento o sfangamento delle dighe, supera i limiti o non osserva le altre prescrizioni contenute nello specifico progetto di gestione dell'impianto di cui all'articolo 40, commi 2 e 3;
b) effettua le medesime operazioni prima dell'approvazione del progetto di gestione;
10-bis. Chiunque viola le prescrizioni concernenti l'installazione e la manutenzione dei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi ovvero l'obbligo di trasmissione dei risultati delle misurazioni di cui al comma 3 dell'articolo 22 e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire dieci milioni. Nei casi di particolare tenuita' la sanzione e' ridotta ad un quinto.
10-ter. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 39, comma 1, lettera b), e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a lire venticinque milioni".
Riferimenti normativi:
(a) La legge 6 dicembre 1991, n. 394, reca: "Legge
quadro sulle aree protette".
 
Art. 55
Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica
24 maggio 1988, n. 236 (a)
1. L'inosservanza delle disposizioni relative alle attivita' e destinazioni vietate nelle aree di salvaguardia di cui all'articolo 21 e' punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire dieci milioni.
2. Il comma 3 dell'articolo 21, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236 (b), e' sostituito dal seguente: "3. L'inosservanza delle disposizioni dei piani di intervento di cui all'art. 18 e' punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire dieci milioni.
3. Il comma 4 dell'art. 21 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236 (b), e' cosi' modificato: "4. I contravventori alle disposizioni di cui all'articolo 15 sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni.
Riferimenti normativi:
(a) Il decreto del Presidente della Repubblica 24
maggio 1988, n. 236; reca: "Attuazione della direttiva CEE
n. 80/778, concernente la qualita' delle acque destinate al
consumo umano, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile
1987, n. 183.
(b) Si riporta il testo dell'art. 21 del decreto del
Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236; come
modificato dal decreto legislativo n. 258 del 18 agosto
2000:
"Art. 21 (Sanzioni). - 1. Salvo che il fatto
costituisca piu' grave reato, chiunque in violazione delle
disposizioni del presente decreto fornisce al consumo umano
acque che non presentano i requisiti di qualita' previsti
dall'allegato I e' punito con l'ammenda da lire
duecentocinquantamila a lire duemilioni o con l'arresto
fino a tre anni.
2. La stessa pena si applica a chi utilizza acque che
non presentano i requisiti di qualita' previsti
dall'allegato I in imprese alimentari, mediante
incorporazione o contatto per la fabbricazione, il
trattamento, la conservazione, l'immissione sul mercato di
prodotti e sostanze destinate al consumo umano, se le acque
hanno conseguenze per la salubrita' del prodotto alimentare
finale.
3 L'inosservanza delle disposizioni dei piani di
intervento di cui all'art. 18 e' punita con la sanzione
amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire dieci
milioni.
4. I contravventori alle disposizioni di cui all'art.
15 sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da
lire un milione a lire sei milioni".
 
Art. 56
Competenza e giurisdizione
1. In materia di accertamento degli illeciti amministrativi all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede, salvo diversa disposizione delle regioni o delle province autonome, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio e' stata commessa la violazione, a eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 54, commi 8 e 9, per le quali e' competente il comune, salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorita'.
1-bis. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (a), alla sorveglianza e all'accertamento degli illeciti in violazione delle norme in materia di tutela delle acque dall'inquinamento e del relativo danno ambientale concorre il Corpo forestale dello Stato, in qualita' di forza di polizia specializzata in materia di danno ambientale.
2. Avverso le ordinanze-ingiunzione relative alle sanzioni amministrative di cui al comma 1 e' esperibile il giudizio di opposizione di cui all'articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (b).
3. Per i procedimenti penali pendenti alla entrata in vigore del presente decreto l'autorita' giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.
4. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente decreto non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (c).
Riferimenti normativi:
(a) L'argomento del decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 112, e' riportato nella nota a) dell'art. 3.
(b) Si riporta il testo dell'art. 23 della legge 24
novembre 1981, n. 689:
"Art. 23 (Giudizio di opposizione). - Il giudice, se il
ricorso e' proposto oltre il termine previsto dal primo
comma dell'art. 22, ne dichiara l'inammissibilita' con
ordinanza ricorribile per cassazione.
Se il ricorso e' tempestivamente proposto, il giudice
fissa l'udienza di comparizione con decreto, steso in calce
al ricorso, ordinando all'autorita' che ha emesso il
provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci
giorni prima della udienza fissata, copia del rapporto con
gli atti relativi all'accertamento, nonche' alla
contestazione o notificazione della violazione. Il ricorso
ed il decreto sono notificati, a cura della cancelleria,
all'opponente o, nel caso sia stato indicato, al suo
procuratore, e all'autorita' che ha emesso l'ordinanza.
Tra il giorno della notificazione e l'udienza di
comparizione devono intercorrere i termini previsti
dall'art. 163-bis del codice di procedura civile.
L'opponente e l'autorita' che ha emesso l'ordinanza
possono stare in giudizio personalmente; l'autorita' che ha
emesso l'ordinanza puo' avvalersi anche di funzionari
appositamente delegati.
Se alla prima udienza l'opponente o il suo procuratore
non si presentano senza addurre alcun legittimo
impedimento, il giudice, con ordinanza ricorribile per
cassazione, convalida il provvedimento opposto, ponendo a
carico dell'opponente anche le spese successive
all'opposizione.
Nel corso del giudizio il giudice dispone, anche
d'ufficio, i mezzi di prova che ritiene necessari e puo'
disporre la citazione di testimoni anche senza la
formulazione di capitoli.
Appena terminata l'istruttoria il giudice invita le
parti a precisare le conclusioni ed a procedere nella
stessa udienza alla discussione della causa, pronunciando
subito dopo la sentenza mediante lettura del dispositivo.
Tuttavia, dopo la precisazione delle conclusioni, il
giudice, se necessario, concede alle parti un termine non
superiore a dieci giorni per il deposito di note difensive
e rinvia la causa all'udienza immediatamente successiva
alla scadenza del termine per la discussione e la pronuncia
della sentenza.
Il giudice puo' anche redigere e leggere, unitamente al
dispositivo, la motivazione della sentenza, che e' subito
dopo depositata in cancelleria.
A tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti si
provvede d'ufficio.
Gli atti del processo e la decisione sono esenti da
ogni tassa e imposta.
Con la sentenza il giudice puo' rigettare
l'opposizione, ponendo a carico dell'opponente le spese del
procedimento o accoglierla, annullando in tutto o in parte
l'ordinanza o modificandola anche limitatamente all'entita'
della sanzione dovuta. Nel giudizio di opposizione davanti
al giudice di pace non si applica l'art. 113, secondo
comma, del codice di procedura civile.
Il giudice accoglie l'opposizione quando non vi sono
prove sufficienti della responsabilita' dell'opponente.
La sentenza e' inappellabile ma e' ricorribile per
cassazione".
(c) Si riporta il testo dell'art. 16 della legge
24 novembre 1981, n. 689:
"Art. 16 (Pagamento in misura ridotta). - E' ammesso il
pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza
parte del massimo della sanzione prevista per la violazione
commessa, o, se piu' favorevole e qualora sia stabilito il
minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo
importo, oltre alle spese del procedimento, entro il
termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o,
se questa non vi e' stata, dalla notificazione degli
estremi della violazione).
Nei casi di violazione (del testo unico delle norme
sulla circolazione stradale e) dei regolamenti comunali e
provinciali continuano ad applicarsi, (rispettivamente
l'art. 138 del testo unico approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393, con le
modifiche apportate dall'art. 11 della legge 14 febbraio
1974, n. 62, e) l'art. 107 del testo unico delle leggi
comunali e provinciali approvato con regio decreto 3 marzo
1934, n. 383.
Il pagamento in misura ridotta e' ammesso anche nei
casi in cui le norme antecedenti all'entrata in vigore
della presente legge non consentivano l'oblazione.
 
Art. 57
Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie
1. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dal presente decreto, sono versate all'entrata del bilancio regionale per essere riassegnate ai capitoli di spesa destinati alle opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici. Le regioni provvedono alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento.
 
Art. 58
Danno ambientale, bonfica e ripristino ambientale
dei siti inquinati
1. Chi con il proprio comportamento omissivo o commissivo in violazione delle disposizioni del presente decreto provoca un danno alle acque, al suolo, al sottosuolo e alle altre risorse ambientali, ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di inquinamento ambientale, e' tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali e' derivato il danno ovvero deriva il pericolo di inquinamento, ai sensi e secondo il procedimento di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (a).
2. Ai sensi dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349 (b) fatto salvo il diritto ad ottenere il risarcimento del danno non eliminabile con la bonifica ed il ripristino ambientale di cui al comma 1.
3. Nel caso in cui non sia possibile una precisa quantificazione del danno di cui al comma 2, lo stesso si presume, salvo prova contraria, di ammontare non inferiore alla somma corrispondente alla sanzione pecuniaria amministrativa, ovvero alla sanzione penale, in concreto applicata. Nel caso in cui sia stata irrogata una pena detentiva, solo al fine della quantificazione del danno di cui al presente comma, il ragguaglio fra la stessa e la pena pecuniaria, ha luogo calcolando quattrocentomila lire, per un giorno di pena detentiva. In caso di sentenza di condanna in sede penale o di emanazione del provvedimento di cui all'art. 444 del codice di procedura penale (c), la cancelleria del giudice che ha emanato il provvedimento trasmette copia dello stesso al Ministero dell'ambiente. Gli enti di cui al comma 1 dell'articolo 56 danno prontamente notizia dell'avvenuta erogazione delle sanzioni amministrative al Ministero dell'ambiente al fine del recupero del danno ambientale.
4. Chi non ottempera alle prescrizioni di cui al comma 1, e' punito con l'arresto da sei mesi ad un anno e con l'ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni.
Riferimenti normativi:
(a) Si riporta il testo dell'art. 17 del decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22:
"Art. 17 (Bonifica e ripristino ambientale dei siti
inquinati). - 1. Entro tre mesi dalla data di entrata in
vigore del presente decreto il Ministro dell'ambiente,
avvalendosi dell'Agenzia nazionale per la protezione
dell'ambiente (ANPA), di concerto con i Ministri
dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della
sanita', sentita la conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
Bolzano, definisce:
a) i limiti di accettabilita' della contaminazione
dei suoli, delle acque superficiali e delle acque
sotterranee in relazione alla specifica destinazione d'uso
dei siti;
b) le procedure di riferimento per il prelievo e
l'analisi dei campioni;
c) i criteri generali per la messa in sicurezza, la
bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati,
nonche' per la redazione dei progetti di bonifica;
c-bis) tutte le operazioni di bonifica di suoli e
falde acquifere che facciano ricorso a batteri, a ceppi
batterici mutanti, a stimolanti di batteri naturalmente
presenti nel suolo al fine di evitare i rischi di
contaminazione del suolo e delle falde acquifere.
1-bis. I censimenti di cui al decreto del Ministro
dell'ambiente 16 maggio 1989, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 121 del 26 maggio 1989, sono estesi alle aree
interne ai luoghi di produzione, raccolta, smaltimento e
recupero dei rifiuti, in particolare agli impianti a
rischio di incidente rilevante di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e
successive modificazioni. Il Ministro dell'ambiente
dispone, eventualmente attraverso accordi di programma con
gli enti provvisti delle tecnologie di rilevazione piu'
avanzate, la mappatura nazionale dei siti oggetto dei
censimenti e la loro verifica con le regioni.
2. Chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il
superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a),
ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di
superamento dei limiti medesimi, e' tenuto a procedere a
proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di
bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e
degli impianti dai quali deriva il pericolo di
inquinamento. A tal fine:
a) deve essere data, entro quarantotto ore, notifica
al Comune, alla provincia ed alla regione territorialmente
competenti, nonche' agli organi di controllo sanitario e
ambientale, della situazione di inquinamento ovvero del
pericolo concreto ed attuale di inquinamento del sito;
b) entro le quarantotto ore successive alla notifica
di cui alla lettera a), deve essere data comunicazione al
comune ed alla provincia ed alla regione territorialmente
competenti degli interventi di messa in sicurezza adottati
per non aggravare la situazione di inquinamento o di
pericolo di inquinamento, contenere gli effetti e ridurre
il rischio sanitario ed ambientale;
c) entro trenta giorni dall'evento che ha determinato
l'inquinamento ovvero dalla individuazione della situazione
di pericolo, deve essere presentato al comune ed alla
regione il progetto di bonifica delle aree inquinate.
3. I soggetti e gli organi pubblici che nell'esercizio
delle proprie funzioni istituzionali individuano siti nei
quali i livelli di inquinamento sono superiori ai limiti
previsti, ne danno comunicazione al comune, che diffida il
responsabile dell'inquinamento a provvedere ai sensi del
comma 2, nonche' alla provincia ed alla regione.
4. Il comune approva il progetto ed autorizza la
realizzazione degli interventi previsti entro novanta
giorni dalla data di presentazione del progetto medesimo e
ne da' comunicazione alla regione. L'autorizzazione indica
le eventuali modifiche ed integrazioni del progetto
presentato, ne fissa i tempi, anche intermedi, di
esecuzione, e stabilisce le garanzie finanziarie che devono
essere prestate a favore della Regione per la realizzazione
e l'esercizio degli impianti previsti dal progetto di
bonifica medesimo. Se l'intervento di bonifica e di messa
in sicurezza riguarda un'area compresa nel territorio di
piu' comuni il progetto e gli interventi sono approvati ed
autorizzati dalla regione.
5. Entro sessanta giorni dalla data di presentazione
del progetto di bonifica la regione puo' richiedere al
comune che siano apportate modifiche ed integrazioni ovvero
stabilite specifiche prescrizioni al progetto di bonifica.
6. Qualora la destinazione d'uso prevista dagli
strumenti urbanistici in vigore imponga il rispetto di
limiti di accettabilita' di contaminazione che non possono
essere raggiunti neppure con l'applicazione delle migliori
tecnologie disponibili a costi sopportabili,
l'autorizzazione di cui al comma 4 puo' prescrivere
l'adozione di misure di sicurezza volte ad impedire danni
derivanti dall'inquinamento residuo, da attuarsi in via
prioritaria con l'impiego di tecniche e di ingegneria
ambientale, nonche' limitazioni temporanee o permanenti
all'utilizzo dell'area bonificata rispetto alle previsioni
degli strumenti urbanistici vigenti, ovvero particolari
modalita' per l'utilizzo dell'area medesima. Tali
prescrizioni comportano, ove occorra, variazione degli
strumenti urbanistici e dei piani territoriali.
6-bis. Gli interventi di bonifica dei siti inquinati
possono essere assistiti, sulla base di apposita
disposizione legislativa di finanziamento, da contributo
pubblico entro il limite massimo del 50 per cento delle
relative spese qualora sussistano preminenti interessi
pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria
e ambientale o occupazionali. Ai predetti contributi
pubblici non si applicano le disposizioni di cui ai commi
10 e 11.
7. L'autorizzazione di cui al comma 4 costituisce
variante urbanistica, comporta dichiarazione di pubblica
utilita', di urgenza e di indifferibilita' dei lavori, e
sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le
concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri
e gli assensi previsti dalla legislazione vigente per la
realizzazione e l'esercizio degli impianti e delle
attrezzature necessarie all'attuazione del progetto di
bonifica.
8. Il completamento degli interventi previsti dai
progetti di cui al comma 2, lettera c), e' attestato da
apposita certificazione rilasciata dalla Provincia
competente per territorio.
9. Qualora i responsabili non provvedano ovvero non
siano individuabili, gli interventi di messa in sicurezza,
di bonifica e di ripristino ambientale sono realizzati
d'ufficio dal comune territorialmente competente e ove
questo non provveda dalla regione, che si avvale anche di
altri enti pubblici. Al fine di anticipare le somme per i
predetti interventi le Regioni possono istituire appositi
fondi nell'ambito delle proprie disponibilita' di bilancio.
10. Gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e
di ripristino ambientale costituiscono onere reale sulle
aree inquinate di cui ai commi 2 e 3. L'onere reale deve
essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica
ai sensi e per gli effetti dell'articolo 18, comma 2, della
legge 28 febbraio 1985, n. 47.
11. Le spese sostenute per la messa in sicurezza, la
bonifica ed il ripristino ambientale delle aree inquinate
di cui ai commi 2 e 3 sono assistite da privilegio speciale
immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti
dell'art. 2748, secondo comma, del codice civile. Detto
privilegio si puo' esercitare anche in pregiudizio dei
diritti acquistati dai terzi sull'immobile. Le predette
spese sono altresi' assistite da privilegio generale
mobiliare.
12. Le Regioni predispongono sulla base delle notifiche
dei soggetti interessati ovvero degli accertamenti degli
organi di controllo un'anagrafe dei siti da bonificare che
individui:
a) gli ambiti interessati, la caratterizzazione ed il
livello degli inquinanti presenti;
b) i soggetti cui compete l'intervento di bonifica;
e) gli enti di cui la regione intende avvalersi per
l'esecuzione d'ufficio in caso di inadempienza dei soggetti
obbligati;
d) la stima degli oneri finanziari.
13. Nel caso in cui il mutamento di destinazione d'uso
di un'area comporti l'applicazione dei limiti di
accettabilita' di contaminazione piu' restrittivi,
l'interessato deve procedere a proprie spese ai necessari
interventi di bonifica sulla base di un apposito progetto
che e' approvato dal comune ai sensi di cui ai commi 4 e 6.
L'accertamento dell'avvenuta bonifica e' effettuato, dalla
Provincia ai sensi del comma 8.
13-bis. Le procedure per gli interventi di messa in
sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale
disciplinate dal presente articolo possono essere comunque
utilizzate ad iniziativa degli interessati.
14. I progetti relativi ad interventi di bonifica di
interesse nazionale sono presentati al Ministero
dell'ambiente ed approvati, ai sensi e per gli effetti
delle disposizioni che precedono, con decreto del Ministro
dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria,
del commercio e dell'artigianato e della sanita', d'intesa
con la regione territorialmente competente. L'approvazione
produce gli effetti di cui al comma 7 e, con esclusione
degli impianti di incenerimento e di recupero energetico,
sostituisce, ove prevista per legge, la pronuncia di
valutazione di impatto ambientale degli impianti da
realizzare nel sito inquinato per gli interventi di
bonifica.
15. I limiti, le procedure, i criteri generali di cui
al comma 1 ed i progetti di cui al comma 14 relativi ad
aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento
sono definiti ed approvati di concerto con il Ministero
delle risorse agricole, alimentari e forestali.
15-bis. Il Ministro dell'ambiente, di concerto con il
Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e
tecnologica e con il Ministro dell'industria, del commercio
e dell'artigianato, emana un decreto recante indicazioni ed
informazioni per le imprese industriali, consorzi di
imprese, cooperative, consorzi tra imprese industriali ed
artigiane che intendano accedere a incentivi e
finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo di nuove
tecnologie di bonifica previsti dalla vigente legislazione.
15-ter. Il Ministero dell'ambiente e le regioni rendono
pubblica, rispettivamente, la lista di priorita' nazionale
e regionale dei siti contaminati da bonificare.
(b) Si riporta il testo dell'art. 18 della legge
8 luglio 1986, n. 349:
"Art. 18. - 1. Qualunque fatto doloso o colposo in
violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti
adottati in base a legge che comprometta l'ambiente, ad
esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o
distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l'autore del
fatto al risarcimento nei confronti dello Stato.
2. Per la materia di cui al precedente comma 1 la
giurisdizione appartiene al giudice ordinario, ferma quella
della Corte dei conti, di cui all'articolo 22 del decreto
del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.
3. L'azione di risarcimento del danno ambientale, anche
se esercitata in sede penale, e' promossa dallo Stato,
nonche' dagli enti territoriali sui quali incidano i beni
oggetto del fatto lesivo.
4. Le associazioni di cui al precedente articolo 13 e i
cittadini, al fine di sollecitare l'esercizio dell'azione
da parte dei soggetti legittimati, possono denunciare i
fatti lesivi di beni ambientali dei quali siano a
conoscenza.
5. Le associazioni individuate in base all'articolo 13
della presente legge possono intervenire nei giudizi per
danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione
amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi.
6. Il giudice, ove non sia possibile una precisa
quantificazione del danno, ne determina l'ammontare in via
equitativa, tenendo comunque conto della gravita' della
colpa individuale, del costo necessario per il ripristino e
del profitto conseguito dal trasgressore in conseguenza del
suo comportamento lesivo dei beni ambientali.
7. Nei casi di concorso nello stesso evento di danno,
ciascuno risponde nei limiti della piu' propria
responsabilita' individuale.
8. Il giudice, nella sentenza di condanna, dispone, ove
possibile, il ripristino dello stato dei luoghi a spese del
responsabile.
9. Per la riscossione dei crediti in favore dello Stato
risultanti dalle sentenze di condanna si applicano le norme
di cui al testo unico delle disposizioni di legge relative
alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato,
approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639.
(c) Si riporta il testo dell'art. 444 del codice di
procedura penale:
"Art. 444 (Applicazione della pena su richiesta). - 1.
L'imputato e il pubblico ministero possono chiedere al
giudice l'applicazione, nella specie e nella misura
indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena
pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena
detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e
diminuita fino a un terzo, non supera due anni di
reclusione o di arresto, soli o congiunti a pena
pecuniaria.
2. Se vi e' il consenso anche della parte che non ha
formulato la richiesta e non deve essere pronunciata
sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, il
giudice, sulla base degli atti, se ritiene corrette la
qualificazione giuridica del fatto, l'applicazione e la
comparazione delle circostanze prospettate dalle parti,
nonche' congrua la pena indicata, ne dispone con sentenza
l'applicazione enunciando nel dispositivo che vi e' stata
la richiesta delle parti. Se vi e' costituzione di parte
civile, il giudice non decide sulla relativa domanda;
l'imputato e' tuttavia condannato al pagamento delle spese
sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti
motivi per la compensazione totale o parziale. Non si
applica la disposizione dell'articolo 75, comma 3.
3. La parte, nel formulare la richiesta, puo'
subordinarne l'effi cacia, alla concessione della
sospensione condizionale della pena [c.p. 163]. In questo
caso il giudice, se ritiene che la sospensione condizionale
non puo' essere concessa, rigetta la richiesta".
 
Art. 59
Sanzioni penali
1. Chiunque apre o comunque effettua nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, ovvero continua ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, e' punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da lire due milioni a lire quindici milioni.
2. Alla stessa pena stabilita al comma 1, soggiace chi - effettuando al momento di entrata in vigore del presente decreto scarichi di acque reflue industriali autorizzati in base alla normativa previgente - non ottempera alle disposizioni di cui all'articolo 62, comma 12.
3. Quando le condotte descritte ai commi 1 e 2 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3A dell'allegato 5, la pena e' dell'arresto da tre mesi a tre anni.
4. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, effettua uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'allegato 5, senza osservare le prescrizioni dell'autorizzazione, ovvero le altre prescrizioni dell'autorita' competente a norma degli articoli 33, comma 1 e 34 comma 3 e' punito con l'arresto fino a due anni.
4-bisChiunque viola le prescrizioni concernenti l'installazione e la gestione dei controlli in automatico o l'obbligo di conservazione dei risultati degli stessi di cui all'articolo 52 e' punito con la pena di cui al precedente comma 4.
5. Chiunque, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, supera i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'allegato 5 ovvero i limiti piu' restrittivi fissati dalle regioni o delle province autonome o dall'autorita' competente a norma degli articoli 33, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'allegato 5, e' punito con l'arresto fino a due anni, e con l'ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3A dell'allegato 5, si applica l'arresto da sei mesi a tre anni e l'ammenda a lire dieci milioni a lire duecento milioni.
6. Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresi' al gestore di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che nell'effettuazione dello scarico supera i valori-limite previsti dallo stesso comma.
6-bis. Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 36, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di cui all'articolo 36, comma 5, si applica la pena di cui all'articolo 51, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (a).
6-ter. Il titolare di uno scarico che non consente l'accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui all'articolo 28, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca piu' grave reato, e' punito con la pena dell'arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 689 del 1981 (b) degli articoli 55 (c) e 354 (a) del codice di procedura penale.
6-quater. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 39, comma 2, e' punito con le sanzioni di cui all'articolo 59, comma 1.
7. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall'autorita' competente ai sensi dell'articolo 10, comma 5, ovvero dell'articolo 12, comma 2, e' punito con l'ammenda da lire due milioni a lire venti milioni.
8. Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 29 e 30 e' punito con l'arresto sino a tre anni.
9. Chiunque non osserva le prescrizioni regionali assunte a norma dell'articolo 15, commi 2 e 3, dirette ad assicurare il raggiungimento ovvero il ripristino degli obiettivi di qualita' delle acque designate ai sensi dell'articolo 14, ovvero non ottempera ai provvedimenti adottati dall'autorita' competente ai sensi dell'articolo 14, comma 3, e' punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da lire sette milioni a lire settanta milioni.
10. Nei casi previsti dal comma 9, il Ministro della sanita' e dell'ambiente, nonche' la regione e la provincia autonoma competente, ai quali sono inviati copia delle notizie di reato, possono indipendentemente dall'esito del giudizio penale, disporre, ciascuno per quanto di competenza, la sospensione in via cautelare dell'attivita' di molluschicoltura e, a seguito di sentenza di condanna o di decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale (e) definitive, valutata la gravita' dei fatti, disporre la chiusura degli impianti.
11. Si applica sempre la pena dell'arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali e' imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall'Italia, salvo che siano in quantita' tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare. Resta fermo, in quest'ultimo caso l'obbligo della preventiva autorizzazione da parte dell'autorita' competente.
11-bis. La sanzione di cui al comma 11 si applica anche a chiunque effettua, in violazione dell'articolo 48, comma 3, lo smaltimento dei fanghi nelle acque marine mediante immersione da nave, scarico attraverso condotte ovvero altri mezzi o comunque effettua l'attivita' di smaltimento di rifiuti nelle acque marine senza essere munito dell'autorizzazione di cui all'articolo 18, comma 2, lettera p-bis) del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, (f).
11-ter. Chiunque effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari nonche' delle acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all'articolo 38 al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste ovvero non ottemperi al divieto o all'ordine di sospensione dell'attivita' impartito a norma di detto articolo e' punito con l'ammenda da lire due milioni a lire quindici milioni o con l'arresto fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettua l'utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente.
Riferimenti normativi:
(a) Si riporta il testo dell'art. 51, comma 1, del
decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22:
"1. Chiunque effettua una attivita' di raccolta,
trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed
intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta
autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli
articoli 27, 28, 29, 30, 31, 32 e 33 e' punito:
a) con la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o
con l'ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta
milioni se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e
con l'ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta
milioni se si tratta di rifiuti pericolosi".
(b) Si riporta il testo dell'art. 13 della legge n. 689
del 1981:
"Art. 13 (Atti di accertamento). - Gli organi addetti
al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui
violazione e' prevista la sanzione amministrativa del
pagamento di una somma di denaro possono, per
l'accertamento delle violazioni di rispettiva competenza,
assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di
luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici,
descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione
tecnica.
Possono altresi' procedere al sequestro cautelare delle
cose che possono formare oggetto di confisca
amministrativa, nei modi e con i limiti con cui il codice
di procedura penale consente il sequestro alla polizia
giudiziaria.
E' sempre disposto il sequestro del veicolo a motore o
del natante posto in circolazione senza essere coperto
dall'assicurazione obbligatoria e del veicolo posto in
circolazione senza che per lo stesso sia stato rilasciato
il documento di circolazione.
All'accertamento delle violazioni punite con la
sanzione amministrativa del pagamento di una somma di
denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti
di polizia giudiziaria, i quali, oltre che esercitare i
poteri indicati nei precedenti commi, possono procedere,
quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi
di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata
dimora, previa autorizzazione motivata del pretore del
luogo ove le perquisizioni stesse dovranno essere
effettuate. Si applicano le disposizioni del primo comma
dell'art. 333 e del primo e secondo comma dell'art. 334 del
codice di procedura penale.
E' fatto salvo l'esercizio degli specifici poteri di
accertamento previsti dalle leggi vigenti".
(c) Si riporta il testo dell'art. 55 del codice di
procedura penale:
"Art. 55 (Funzioni della polizia giudiziaria). - 1. La
polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa,
prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a
conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli
atti necessari per assicurare le fonti di prova e
raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione
della legge penale.
2. Svolge ogni indagine e attivita' disposta o delegata
dall'autorita' giudiziaria.
3. Le funzioni indicate nei commi 1 e 2 sono svolte
dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria".
(d) Si riporta il testo dell'art. 354 del codice di
procedura penale:
"Art. 354 (Accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose
e sulle persone. Sequestro). - 1. Gli ufficiali e gli
agenti di polizia giudiziaria curano che le tracce e le
cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato
dei luoghi e delle cose non venga mutato [c.p.p. 348] prima
dell'intervento del pubblico ministero.
2. Se vi e' pericolo che le cose, le tracce e i luoghi
indicati nel comma 1 si alterino o si disperdano o comunque
si modifichino e il pubblico ministero non puo' intervenire
tempestivamente, gli ufficiali di polizia giudiziaria
compiono i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei
luoghi e delle cose. Se del caso, sequestrano il corpo del
reato e le cose a questo pertinenti [c.p.p. 253].
3. Se ricorrono i presupposti previsti dal comma 2, gli
ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari
accertamenti e rilievi sulle persone diversi dalla
ispezione personale [c.p.p. 245]".
(e) Il testo dell'art. 444 del codice di procedura
penale e' riportato nella nota (c) all'art. 58.
(f) Il testo dell'art. 18, comma 2, lettera p-bis del
decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e' riportato
nella nota (b) dell'art. 48.
 
Art. 60
Obblighi del condannato
1. Con la sentenza di condanna per i reati previsti nel presente decreto, o con la decisione emessa ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale (a) il beneficio della sospensione condizionale della pena puo' essere subordinato al risarcimento del danno e all'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino di cui all'art. 58.
Riferimenti normativi:
(a) Il testo dell'art. 444 del codice di procedura
penale e' riportato nella nota (c) all'art. 58.
 
Art. 61
Circostanza attenuante
1. Nei confronti di chi, prima del giudizio penale o dell'ordinanza-ingiunzione, ha riparato interamente il danno, le sanzioni penali e amministrative previste nel presente titolo sono diminuite dalla meta' a due terzi.
 
Art. 62
Norme transitorie e finali
1. Il presente decreto contiene le norme di recepimento delle seguenti direttive comunitarie:
a) direttiva 75/440/CEE relativa alla qualita' delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
b) direttiva 76/464/CEE concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico;
c) direttiva 78/659/CEE relativa alla qualita' delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d) direttiva 79/869/CEE relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
e) direttiva 79/923/CEE relativa ai requisiti di qualita' delle acque destinate alla molluschicoltura;
f) direttiva 80/68/CEE relativa alla protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose;
g) direttiva 82/176/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualita' per gli scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;
h) direttiva 83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualita' per gli scarichi di cadmio;
i) direttiva 84/156/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualita' per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;
l) direttiva 84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi di qualita' per gli scarichi di esaclorocicloesano;
m) direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica dell'allegato II della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualita' per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco I dell'allegato della direttiva 76/464/CEE;
n) direttiva 90/415/CEE relativa alla modifica della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualita' per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 della direttiva 76/464/CEE;
o) direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane;
p) direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque da inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;
q) direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per quanto riguarda alcuni requisiti dell'allegato I.
2. Le previsioni del presente decreto possono essere derogate solo temporaneamente e in caso di comprovate circostanze eccezionali, per motivi di sicurezza idraulica volti ad assicurare l'incolumita' delle popolazioni.
3. Le regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i tempi di adeguamento alle prescrizioni, ivi comprese quelle adottate ai sensi dell'art. 28, comma 2, contenute nella legislazione regionale attuativa del presente decreto e nei piani di tutela di cui all'art. 44, comma 3.
4. Resta fermo quanto disposto dall'art. 36 della legge 24 aprile 1998, n. 128 e relativi decreti legislativi di attuazione della direttiva 96/1992/CE.
5. (Soppresso)
6. (Soppresso).
7. Per quanto non espressamente disciplinato dal presente decreto, continuano ad applicarsi le norme tecniche di cui alla delibera del Comitato interministeriale per la tutela delle acque del 4 febbraio 1977 e successive modifiche ed integrazioni, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 21 febbraio 1977.
8. Le norme regolamentari e tecniche emanate ai sensi delle disposizioni abrogate con l'art. 63 restano in vigore, ove compatibili con gli allegati al presente decreto e fino all'adozione di specifiche normative in materia.
9. Le aziende agricole esistenti tenute al rispetto del codice di buona pratica agricola ai sensi dell'art. 19, comma 5, devono provvedere all'adeguamento delle proprie strutture entro due anni dalla data di designazione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola.
10. Fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'art. 38, le attivita' di utilizzazione agronomica sono effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.
11. Fatte salve le disposizioni specifiche previste dal presente decreto, i titolari degli scarichi esistenti devono adeguarsi alla nuova disciplina entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Lo stesso termine vale anche nel caso di scarichi per i quali l'obbligo di autorizzazione preventiva e' stato introdotto dalla presente normativa. I titolari degli scarichi esistenti e autorizzati procedono alla richiesta di autorizzazione in conformita' alla presente normativa allo scadere dell'autorizzazione e comunque non oltre quattro anni dall'entrata in vigore del presente decreto. Si applicano in tal caso il terzo e quarto periodo del comma 7 dell'art. 45.
12. Coloro che effettuano scarichi esistenti di acque reflue, sono obbligati, fino al momento nel quale devono osservare i limiti di accettabilita' stabiliti dal presente decreto, ad adottare le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo dell'inquinamento. Essi sono comunque tenuti ad osservare le norme, le prescrizioni e i valori-limite stabiliti, secondo i casi, dalle normative regionali ovvero dall'autorita' competente ai sensi dell'art. 33 vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, in quanto compatibili con le disposizioni relative alla tutela qualitativa e alle scadenze temporali del presente decreto e, in particolare, con quanto gia' previsto dalla normativa previgente. Sono fatte salve in ogni caso le disposizioni piu' favorevoli introdotte dal presente decreto.
13. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare maggiori oneri o minori entrate a carico del bilancio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dal comma 14.
14. Le regioni, le provincie autonome e gli enti attuatori provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto anche sulla base di risorse finanziarie definite da successive disposizioni di finanziamento nazionali e comunitarie.
14-bis. In attuazione delle disposizioni statali di finanziamento di cui al comma 14, una quota non inferiore al 10 e non superiore al 15 per cento degli stanziamenti e' riservata alle attivita' di monitoraggio e studio destinati all'attuazione del presente decreto.
15. All'art. 6, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, cosi' come sostituito dall'art. 8, comma 2, della legge 8 ottobre 1997, n. 344, (a) le parole: "tenendo conto della direttiva 91/271/CEE del Consiglio del 21 maggio 1991 concernente il trattamento delle acque reflue urbane" sono sostituite dalle seguenti "tenendo conto del decreto legislativo recante disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti dalle fonti agricole".
15-bis. Restano ferme le norme della legge 31 dicembre 1982, n. 979. (b)
Riferimenti normativi:
(a) Si riporta il testo dell'art. 6 del decrto-legge 25
marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla
legge 23 maggio 1997, n. 135, gia' modificato dalla legge 8
ottobre 1997, n. 344, ulteriormente modificato dal decreto
legislativo n. 152/1999:
"Art. 6 (Sistemi di collettamento e depurazione delle
acque reflue). - 1. Le risorse derivanti dall'esercizio del
potere di revoca previsto dal comma 104 dell'art. 2 della
legge 23 dicembre 1996, n. 662, le risorse assegnate dal
CIPE per il finanziamento di progetti di protezione e
risanamento ambientale nel settore delle acque a valere sui
fondi di cui all'art. 4 del decreto-legge 23 giugno 1995,
n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto
1995, n. 341, le ulteriori risorse attribuite al Ministero
dell'ambiente in sede di riprogrammazione delle risorse
disponibili nell'ambito del quadro comunitario di sostegno,
nonche' i proventi derivanti dall'applicazione dell'art.
14, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, sono
destinati alla realizzazione delle opere e degli interventi
previsti da un piano straordinario di completamento e
razionalizzazione dei sistemi di collettamento e
depurazione delle acque reflue urbane, tenendo conto del
decreto legislativo recante disposizioni sulla tutela delle
acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva
91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue
urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla
protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai
nitrati provenienti dalle fonti agricole, adottato con
decreto del Ministro dell'ambiente, sentita la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano.
1-bis. Nelle regioni in cui, alla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto, non
sia stata definita l'organizzazione territoriale del
servizio idrico integrato, gli ambiti territoriali ottimali
di cui all'art. 8 della legge 5 gennaio 1994, n. 36,
coincidono con il territorio della provincia. Sentite le
autorita' di bacino, le regioni possono, con propria legge,
definire una diversa delimitazione territoriale degli
ambiti.
2. Le risorse nazionali di cui al comma 1, eccettuate
quelle riscosse a titolo di canone o tariffa, sono
assegnate, anche in deroga alle finalita' previste per
dette risorse dalle rispettive disposizioni normative, su
appositi capitoli di spesa del bilancio del Ministero
dell'ambiente, anche di nuova istituzione. Per le risorse
gia' trasferite alle regioni, il Ministro dell'ambiente ne
autorizza la spesa in relazione alle opere ed agli
interventi previsti dal piano di cui al comma 1. Il
Ministero del bilancio e della programmazione economica, su
proposta del Ministero dell'ambiente, provvede a richiedere
all'unione europea le modifiche dei programmi operativi
eventualmente occorrenti.
3. Al fine di assicurare la tempestiva realizzazione
delle opere e degli interventi previsti dal piano di cui al
comma 1, il Ministero dell'ambiente provvede a trasferire
alle regioni competenti:
a) una quota pari al venticinque per cento delle
somme complessivamente attribuite agli interventi da
realizzare in ciascuna regione a seguito dell'adozione del
piano, entro trenta giorni decorrenti dalla effettiva
disponibilita' delle risorse in bilancio;
b) una quota del costo effettivo di ogni intervento,
fino al limite del novanta per cento, tenendo conto della
quota di cui alla lettera a), proporzionalmente imputabile
all'intervento, a seguito dell'avvenuta notifica da parte
della regione della consegna dei lavori, entro trenta
giorni decorrenti dall'effettiva disponibilita' delle
risorse in bilancio;
c) la quota residua del costo effettivo di ogni
intervento, a seguito della notifica da parte della regione
dell'avvenuto collaudo, entro trenta giorni decorrenti
dall'effettiva disponibilita' delle risorse in bilancio.
4. Alle opere ed agli interventi di cui al comma 1,
gia' appaltati o affidati in concessione o gia' oggetto di
progettazione almeno preliminare se compresi in piani
regionali di risanamento delle acque, e che risultino
sospesi per qualsiasi motivo alla data di entrata in vigore
del presente decreto, si applicano le disposizioni di cui
ai commi 2 e seguenti dell'art. 13 del presente decreto,
intendendosi sostituito all'elenco di cui al comma 1 dello
stesso articolo il piano straordinario di completamento e
razionalizzazione dei sistemi di collettamento e
depurazione delle acque reflue. Entro il termine di
sessanta giorni dal collaudo per ciascuna opera, la
provincia, o l'ente responsabile dell'organizzazione
territoriale del servizio idrico integrato qualora
costituito ai sensi dell'art. 8 della legge 5 gennaio 1994,
n. 36, individua il gestore definitivo. Decorso inutilmente
tale termine, il Ministro dell'ambiente, di concerto con il
Ministro dei lavori pubblici, puo' individuare un gestore
provvisorio al quale affidare, per un termine non superiore
a diciotto mesi, il compito di provvedere all'entrata in
esercizio dell'impianto. A tal fine il gestore definitivo
ovvero quello provvisoriamente indicato puo' utilizzare, a
titolo di anticipazioni, l'eventuale quota residua delle
risorse destinate dal piano al predetto intervento, nonche'
le risorse derivanti da canoni o tariffe in materia di
fognatura e depurazione, ove previsti.
5. Il Ministero dell'ambiente, nell'ambito del piano di
cui al comma 1, determina le modalita' per il monitoraggio
ed il controllo, con la partecipazione delle regioni
interessate, delle attivita' di realizzazione delle opere e
degli interventi previsti dal piano stesso, ivi compresi i
presupposti e le procedure per l'eventuale revoca dei
finanziamenti e per il riutilizzo delle risorse resesi
comunque disponibili, assicurando, di norma, il rispetto
dell'originaria allocazione regionale delle risorse.
6. Il Ministero dell'ambiente, per la predisposizione
dei progetti preliminari degli interventi previsti dal
piano, puo' avvalersi di soggetti pubblici aventi specifica
competenza in materia, con rimborso agli stessi delle sole
spese sostenute e documentate, ad esclusione di quelle
relative al trattamento economico di base del personale.
Per il suddetto rimborso e' autorizzata la spesa di L. 400
milioni per l'anno 1997 e di L. 800 milioni per l'anno
1998.
7. Al fine di migliorare, incrementare e adeguare agli
standards europei, alle migliori tecnologie disponibili ed
alle migliori pratiche ambientali la progettazione in campo
ambientale e promuovere iniziative di supporto alle azioni
in tale settore delle amministrazioni pubbliche per
aumentare l'efficienza dei relativi interventi, anche sotto
il profilo della capacita' di utilizzazione delle risorse
derivanti da cofinanziamenti dell'Unione europea, e'
istituito presso il Ministero dell'ambiente, nelle more
della costituzione di un'apposita segreteria tecnica
permanente, un apposito gruppo tecnico, composto da non
piu' di venti esperti di elevata qualificazione, nominati
con decreto del Ministro dell'ambiente. Per la costituzione
ed il funzionamento del suddetto gruppo tecnico e'
autorizzata la spesa di L. 1.200 milioni per l'anno 1997 e
di L. 1.800 milioni per l'anno 1998.
8. All'onere derivante dall'attuazione dei commi 6 e 7,
pari a L. 1.600 milioni per l'anno 1997 e a L. 2.600
milioni per l'anno 1998, si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai
fini del bilancio triennale 1997-1999, al capitolo 6856
dello stato di previsione del Ministero del tesoro per
l'anno 1997, all'uopo parzialmente utilizzando
l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente.
(b) La legge 31 dicembre 1982, n. 979, reca:
"Disposizioni per la difesa del mare"
 
Art. 63
Abrogazione di norme
1. Fermo restando quanto previsto dall'art. 3, comma 2, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le norme contrarie o incompatibili con il medesimo, ed in particolare:
legge 10 maggio 1976, n. 319;
legge 8 ottobre 1976, n. 690, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544;
legge 24 dicembre 1979, n. 650;
legge 5 marzo 1982, n. 62, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 1981, n. 801;
decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 1982, n. 515;
legge 25 luglio 1984, n. 381 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 1984, n. 176;
gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile 1990, n. 71, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 1990, n. 16;
decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 130;
decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 131;
decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132;
decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 133;
art. 2, comma 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 502, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 1993, n. 408;
art. 9-bis della legge 20 dicembre 1996, n. 642, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 552;
legge 17 maggio 1995, n. 172, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79;
l'art. 42, comma terzo del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 come modificato dall'art. 8 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275 (a);
gli articoli 5, 6 e 7 della legge 24 gennaio 1986 n. 7, di conversione con modificazioni del decreto-legge 25 novembre 1985, n. 667 a);
gli articoli 4, 5, 6 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236 (a);
2. Sono fatti salvi, in ogni caso, gli effetti finanziari derivanti dai provvedimenti di cui al comma 1.
(a) abrogazioni intervenute a seguito dell'art. 26 del decreto legislativo 18 agosto 2000.
 
ALLEGATO 1: MONITORAGGIO E CLASSIFICAZIONE
DELLE ACQUE IN FUNZIONE DEGLI OBIETTIVI DI
QUALITA' AMBIENTALE

Il presente allegato stabilisce, ai sensi degli articoli 4 e 5, i criteri per individuare i corpi idrici significativi e per stabilire lo stato di qualita' ambientale di ciascuno di essi.

Il presente allegato sostituisce l'allegato 1 della delibera del Comitato dei ministri per la tutela delle acque dall'inquinamento del 4 febbraio 1977 per la parte relativa ai criteri per il monitoraggio quali quantitativo dei corpi idrici.

1 CORPI IDRICI SIGNIFICATIVI

Sono corpi idrici significativi quelli che le autorita' competenti individuano sulla base delle indicazioni contenute nel presente allegato e che conseguentemente vanno monitorati e classificati al fine del raggiungimento degli obiettivi di qualita' ambientale.

Le caratteristiche dei corpi idrici significativi sono indicate nei punti 1.1 e 1.2. Sono invece da monitorare e classificare: a) tutti quei corpi idrici che, per valori naturalistici e/o
paesaggistici o per particolari utilizzazioni in atto, hanno
rilevante interesse ambientale.

b) tutti quei corpi idrici che, per il carico inquinante da essi
convogliato, possono avere una influenza negativa rilevante sui
corpi idrici significativi.

1.1 CORPI IDRICI SUPERFICIALI

1.1.1 CORSI D'ACQUA SUPERFICIALI

Per i corsi d'acqua che sfociano in mare il limite delle acque correnti coincide con l'inizio della zona di foce, corrispondente alla sezione del corso d'acqua piu' lontana dalla foce, in cui con bassa marea ed in periodo di magra si riscontra, in uno qualsiasi dei suoi punti, un sensibile aumento del grado di salinita'. Tale limite viene identificato per ciascun corso d'acqua.

Vanno censiti, secondo le modalita' che saranno stabiliti, stabilite nel decreto di cui all'articolo 3 comma 7, tutti i corsi d'acqua naturali aventi un bacino idrografico superiore a 10 kmq.

Sono significativi almeno i seguenti corsi d'acqua:

- tutti i corsi d'acqua naturali di primo ordine (cioe' quelli
recapitanti direttamente in mare) il cui bacino imbrifero, abbia
una superficie maggiore di 200 kmq; - tutti i corsi d'acqua naturali di secondo ordine o superiore il cui
bacino imbrifero abbia una superficie maggiore a 400 kmq.

Non sono significativi i corsi d'acqua che per motivi naturali hanno avuto portata uguale a zero per piu' di 120 giorni l'anno, in un anno idrologico medio.

1.1.2 LAGHI

Le raccolte di acque lentiche non temporanee. I laghi sono: a) naturali aperti o chiusi, a seconda che esista o meno un emissario; b) naturali ampliati e/o regolati se provvisti all'incile di opere di regolamentazione idraulica.

Sono significativi i laghi aventi superficie dello specchio liquido pari a 0,5 kmq o superiore. Tale superficie e' riferita al periodo di massimo invaso.

1.1.3 ACQUE MARINE COSTIERE

Sono significative le acque marine comprese entro la distanza di 3.000 metri dalla costa e comunque entro la batimetrica dei 50 metri.

1.1.4 ACQUE DI TRANSIZIONE

Sono acque di transizione le acque delle zone di delta ed estuario e le acque di lagune, di laghi salmastri e di stagni costieri.

Sono significative le acque delle lagune, dei laghi salmastri e degli stagni costieri. Le zone di delta ed estuario vanno invece considerate come corsi d'acqua superficiali.

1.1.5 CORPI IDRICI ARTIFICIALI

Sono i laghi o i serbatoi, se realizzati mediante manufatti di sbarramento, e i canali artificiali (canali irrigui o scolanti, industriali, navigabili, ecc.) fatta esclusione dei canali appositamente costruiti per l'allontanamento delle acque reflue urbane ed industriali.

Sono considerati significativi tutti i canali artificiali che restituiscano almeno in parte le proprie acque in corpi idrici naturali superficiali e aventi portata di esercizio di almeno 3 mc/s e i serbatoi o i laghi artificiali il cui bacino di alimentazione sia interessato da attivita' antropiche che ne possano compromettere la qualita' e aventi superficie dello specchio liquido almeno pari a 1 kmq o con volume di invaso almeno pari a 5 milioni di mc. Tale superficie e' riferita al periodo di massimo invaso.

1.2 CORPI IDRICI SOTTERRANEI

1.2.1 ACQUE SOTTERRANEE

Sono significativi gli accumuli d'acqua contenuti nel sottosuolo permeanti la matrice rocciosa, posti al di sotto del livello di saturazione permanente.

Fra esse ricadono le falde freatiche e quelle profonde (in pressione o no) contenute in formazioni permeabili, e, in via subordinata, i corpi d'acqua intrappolati entro formazioni permeabili con bassa o nulla velocita' di flusso. Le manifestazioni sorgentizie, concentrate o diffuse (anche subacquee) si considerano appartenenti a tale gruppo di acque in quanto affioramenti della circolazione idrica sotterranea.

Non sono significativi gli orizzonti saturi di modesta estensione e continuita' all'interno o sulla superficie di una litozona poco permeabile e di scarsa importanza idrogeologica e irrilevante significato ecologico.

2 OBIETTIVI DI QUALITA' AMBIENTALE

2.1 CORPI IDRICI SUPERFICIALI

Lo stato di qualita' ambientale dei corpi idrici superficiali e' definito sulla base dello stato ecologico e dello stato chimico del corpo idrico.

2.1.1 STATO ECOLOGICO

Lo stato ecologico dei corpi idrici superficiali e' l'espressione della complessita' degli ecosistemi acquatici, e della natura fisica e chimica delle acque e dei sedimenti, delle caratteristiche del flusso idrico e della struttura fisica del corpo idrico, considerando comunque prioritario lo stato degli elementi biotici dell'ecosistema.

Gli elementi chimici che saranno considerati per la definizione dello stato ecologico saranno, a seconda del corpo idrico, i parametri chimici e fisici di base relativi al bilancio dell'ossigeno ed allo stato trofico.

Al fine di una valutazione completa dello stato ecologico dovranno essere utilizzati opportuni indicatori biologici; oltre all'utilizzo dell'indice biotico esteso (I.B.E.) per i corsi d'acqua superficiali, sara' necessario utilizzare i metodi per la rilevazione e la valutazione della qualita' degli elementi biologici e di quelli morfologici dei corpi idrici che dovranno essere definiti con apposito decreto ministeriale su proposta dell'ANPA in particolare per le acque marine costiere, le acque di transizione ed i laghi.

2.1.2 STATO CHIMICO

Lo stato chimico e' definito in base alla presenza di sostanze chimiche pericolose.

Ai fini della prima classificazione, la valutazione dello stato chimico dei corpi idrici superficiali e' effettuata in base ai valori soglia riportate nella direttiva 76/464/CEE e nelle direttive da essa derivate, nelle parti riguardanti gli obiettivi di qualita' nonche' nell'allegato 2 sezione B; nel caso per gli stessi parametri siano riportati valori diversi, deve essere considerato il piu' restrittivo.

Alla successiva tabella 1 sono riportati i principali inquinanti chimici gia' normati dalle direttive comunitarie. Per la definizione dello stato chimico la selezione dei parametri da ricercare e' effettuata dalla autorita' competente, in relazione alle criticita' presenti sul territorio.

L'aggiornamento dei valori per i parametri indicati nella tabella 1 e la definizione di quelli relativi ad altri composti non inclusi nella tabella, pubblicato con successivi decreti, sara' effettuato sulla base dei risultati relativi alle LC50 o EC50, risultanti dai test tossicologici su ognuno dei tre livelli trofici, ridotti con opportuni fattori di sicurezza e in base alle indicazioni fornite dalla Unione Europea.

Al fine di una valutazione completa dello stato chimico dovranno essere definiti, con apposito decreto ministeriale su proposta dell'ANTA, metodi per la rilevazione e la valutazione della qualita' dei sedimenti, e metodi per la valutazione degli effetti provocati sulle comunita' biotiche degli ecosistemi dalla presenza di sostanze chimiche pericolose, persistenti e bioaccumulabili.

Tali metodi dovranno integrare i criteri di determinazione dello stato chimico gia' adottati per i corpi idrici superficiali, soprattutto per quanto riguarda le acque marine costiere o quelli a basso ricambio come i laghi.

Tabella 1 - Principali inquinanti chimici da controllare nelle acque dolci superficiali

-----------------------------------------------------------------

INORGANICI (disciolti) (1) ORGANICI (sul tal quale)

----------------------------------------------------------------- Cadmio aldrin Cromo totale dieldrin Mercurio endrin Nichel isodrin Piombo DDT Rame esaclorobenzene Zinco esaclorocicloesano
esaclorobutadiene
1,2 dieloroetano
tricloroetilene
triclorobenzene
cloroformio
tetracloruro di carbonio
percloroetilene
pentaclorofenolo

(1) se e' accertata l'origine naturale di sostanze inorganiche, la loro presenza non compromette l'attribuzione di classe di qualita' definita dagli altri parametri.

2.1.3 STATO AMBIENTALE

Lo stato ambientale e' definito in relazione al grado di scostamento rispetto alle condizioni di un corpo idrico di riferimento definito al successivo punto 2.1.4.

Gli stati di qualita' ambientale previsti per le acque superficiali sono riportati alla tabella 2.

Tabella 2 - Definizione dello stato ambientale per i corpi idrici superficiali

==================================================================
Non si rilevano alterazioni da valori di qualità
degli elementi chimico-fisici ed idromorfologici per
quel dato tipo di corpo idrico in dipendenza degli
impatti antropici o sono minime rispetto ai valori
normalmente associati allo stesso ecotipo in ELEVATO condizioni indisturbate. La qualità biologica sarà
caratterizzata da una composizione e un'abbondanza
di specie corrispondente totalmente o quasi alle
condizioni normalmente associate allo stesso ecotipo.
La presenza di microinquinanti, di sintesi e non di
sintesi, è paragonabile alle concentrazioni di fondo
rilevabili nei corpi idrici non influenzati da alcuna
pressione antropica -------------------------------------------------------------------
I valori degli elementi della qualità biologica per
quel tipo di corpo idrico mostrano bassi livelli di
alterazione derivanti dall'attività umana e si
discostano solo leggermente da quelli normalmente BUONO associati allo stesso ecotipo in condizioni non
disturbate.
La presenza di microinquinanti, di sintesi e non di
sintesi, è in concentrazioni da non comportare
effetti a breve e lungo termine sulle comunità
biologiche associate al corpo idrico di riferimento. -------------------------------------------------------------------
I valori degli elementi della qualità biologica per
quel tipo di corpo idrico si discostano moderatamente
da quelli di norma associati allo stesso ecotipo in
condizioni non disturbate. I valori mostrano segni di
alterazione derivanti dall'attività umana e sono SUFFICIENTE sensibilmente più disturbati che nella condizione di
"buono stato".
La presenza di microinquinanti, di sintesi e non di
sintesi, é in concentrazioni da non comportare effetti
a breve e lungo termine sulle comunità biologiche
associate al corpo idrico di riferimento. -------------------------------------------------------------------
Si rilevano alterazioni considerevoli dei valori degli
elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico
superficiale, e le comunità biologiche interessate si
discostano sostanzialmente da quelle di norma SCADENTE associate al tipo di corpo idrico superficiale
inalterato.
La presenza di microinquinanti, di sintesi e non di
sintesi, è in concentrazioni da comportare effetti a
medio e lungo termine sulle comunità biologiche
associate al corpo idrico di riferimento. -------------------------------------------------------------------
I valori degli elementi di qualità biologica del tipo
di corpo idrico superficiale presentano alterazioni
gravi e mancano ampie porzioni delle comunità
biologiche di norma associate al tipo di corpo idrico
superficiale inalterato. PESSIMO La presenza di microinquinanti, di sintesi, e non di
sintesi, è in concentrazioni da gravi effetti a breve
e lungo termine sulle comunità biologiche associate al
corpo idrico di riferimento. -------------------------------------------------------------------

2.1.3.1 Corpi idrici di riferimento

Il corpo idrico di riferimento e' quello con caratteristiche biologiche, idromorfologiche, e fisico-chimiche, tipiche di un corpo idrico relativamente immune da impatti antropici.

I corpi idrici di riferimento sono individuati, anche in via teorica, in ogni bacino idrografico, dalle autorita' di bacino o dalle Regioni per i bacini di competenza.

Per quanto riguarda i corsi d'acqua naturali ed i laghi dovranno essere individuati almeno un corpo idrico di riferimento per l'ecotipo montano ed uno per l'ecotipo di pianura. Tale ecotipo serve a definire le condizioni di riferimento per lo stato ambientale "Elevato" e per riformulare i limiti indicati nel presente allegato per i parametri chimici, fisici ed idromorfologici relativi ai diversi stati di qualita' ambientale.

2.2 CORPI IDRICI SOTTERRANEI

Lo stato di qualita' ambientale dei corpi idrici sotterranei e' definito sulla base dello stato quantitativo e dello stato chimico: tale classificazione deve essere riferita ad ogni singolo acquifero individuato.

Per la classificazione quantitativa e chimica bisogna riferirsi alle indicazioni riportate ai punti 4.4.1 e 4.4.2.

2.2.1 STATO AMBIENTALE

Per le acque sotterranee sono definiti 5 stati di qualita' ambientale, come riportato nella tabella 3.

Tabella 3 - Definizioni dello stato ambientale per le acque sotterranee.

================================================================== ELEVATO Impatto antropico nullo o trascurabile sulla qualità
e quantità della risorsa, con l'eccezione di quanto
previsto nello stato naturale particolare; ------------------------------------------------------------------ BUONO Impatto antropico ridotto sulla qualità e/o quantità
della risorsa; ------------------------------------------------------------------ SUFFICIENTE Impatto antropico ridotto sulla quantità, con effetti
significativi sulla qualità tali da richiedere azioni
mirate ad evitarne il peggioramento; ------------------------------------------------------------------ SCADENTE Impatto antropico rilevante sulla qualità e/o quantità
della risorsa con necessità di specifiche azioni di
risanamento; ------------------------------------------------------------------ NATURALE Caratteristiche qualitative e/o quantitative che pur PARTICOLARE non presentando un significativo impatto antropico,
presentano limitazioni d'uso della risorsa per la
presenza naturale di particolari specie chimiche o per
il basso potenziale quantitativo. ------------------------------------------------------------------

3 MONITORAGGIO E CLASSIFICAZIONE: ACQUE SUPERFICIALI

3.1 ORGANIZZAZIONE DEL MONITORAGGIO

Il monitoraggio si articola in una fase conoscitiva iniziale che ha come scopo la prima classificazione dello stato di qualita' ambientale dei corpi idrici ed in una fase a regime in cui viene effettuato un monitoraggio volto a verificare il raggiungimento ovvero il mantenimento dell'obiettivo di qualita' "buono" di cui all'articolo 4.

3.1.1 FASE CONOSCITIVA

La fase conoscitiva iniziale ha la durata di 24 mesi ed ha come finalita' la classificazione dello stato di qualita' di ciascun corpo idrico; in base ad esso le autorita' competenti definiscono, nell'ambito del piano di tutela, le misure necessarie per il raggiungimento o il mantenimento dell'obiettivo di qualita' ambientale.

La fase conoscitiva iniziale, ha altresi' lo scopo di raccogliere tutte le informazioni necessarie alla valutazione di ulteriori strumenti di valutazione utili alla valutazione degli elementi biologici e idromorfologici utili a definire piu' compiutamente lo stato ecologico dei corpi idrici superficiali, nonche' per valutare le informazioni relative alla contaminazione da microinquinanti dei sedimenti e del biota, in particolare per quanto riguarda le acque costiere e le acque di transizione ed i laghi.

Le informazioni pregresse non precedenti il 1997, possono essere utilizzate - se compatibili con quelle richieste nel presente allegato - in sostituzione o integrazione delle analisi previste nella fase iniziale del monitoraggio per l'attribuzione dello stato di qualita'. Se da tali informazioni pregresse emerge uno stato di qualita' ambientale "buono" o "elevato" vale quanto detto nel successivo punto 3.1.2 in relazione alla frequenza del campionamento e al numero delle stazioni.

3.1.2 FASE A REGIME

Se i corpi idrici hanno raggiunto l'obiettivo "Buono" o "Elevato" il monitoraggio puo' essere ridotto ai soli parametri riportati in tabella 4, per i corsi d'acqua, in tabella 10, per i laghi, ed in tabella 13, per le acque marino costiere e per le acque di transizione. L'autorita' competente, in relazione allo stato delle acque superficiali, puo' variare la frequenza dei campionamenti e il numero delle stazioni della rete di rilevamento.

Le autorita' competenti armonizzano e ricercano la miglior integrazione possibile tra le diverse iniziative di controllo delle acque (monitoraggio per la balneazione, per la produzione di acqua potabile, per la vita dei pesci, ed altri), al fine di ottimizzare l'impiego di risorse umane e finanziarie.

Deve inoltre essere predisposto, presso ogni ARPA, o comunque presso ogni regione in attesa che venga costituita l'ARPA, un sistema di pronto intervento in grado di monitorare gli effetti ed indagare sulle cause di fenomeni acuti di inquinamento causati da episodi accidentali o dolosi.

3.2 CORSI D'ACQUA

3.2.1 INDICATORI DI QUALITA' E ANALISI DA EFFETTUARE

Ai fini della prima classificazione della qualita' dei corsi d'acqua vanno eseguite determinazioni sulla matrice acquosa e sul biota; qualora ne ricorra la necessita', cosi' come indicato successivamente nei punti relativi agli specifici corpi idrici, tali determinazioni possono essere integrate da indagini sui sedimenti e da test di tossicita'.

Le determinazioni necessarie per il sistema di classificazione sono condotte sui campioni e con le frequenze indicate nella sezione 3.2.2.

3.2.1.1 Acque

Le determinazioni sulla matrice acquosa riguardano due gruppi di parametri, quelli di base e quelli addizionali.

I parametri di base, riportati in tabella 4, riflettono le pressioni antropiche tramite la misura del carico organico, del bilancio dell'ossigeno, dell'acidita', del grado di salinita' e del carico microbiologico nonche' le caratteristiche idrologiche del trasporto solido. I parametri definiti macrodescrittori e indicati con (o) nella tabella 4 vengono utilizzati la classificazione; gli altri parametri servono a fornire informazioni di supporto per la interpretazione delle caratteristiche di qualita' e di vulnerabilita' del sistema nonche' per la valutazione dei carichi trasportati.

La determinazione dei parametri di base e' obbligatoria.

I parametri addizionali sono relativi ai microinquinanti organici ed inorganici; quelli di piu' ampio significato ambientale sono riportati nella tabella 1.

La selezione dei parametri da esaminare e' effettuata dall'autorita' competente caso per caso, in relazione alle criticita' conseguenti agli usi del territorio.

Le analisi dei parametri addizionali vanno effettuate ove l'Autorita' competente lo ritenga necessario e comunque nel caso in cui:

- a seguito delle attivita' delle indagini conoscitive di cui
all'allegato 3 si individuino sorgenti puntuali e diffuse o si
abbiano informazioni pregresse e attuali su sorgenti puntuali e
diffuse che apportino una o piu' specie di tali inquinanti nel
corpo idrico; - dati recenti dimostrino livelli contaminazione, da parte di tali
sostanza, delle acque e del biota o segni di incremento delle
stesse nei sedimenti.
----> vedere tabella a pag. 47 del S.O. <----

3.1.1.2 Biota

Le determinazioni sul biota riguardano due gruppi di analisi:

Analisi di base: gli impatti antropici sulle comunita' animali dei corsi d'acqua vengono valutati attraverso l'Indice Biotico Esteso (I.B.E.). Tale analisi va eseguita obbligatoriamente con le cadenze indicate al punto 3.2.2.2..

Analisi supplementari: non obbligatorie, da eseguire a giudizio dell'autorita' che effettua il monitoraggio, per una analisi piu' approfondita delle cause di degrado del corpo idrico. A tal fine possono essere effettuati saggi biologici finalizzati alla evidenziazione di effetti a breve o lungo termine. Tra questi in via prioritaria si segnalano:

- test di tossicita' su campioni acquosi concentrati su Daphnia
magna; - test di mutagenicita' e teratogenesi su campioni acquosi
concentrati; - test di crescita algale; - test su campioni acquosi concentrati con batteri bioluminescenti;

In aggiunta si segnala l'opportunita' di effettuare determinazioni di accumulo di contaminanti prioritari (PCB, DDT e Cd) su tessuti muscolari di specie ittiche residenti o su organismi macrobentonici.

3.2.1.3 Sedimenti

Le analisi sui sedimenti sono da considerarsi come analisi supplementari eseguite per avere, se necessario, ulteriori elementi conoscitivi utili a determinare le cause di degrado ambientale di un corso d'acqua.

Le autorita' preposte al monitoraggio devono, nel caso, selezionare i parametri da ricercare, prioritariamente tra quelli riportati nella tabella 5 e, se necessario, includerne altri, considerando le condizioni geografiche ed idromorfologiche del corso d'acqua, i fattori di pressione antropica cui e' sottoposto e la tipologia degli scarichi immessi.

Le determinazioni sui sedimenti vanno fatte in particolare per ricercare quegli inquinanti che presentano una maggior affinita' con i sedimenti rispetto che alla matrice acquosa.

Qualora sia necessaria un'analisi piu' approfondita volta a evidenziare gli effetti tossici a breve o a lungo termine si potranno effettuare dei saggi biologici sui sedimenti. Gli approcci possibili sono molteplici e riconducibili a tre soluzioni fondamentali:

- saggi su estratti di sedimento - saggi sul sedimento in toto - saggi su acqua interstiziale

Ogni soluzione offre informazioni peculiari e pertanto l'applicazione congiunta di piu' tipi di saggio spesso garantisce le informazioni volute. Possono essere utilizzati organismi acquatici, sia in saggi acuti che (sub)cronici. In via prioritaria si segnalano: Oncorhynchus mykiss, Daphnia magna, Cenodaphnia dubia, Chironomus tentans e C. riparius, Selenastrum capricornutum e batteri luminescenti.

Tabella 5 Microinquinanti e sostanze pericolose di prima priorita' da ricercare nei sedimenti

================================================================= Inorganici e Metalli Organici (1) Arsenico Policlorobifenili (PCB) Cadmio Diossine (TCDD) Zinco Idrocarburi policiclici aromatici (IPA) Cromo totale Pesticidi organoclorurati Mercurio Nichel Piombo Rame -----------------------------------------------------------------

3.2.2 CAMPIONAMENTO

3.2.2.1 Criteri per la scelta delle stazioni di prelievo

Per ogni corso d'acqua naturale viene definito un numero minimo di stazioni di prelievo, come indicato nella seguente tabella 6; tale numero e' in funzione della tipologia del corso d'acqua e della superficie del bacino imbrifero.

Le Autorita' competenti possono aumentare il numero delle stazioni in presenza di particolari valori naturalistici e/o paesaggistici o per particolari utilizzazioni in atto o in tutte le situazioni in cui questo sia ritenuto necessario.

Tabella 6 - Numero stazioni nei corsi d'acqua naturali

================================================================= Area del bacino (kmq) Numero stazioni
Corsi d'acqua Corsi d'acqua
di 1° ordine di 2° ordine
o superiore =================================================================
200-400 1
401-1000 2 1
1001-5000 3 2
5001-10.000 5 4
10.001-25.000 6 -
25.001-50.000 8 - >50.001 10 - -----------------------------------------------------------------

Le stazioni di prelievo sui corsi d'acqua sono in linea di massima distribuite lungo l'intera asta del corso d'acqua, tenendo conto della presenza degli insediamenti urbani, degli impianti produttivi e degli apporti provenienti dagli affluenti. I punti di campionamento sono fissati a una distanza dalle immissioni sufficiente ad avere la garanzia del rimescolamento delle acque al fine di valutare la qualita' del corpo recettore e non quella degli apporti. In ogni caso deve essere posta una stazione di prelievo nella sezione di chiusura di ogni corpo idrico significativo. La misura di portata puo' essere effettuata in modo puntuale in corrispondenza del punto di campionamento e contestualmente allo stesso o desunta dai valori di portata rilevati in continuo presso stazioni fisse.

(1) Si consiglia la determinazione dei seguenti inquinanti organici:

Idrocarburi Policiclici Aromatici prioritari: Naftalene, Acenaftene Fenantrene*, Fluorantene, Benz(a)antracene**, Crisene**, Benzo(b)fluorantene, Benzo(k)fluorantene**, Benzo(a)pirene**, Dibenzo(a,h)antracene, Benzo(g,h,i)perilene*, Antracene, Pirene Indeno(1,2,3,c,d)pirene*, Acenaftilene, Fluorene. (*) indica le molecole con presunta attivita' cancerogena, (**) quelle che hanno attivita' cancerogena.

Composti organoclorurati prioritari: DDT e analoghi (DD's); Isomeri dell'Esaclorocicloesano (HCH's); Drin's; Esaclorobenzene, PCB (i PCB piu' rilevanti sotto il profilo ambientale consigliati anche in sede internazionale (EPA, UNEP)sono: PCB's; PCB 52, PCB 77, PCB 81, PCB 128, PCB 138, PCB 153, PCB 169).

Per quanto riguarda l'analisi dei sedimenti i punti di campionamento sono individuati prioritariamente in corrispondenza delle stazioni definite per l'analisi delle acque, compatibilmente con le caratteristiche granulometriche del substrato di fondo.

3.2.2.2 Frequenza dei campionamenti

Fase iniziale del monitoraggio

Acque:

La misura dei parametri chimici, fisici microbiologici e idrologici di base e di quelli relativi ai parametri addizionali, quando necessari, deve essere eseguita una volta al mese fino al raggiungimento dell'obiettivo di qualita'.

Sedimenti:

Una volta all'anno, durante i periodi di magra (e comunque lontano da eventi di piena), ovvero durante i periodi favorevoli alla deposizione del materiale sospeso.

Biota: l'I.B.E. va misurato stagionalmente (4 volte all'anno);

I test biologici addizionali e quelli di bioaccumulo, quando richiesti, vanno eseguiti nei periodi di maggiore criticita' per il sistema

Fase a regime

La frequenza di campionamento si mantiene inalterata fino al raggiungimento dell'obiettivo di qualita' ambientale di cui all'articolo 4. Raggiunto tale obiettivo, la frequenza di campionamento puo' essere ridotta dall'autorita' competente ma non deve comunque essere inferiore a quattro volte all'anno per i parametri di base di cui alla tabella 4 e inferiore a due per l'I.B.E.. Per la misura di portata deve essere garantito per ogni stazione idrometrica un numero annuo di determinazioni sufficiente a mantenere aggiornata la scala di deflusso.

3.2.3 CLASSIFICAZIONE

La classificazione dello stato ecologico (tabella 8), viene effettuata incrociando il dato risultante dai macrodescrittori con il risultato dell'I.B.E., attribuendo alla sezione in esame o al tratto da essa rappresentato il risultato peggiore tra quelli derivati dalle valutazioni relative ad I.B.E. e macrodescrittori.

Per la valutazione del risultato dell'I.B.E. si considera il valore medio ottenuto dalle analisi eseguite durante il periodo di misura per la classificazione. Per il calcolo della media, considerata la possibilita' di classi intermedie (es. 8/9 o 9/8), si segue il seguente procedimento:

- per la classe 10/9 si attribuisce il valore 9,6 , per quella 9/10
il valore 9,4 per 9/8 il valore 8,6 , per 8/9 il valore 8,4 , e
cosi' per le altre classi. - per ritrasformare in valori di I.B.E. la media si procedera' in
modo contrario avendo cura di assegnare la classe piu' bassa nel
caso di frazione di 0,5: esempio 8,5= 8/9, 6,5=6/7 ecc..

Il livello di qualita' relativa ai macrodescrittori viene attribuito utilizzando la tabella 7 e seguendo il procedimento di seguito descritto: - sull'insieme dei risultati ottenuti durante la fase di monitoraggio
bisogna calcolare, per ciascuno dei parametri contemplati, il 75o
percentile (per quanto riguarda il primo indicatore il valore del
75o percentile va riferito al valore assoluto della differenza dal
100%); - si individua la colonna in cui ricade il risultato ottenuto,
individuando cosi' il livello di inquinamento da attribuire a
ciascun parametro e, conseguentemente, il suo punteggio; - si ripete tale operazione di calcolo per ciascun parametro della
tabella e quindi si sommano tutti i punteggi ottenuti; - si individua il livello di inquinamento espresso dai
macrodescrittori in base all'intervallo in cui ricade il valore
della somma dei livelli ottenuti dai diversi parametri, come
indicato nell'ultima riga della tabella 7.

Ai fini della classificazione devono essere disponibili almeno il 75% dei risultati delle misure eseguibili nel periodo considerato.

Lo stesso parametro statistico del 75o percentile viene usato per la eventuale valutazione dello stato di qualita' chimica concernente gli inquinanti chimici indicati in tabella 1.
----> vedere tabella a pag. 51 del S.O. <----

Tabella 8 - Stato ecologico dei corsi d'acqua (si consideri il risultato peggiore tra I.B.E. e macrodescrittori)

------------------------------------------------------------------
CLASSE 1 CLASSE 2 CLASSE 3 CLASSE 4 CLASSE 5 ------------------------------------------------------------------ I.B.E. >o=10 8-9 6-7 4-5 1,2,3 LIVELLO DI 480-560 240-475 120-235 60-115 <60 INQUINAMENTO MACRODESCRITTORI ------------------------------------------------------------------

3.2.4 ATTRIBUZIONE DELLO STATO DI QUALITA' AMBIENTALE

Al fine della attribuzione dello stato ambientale del corso d'acqua i dati relativi allo stato ecologico andranno rapportati con i dati relativi alla presenza degli inquinanti chimici indicati in tabella 1, secondo lo schema riportato alla Tabella 9:

Tabella 9 - Stato ambientale dei corsi d'acqua

================================================================= Stato Ecologico Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 4 Classe 5 ================================================================= Concentrazione inquinanti di cui alla Tabella 1 -------------------------------------------------------------------- > Valore Soglia SCADENTE SCADENTE SCADENTE SCADENTE PESSIMO --------------------------------------------------------------------

Se lo stato ambientale da attribuire alla sezione di corpo idrico risulta inferiore a "Buono", devono essere effettuati accertamenti successivi finalizzati alla individuazione delle cause del degrado alla definizione delle azioni di risanamento.

Tali accertamenti, soprattutto se il risultato derivante dall'I.B.E. e' significativamente peggiore della classificazione derivante dai dati dei macrodescrittori e degli eventuali parametri addizionali, devono includere analisi supplementari volte a verificare la presenza di sostanze pericolose non ricercate in precedenza ovvero l'esistenza di eventuali effetti di tipo tossico su organismi acquatici, ovvero di fenomeni di accumulo di contaminanti nei sedimenti e nel biota.

L'eventuale evidenziazione di situazioni di tossicita' per gli organismi testati e/o evidenze di bioaccumulo sugli stessi portano ad attribuire lo stato ambientale scadente.

3.3 LAGHI

3.3.1 INDICATORI DI QUALITA' E ANALISI DA EFFETTUARE

La definizione dello stato di qualita' ambientale dei laghi e' basata sulle analisi effettuate sulla matrice acquosa

Qualora ne ricorra la necessita', come di seguito specificato, tali analisi vanno integrate con determinazioni sui sedimenti e sul biota ovvero da saggi biologici a medio e lungo termine.

Tutte le determinazioni necessarie per la classificazione debbono essere condotte sulle stazioni e con le frequenze indicate nella sezione 3.3.2

3.3.1.1 Acque

Le determinazioni sulla matrice acquosa riguardano due gruppi di parametri, quelli di base e quelli addizionali.

I parametri di base sono riportati in tabella 10. Alcuni di questi sono relativi allo stato trofico e sono utilizzati per la classificazione, altri servono a fornire informazioni di supporto per l'interpretazione dei fenomeni di alterazione.

La determinazione dei parametri di base e' obbligatoria.

I parametri addizionali sono relativi ai microinquinanti organici ed inorganici; quelli di piu' ampio significato ambientale sono riportati nella tabella 1.

La selezione dei parametri da esaminare e' effettuata dall'autorita' competente caso per caso, in relazione alle criticita' conseguenti agli usi del territorio.

Le analisi dei parametri addizionali ove l'Autorita' competente lo ritenga necessario e comunque nel caso in cui:

- a seguito delle attivita' delle indagini conoscitive di cui all'allegato 3 si individuino sorgenti puntuali e diffuse o si abbiano informazioni pregresse e attuali su sorgenti puntuali e diffuse che apportino una o piu' specie di tali inquinanti nel corpo idrico;

- dati recenti dimostrino livelli contaminazione, da parte di tali sostanza, delle acque e del biota o segni di incremento delle stesse nei sedimenti.
----> vedere tabella a pag. 52 del S.O. <----

3.3.1.2 Sedimenti

Valgono per i sedimenti le stesse indicazioni e le stesse considerazioni svolte per le acque correnti al punto 3.2.1.3.

3.3.1.3 Biota

Per quanto riguarda il biota, in attesa di nuove indicazioni predisposte come indicato al precedente punto 2.1.2, valgono le stesse indicazioni e le stesse considerazioni svolte al punto 3.2.1.2 per le analisi supplementari nei corsi d'acqua.

3.3.2 CAMPIONAMENTO

3.3.2.1 Criteri per la scelta delle stazioni di Prelievo

Corpi d'acqua di superficie inferiore a 80 kmq: un'unica stazione fissata nel punto di massima profondita'.

Corpi d'acqua di superficie maggiore di 80 kmq o di forma irregolare: il numero delle stazioni va individuato caso per caso, tenendo conto delle zone di maggior interesse (rami ciechi, grandi baie poco profonde, fosse isolate).

I campioni di acqua vanno prelevati lungo la colonna, con le seguenti modalita':

- i laghi con profondita' fino a 5 metri: un campione in superficie ed uno sul fondo; - laghi con profondita' fino ai 50 m: un campione in superficie, uno a meta' della colonna d'acqua ed uno sul fondo; - laghi con profondita' superiore a 50 m: un campione in superficie, a 25 m, a 50 m, a 100 m, a multipli di 100 m e uno sul fondo; - laghi che per peculiarita' ambientali o situazioni di influsso antropico necessitino di un maggior dettaglio per la colonna d'acqua superiore: un campione in superficie, a 5 m, a 10 m, a 20 m, a 50 n a 100 m, a multipli di 100 m e uno sul fondo.

La misura della clorofilla va eseguita su campioni d'acqua prelevati nella sola zona fotica.

3.3.2.2 Frequenza dei campionamenti

I campionamenti devono essere effettuati semestralmente, una volta nel periodo di massimo rimescolamento ed una in quello di massima stratificazione.

3.3.3 CLASSIFICAZIONE

Al fine di una prima classificazione dello stato ecologico dei laghi viene valutato lo stato trofico cosi' come indicato in tabella 11. La classe da attribuire e' quello che emerge dal risultato peggiore tra i quattro parametri indicati.
----> vedere tabella a pag. 53 del S.O. <----

Per la valutazione dei parametri relativi agli inquinanti chimici di cui alla tabella 1 si considera la media aritmetica dei dati disponibili nel periodo di misura.

Al fine della attribuzione dello stato ambientale, i dati relativi allo stato ecologico andranno confermati dagli eventuali dati relativi alla presenza degli inquinanti chimici della tabella 1 secondo quanto indicato nello schema riportato in Tabella 12.
----> vedere tabella a pag. 54 del S.O. <----

Nel caso in cui alla sezione di corpo idrico venga attribuita uno stato ambientale inferiore a "Buono" devono essere effettuati accertamenti successivi finalizzati alla individuazione delle cause del degrado e alla definizione delle azioni di risanamento.

Tali accertamenti, soprattutto se dagli elementi conoscitivi in possesso dell'autorita' non si evidenziano scarichi potenzialmente contenti le sostanze indicate in tabella 1 e quelle indicate in tabella 5, devono includere analisi supplementari volte a verificare la presenza di sostanze pericolose non ricercate in precedenza e l'esistenza di eventuali effetti di tipo tossico su organismi acquatici, ed infine di fenomeni di accumulo di contaminanti nei sedimenti e nel biota.

L'eventuale evidenziazione di situazione di tossicita' per gli organismi testati e/o evidenze di bioaccumulo sugli stessi portano ad attribuire lo stato ambientale "Scadente".

3.4 ACQUE MARINE COSTIERE

3.4.1 INDICATORI DI QUALITA' E ANALISI DA EFFETTUARE

Per la prima classificazione della qualita' delle acque marine costiere vanno eseguite determinazioni sulla matrice acqua.

Al fine di ottenere elementi di valutazione che concorrano a definire il giudizio di qualita' alle indagini di base sulle acque andranno associate indagini sui sedimenti e sul biota.

Le determinazioni necessarie per il sistema di classificazione debbono essere condotte secondo le indicazioni riportate nella sezione 3.4.2.

Il monitoraggio del biota e dei sedimenti deve essere effettuato per rilevare specifiche fonti di contaminazione e per indicazioni sui livelli di "compromissione" del tratto di costa considerato. L'autorita' competente, ove necessario, integra i parametri riportati nelle specifiche tabelle possono essere integrati, con indagini "addizionali" ovvero provvede a sostituirli con altri che risultino essere piu' significativi rispetto alle specifiche realta' territoriali, in funzione delle caratteristiche del bacino afferente e/o dei diversi usi della fascia costiera, cosi' da mirare attentamente le analisi ambientali.

L'eventuale incremento giudicato significativo, tra una analisi e le successive, della concentrazione degli inquinanti nei sedimenti e nel biota deve comportare l'approfondimento delle iniziative di controllo sugli apporti (insediamenti costieri civili e produttivi, bacini idrografici affluenti). Tali controlli devono riferirsi, in prima approssimazione, alla valutazione dei carichi inquinanti:

- veicolati al mare da corsi d'acqua da scarichi diretti di acque reflue e da emissioni atmosferiche; - contenuti in materiali solidi utilizzati in opere a mare (dragaggi ripascimenti, barriere artificiali, ecc.).

Inoltre, dovranno essere presi in considerazioni le modalita' di dispersione in mare degli inquinanti, il bilancio depurativo della fascia costiera e quant'altro possa essere significativo per la caratterizzazione dei fenomeni di alterazione delle acque marine costiere.

La frequenza dei campionamenti delle acque, dei sedimenti e del biota, indicata negli specifici paragrafi, puo' essere variata qualora le Autorita' competenti lo ritengano necessario.

3.4.1.1 Acque

I parametri da analizzare nelle acque sono quelli di base riportati nella tabella 13; i parametri definiti macrodescrittori ed indicati con (o) nella stessa tabella sono utilizzati per la classificazione di cui alla tabella 17. Gli altri parametri forniscono informazioni di supporto per la interpretazione delle caratteristiche di qualita' e vulnerabilita' dell'ambiente marino analizzato nonche' per la valutazione dei carichi trasportati.

Per temperatura, salinita' e ossigeno disciolto dovra' essere fornito il profilo verticale su tutta la colonna d'acqua.

Qualora si ritenga necessaria un'analisi piu' approfondita volta ad evidenziare gli effetti tossici a breve o lungo termine , ovvero si ritenga opportuno integrare il dato chimico nella valutazione della qualita' delle acque, si potranno condurre saggi biologici a breve o lungo termine, su specie selezionate appartenenti a diversi gruppi tassonomici, in particolare su specie autoctone o quelle per le quali esistano dei protocolli standardizzati.
----> vedere tabella a pag. 55 del S.O. <----

3.4.1.2 Biota

Per la caratterizzazione dello stato degli ecosistemi marini, anche ai fini della formulazione del giudizio di qualita' ecologica ed ambientale delle acque marine costiere, dovranno essere eseguite indagini sulle biocenosi di maggior pregio ambientale (praterie di fanerogame, coralligeno, etc.) e su altri bioindicatori.

Allo scopo di individuare particolari situazioni di criticita' dovute alla presenza di sostanze chimiche pericolose presenti in tracce nelle acque e di concorrere alla definizione del giudizio di qualita' chimica sul biota dovranno essere eseguite analisi di accumulo di metalli pesanti e composti organici, indicati in tabella 14, nei mitili (Mytilus galloprovincialis) stabulati.

Le Regioni possono integrare i parametri indicati in tabella 14, in funzione delle esigenze di approfondimento delle conoscenze rispetto a specifiche situazioni locali.

Tabella 14 - Determinazione da eseguire nei mitili

----------------------------------------------------------------- Metalli pesanti bioaccumulabili ----------------------------------------------------------------- Idrocarburi Policiclici Aromatici - IPA (*). ----------------------------------------------------------------- Composti organoclorurati (PCB o pesticidi) (*) ----------------------------------------------------------------- (*) Si consiglia la determinazione dei seguenti inquinanti organici:

Idrocarburi Policiclici Aromatici prioritari: Naftalene, Acenaftene, Fenantrene(*), Fluorantene, Benz(a)antracene**, Crisene**, Benzo(b)fluorantene, Benzo(k)fluorantene**, Benzo(a)pirene** Dibenzo(a,h,)antracene, Benzo(g,h,i)perilene*, Antracene, Pirene Indeno(1,2,3,c,d,)pirene*, Acenaftilene, Fluorene.(*) indica le molecole con presunta attivita' cancerogena, (**) quelle che hanno attivita' cancerogene.

Composti organoclorurati prioritari: DDT e analoghi (DD's); Isomeri dell'Esaclorobenzene (HCH's); Drin's; Esaclorobenzene, PCB (i PCB piu' rilevanti sotto il profilo ambientale consigliati anche in sede internazionale (EPA, UNEP) sono: PCB's; PCB 52, PCB 77, PCB 81, PCB 129, PCB 138, PCB 153, PCB 169).

3.4.1.3 Sedimenti

Le determinazioni sui sedimenti riguardano tipi di indagini di base ed addizionali. Sono considerate di base e quindi prioritarie le analisi dei parametri indicati nella tabella 15.

Qualora le autorita' ritengano necessaria un analisi piu' approfondita volta a evidenziare gli effetti tossici a breve o a lungo termine, ovvero ritengano opportuno integrare il dato chimico nella valutazione della qualita' del sedimento, potranno essere effettuate indagini addizionali, quali saggi biologici condotti su specie selezionate appartenenti a diversi gruppi tassonomici, privilegiando le specie autoctone o quelle per le quali esistano dei protocolli standardizzati.

Tabella 15- Determinazione da eseguire nei sedimenti

----------------------------------------------------------------- Analisi granulometrica per la Carbonio Organico determinazione delle principali classi granulometriche (ghiaie; sabbie; limi; argille) ----------------------------------------------------------------- Idrocarburi Policiclici Aromatici Composti organoclorurati - IPA - (vedi nota (*) Tabella 14) (PCB e pesticidi) (vedi
nota (*) Tabella 14) ----------------------------------------------------------------- Metalli pesanti bioaccumulabili Composti organostannici # ----------------------------------------------------------------- Saggi biologici -----------------------------------------------------------------

# Lo screening dei composti organostannici puo' essere limitato alle aree in prossimita' di porti. 3.4.2 CAMPIONAMENTO

3.4.2.1 Criteri per la scelta delle stazioni di prelievo

Le Autorita' competenti dovranno elaborare ed attuare un piano di campionamento che, sulla base delle conoscenze dell'uso e della tipologia del tratto di costa interessata, permetta di rappresentare adeguatamente, nello stesso tratto di costa, le zone sottoposte a fonti di immissione, quali porti, canali fiumi, insediamenti costieri, e le zone scarsamente sottoposte, a pressioni antropiche (corpo idrico di riferimento).

In ogni caso, la strategia di campionamento dovra' garantire un idoneo livello conoscitivo, propedeutico alla definizione dei piani di risanamento o di tutela e comunque seguire i criteri di seguito riportati.

Acque

Ai fini del campionamento vengono identificate tre diverse tipologie di fondale, per ciascuna delle quali viene stabilito il posizionamento di tre stazioni di prelievo per transetto; questi vanno sempre posizionati ortogonalmente alla linea di costa.

Le tre tipologie di fondale sono:

- Fondale alto e' quello che a 3000 m dalla costa ha una batimetrica superiore a 50 m. - Fondale medio e' quello che a 200 m dalla costa ha una batimetrica superiore a 5 m e a 3000 m dalla costa una batimetrica inferiore a 50 m. - Fondale basso e' quello che a 200 m dalla costa ha una batimetrica inferiore ai 5 m. - Il posizionamento delle stazioni e' fissato come segue:

================================================================== ALTO FONDALE
I Stazione II Stazione III Stazone

A 100 m da costa In posizione intermedia non oltre la
fra la 1° e la 3° stazione batimetrica dei
la distanza tra dette 50 m
stazioni è maggiore a 1000
m. Se invece la distanza è
inferiore o uguale a 1000
m. i prelievi e le misure
vengono effettuati solo
nella 1° e nella 3° stazione ----------------------------------------------------------------- MEDIO FONDALE:
I stazione II Stazione III Stazione

200 m da costa 1000 m da costa a 3000 m da costa -----------------------------------------------------------------

BASSO FONDALE:
I stazione II Stazione III Stazione

500 m da costa 1000 m da costa a 3000 m da costa -----------------------------------------------------------------

Sedimenti

Le stazioni di prelievo devono essere fissate nella fascia costiera, in modo tale da rappresentare le diverse tipologie di immissione che insistono nell'area (eventuali apporti industriali o civili, apporti fluviali, attivita' portuali), nonche' aree scarsamente soggette ad apporti antropici (come corpo idrico di riferimento).

Dovranno essere considerate le porzioni superficiali di sedimento. La definizione dello strato da considerare potra' essere variato in funzione delle conoscenze sulle caratteristiche sedimentologiche, ed in particolare dei tassi di sedimentazione, dell'area indagata.

Biota

Le stazioni di campionamento dei mitili indicati al punto 3.4.1.2. devono essere fissate in modo tale da rappresentare l'intera "tipologia" costiera (eventuali fonti di immissione industriali o civili, apporti fluviali, attivita' portuali, aree "indisturbate" etc.)

Devono inoltre essere identificate stazioni piu' rappresentative delle biocenosi di maggior pregio ambientale presenti nell'area in studio alfine della realizzazione di una cartografia biocenotica con scala adeguata.

3.4.2.2 Frequenza dei campionamenti

Acque: e' prevista una frequenza di campionamento stagionale per tutti i parametri descritti in tabella 13. E' prevista inoltre una frequenza di campionamento quindicinale nel periodo compreso fra Giugno e Settembre nelle aree interessate da fenomeni eutrofici, quelle cioe' in cui l'indice trofico (calcolato in base alla tabella 16 e 17) sia maggiore di 5 per l'Alto Adriatico dalla foce del fiume Adige al confine meridionale del comune di Pesaro e di 4,5 per le restanti acque marine costiere per due campionamenti mensili successivi.

Sedimenti: e' prevista una frequenza di campionamento annuale. Il campionamento dovra' essere effettuato sempre nello stesso periodo dell'anno e corrispondere al periodo di minor influenza degli eventi meteo-marini (si consiglia il periodo estivo).

Biota: e' prevista una frequenza semestrale per le analisi di bioaccumulo (indicate in tabella 14); per l'esame delle biocenosi di maggior pregio ambientale, anche al fine della realizzazione di una cartografia biocenotica di dettaglio, e' prevista una cadenza triennale.

3.4.3 CLASSIFICAZIONE

3.4.3.1. Stato ambientale delle acque marine costiere

In attesa della definizione di un approccio integrato per la valutazione dello stato di qualita' ambientale la prima classificazione delle acque marine costiere viene condotta attraverso l'applicazione dell'indice trofico riportato in tabella 16, tenendo conto di ogni elemento utile a definire il grado di allontanamento dalla naturalita' delle acque costiere. Tale classificazione trofica sara' integrata dal giudizio emergente dalle indagini sul biota e sui sedimenti allorche' sara' disponibile il criterio di classificazione dello stato ambientale complessivo che dovra' essere definito ai sensi del precedente punto 2.

Ai fini della classificazione dovra' essere considerato il valore medio dell'indice trofico, derivato dai valori delle singole misure durante il complessivo periodo di indagine (24 mesi per la prima classificazione e 12 mesi per le successive).
----> vedere tabella a pag. 58 del S.O. <----

I risultati derivanti dall'applicazione dell'indice di trofia determineranno l'attribuzione dello stato ambientale secondo la seguente tabella 17, valutato anche alla luce delle condizioni indicate nella stessa tabella 17.

Tabella 17 - Classificazione delle acque marine costiere in base alla scala trofica

=================================================================
Indice Stato ambientale Condizioni di trofia ================================================================= 2-4 Stato ELEVATO Buona trasparenza delle acque
Assenza di anomale colorazioni
delle acque
Assenza di sottosaturazione di
ossigeno disciolto nelle acque
bentiche ----------------------------------------------------------------- 4-5 Stato BUONO Occasionali intorbidimenti delle
acque
Occasionali anomale colorazioni
delle acque
Occasionali ipossie nelle acque
bentiche ----------------------------------------------------------------- 5-6 Stato MEDIOCRE Scarsa la trasparenza delle acque
Anomale colmorazioni delle acque
Ipossie e occasionali anossie delle
acque bentiche
Stati di sofferenza a livello di
ecosistema bentonico ----------------------------------------------------------------- 6-8 Stato SCADENTE Elevata torbidità delle acque
Diffuse e persistenti anomalie
nella colorazione delle acque
Diffuse e persistenti
ipossie/anossie nelle acque bentiche

Morie di organismi bentonici

Alterazione/semplificazione delle
comunità bentoniche
Danni economici nei settori del
turismo, pesca ed acquacoltura -----------------------------------------------------------------

Ai sensi di quanto disposto dall'articolo 5 del decreto, per il tratto costiero compreso fra la foce del fiume Adige e il confine meridionale del comune di Pesaro viene considerato obiettivo-trofico "intermedio", da raggiungere entro il 2008, un valore medio annuale dell'indice trofico non superiore a 5.

L'eventuale evidenziazione di situazione di tossicita' per gli organismi testati e/o evidenze di bioaccumulo oltre alle soglie previste dalle normative esistenti (allegato 2 sez C; norme sugli alimenti, e altre norme sanitarie) portano ad attribuire lo stato ambientale "Scadente".

3.5 ACQUE DI TRANSIZIONE

3.5.1 PREMESSA

Lo stato delle conoscenze e delle esperienze di studio riguardanti le acque di transizione non sono sufficienti per definire compiutamente i criteri per il monitoraggio e per l'attribuzione dello stato ecologico in cui si trova il corpo idrico.

Le indicazioni che seguono sono quindi in parte sperimentali e propedeutiche ad una futura migliore definizione in base ai risultati di una prima fase di monitoraggio e studio.

A tal riguardo vanno acquisite informazioni su:

1. area del bacino scolante e sue caratteristiche; 2. portata dei principali corsi d'acqua afferenti; 3. stima dei carichi di nutrienti afferenti (Azoto e Fosforo); 4. cartografia con isobate dell'area indagata; 5. caratteristiche morfologiche delle bocche delle aree lagunari; 6. presenza di dighe, barriere, canali lagunari, ecc.; 7. individuazione delle aree a minore ricambio.

In assenza di consistenti interventi o di altri fattori influenzanti le caratteristiche idromorfologiche in tali aree, le suindicate informazioni conoscitive vanno aggiornate con cadenza quinquennale.

3.5.2 INDICATORI DI QUALITA' E ANALISI DA EFFETTUARE

In attesa della definizione dei criteri di cui al punto 2.1.2, per le matrici acqua e sedimenti sono da monitorare i parametri indicati nelle precedenti tabelle 13 e 15 relativi alle acque marine costiere.

Per quanto riguarda il biota vanno eseguite, sui bivalvi indicati al punto 3.4.1.2. misure di accumulo di metalli e di inquinanti organici, indicati in tabella 14.

E' inoltre consigliabile integrare le analisi su indicate con indagini sul fitoplancton (lista tassonomica e densita'), macroalghe e fanerogame (lista tassonomica ed abbondanza per mq, cartografia della massima superficie coperta (solo per ambienti lagunari) ) e macroinvertebrati bentonici (lista tassonomica e densita').

I parametri riportati nelle tabelle possono essere integrati o sostituiti da altri che risultino piu' significativi rispetto alle specifiche realta' territoriali.

3.5.3 CAMPIONAMENTO

3.5.3.1 Stazioni di prelievo

Il campionamento della matrice acqua sara' effettuato su un reticolo di stazioni rappresentativo del bacino in esame.

I campionamenti saranno effettuati in superficie e riguarderanno i parametri indicati nella tabella 13. Per profondita' superiori a 1,5 metri, la determinazione di temperatura, salinita' ed ossigeno disciolto sara' condotta anche sul profilo verticale.

In ogni caso, la strategia di campionamemo dovra' garantire un livello conoscitivo propedeutico alla definizione dei piani di risanamento o di tutela.

Per quanto riguarda il biota e i sedimenti, le stazioni saranno scelte preferenzialmente in prossimita' delle stazioni per il monitoraggio delle acque, in modo da ottenere una caratterizzazione, omogenea e rappresentativa dell'ambiente in studio.

3.5.3.2 Frequenza di campionamento

Per quanto riguarda la matrice acque la frequenza di campionamento sara' mensile. Nelle zone soggette a situazioni distrofiche (crisi anossiche, fioriture algali abnormi, elevate biomasse di macroalghe) la frequenza sara' quindicinale nel periodo giugno-settembre. In tali situazioni parte delle misure riportate in tabella 13 (ossigeno disciolto, temperatura, salinita') potranno essere rilevate con strumentazione in automatico ed in continuo.

Per il biota la frequenza di campionamento sara' almeno semestrale.

Per i sedimenti e' prevista una frequenza di campionamento annuale. Il campionamento dovra' essere effettuato sempre nello stesso periodo dell'anno e corrispondere al periodo di minor influenza degli eventi meteorologici (si consiglia il periodo estivo).

3.5.4 CLASSIFICAZIONE

Per la classificazione delle acque lagunari e gli stagni costieri si valuta il numero di giorni di anossia/anno(valori dell'ossigeno disciolto nelle acque di fondo compresi fra 0-1.0 mg/L), misurata nelle acque di fondo, che interessano oltre il 30 % della superficie del corpo idrico secondo lo schema riportato in tabella 18. Tale risultato integrato con i risultati delle analisi relative ai sedimenti ed al biota.

L'esito positivo dei saggi biologici sui sedimenti o l'indicazione di un incremento statisticamente significativo delle concentrazioni di inquinanti nei sedimenti, o dell'accumulo negli organismi, pregiudica l'attribuzione dello stato sufficiente. In tal caso il corpo idrico in questione va classificato nello stato scadente.

Tabella 18 - Stato ambientale delle acque lagunari e degli stagni costieri

-----------------------------------------------------------------
Stato stato stato
BUONO SUFFICIENTE SCADENTE

Numero giorni di anossia/anno 10 coinvolgono oltre il 30% della superficie del corpo idrico -----------------------------------------------------------------

3.6 CORPI IDRICI ARTIFICIALI

Ai corpi idrici artificiali si applicano gli stessi elementi di qualita' e gli stessi criteri di misura applicati ai corpi idrici superficiali naturali che piu' si accostano al corpo idrico artificiale in questione.

Il numero e la localizzazione dei punti di campionamento, nonche' la frequenza delle misure sono definiti a cura delle Regioni e delle province autonome, tenendo conto della rilevanza del corpo idrico in questione rispetto al reticolo idrografico locale.

Gli obiettivi ambientali fissati per questi corpi idrici devono garantire il rispetto degli obiettivi fissati per i corpi idrici superficiali naturali ad essi connessi. Per quanto riguarda lo stato ecologico, tendenzialmente, devono avere un livello qualitativo corrispondente almeno a quello immediatamente piu' basso di quello individuato per gli analoghi corpi idrici naturali.

Per quanto riguarda lo stato chimico non devono comunque essere superate le soglie indicate per le sostanze pericolose prioritarie nella precedente tabella 1.

Nel caso di canali artificiali la classificazione va eseguita solo sulla base dei parametri riportati nella tabella 7 e del risultato del punteggio ottenuto dai macrodescrittori secondo quanto indicato in tabella 8.

4 MONITORAGGIO E CLASSIFICAZIONE: ACQUE SOTTERRANEE

4.1 ORGANIZZAZIONE DEL MONITORAGGIO

Per le attivita' di monitoraggio e classificazione dello stato di un corpo idrico sotterraneo e' necessaria una preventiva ricostruzione del modello idrogeologico, secondo le indicazioni di cui all'allegato 3, in termini di:

- individuazione e parametrizzazione dei principali acquiferi; - definizione delle modalita' di alimentazione-deflusso-recapito; - identificazione dei rapporti tra acque superficiali ed acque
sotterranee; - individuazione dei punti d'acqua (pozzi, sorgenti, emergenze); - determinazione delle caratteristiche idrochimiche; - identificazione delle caratteristiche di utilizzo delle acque.

Il modello idrogeologico deve essere periodicamente aggiornato sulla base delle nuove conoscenze e delle attivita' di monitoraggio. La rilevazione dei dati sullo stato quantitativo e chimico deve essere riferita agli acquiferi individuati.

Il monitoraggio delle acque sotterranee e' articolato in una fase conoscitiva iniziale ed una fase di monitoraggio a regime.

La fase conoscitiva iniziale e di base viene effettuata rispettando le indicazioni riportate all'allegato 3.

Il monitoraggio si articola temporalmente in due fasi:

4.1.1 FASE CONOSCITIVA

La prima di caratterizzazione sommaria, propedeutica alla sotto fase successiva e utile ad una conoscenza dello stato chimico delle acque sotterranee, e' finalizzata ad una analisi di inquadramento generale attraverso la ricerca di un gruppo ridotto di parametri chimici, fisici e microbiologici; cio' che consenta tra l'altro l'individuazione delle aree critiche, di quelle potenzialmente soggette a crisi e di quelle naturalmente protette, secondo le indicazioni riportate all'allegato 3.

Se si dispone di serie storiche continuative di dati, purche' non antecedenti il 1996, queste possono essere utilizzate in sostituzione o ad integrazione delle analisi previste nella fase iniziale del monitoraggio.

Per la successiva sotto fase, sulla base dei risultati della caratterizzazione sommaria, nonche' delle conoscenze acquisite durante tale fase sulla situazione idrogeologica e di antropizzazione del territorio, l'Autorita' competente individua i punti d'acqua ritenuti significativi ed effettua su di essi il monitoraggio per la classificazione. Sui punti d'acqua d'interesse locale esegue il monitoraggio per la caratterizzazione dell'acquifero e comunque, oltre alle misure quantitative (livello, portata), esegue le analisi dei "parametri di base" riportati nella Tabella 19.

4.1.1 FASE DI REGIME

Il monitoraggio nella fase, a regime ha come scopo l'analisi del comportamento e delle modificazioni nel tempo dei sistemi acquiferi. Sulla base dei risultati della fase conoscitiva e delle conoscenze accumulate dovra' essere individua una rete di punti d'acqua significativi e rappresentativi delle condizioni idrogeologiche, antropiche, di inquinamento in atto, delle azioni di risanamento intraprese su cui compiere un sistematico e periodico monitoraggio chimico e quantitativo secondo i criteri indicati al punto 4.2.

Il monitoraggio quantitativo va eseguito, per le acque utilizzate, dal concessionario o dal gestore, che deve rendere disponibili i dati su opportuno supporto magnetico per l'autorita' preposta al controllo.

4.2 Indicatori di qualita' ed analisi da effettuare

4.2.1 FASE INIZIALE

4.2.1.1 Misure quantitative

Il monitoraggio quantitativo ha come finalita' e quella di acquisire le informazioni relative ai vari acquiferi, necessarie per la definizione del bilancio idrico di un bacino. Inoltre dovra' permettere di caratterizzare i singoli acquiferi in termini di potenzialita', produttivita' e grado di sfruttamento.

Questo tipo di rilevamento e' basato sulla determinazione dei seguenti parametri fondamentali:

- livello piezometrico; - portate delle sorgenti o emergenze naturali delle acque sotterranee.

A discrezione delle autorita' competenti potranno essere monitorati altri parametri specifici, scelti in funzione della specificita' dei singoli acquiferi e delle attivita' presenti sul territorio come ad esempio i movimenti verticali del livello del suolo.

I dati desunti dalle attivita' di monitoraggio dovranno essere opportunamente elaborati dalle Regioni al fine di definire e parametrizzare i seguenti indicatori generali, da utilizzare per la classificazione:

- morfologia della superficie piezometrica; - escursioni piezometriche; - variazioni delle direzioni di flusso; - entita' dei prelievi; - variazioni delle portate delle sorgenti o emergenze naturali delle
acque sotterranee; - variazioni dello stato chimico indotto dai prelievi; - Movimenti verticali del livello del suolo connesse all'estrazione
di acqua dal sottosuolo.

4.2.1.2 Misure chimiche

La fase iniziale del monitoraggio dura 24 mesi ed ha la finalita' di caratterizzare l'acquifero. Il rilevamento della qualita' del corpo idrico sotterraneo e' basato sulla determinazione dei "parametri di base" riportati nella Tabella 19. I parametri di tabella evidenziati con il simbolo (o) saranno utilizzati per la classificazione in base a quanto indicato in Tabella 20.

Le autorita' competenti devono analizzare i parametri addizionali relativi a inquinanti specifici, individuati in funzione dell'uso del suolo, delle attivita' presenti sul territorio, in considerazione della vulnerabilita' della risorsa e della tutela degli ecosistemi connessi oppure di particolari caratteristiche ambientali. Un lista di tali inquinanti con l'indicazione dei relativi valori di soglia e' riportata nella Tabella 21.
----> vedere tabella a pag. 63 del S.O. <----

4.2.2 FASE A REGIME

Nella fase a regime sulla rete di monitoraggio individuata in base ai risultati della fase conoscitiva iniziale vanno proseguite le misure sui parametri di base precedentemente utilizzati al punto 4.2.1.2. Si ritiene necessario considerare un periodo iniziale di riferimento di almeno cinque anni per poter definire le tendenze evolutive del corpo idrico.

Per le misure chimiche vanno inoltre monitorati tutti quei parametri relativi ad inquinanti inorganici o organici individuati dall'autorita' preposta al controllo, in ragione delle condizioni dell'acquifero e della sua vulnerabilita', dell'uso del suolo e delle attivita' antropiche caratteristiche del territorio.

4.3 Misure

Per quanto riguarda gli aspetti quantitativi, su un numero ridotto di punti significativi appartenenti alle reti di monitoraggio individuate, le misure dovranno essere eseguite con cadenza mensile e sui pozzi, sui piezometri. Le misure sulle sorgenti dovranno essere anche piu' ravvicinate in ragione dei tempi di esaurimento della sorgente stessa.

Per quanto riguarda le analisi chimiche dovranno essere eseguite, sia nella fase iniziale che per quella a regime, con cadenza semestrale in corrispondenza dei periodi di massimo e minimo deflusso delle acque sotterranee.

4.4 Classificazione

Lo stato ambientale delle acque delle acque sotterranee e' definito in base allo stato quantitativo e a quello chimico.

4.4.1 STATO QUANTITATIVO

I parametri e i relativi valori numerici di riferimento per la classificazione quantitativa dei corpi idrici sotterranei sono definiti dalle Regioni utilizzando gli indicatori generali elaborati sulla base del monitoraggio secondo i criteri che verranno indicati con apposito decreto ministeriale su proposta dell'ANPA, in base alle caratteristiche dell'acquifero (tipologia, permeabilita', coefficienti di immagazinamento) e del relativo sfruttamento (tendenza piezometrica o delle portate, prelievi per vari usi).

Un corpo idrico sotterraneo e' in condizioni di equilibrio quando le estrazioni o le alterazioni della velocita' naturale di ravvenamento sono sostenibili per lungo periodo (almeno 10 anni): sulla base delle alterazioni misurate o previste di tale equilibrio viene definito lo stato quantitativo.

Lo stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei e' definito da quattro classi cosi' caratterizzate:
----> vedere tabelle a pag. 64 del S.O. <----
----> vedere tabella a pag. 65 del S.O. <----

Se la presenza di inquinanti inorganici in concentrazioni superiori a quelle di tabella 21 e' di origine naturale verra' attribuita la classe 0 per la quale, di norma, non vengono previsti interventi di risanamento.

La presenza di inquinanti organici o inorganici con concentrazioni superiori a quelli del valore riportato nella tabella 21 determina la classificazione in classe 4.

Se gli inquinanti di tabella 21 non sono presenti o vengono rilevate concentrazione al di sotto della soglia di rilevabilita' indicata dai metodi analitici le acque il corpo idrico e' classificate a seconda dei risultati relativi ai parametri di tabella 20.

Tranne nel caso della presenza naturale di sostanze inorganiche, il ritrovamento di questi inquinati in concentrazioni significative vicine alla soglia indicata e' comunque un segnale negativo di rischio per gli acquiferi interessati. Nei piani di tutela, devono quindi essere comunque adottate misure atte a prevenire un ulteriore peggioramento e a rimuovere le cause di rischio. Devono inoltre essere considerati gli effetti della eventuale interconnessione delle acque sotterrane con corpi idrici superficiali di particolare pregio il cui obiettivo ambientale, a causa della persistenza e dei processi di bioaccumulo di alcuni inquinanti, prevede per questi valori di concentrazione piu' cautelativi.

4.4.3 STATO AMBIENTALE DELLE ACQUE SOTTERRANEE

In base alle conoscenze prodotte attraverso le attivita' di cui al punto 1 e per confronto con le classi di qualita' della risorsa definite con le Tabelle 20 e 21, verranno quindi classificati i singoli corpi idrici sotterranei in base al loro stato ambientale.

La sovrapposizione delle classi chimiche (classi 1, 2, 3, 4, 0) e quantitative (classi A, B, C, D) definisce lo stato ambientale del corpo idrico sotterraneo cosi' come indicato nella tabella 22 e permette di classificare i corpi idrici sotterranei.

Tabella 22 Stato ambientale (quali-quantitativo) dei corpi idrici sotterranei

=================================================================
Stato Stato Stato Stato Stato elevato buono sufficiente scadente particolare ================================================================= 1-A 1-B 3-A 1-C 0-A
2-A 3-B 2-C 0-B
2-B 3-C 0-C
4-C 0-D
4-A 1-D
4-B 2-D
3-D
4-D

In assenza di serie storiche significative di dati dal punto di vista quantitativo in una prima fase la classificazione sara' basata sullo stato chimico delle risorse, ipotizzando, per la parte quantitativa, una classe C.

Qualora i corpi acquiferi individuati presentino al loro interno differenti condizioni dello stato si puo' procedere ad un ulteriore suddivisione che individui porzioni omogenee o aree discrete a differente stato di qualita' sempre sulla base di quanto indicato in Tabella 22.

La Regione, procede alla classificazione cartografica ed alla zonazione dei singoli corpi idrici sotterranei in base al rispettivo "stato". Sempre in base alla suddetta classificazione verranno pianificate le eventuali azioni di risanamento da adottare. Per quanto riguarda gli acquiferi che hanno uno stato naturale particolare pur non dovendo prevedere specifiche azioni di risanamento, deve comunque essere evitato un peggioramento dello stato chimico o un ulteriore impoverimento quantitativo.

Tale classificazione ha carattere temporaneo dovra' essere progressivamente e periodicamente riaggiornata in base al raggiungimento degli obiettivi verificato tramite le attivita' di monitoraggio previste al punto 4.1.
 
ALLEGATO 2: CRITERI PER LA CLASSIFICAZIONE DEI CORPI IDRICI A
DESTINAZIONE FUNZIONALE

SEZIONE A: CRITERI GENERALI E METODOLOGIE PER IL RILEVAMENTO DELLE CARATTERISTICHE QUALITATIVE E PER LA CLASSIFICAZIONE DELLE ACQUE
SUPERFICIALI DESTINATE ALLA PRODUZIONE DI ACQUA POTABILE

I seguenti criteri si applicano alle acque dolci superficiali utilizzate o destinate ad essere utilizzate per la produzione di acqua potabile dopo i trattamenti appropriati.

1) Calcolo della conformita' e classificazione

Per la classificazione delle acque in una delle categorie Al, A2, A3, di cui alla tabella 1/A, i valori specificati per ciascuna categoria devono essere conformi nel 95% dei campioni ai valori limite specificati nelle colonne I e nel 90% ai valori limite specificati nelle colonne G, quando non sia indicato il corrispondente valore nella colonna I. Per il rimanente 5% o il 10% dei campioni che, secondo i casi, non sono conformi, i parametri non devono discostarsi in misura superiore al 50% dal valore dei parametri in questione, esclusi la temperatura, il pH, l'ossigeno disciolto ed i parametri microbiologici.

2) Campionamento

2.1) UBICAZIONE DELLE STAZIONI DI PRELIEVO

Per tutti i laghi naturali ed artificiali e per tutti i corsi d'acqua naturali ed artificiali utilizzati o destinati ad essere utilizzati per l'approvvigionamento idrico potabile - fermo restando quanto previsto nell'allegato 1 - le stazioni di prelievo dovranno essere ubicate in prossimita' delle opere di presa esistenti o previste in modo che i campioni rilevati siano rappresentativi della qualita' delle acque da utilizzare.

Ulteriori stazioni di prelievo dovranno essere individuate in punti significativi del corpo idrico quando cio' sia richiesto da particolari condizioni locali, tenuto soprattutto conto di possibili fattori di rischio d'inquinamento. I prelievi effettuati in tali stazioni avranno la sola finalita' di approfondire la conoscenza della qualita' del corpo idrico, per gli opportuni interventi.

2.2) FREQUENZA MINIMA DEI CAMPIONAMENTI E DELLE ANALISI DI OGNI PARAMETRO

-----------------------------------------------------------------
GRUPPO DI PARAMETRI (°)

Frequenza minima annua dei I II III campionamenti e delle analisi per i corpi idrici da 12 12 12 classificare
GRUPPO DI PARAMETRI (°)

Frequenza minima annua dei I(*) II III(**) campionamenti e delle analisi per i corpi idrici già 8 8 8 classificati (*) Per le acque della categoria A3 la frequenza annuale dei campionamenti dei parametri del gruppo A deve essere portata a 12. (o) I parametri dei diversi gruppi comprendono:

----------------------------------------------------------------- PARAMETRI I GRUPPO ----------------------------------------------------------------- pH colore, materiali totali in sospensione, temperatura, conduttività, odore, nitrati, cloruri, fosfati, COD, DO (ossigeno disciolto), BOD5, ammoniaca ----------------------------------------------------------------- PARAMETRI II GRUPPO ----------------------------------------------------------------- ferro disciolto, manganese, rame, zinco, solfati, tensioattivi, fenoli, azoto Kjeldhal, coliformi totali e coliformi fecali. ----------------------------------------------------------------- PARAMETRI III GRUPPO ----------------------------------------------------------------- fluoruri, boro, arsenico, cadmio, cromo totale, piombo, selenio, mercurio, bario, cianuro, idrocarburi disciolti o emulsionati, idrocarburi policiclici aromatici, antiparassitari totali, sostanze estraibili con cloroformio, streptococchi fecali e salmonelle. (**) per i parametri facenti parte del III gruppo, salvo che per quanto riguarda gli indicatori di inquinamento microbiologico, su indicazione dell'autorita' competente al controllo ove sia dimostrato che non vi sono fonti antropiche o naturali che possano determinarne la loro presenza nelle acque, la frequenza di campionantento puo' essere ridotta.

3) Modalita' di prelievo, di conservazione e di trasporto dei
campioni

I campioni dovranno essere prelevati, conservati e trasportati in modo da evitare alterazioni che possono influenzare significativamente i risultati delle analisi.

a) Per il prelievo, la conservazione ed il trasporto dei campioni per
analisi dei parametri di cui alla tabella 2/A, vale quanto
prescritto, per i singoli parametri, alla colonna G.

b) Per il prelievo, la conservazione ed il trasporto dei campioni per
analisi dei parametri di cui alla tabella 3/A, vale quanto segue:

- i prelievi saranno effettuati in contenitori sterili; - qualora si abbia motivo di ritenere che l'acqua in esame contenga
cloro residuo, le bottiglie dovranno contenere una soluzione al 10%
di sodio tiosolfato, nella quantita' di mL 0,1 per ogni 100 mL di
capacita' della bottiglia, aggiunto prima della sterilizzazione; - le bottiglie di prelievo dovranno avere una capacita' idonea a
prelevare l'acqua necessaria all'esecuzione delle analisi
microbiologiche; - i campioni prelevati, secondo le usuali cautele di asepsi, dovranno
essere trasportati in idonei contenitori frigoriferi (4-10oC) al
riparo della luce e dovranno, nel piu' breve tempo possibile, e
comunque entro e non oltre le 24 ore dal prelievo, essere
sottoposti ad esame.
----> vedere tabella da pag. 69 a pag. 77 del S.O. <----

SEZIONE B: CRITERI GENERALI E METODOLOGIE PER IL RILEVAMENTO DELLE CARATTERISTICHE QUALITATIVE, PER LA CLASSIFICAZIONE ED IL CALCOLO DELLA CONFORMITA' DELLE ACQUE DOLCI SUPERFICIALI IDONEE ALLA VITA DEI
PESCI SALMONICOLI E CIPRINICOLI.

I seguenti criteri si applicano alle acque dolci superficiali
designate quali richiedenti protezione o miglioramento per essere
idonee alla vita dei pesci.

1) Calcolo della conformita'

Leacque designate e classificate si considerano idonee alla vita dei
pesci quando i relativi campioni prelevati con la frequenza minima
riportata nella Tab. 1/B, nello stesso punto di prelevamento e per
un periodo di dodici mesi, presentino valori dei parametri di
qualita' conformi ai limiti imperativi indicati e alle relative
note esplicative della medesima Tabella, per quanto riguarda:

a) il valore del 95% dei campioni prelevati, per i parametri: - pH - BOD5 - ammoniaca indissociata - ammoniaca totale - nitriti - cloro residuo totale - zinco totale - rame disciolto.

Quando la frequenza di campionamento e' inferiore ad un prelievo al mese, i valori devono essere conformi ai limiti tabellari nel 100% dei campioni prelevati);

b) i valori indicati nella tabella 1/B per i parametri: - temperatura - ossigeno disciolto;

c) la concentratone media fissata per il parametro:

- materie in sospensione.

Il superamento dei valori tabellari o il mancato rispetto delle osservazioni riportate nella tabella 1/B non sono presi in considerazione se avvengono a causa di piene, alluvioni o altre calamita' naturali.

2) Campionamento

Ai fini dell'accertamento della conformita' di cui al punto 1:

a) la frequenza dei campionamenti stabilita nella tabella 1/11 puo'
essere ridotta ove risulti accertato che la qualita' delle acque
e' sensibilmente migliore di quella riscontrabile, per i singoli
parametri dall'applicazione delle percentuali di cui al punto 1.

b) possono essere esentate dal campionamento periodico le acque per
le quali risulti accertato che non esistono cause di inquinamento
o rischio di deterioramento.

Il luogo esatto del prelevamento dei campioni, la sua distanza dal piu' vicino punto di scarico di sostanze inquinanti e la profondita' alla quale i campioni devono essere prelevati sono definiti dall'autorita' competente in funzione, soprattutto, delle condizioni ambientali locali.
----> vedere tabella da pag. 79 a pag. 80 del S.O. <----

NOTE ESPLICATIVE AI PARAMETRI DELLA TAB. 1/B

(Integrano le prescrizioni figuranti nel prospetto di detta Tabella)

(1) Per la verifica del (T la temperatura deve essere misurata a valle di un punto di scarico termico al limite della zona di mescolamento; il valore riportato in tabella si riferisce alla differenza tra la temperatura misurata e la temperatura naturale.

Con riferimento alla temperatura di riproduzione, non e' stato espresso alcun valore limite in considerazione della variabilita' di temperatura ideale di riproduzione dei pesci appartenenti ai Ciprinidi nelle acque italiane.

(2) a) Valore limite "I" - acque per Salmonidi: quando la concentrazione di ossigeno e' inferiore a 6 mg/L, le Autorita' competenti devono intervenire applicando le disposizioni dell'art. 12, paragrafo 2;

b) Valore limite "I" - acque per Ciprinidi: quando la concentratone di ossigeno e' inferiore a 4 mg/L, le Autorita' competenti applicano le disposizioni dell'art. 12, paragrafo 2;

- quando si verificano le condizioni previste in (a) e (b) le
Autorita' competenti devono provare che dette situazioni non
avranno conseguenze dannose allo sviluppo equilibrato delle
popolazioni ittiche; - tra parentesi viene indicata la percentuale delle misure in cui
debbono essere superati o eguagliati i valori tabellari (e.g. >o= 9
(50%) significa che almeno nel 50% delle misure di controllo la
concentrazione di 9 mg/L deve essere superata); - campionamento: almeno un campione deve essere rappresentativo delle
condizioni di minima ossigenazione nel corso dell'anno. Tuttavia se
si sospettano variazioni giornaliere sensibili dovranno essere
prelevati almeno 2 campioni rappresentativi delle differenti
situazioni nel giorno del prelievo.

(3) Le variazioni artificiali del pH, rispetto ai valori naturali medi del corpo idrico considerato, possono superare di ( 0,5 unita'-pH i valori estremi figuranti nel prospetto della tabella 1/B (sia per le acque per Salmonidi che per le acque per Ciprinidi) a condizione che tali variazioni non determinino un aumento della nocivita' di altre sostanze presenti nell'acqua.

(4) Si puo' derogare dai suddetti limiti nei corpi idrici, in particolari condizioni idrologiche, in cui si verifichino arricchimenti naturali senza intervento antropico;

- i valori limite (G e 1 per le due sottoclassi) sono concentrazioni
medie e non si applicano alle materie in sospensione aventi
proprieta' chimiche nocive. In quest'ultimo caso le Autorita'
competenti prenderanno provvedimenti per ridurre detto materiale,
se individuata l'origine antropica; - nell'analisi gravimetrica il residuo, ottenuto dopo filtrazione su
membrana di porosita' 0,45 (m o dopo centrifugazione (tempo 5 min
ed accelerazione media di 2.800-3.200 g), dovra' essere essiccato a
105oC fino a peso costante.

(5) La determinazione dell'ossigeno va eseguita prima e dopo incubazione di cinque giorni al buio completo, a 20oC (( 1oC) e senza impedire la nitrificazione.

(6) I valori limite "G" riportati possono essere considerati come indicativi per ridurre l'eutrofizzazione;

- per i laghi aventi profondita' media compresa tra 18 e 300 metri,
per il calcolo del carico di fosforo totale accettabile, al fine di
controllare l'eutrofizzazione, puo' essere utilizzata la seguente
formula:
Z
L= A -- (1 + (radice quadrata) Tw)
TW

dove:

L = carico annuale espresso in mg di P per metro quadrato di superficie del lago considerato;

Z = profondita' media del lago in metri (generalmente si calcola dividendo il volume per la superficie);

Tw= tempo teorico di ricambio delle acque del lago, in anni (si calcola dividendo il volume per la portata annua totale dell'emissario);

A= valore soglia per il contenimento dei fenomeni eutrofici - Per la maggior parte dei laghi italiani "A" puo' essere considerato pari a 20.

Tuttavia per ogni singolo ambiente e' possibile calcolare uno specifico valore soglia (A) mediante l'applicazione di una delle seguenti equazioni. (Il valore ottenuto va aumentato del 50% per i laghi a vocazione salmonicola e del 100% per i laghi a vocazione ciprinicola).

Log [P] = 1,48 + 0,33 (± 0,09) Log MEI* alcal. Log [P] = 0,75 + 0,27 (± 0,11) Log MEI* cond. dove: P = A = Concentrazione di fosforo totale di µg/L; MEI alcal. = Rapporto tra alcalinita' (meq/L) e profondita' media (m); MEI cond. = Rapporto tra conducibilita' (µS/cm) e profondita' media (m); (*) MEI = Indice morfoedafico.

(7) Nei riguardi dei pesci i nitriti risultano manifestamente piu' tossici in acque a scarso tenore di cloruri. I valori "I" indicati nella tabella 1/B corrispondono ad un criterio di qualita' per acque con una concentrazione di cloruri di 10 mg/L.

Per concentrazioni di cloruri comprese tra 1 e 40 mg/L i valori limite "I" corrispondenti sono riportati nella seguente tabella 2/B.

Tab. 2/B - Valori limite "Imperativi" per il parametro nitriti per concentrazioni di cloruri comprese tra 1 e 40 mg/L

=================================================================
Cloruri Acque per salmonidi Acque per ciprinidi
(mg/L) (mg/L NO2) (mg/L NO2) =================================================================
1 0,10 0,19
5 0,49 0,98
10 0,88 1,77
20 1,18 2,37
40 1,48 2,96 -----------------------------------------------------------------

(8) Data la complessita' della classe, anche se ristretta ai fenoli monoidrici, il valore limite unico quotato nel prospetto della tabella 1/B puo' risultare a seconda del composto chimico specifico troppo restrittivo o troppo permissivo;

- poiche' la direttiva del Consiglio (78/659/CEE del 18 luglio 1978) prevede soltanto l'esame organolettico (sapore), appare utile richiamare nella tabella 3/B la concentrazione piu' alta delle sostanze piu' rappresentative della sotto classe Clorofenoli che non altera il sapore dei pesci (U.S. EPA - Ambient Water Quality Criteria, 1978):

Tab. 3/B

=================================================================
Fenoli Livelli Fenoli Livelli
((g/L) ((g/L) ================================================================= 2-clorofenolo 60 2,5-diclorofenolo 23 4-clorofenolo 45 2,6-diclorofenolo 35 2,3-diclorofenolo 84 2,4,6-triclorofenolo 52 2,4-diclorofenolo 0,4(*) (*) Questo valore indica che si possono riscontrare alterazioni del sapore dei pesci anche a concentrazione di fenoli al disotto del valore guida (G) proposto.

Appare infine utile richiamare, nella tabella 4/B, i criteri di qualita' per la protezione della vita acquatica formulati da B.C. Nicholson per conto del Governo Australiano in "Australian Water Quality Criteria for Organic Compound - Tecnical Paper n. 82 (1984)"

Tab. 4/B

================================================================= Fenoli ((g/L) Fenoli ((g/L) ================================================================= Fenolo 100 4-clorofenelo 400 o-cresolo 100 2,4-diclorofenolo 30 m-eresolo 100 2,4,6-triclorofenolo 30 p- cresolo 100 Pentaelorofenolo 1

(9) Considerato che gli olii minerali (o idrocarburi di origine petrolifera) possono essere presenti nell'acqua o adsorbiti nel materiale in sospensione o emulsionati o disciolti, appare indispensabile che il campionamento venga fatto sotto la superficie:

- concentrazioni di idrocarburi anche inferiori al valore guida
riportato nella tabella 1/B possono tuttavia risultare nocivi per
forme ittiche giovanili ed alterare il sapore del pesce; - la determinazione degli idrocarburi di origine petrolifera va
eseguita mediante spettrofotometria IR previa estrazione con
tetracloruro di carbonio o altro solvente equivalente.

(10) La proporzione di ammoniaca non ionizzata (o ammoniaca libera), specie estremamente tossica, in quella totale (NH3 + NH4) dipende dalla temperatura e dal pH;

- le concentrazioni di ammoniaca totale (NH3 + NH4) che contengono una concentrazione di 0,025 mg/L di ammoniaca non ionizzata, in funzione della temperatura e pH, misurate al momento del prelievo, sono quelle riportate nella seguente tabella 5/B:

Tab. 5/B

================================================================= Temperatura Valori di pH (°C)
====================================================
6,5 7,0 7,5 8,0 8,5 9,0 9,5

5 63,3 20,0 6,3 2,0 0,66 0,23 0,089
10 42,4 13,4 4,3 1,4 0,45 0,16 0,067
15 28,9 9,2 2,9 0,94 0,31 0,12 0,053
20 20,0 6,3 2,0 0,66 0,22 0,088 0,045
25 13,9 4,4 1,4 0,46 0,16 0,069 0,028
30 9,8 3,1 1,0 0,36 0,12 0,056 0,035

(11) Al fine di ridurre il rischio di tossicita' dovuto alla presenza di ammoniaca non ionizzata, il rischio di consumo di ossigeno dovuto alla nitrificazione e il rischio dovuto all'instaurarsi di fenomeni di eutrofizzazione, le concentrazioni di ammoniaca totale non dovrebbero superare i valori "I" indicati nel prospetto della tabella 1/B;

- tuttavia per cause naturali (particolari condizioni geografiche o climatiche) e segnatamente in caso di basse temperature dell'acqua e di diminuzione della nitrificazione o qualora l'Autorita' competente possa provare che non si avranno conseguenze dannose per lo sviluppo equilibrato delle popolazioni ittiche, e' consentito il superamento dei valori tabellari.

(12) Quando il cloro e' presente in acqua in forma disponibile, cioe' in grado di agire come ossidante, i termini, usati indifferentemente in letteratura, "disponibile", "attivo" o "residuo" si equivalgono;

- il "cloro residuo totale" corrisponde alla somma, se presenti contemporaneamente, del cloro disponibile libero [cioe' quello presente come una miscela in equilibrio di ioni ipoclorito (OCl) ed acido ipocloroso (HOCl)] e del cloro combinato disponibile [cioe' quello presente nelle cloroammine o in altri composti con legami N-Cl (i.e. dicloroisocianurato di sodio)];

- la concentrazione piu' elevata di cloro (Cl2) che non manifesta effetti avversi su specie ittiche sensibili entro 5 giorni, e' di 0,005 mg Cl2/L (corrispondente a 0,004 mg/L di HOCl). Considerato che il cloro e' troppo reattivo per persistere a lungo nei corsi d'acqua, che lo stesso acido ipocloroso si decompone lentamente a ione cloruro ed ossigeno (processo accelerato dalla luce solare), che i pesci per comportamento autoprotettivo fuggono dalle zone ad elevata concentrazione di cloro attivo, come valore e' stato confermato il limite suddetto;

- le quantita' di cloro totale, espresse in mg/L, di Cl2, che contengono una concentrazione di 0,004 mg/L di HOCl, variano in funzione della temperatura e soprattutto del valore di pH (in quanto influenza in maniera rimarchevole il grado di dissociazione dell'acido ipocloroso HOCl <-> H(+) + ClO-) secondo la seguente tabella 6/B:

Tab. 6/B

================================================================= Temperatura (°C) Valori di pH
==============================================
6 7 8 9
5 0,004 0,005 0,011 0,075
25 0,004 0,005 0,016 0,121

Pertanto i valori "I" risultanti in tabella corrispondono a pH = 6. In presenza di valori di pH piu' alti sono consentite concentrazioni di cloro residuo totale (C12) piu' elevate e comunque non superiori a quelle riportate in tabella. 6/B;

- per i calcoli analitici di trasformazione del cloro ad acido ipocloroso ricordare che, dall'equazione stechiometrica, risulta che una mole di cloro (Cl2) corrisponde ad 1 mole di acido ipocloroso (HOCl).

- in ogni caso la concentrazione ammissibile di cloro residuo totale non deve superare il limite di rilevabilita' strumentale del metodo di riferimento.

(13) L'attenzione e' rivolta alla classe tensioattivi anionici, che trova il maggior impiego nei detersivi per uso domestico;

- il metodo al blu di metilene, con tutti gli accorgimenti suggeriti negli ultimi anni (vedi direttiva del Consiglio 82/243/CEE del 31 marzo 1982, in Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee L. 109 del 22 aprile 1982), appare ancora il piu' valido per la determinazione di questa classe di composti. Per il futuro e' da prevedere l'inclusione in questo parametro almeno della classe dei tensioattivi non ionici.

(14) Gli otto metalli presi in considerazione risultano piu' o meno tossici verso la fauna acquatica. Alcuni di essi (Hg, As, etc.) hanno la capacita' di bioaccumularsi anche su pesci commestibili.

La tossicita' e' spesso attenuata dalla durezza. I valori quotati nel prospetto della tabella 1/B, corrispondono ad una durezza dell'acqua di 100 mg/L come CaCO3. Per durezze comprese tra <5O e >250 i valori limite corrispondenti sono riportati nei riquadri seguenti contraddistinti per protezione dei Salmonidi e dei Ciprinidi.
----> vedere tabelle a pag. 85 del S.O. <----

SEZIONE C: CRITERI GENERALI E METODOLOGIE PER IL RILEVAMENTO DELLE CARATTERISTICHE QUALITATIVE ED IL CALCOLO DELLA CONFORMITA' DELLE
ACQUE DESTINATE ALLA VITA DEI MOLLUSCHI

I seguenti criteri si applicano alle acque costiere e salmastre sedi di banchi e popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi designate come richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo dei molluschi e per contribuire alla buona qualita' dei prodotti della molluschicoltura destinati al consumo umano.

1) Calcolo della conformita'

1. Le acque designate ai sensi dell'art. 14 si considerano conformi quando i campioni di tali acque, prelevate nello stesso punto per un periodo di dodici mesi, secondo la frequenza minima prevista nella tab. 1/C, rispettano i valori e le indicazioni di cui alla medesima tabella per quanto riguarda:

a) il 100% dei campioni prelevati per i parametri sostanze organo
alogenate e metalli;

b) il 95% dei campioni per i parametri salinita' ed ossigeno
disciolto;

c) il 75% dei campioni per gli altri parametri indicati nella tab.
1/C.

2. Qualora la frequenza dei campionamenti, ad eccezione di quelli relativi ai parametri sostanze organo alogenate e metalli, sia inferiore a quella indicata nella tab. 1/C, la conformita' ai valori ed alle indicazioni deve essere rispettata nel 100% dei campioni.

3. Il superamento dei valori tabellari o il mancato rispetto delle indicazioni riportate nella tabella 1/C non sono presi in considerazione se avvengono a causa di eventi calamitosi.

2) Campionamento

1. L'esatta ubicazione delle stazioni di prelievo dei campioni, la loro distanza dal piu' vicino punto di scarico di sostanze inquinanti e la profondita' alla quale i campioni devono essere prelevati, sono definiti dall'Autorita' competente in funzione delle condizioni ambientali locali.

2. Ai fini dell'accertamento della conformita' di cui al comma 1, la frequenza dei campionamenti stabilita nella tabella l/C puo' essere ridotta dall'Autorita' competente ove risulti accertato che la qualita' delle acque e' sensibilmente superiore per i singoli parametri di quella risultante dall'applicazione dei valori limite e relative note.

3. Possono essere esentate dal campionamento periodico le acque per le quali risulti accertato che non esistano cause di inquinamento o rischio di deterioramento.
----> vedere tabella da pag. 87 a pag. 88 del S.O. <----
 
ALLEGATO 3: RILEVAMENTO DELLE CARATTERISTICHE DEI BACINI IDROGRAFICI
E ANALISI DELL'IMPATTO ESERCITATO DALL'ATTIVITA' ANTROPICA

Per la redazione dei piani di tutela di cui all'articolo 44, le Regioni devono raccogliere ed elaborare i dati relativi alle caratteristiche dei bacini idrografici secondo i criteri di seguito indicati.

A tal fine si ritiene opportuno che le Regioni si coordinino, anche con il supporto delle autorita' di bacino, per individuare, per ogni bacino idrografico, un Centro di Documentazione cui attribuire il compito di raccogliere, catalogare e diffondere le informazioni relative alle caratteristiche dei bacini idrografici ricadenti nei territori di competenza.

Devono essere in particolare considerati gli elementi geografici, geologici, idrogeologici, fisici, chimici e biologici dei corpi idrici superficiali e sotterranei, nonche' quelli socioeconomici presenti nel bacino idrografico di propria competenza.

1 ACQUE SUPERFICIALI

1.1 Acquisizione delle conoscenze disponibili

La fase iniziale, finalizzata alla prima caratterizzazione dei bacini
idrografici, serve a raccogliere le informazioni relative a:

a) gli aspetti geografici: estensione geografica ed estensione
altitudinale, latitudinale e longitudinale;

b) le condizioni geologiche: informazioni sulla tipologia dei
substrati, almeno in relazione al contenuto calcareo, siliceo ed
organico;

c) le condizioni idrologiche: bilanci idrici, compresi i volumi, i
regimi di flusso nonche' i trasferimenti e le deviazioni idriche e
le relative fluttuazioni stagionali e, se del caso, la salinita';

d) le condizioni climatiche: tipo di precipitazioni e, ove possibile,
evaporazione ed evapotraspirazione;

Tali informazioni sono integrate con gli aspetti relativi a: a) caratteristiche socioeconomiche - utilizzo del suolo, industrializzazione dell'area, ecc.

b) individuazione e tipizzazione di aree naturali protette.

c) eventuale caratterizzazione fiumistica e vegetazionale dell'area
del bacino idrografico;

1.2 Archivio anagrafico dei corpi idrici

Per ciascun corpo idrico (nel caso di corsi d'acqua solo quelli con bacino superiore a 10 kmq), anche se non significativo ai sensi dell'allegato 1, dovra' essere predisposta una scheda informatizzata che contenga:

a) i dati derivati dalle attivita' di cui al punto 1.1

b) le informazioni relative all'impatto esercitato dalle attivita'
antropiche sullo stato delle acque superficiali all'interno di
ciascun bacino idrografico. Tale esame dovra' riguardare in
particolare i seguenti aspetti:

- stima dell'inquinamento da fonte puntuale da effettuare in primo
luogo sulla base del catasto degli scarichi, se questo e'
aggiornato almeno al 1996. In mancanza di tali dati (o in presenza
solo di informazioni anteriori al 1996) si dovranno utilizzare
stime fatte sulla base di altre informazioni e di indici di tipo
statistico (esempio: dati camere di commercio relativi agli
insediamenti, agli addetti per codice NACE e indici di emissione
per codice NACE); - stima dell'inquinamento da fonte diffusa; - dati sulla estrazione delle acque (nel caso di acque dolci) e sui
relativi usi (in mancanza di misure saranno usate stime effettuate
in base a parametri statistici); - analisi delle alte incidenze antropiche sullo stato delle acque.

c) per i corpi idrici individuati come significativi ai sensi dell'allegato 1 devono essere riportati i dati derivanti dalle azioni di monitoraggio e classificazione di cui all'allegato stesso.

2 ACQUE SOTTERRANEE

2.1 Acquizione delle conoscenze disponibili

La fase conoscitiva ha come scopo principale la caratterizzazione qualitativa degli acquiferi. Deve avere come risultato:

- definire lo stato attuale delle conoscenze relative agli aspetti
quantitativi e qualitativi delle acque sotterranee; - costituire una banca dati informatizzata dei dati idrogeologici e
idrochimici; - localizzare i punti d'acqua sotterranea potenzialmente disponibili
per le misure; - ricostruire il modello idrogeologico, con particolare riferimento
ai rapporti di eventuale intercomunicazione tra i diversi acquiferi
e tra le acque superficiali e le acque sotterranee.

Le informazioni da raccogliere devono essere relative ai seguenti elementi:

- studi precedentemente condotti (idrogeologici, geotecnici,
geofisici, geomorfologici, ecc) con relativi eventuali elaborati
cartografici (carte geologiche, sezioni idrogeologiche,
piezometrie, carte idrochimiche, ecc); - dati relativi ai pozzi e piezometri, quali: ubicazione,
stratigrafie, utilizzatore (pubblico o privato), stato di attivita'
(attivo, in disuso, cementato); - dati relativi alle sorgenti quali: ubicazione, portata,
utilizzatore (pubblico o privato), stato di attivita' (attiva, in
disuso, ecc.); - dati relativi ai valori piezometrici; - dati relativi al regime delle portate delle sorgenti; - dati esistenti riguardanti accertamenti analitici sulla qualita'
delle acque relative a sorgenti pozzi e piezometri esistenti; - reticoli di monitoraggio esistenti delle acque sotterranee.

Devono essere inoltre considerati tutti quegli elementi addizionali suggeriti dalle condizioni locali di insediamento antropico o da particolari situazioni geologiche e geochimiche, nonche' della vulnerabilita' e rischio della risorsa. Dovranno inoltre essere valutate, se esistenti, le indagini relative alle biocenosi degli ambienti sotterranei.

Le azioni conoscitive devono essere accompagnate da tutte quelle iniziative necessarie ad acquisire tutte le informazioni e le documentazioni in materia presenti presso gli enti che ne dispongono, i quali ne dovranno garantire l'accesso.

Sulla base delle informazione raccolte, delle conoscenze a scala generale e degli studi precedenti, verra' ricostruita la geometria dei principali corpi acquiferi presenti evidenziando la reciproca eventuale intercomunicazione compresa quella con le acque superficiali, la parametrizzazione (laddove disponibile) e le caratteristiche idrochimiche, e dove presenti quelle biologiche.

La caratterizzazione degli acquiferi sara' revisionata sulla base dei risultati della gestione della rete di monitoraggio effettuato in base alle indicazioni riportate all'allegato 1.

La ricostruzione idrogeologica preliminare dovra' quindi permettere la formulazione di un primo modello concettuale, intendendo con questo termine una schematizzazione idrogeologica semplificata del sottosuolo e una prima parametrizzazione degli acquiferi. In pratica devono essere qui riassunte le proprieta' geologiche, le caratteristiche idrogeologiche del sistema, con particolare riferimento ai meccanismi di ricarica degli acquiferi ed ai rapporti tra le falde, i rapporti esistenti tra acque superficiali e acque sotterranee, nonche' alle caratteristiche qualitative delle acque sotterranee. I dati cosi' raccolti dovranno avere un dettaglio rappresentabile significativamente almeno alla scala 1:100.000.

2.2 Archivio anagrafico dei punti d'acqua

Deve essere istituito un catasto anagrafico debitamente codificato al fine di disporre di un data-base aggiornato dei punti d'acqua esistenti (pozzi, piezometri, sorgenti e altre emergenze della falda come fontanili, ecc.) e dei nuovi punti realizzati. A ciascun punto d'acqua dovra' essere assegnato un numero di codice univoco stabilito in base alle modalita' di codifica che saranno indicate nel decreto di cui all'articolo 3 comma 7.

Per quanto riguarda le sorgenti andranno codificate tutte quelle utilizzate e comunque quelle che presentano una portata media superiore a 10 L/s e quelle di particolare interesse ambientale.

Per le nuove opere e' fatto obbligo all'Ente competente di verificare all'atto della domanda di ricerca e sfruttamento della risorsa idrica sotterranea, l'avvenuta assegnazione del codice.

In assenza di tale codice i rapporti di prova relativi alla qualita' delle acque, non potranno essere accettati dalla Pubblica Amministrazione.

Inoltre per ciascun punto d'acqua dovra' essere predisposta una scheda informatizzata che contenga i dati relativi alle caratteristiche geografiche, anagrafiche, idrogeologiche, strutturali, idrauliche e funzionali derivate dalle analisi conoscitive di cui al punto 1.

Le schede relative ai singoli punti d'acqua, assieme alle analisi conoscitive di cui al punto 1 ed a quelle che potranno essere raccolte per ciascun punto d'acqua dovranno contenere poi le informazioni relative a:

a) le caratteristiche chimico fisiche dei singoli complessi
idrogeologici e del loro grado di sfruttamento, utilizzando i dati
a vario titolo in possesso dei vari Enti (analisi chimiche
effettuate dai laboratori pubblici, autodenunce del sollevato
etc.) nonche' stime delle direzioni e delle velocita' di scambio
dell'acqua fra il corpo idrico sotterraneo ed i sistemi
superficiali connessi.

b) l'impatto esercitato dalle attivita' umane sullo stato delle acque
sotterranee all'interno di ciascun complesso idrogeologico.

Tale esame dovra' riguardare i seguenti aspetti:

1. stima dell'inquinamento da fonte puntuale (cosi' come indicato al punto relativo alle acque superficiali); 2. stima dell'inquinamento da fonte diffusa; 3. dati derivanti dalle misure relative all'estrazione delle acque; 4. stima del ravvenamemo artificiale; 5. analisi delle altre incidenze antropiche sullo stato delle acque.

3 MODALITA' DI ELABORAZIONE, GESTIONE E DIFFUSIONE DEI DATI

Le Regioni organizzeranno un proprio Centro di Documentazione che curera' l'accatastamento dei dati e la relativa elaborazione, gestione e diffusione.

Tali dati sono organizzati secondo i criteri stabiliti nel decreto di cui all'articolo 3 comma 7 e devono periodicamente essere aggiornati con i dati prodotti dal monitoraggio secondo le indicazioni di cui all'allegato 1.

Le misure quantitative e qualitative dovranno essere organizzate secondo quanto previsto nel decreto attuativo relativo alla standardizzazione dei dati. A tali modalita' si dovranno anche attenere i soggetti tenuti a predisporre i protocolli di garanzia e di qualita'.

L'interpretazione dei dati relativi alle acque sotterranee in un acquifero potra' essere espressa in forma sintetica mediante: tabelle, grafici, diagrammi, serie temporali, cartografie tematiche, elaborazioni statistiche, ecc.

Il Centro di documentazione annualmente curera' la redazione di un rapporto sull'evoluzione qualiquantitativa dei complessi idrogeologici monitorati e rendera' disponibili tutti i dati e le elaborazioni effettuate, a tutti gli interessati.

Compito del Centro di documentazione sara' inoltre la redazione di carte di sintesi delle aree su cui esiste un vincolo riferito alle acque sotterranee, carte di vulnerabilita' e rischio delle acque sotterranee.

Una volta ultimata la presentazione finale dei documenti e degli elaborati grafici ed informatizzati del prodotto, saranno individuati i canali piu' idonei alla sua diffusione anche mediante rapporti di sintesi e seminari, a tal scopo verra' predisposto un piano contenente modalita' e tempi dell'attivita' di diffusione.

Allo scopo dovra' essere prevista da parte del Centro di documentazione la disponibilita' degli stessi tramite sistemi geografici informatizzati (GIS) disponibili su reti multimediali.

La scala delle elaborazioni cartografiche dovra' essere di almeno 1:100.000 salvo necessita' di superiore dettaglio.
 
ALLEGATO 4: CONTENUTI DEI PIANI DI TUTELA DELLE ACQUE

PARTE A

I Piani di tutela delle acque devono contenere:

1. Descrizione generale delle caratteristiche del bacino idrografico ai sensi dell'articolo 42 e dell'allegato 3. Tale, descrizione include:

1.1 Per le acque superficiali:

- rappresentazione cartografica dell'ubicazione e del perimetro dei corpi idrici con indicazione degli ecotipi presenti all'interno del bacino idrografico e dei corpi idrici di riferimento cosi' come indicato all'allegato 1.

1.2 Per le acque sotterranee:

- rappresentazione cartografica della geometria e delle
caratteristiche litostratografiche e idrogeologiche delle singole
zone; - suddivisione del territorio in zone acquifere omogenee;

2. Sintesi delle pressioni e degli impatti significativi esercitati dall'attivita' antropica sullo stato delle acque superficiali e sottaranee. Vanno presi in considerazione:

- Stima dell'inquinamento in termini di carico (sia in tonnellate /
anno che in tonnellate / mese) da fonte puntuale (sulla base del
catasto degli scarichi); - stima dell'impatto da fonte diffusa, in termine di carico, con
sintesi delle utilizzazioni del suolo; - stima delle pressioni sullo stato quantitativo delle acque,
derivanti dalle concessioni e dalle estrazioni esistenti; - analisi di altri impatti derivanti dall'attivita' umana sullo stato
delle acque;

3. Elenco e rappresentazione cartografica delle aree indicate al Titolo III, capo I, in particolare per quanto riguarda le aree sensibili e le zone vulnerabili cosi' come risultano dalla eventuale reidentificazione fatta dalle Regioni;

4. Mappa delle reti di monitoraggio istituite ai sensi dell'articolo 43 e dell'allegato 1, ed una rappresentazione in formato cartografico dei risultati dei programmi di monitoraggio effettuati in conformita' a tali disposizioni per lo stato delle:

4.1 acque superficiali (stato ecologico e chimico);

4.2 acque sotterranee (stato chimico e quantitativo);

4.3 aree a specifica tutela;

5. Elenco degli obiettivi definiti dalle autorita' di bacino ai sensi dell'articolo 44 e degli obiettivi di qualita' definiti a norma dell'articolo 4 per le acque superficiali, le acque sotterranee, includendo in particolare l'identificazione dei casi dove si e' ricorso alle disposizioni dell'articolo 5, commi 4 e 5 e le associate informazioni richieste in conformita' al suddetto articolo;

6. Sintesi del programma o programmi di misure adottati che deve contenere:

6.1 programmi di misure per il raggiungimento degli obiettivi di qualita' ambientale dei corpi idrici di cui all'articolo 5;

6.2 specifici programmi di tutela e miglioramento previsti ai fini del raggiungimento dei singoli obiettivi di qualita' per le acque a specifica destinazione di cui al titolo II capo II;

6.3 misure adottate ai sensi del Titolo III capo I;

6.4 misure adottate ai sensi del titolo III capo II, in particolare:

- sintesi della pianificazione del bilancio idrico di cui
all'articolo 22; - misure di risparmio e riutilizzo di cui agli articoli 25 e 26;

6.5 misure adottate ai sensi titolo III del capo III, in particolare:

- disciplina degli scarichi; - definizione delle misure per la riduzione dell'inquinamento degli
scarichi da fonte puntuale; - specificazione dei casi particolari in cui sono stati autorizzati
scarichi ai sensi dell'articolo 30;

6.6 informazioni su misure supplementari ritenute necessarie al fine di soddisfare gli obiettivi ambientali definiti;

6.7 informazioni delle misure intraprese al fine di evitare l'aumento dell'inquinamento delle acque marine in conformita' alle convenzioni internazionali;

6.8 relazione sulle iniziative e misure pratiche adottate per l'applicazione del principio del recupero dei costi dei servizi idrici ai sensi della legge 5 gennaio 1994 n. 36a) e sintesi dei piani finanziari predisposti ai sensi dell'articolo 11 a) della stessa legge;

7. Sintesi dei risultati dell'analisi economica, delle misure definite per la tutela dei corpi idrici e per il perseguimento degli obiettivi di qualita', anche allo scopo di una valutazione del rapporto costi benefici delle misure previste e delle azioni relative all'estrazione e distribuzione delle acque dolci, della raccolta e depurazione e riutilizzo delle acque reflue.

8. Sintesi dell'analisi integrata dei diversi fattori che concorrono a determinare lo stato di qualita' ambientale dei corpi idrici, al fine di coordinare le misure di cui al punto 6.3 e 6.4 per assicurare il miglior rapporto costi benefici delle diverse misure; in particolare vanno presi in considerazione quelli riguardanti la situazione quantitativa del corpo idrico in relazione alle concessioni in atto e la situazione qualitativa in relazione al carico inquinante che viene immesso nel corpo idrico.

9. relazione sugli eventuali ulteriori programmi o piani piu' dettagliati adottati per determinati sottobacini.

PARTE B.

Il primo aggiornamento del Piano di tutela delle acque tutti i successivi aggiornamenti dovranno inoltre includere:

1. sintesi di eventuali modifiche o aggiornamenti della precedente versione del Piano di tutela delle acque, incluso una sintesi delle revisioni da effettuare ai sensi dell'articolo 5 comma 7, e degli articoli 18 e 19;

2. valutazione dei progressi effettuati verso il raggiungimento degli obiettivi ambientali, con la rappresentazione cartografica dei risultati del monitoraggio per il periodo relativo al piano precedente, nonche' la motivazione per il mancato raggiungimento degli obiettivi ambientali;

3. sintesi e illustrazione delle misure previste nella precedente versione del Piano di gestione dei bacini idrografici non realizzate;

4. sintesi di eventuali misure supplementari adottate successivamente alla data di pubblicazione della precedente versione del Piano di tutela del bacino idrografico.

Riferimenti normativi:

(a) L'articolo 11 della citata legge 5 gennaio 1994, n. 36 e' il seguente:

"Art. 11 (Rapporti tra enti locali e oggetti gestori del servizio idrico integrato). - 1. La regione adotta una convenzione tipo e relativo disciplinare per regolare i rapporti tra gli enti locali di cui all'articolo 9 ed i soggetti gestori dei servizi idrici integrati, in conformita' ai criteri ed agli indirizzi di cui all'articolo 4, coma 1, lettere f) e g).

2. La convenzione tipo prevede in particolare: a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio; b) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario
della gestione; c) la durata dell'affidamento, non superiore comunque a trenta anni; d) i criteri per definire il piano economico-finanziario per la
gestione integrata del servizio; e) le modalita' di controllo del corretto esercizio del servizio; f) il livello di efficienza e di affidabilita' del servizio da
assicurare all'utenza anche con riferimento alla manutenzione
degli impianti; g) la facolta' di riscatto da parte degli enti locali secondo i
principi di cui al titolo I, capo II, del regolamento approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n.
902; h) l'obbligo di restituzione delle opere, degli impianti e delle
canalizzazioni dei servizi di cui all'articolo 4, comma 1, lettera
f), oggetto dell'esercizio, in condizioni di efficienza ed in
buono stato di conservazione; i) idonee garanzie finanziarie e assicurative; l) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di
risoluzione secondi i principi del codice civile; m) i criteri e le modalita' di applicazione delle tariffe determinate
dagli enti locali e del loro aggiornamento, anche con riferimento
alle diverse categorie di utenze.

3. Ai fini della definizione dei contenuti della convenzione di cui al comma 2, i comuni e le province operano la ricognizione delle opere di adduzione, di distribuzione, di fognatura e di depurazione esistenti e definiscono le procedure e le modalita', anche su base pluriennale per assicurare il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge. A tal fine predispongono sulla base dei criteri e degli indirizzi fissati dalle regioni, un programma degli interventi necessari accompagnato da un piano finanziario indica, in particolare, le risorse disponibili, quelle da reperire nonche' i proventi da tariffa, come definiti all'articolo 13, per il periodo considerato.
 
ALLEGATO 5: Limiti di emissione degli scarichi idrici

1 SCARICHI IN CORPI D'ACQUA SUPERFICIALI

1.1 Acque reflue urbane

Gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane di cui all'articolo 31, comma 2 devono conformarsi, secondo le cadenze temporali indicate al medesimo articolo, ai valori limiti definiti dalle Regioni in funzione degli obiettivi di qualita' e, nelle more della suddetta disciplina alle leggi regionali vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane di cui all'articolo 31, comma 3:

- se esistenti devono conformarsi secondo le cadenze temporali
indicate al medesimo articolo alle norme di emissione riportate
nella tabella l; - se nuovi devono essere conformi alle medesime disposizioni dalla
loro entrata in esercizio.

Gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane di cui all'articolo 32, devono essere conformi alle norme di emissione riportate nelle tabelle 1 e 2. Per i parametri azoto totale e fosforo totale le concentrazioni o le percentuali di riduzione del carico inquinante indicate devono essere raggiunti per uno od entrambi i parametri a seconda della situazione locale.

Devono inoltre essere rispettati nel caso di fognature che convogliano anche scarichi di acque reflue industriali i valori limite di tabella 3 ovvero quelli stabiliti dalle Regioni ai sensi dell'articolo 28 comma 2.
----> vedere tabelle da pag. 96 a pag. 97 del S.O. <----

Il punto di prelievo per i controlli, ai sensi dell'articolo 28 comma 3, deve essere sempre il medesimo e deve essere posto immediatamente a monte del punto di immissione nel corpo recettore. Nel caso di controllo della percentuale di riduzione dell'inquinante, dove essere previsto un punto di prelievo anche all'entrata dell'impianto di trattamento. Di tali esigenze si dovra' tener conto anche nella progettazione e modifica degli impianti, in modo da agevolare l'esecuzione delle attivita' di controllo.

Per il controllo della conformita' dei limiti indicati nelle tabelle 1 e 2 e di altri limiti definiti in sede locale vanno considerati i campioni medi ponderati nell'arco di 24 ore.

Per i parametri di tabella 1 il numero di campioni, ammessi su base annua, la cui media giornaliera puo' superare i limiti tabellari e' definito in rapporto al numero di misure, come da schema seguente.

================================================================= campioni numero massimo campioni numero massimo prelevati consentito di prelevati consentito di durante campioni non durante campioni non l'anno conformi l'anno conformi =================================================================
4 - 7 1 172 - 187 14
8 - 16 2 188 - 203 15
17 - 28 3 204 - 219 16
29 - 40 4 220 - 235 17
41 - 53 5 236 - 251 18
54 - 67 6 252 - 268 19
68 - 81 7 269 - 294 20
82 - 95 8 285 - 300 21
96 - 110 9 301 - 317 22
111 - 125 10 318 - 334 23
126 - 140 11 335 - 350 24
141 - 155 12 351 - 365 25
156 - 171 13

In particolare si precisa che, per i parametri sotto indicati, i campioni che risultano non conformi, affinche' lo scarico sia considerato in regola, non possono comunque superare le concentrazioni riportate in tabella 1 oltre la percentuale sotto indicata:

BOD5: 100%

COD: 100%

Solidi Sospesi 150% Il numero minimo annuo di campioni per i parametri di cui alle tabelle 1 e 2 e' fissato in base alla dimensione dell'impianto di trattamento e va effettuato dall'autorita' competente ovvero dal gestore qualora garantisca un sistema di rilevamento e di trasmissione dati all'autorita' di controllo, ritenuto idoneo da quest'ultimo, con prelievi ad intervalli regolari nel corso dell'anno, in base allo schema seguente.

================================================================== potenzialità impianto numero campioni ==================================================================
12 compioni il primo anno e 4 negli anni
successivi, purché lo scarico sia conforme; da 2000 a 9999 A.E: se uno dei 4 campioni non è conforme,
nell'anno successivo devono essere prelevati
12 campioni ------------------------------------------------------------------ da 10000 a 49999 A.E.: 12 campioni ------------------------------------------------------------------ oltre 50000 A.E: 24 campioni ------------------------------------------------------------------

I gestori degli impianti devono inoltre assicurare un sufficiente numero di autocontrolli (almeno uguale a quello del precedente schema) sugli scarichi dell'impianto di trattamento e sulle acque in entrata.

L'autorita' competente per il controllo deve altresi' verificare, con la frequenza minima di seguito indicata, il rispetto dei limiti indicati nella tabella 3. I parametri di tabella 3 che devono essere controllati sono solo quelli che le attivita' presenti sul territorio possono scaricare in fognatura.

================================================================== potenzialità impianto numero controlli ================================================================== da 2000 a 9999 1 volta l'anno da 10000 a 49.999 A.E 3 volte l'anno oltre 49.999 A.E 16 volte l'anno Valori estremi per la qualita' delle acque in questione non sono presi in considerazione se essi sono il risultato di situazioni eccezionali come quelle dovute a piogge abbondanti.

I risultati delle analisi di autocontrollo effettuate dai gestori degli impianti devono essere messi a disposizione degli enti preposti al controllo. I risultati dei controlli effettuati dall'autorita' competente e di quelli effettuati a cura dei gestori devono essere archiviati su idoneo supporto informatico secondo le indicazioni riportate nel decreto attuativo di cui all'articolo 3 comma 7.

1.2 Acque reflue industriali

Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali, devono essere conformi ai limiti di emissione indicati nella successiva tabella 3 o alle relative norme disposte dalle Regioni ai sensi dell'articolo 28 comma 2.

Le determinazioni analitiche ai fini del controllo di conformita' degli scarichi di acque reflue industriali sono di norma riferite ad un campione medio prelevato nell'arco di tre ore. L'autorita' preposta al controllo puo', con motivazione espressa nel verbale di campionamento, effettuare il campionamento su tempi diversi al fine di ottenere il campione piu' adatto a rappresentare lo scarico qualora lo giustifichino particolari esigenze quali quelle derivanti dalle prescrizioni contenute nell'autorizzazione dello scarico, dalle caratteristiche del ciclo tecnologico, dal tipo di scarico (in relazione alle caratteristiche di continuita' dello stesso), il tipo di accertamento (accertamento di routine, accertamento di emergenza ecc.)..

Ai sensi di quanto disposto dall'articolo 28 comma 2, tenendo conto del carico massimo ammissibile, ove definito, della persistenza, bioaccumulabilita' e della pericolosita' delle sostanze, nonche' della possibilita' di utilizzare le migliori tecniche disponibili, le Regioni stabiliscono opportuni limiti di emissione in massa nell'unita' di tempo (kg/mese).

Per cicli produttivi specificati nella tabella 3/A devono essere rispettati i limiti di emissione in massa per unita' di prodotto o di materia prima di cui alla stessa tabella. Per gli stessi cicli produttivi valgono altresi' i limiti di concentrazione indicati nelle tabella 3 allo scarico finale.

Tra i limiti di emissione in termini di massa per unita' di prodotto, indicati nella tabella 3/A, e quelli stabiliti dalle Regioni ai sensi dell'articolo 28, comma 2, in termini di massa nell'unita' di tempo valgono quelli piu' cautelativi.

2 SCARICHI SUL SUOLO

Nei casi previsti articolo 29 comma 1 punto c), gli scarichi sul suolo devono rispettare i limiti previsti nella tabella 4.

Il punto di prelievo per i controlli e' immediatamente a monte del punto di scarico sul suolo. Per gli impianti di depurazione naturale (lagunaggio, fitodepurazione) il punto di scarico corrisponde e' quello all'uscita dall'impianto.

Le determinazioni analitiche ai fini del controllo di conformita' degli scarichi di acque reflue industriali sono di norma riferite ad un campione medio prelevato nell'arco di tre ore. L'autorita' preposta al controllo puo', con motivazione espressa nel verbale di campionamento, effettuare il campionamento su tempi diversi al fine di ottenere il campione piu' adatto a rappresentare lo scarico qualora lo giustifichino particolari esigenze quali quelle derivanti dalle prescrizioni contenute nell'autorizzazione dello scarico, dalle caratteristiche del ciclo tecnologico, dal tipo di scarico (in relazione alle caratteristiche di continuita' dello stesso), il tipo di accertamento (accertamento di routine, accertamento di emergenza, ecc.).

Per gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane si fa riferimento a un campione medio ponderato nell'arco di 24 ore.

Le distanze dal piu' vicino corpo idrico superficiale oltre le quali e' permesso lo scarico sul suolo sono rapportale al volume delle scarico stesso secondo il seguente schema:

a) per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue urbane: - 1.000 metri - per scarichi con portate giornaliere medie inferiori
a 500 mc - 2.500 metri - per scarichi con portate giornaliere medie tra 501 e
5000 mc - 5.000 metri - per scarichi con portate giornaliere medie tra 5001 e
10.000 mc

b) per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue industriali. - 1.000 metri - per scarichi con portate giornaliere medie inferiori
a 100 mc - 2.500 metri - per scarichi con portate giornaliere medie tra 101 e
500 mc - 5.000 metri - per scarichi con portate giornaliere medie tra 501 e
2.000 mc

Gli scarichi aventi portata maggiore di quelle su indicate devono in ogni caso essere convogliati in corpo idrico superficiale, in fognatura o destinate al riutilizzo.

Per gli scarichi delle acque reflue urbane valgono gli stessi obblighi di controllo e di autocontrollo previsti per gli scarichi in acque superficiali.

L'autorita' competente per il controllo deve verificare, con la frequenza minima di seguito indicata, il rispetto dei limiti indicati nella tabella 4. I parametri di tabella 4 da controllare sono solo quelli che le attivita' presenti sul territorio possono scaricare in fognatura.

volume scarico numero controlli

sino a 2000 mc al giorno 4 volte l'anno oltre 2000 mc al giorno 8 volte l'anno

2.1 sostanze per cui esiste il divieto di scarico

Restano fermi i divieti di scarico sul suolo e nel sottosuolo delle seguenti sostanze:

- composti organo alogenati e sostanze che possono dare origine a
tali composti nell'ambiente idrico; - composti organo fosforici; - composti organo stannici; - sostanze che hanno potere cancerogeno, mutageno e teratogeno in
ambiente idrico o in concorso dello stesso; - mercurio e i suoi composti; - cadmio e i suoi composti; - oli minerali persistenti e idrocarburi di origine petrolifera
persistenti; - cianuri; - materie persistenti che possono galleggiare, restare in sospensione
o andare a fondo e che possono disturbare ogni tipo di
utilizzazione delle acque.

Tali sostanze, si intendono assenti quando sono in concentrazioni non superiori ai limiti di rilevabilita' delle metodiche di rilevamento in essere all'entrata in vigore del presente decreto o dei successivi aggiornamenti.

Persiste inoltre il divieto di scarico diretto nelle acque sotterranee, in aggiunta alle sostanze su elencate, di:

1 zinco rame nichel cromo
piombo selenio arsenico antimonio
molibdeno titanio stagno bario
berillio boro uranio vanadio
cobalto tallio tellurio argento

2: Biocidi e loro derivati non compresi nell'elenco del paragrafo precedente;

3: Sostanze che hanno un effetto nocivo sul sapore ovvero sull'odore dei prodotti consumati dall'uomo derivati dall'ambiente idrico, nonche' i composti che possono dare origine a tali sostanze nelle acque;

4: Composti organosilicati tossici o persistenti e che possono dare origine a tali composti nelle acque ad eccezione di quelli che sono biologicamente innocui o che si trasformano rapidamente nell'acqua in sostanze innocue;

5: Composti inorganici del fosforo e fosforo elementare;

6: Oli minerali non persistenti ed idrocarburi di origine petrolifera non persistenti;

7: Fluoruri;

8: Sostanze che influiscono sfavorevolmente sull'equilibrio dell'ossigeno, in particolare ammoniaca e nitriti.

Tali sostanze, si intendono assenti quando sono in concentrazioni non superiori ai limiti di rilevabilita' delle metodiche di rilevamento in essere all'entrata in vigore del presente decreto o dei successivi aggiornamenti.

3 INDICAZIONI GENERALI

I punti di scarico degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane devono essere scelti per quanto possibile, in modo da ridurre al minimo gli effetti sulle acque recettrici.

Tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, con potenzialita' superiore a 2000 abitanti equivalenti, ad esclusione degli impianti di trattamento che applicano tecnologie depurative di tipo naturale quali la fitodepurazione e il lagunaggio, dovranno essere dotati di un trattamento di disinfezione da utilizzarsi in caso di eventuali emergenze relative a situazioni di rischio sanitario ovvero per garantire il raggiungimento degli obiettivi di qualita' ambientali o gli usi in atto del corpo idrico recettore.

In sede di approvazione del progetto dell'impianto di trattamento delle acque reflue urbane l'autorita' competente dovra' verificare che l'impianto sia in grado di garantire che la concentrazione media giornaliera dell'azoto ammoniacale (espresso come N), in uscita dall'impianto di trattamento non superi il 30% del valore della concentrazione dell'azoto totale (espresso come N) in uscita dall'impianto di trattamento. Tale prescrizione non vale per gli scarichi in mare.

In sede di autorizzazione allo scarico, l'autorita' competente:

a) fissera' il sistema di riferimento per il controllo degli scarichi
di impianti di trattamento rispettivamente a: l'opzione riferita
al rispetto della concentrazione o della percentuale di
abbattimento; il riferimento alla concentrazione media annua alla
concentrazione media giornaliera per il parametro "azoto totale"
della tabella 2;

b) fissera' il limite opportuno relativo al parametro "Escherichia
coli" espresso come UFC/100mL. Si consiglia un limite non
superiore a 5000 UFC/100mL.

I trattamenti appropriati di cui all'articolo 31, comma 2 devono essere individuati con l'obiettivo di: a) rendere semplice la manutenzione e la gestione; b) essere in grado di sopportare adeguatamente forti variazioni orarie del carico idraulico e organico; c) minimizzare i costi gestionali. Questa tipologia di trattamento puo' equivalere ad un trattamento secondario o ad un trattamento secondario a seconda della soluzione tecnica adottata e dei risultati deputativi raggiunti.

Per tutti gli agglomerati con popolazione equivalente compresa tra 50 e 2000 a.e., si ritiene auspicabile il ricorso a tecnologie di depurazione naturale quali il lagunaggio o la fitodepurazione, o tecnologie come i filtri percolatori o impianti ad ossidazione totale.

Peraltro tali trattamenti possono essere considerati adatti se opportunamente dimensionati, al fine del raggiungimento dei limiti della tabella 1, anche per tutti gli agglomerati in cui la popolazione equivalente fluttuante sia superiore al 30% della popolazione residente e laddove le caratteristiche territoriali e climatiche lo consentano. Tali trattamenti si prestano, per gli agglomerati di maggiori dimensioni con popolazione equivalente compresa tra i 2000 e i 25000 a.e, anche a soluzioni integrate con impianti a fanghi attivi o a biomassa adesa, a valle del trattamento, con funzione di affinamento.

4 METODI DI CAMPIONAMENTO ED ANALISI

Fatto salvo quanto diversamente specificato nelle tabelle 1, 2, 3, 4 circa i metodi analitici di riferimento, rimangono valide le procedure di controllo, campionamento e misura definite dalle normative in essere prima dell'entrata in vigore del presente decreto. Le metodiche di campionamento ed analisi saranno aggiornate con apposito decreto ministeriale su proposta dell'ANPA.
----> vedere tabelle da pag. 102 a pag. 106 del S.O. <----

(2) per questi cicli produttivi non vengono indicati limiti di massa per unita' di prodotto, ma devono essere rispettati, oltre i limiti di concentrazione indicati in tabella 3 per la famiglia di sostanze di appartenenza, i seguenti limiti di concentrazione:


Media giorno Media mese
mg/L mg/L

1,2 dicloroetano (EDC) Utilizzazione di EDC per lo sgrassaggio dei metalli in 0,2 0,1 stabilimenti industriali diversi da quelli che producono, trasformano e/o utilizzano EDC nello stesso stabilimento Tricloroetilene (TRI) Produziono di tricloroetilene (TRI) e di percloroetilene (PER) 0,5 1 Utilizzazione TRI per lo sgrassaggio dei metalli 0,2 0,2 Triclorobenzone (TCB) Produzione e trasformazione di clorobenzeni mediante colorazione 0,1 0,05 Percloroetilene (PER) Produzione di tricloroefilene (TRI) e di percloroetilene 1 0,5 (procedimenti TRI-PER) Utilizzazione di PER per lo sgrassaggio metalli 0,2 0,1

Per verificare che gli scarichi soddisfano i limiti indicati nella tabella 3/A deve essere prevista una procedura di controllo che prevede:

- il prelievo quotidiano di un campione rappresentativo degli
scarichi effettuati nel giro di 24 ore e la misurazione della
concentrazione della sostanza in esame; - la misurazione del flusso-totale degli scarichi nello stesso arco
di tempo.

La quantita' di sostanze scaricata nel corso di m mese si calcola sommando le quantita' scaricate ogni giorno nel corso del mese. Tale quantita' va divisa per la quantita' totale di prodotto o di materia prima
----> vedere tabella a pag. 108 del S.O. <----

Tabella 5. Sostanze per le quali non possono essere adottati limiti meno restrittivi di quelli indicati in tabella 3, per lo scarico in acque superficiali (1) e per lo scarico in rete fognaria (2), o in tabella 4, per lo scarico sul suolo

1 Arsenico 2 Cadmio 3 Cromo totale 4 Cromo esavalente 5 Mercurio 6 Nichel 7 Piombo 8 Rame 9 Selenio 10 Zinco 11 Fenoli 12 Oli minerali non persistenti e idrocarburi di origine
petrolifera non persistenti 13 Solventi organici aromatici 14 Solventi organici azotati 15 Composti organici alogenati (compresi i pesticidi clorurati) 16 Pesticidi fosforati 17 Composti organici dello stagno 18 Sostanze di cui secondo le indicazioni dell'agenzia
internazionale di ricerca sul cancro (IARC), è provato il
potere cancerogeno

(1) Per quanto riguarda gli scarichi in corpo idrico superficiale, nel caso di insediamenti produttivi aventi scarichi con una portata complessiva media giornaliera inferiore a 50 mc, per i parametri della tabella 5, ad eccezione di quelli indicati sotto i numeri 2, 4, 5, 7, 15, 16, 17 e 18 le Regioni e le province autonome nell'ambito dei piani di tutela, possono ammettere valori di concentrazione che superano di non oltre il 50% i valori indicati nella tabella 3, purche' sia dimostrato che cio' non comporti un peggioramento della situazione ambientale e non pregiudica il raggiungimento gli obiettivi ambientali.

(2) Per quanto riguarda gli scarichi in fognatura, purche' sia garantito che lo scarico finale della fognatura rispetti i limiti di tabella 3, o quelli stabiliti dalle Regioni ai sensi dell'articolo 28 comma 2, il gestore del servizio idrico integrato puo' adottare, ai sensi dell'articolo 33, per i parametri della tabella 5, ad eccezione di quelli indicati sotto i numeri 2, 4, 5, 7,14, 15, 16, e 17, limiti di accettabilita' i cui valori di concentrazione superano quello indicato in tabella 3.

Tabella 6 - Peso vivo annuo corrispondente ad una produzione di 340 kg di azoto, al netto delle perdite di stoccaccio e distribuzione, da considerare ai fini dell'assimilazione alle acque reflue domestiche (articolo 28 comma 7)
SPECIE ALLEVATA PESO VIVO MEDIO PER ANNO (TONNELLATA)
suini 3
bovini 4
avicoli 2.1
cunicoli 2.4
ovicaprini 3.4
equini 4
 
ALLEGATO 6: CRITERI PER LA INDIVIDUAZIONE DELLE AREE SENSIBILI

Si considera area sensibile un sistema idrico classificabile in uno dei seguenti gruppi:

a) laghi naturali, altre acque dolci, estuari e acque del litorale
gia' eutrofizzati, o probabilmente esposti a prossima
eutrofizzazione, in assenza, di interventi protettivi specifici.

Perindividuare il nutriente da ridurre mediante ulteriore
trattamento, vanno tenuti in considerazione i seguenti elementi:

i) nei laghi e nei corsi d'acqua che si immettono in
laghi/bacini/baie chiuse con scarso ricambio idrico e ove possono
verificarsi fenomeni di accumulazione la sostanza da eliminare e'
il fosforo, a meno che non si dimostri che tale intervento non
avrebbe alcuno effetto sul livello dell'eutrofizzazione. Nel caso
di scarichi provenienti da ampi agglomerati si puo' prevedere di
eliminare anche l'azoto;

ii)negli estuari, nelle baie e nelle altre acque del litorale con
scarso ricambio idrico, ovvero in cui si immettono grandi
quantita' di nutrienti, se, da un lato, gli scarichi provenienti
da piccoli agglomerati urbani sono generalmente di importanza
irrilevante, dall'altro, quelli provenienti da agglomerati piu'
estesi rendono invece necessari interventi di eliminazione del
fosforo e/o dell'azoto, a meno che non si dimostri che cio' non
avrebbe comunque alcun effetto sul livello dell'eutrofizzazione:

b) acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua
potabile che potrebbero contenere, in assenza di interventi, una
concentrazione di nitrato superiore a 50 mg/L (stabilita
conformemente alle disposizioni pertinenti della direttiva 75/440
concernente la qualita' delle acque superficiali destinate alla
produzione d'acqua potabile;)

c) aree che necessitano, per gli scarichi afferenti, di un
trattamento supplementare al trattamento secondario al fine di
conformarsi alle prescrizioni previste dalla presente norma.

Ai sensi del comma 2 punto a) dell'articolo 18, sono da considerare in prima istanza come sensibili i laghi posti ad un'altitudine sotto i 1.000 sul livello del mare e aventi una superficie dello specchio liquido almeno di 0,3 kmq.

Nell'identificazione di ulteriori aree sensibili, oltre ai criteri di cui sopra, le Regioni dovranno prestare attenzione a quei corpi idrici dove si svolgono attivita' tradizionali di produzione ittica
 
ALLEGATO 7

PARTE A: ZONE VULNERABILI DA NITRATI DI ORIGINE AGRICOLA

PARTE A I

CRITERI PER L'INDIVIDUAZIONE DELLE ZONE VULNERABILI

Si considerano zone vulnerabili le zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati in acque gia' inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali scarichi.

Tali acque sono individuate, base tra l'altro dei seguenti criteri:

1. la presenza di nitrati o la loro possibile presenza ad una concentrazione superiore a 50 mg/L (espressi come NO3) nelle acque dolci superficiali, in particolare quelle destinate alla produzione di acqua potabile, se non si interviene ai sensi dell'articolo 19;

2. la presenza di nitrati o la loro possibile presenza ad una concentratone superiore a 50 mg/L (espressi come NO3) nelle acque dolci sotterranee, se non si interviene ai sensi dell'articolo 19;

3. la presenza di eutrofizzazione oppure la possibilita' del verificarsi di tale fenomeno nell'immediato futuro nei laghi naturali di acque dolci o altre acque dolci, estuari, acque costiere e marine, se non si interviene ai sensi dell'articolo 19.

Nell'individuazione delle zone vulnerabili, le Regioni tengono conto pertanto:

1. delle caratteristiche fisiche e ambientali delle acque e dei terreni che determinano il comportamento dei nitrati nel sistema acqua/terreno;

2. del risultato conseguibile attraverso i programmi d'azione adottati;

3. delle eventuali ripercussioni che si avrebbero nel caso di mancato intervento ai sensi dell'articolo 19.

CONTROLLI DA ESEGUIRE AI FINI DELLA REVISIONE DELLE ZONE VULNERABILI

Ai fini di quanto disposto dal comma 4 dell'articolo 19, la concentrazione dei nitrati deve essere controllata per il periodo di durata pari almeno ad un anno:

- nelle stazioni di campionamento previsto per la classificazione dei
corpi idrici sotterranei e superficiali individuate secondo quanto
previsto dall'allegato 1 al decreto; - nelle altre stazioni di campionamento previste al Titolo II Capo II
relativo al controllo delle acque destinate alla produzione di
acque potabili, almeno una volta al mese e piu' frequentemente nei
periodi di piena; - nei punti di prelievo, controllati ai sensi del DPR 236/88, delle
acque destinate al consumo umano.

Il controllo va ripetuto almeno ogni quattro anni. Nelle stazioni dove si e' riscontrata una concentrazione di nitrati inferiore a 25 mg/L (espressi come NO3) il programma di controllo puo' essere ripetuto ogni otto anni, purche' non si sia manifestato alcun fattore nuovo che possa aver incrementato il tenore dei nitrati.

Ogni quattro anni e' sottoposto a riesame lo stato eutrofico delle acque dolci superficiali, di transizione e costiere, adottando di conseguenza i provvedimenti del caso.

Nei programmi di controllo devono essere applicati i metodi di misura di riferimento previsti al successivo punto.

METODI DI RIFERIMENTO

Concimi chimici

Il metodo di analisi dei composti dell'azoto e' stabilito in conformita' al D.M. 19 luglio 1989 - Approvazione dei metodi ufficiali di analisi per i fertilizzanti.

Acque dolci acque costiere e acque marine

Il metodo di analisi per la rilevazione della concentrazione di nitrati e' la spettrofotometria di assorbimento molecolare. I laboratori che utilizzano altri metodi di misura devono accertare la comparabilita' dei risultati ottenuti

PARTE A II

ASPETTI METODOLOGICI

1. L'individuazione delle zone vulnerabili viene effettuata tenendo conto dei carichi (specie animali allevate, intensita' degli allevamenti e loro tipologia, tipologia dei reflui che ne derivano e modalita' di applicazione al terreno, coltivazioni e fertilizzazioni in uso) nonche' dei fattori ambientali che possono concorrere a determinare uno stato di contaminazione.

Tali fattori dipendono:

- dalla vulnerabilita' intrinseca delle formazioni acquifere ai
fluidi inquinanti (caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche
e idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi); - dalla capacita' di attenuazione del suolo nei confronti
dell'inquinante (caratteristiche di tessitura, contenuto di
sostanza organica ed altri fattori relativi alla sua composizione e
reattivita' chimico-biologica); - dalle condizioni climatiche e idrologiche; - dal tipo di ordinamento colturale e dalle relative pratiche
agronomiche.

Gli approcci metodologici di valutazione della vulnerabilita'
richiedono un'idonea ed omogenea base di dati e a tal proposito si
osserva che sul territorio nazionale sono presenti:

- aree per cui sono disponibili notevoli conoscenze di base e gia' e'
stata predisposta una mappatura della vulnerabilita' a scala di
dettaglio sia con la metodologia CNR-GNDCI (Gruppo Nazionale per la
Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche) che con sistemi
parametrici; - aree nelle quali, pur mancando studi e valutazioni di
vulnerabilita', sono disponibili dati sufficienti per effettuare
un'indagine di carattere orientativo e produrre un elaborato
cartografico a scala di riconoscimento; - aree in cui le informazioni sono molto carenti o frammentarie ed e'
necessario ricorrere ad una preventiva raccolta di dati al fine di
applicare le metodologie di base studiate in ambito CNR-GNDCI.

Al fine di individuare sull'intero territorio nazionale le zone vulnerabili ai nitrati si ritiene opportuno procedere ad un'indagine preliminare di riconoscimento, che deve essere in seguito revisionata sulla base di aggiornamenti successivi conseguenti anche ad eventuali ulteriori indagini di maggiore dettaglio.

2. Indagine preliminare di riconoscimento.

La scala cartografica di rappresentazione prescelta e' 1:250.000 su base topografica preferibilmente informatizzata.

Obiettivo dell'indagine di riconoscimento e' l'individuazione delle porzioni di territorio dove le situazioni pericolose per le acque sotterranee sono particolarmente evidenti. In tale fase dell'indagine non e' necessario separare piu' classi di vulnerabilita'.

In prima approssimazione i fattori critici da considerare nell'individuazione delle zone vulnerabili sono: a) presenza di un acquifero libero o parzialmente confinato (ove la
connessione idraulica con la superficie e' possibile) e, nel caso
di rocce litoidi fratturate, presenza di un acquifero a
profondita' inferiore a 50 m, da raddoppiarsi in zona a carsismo
evoluto;

b) presenza di una litologia di superficie e dell'insaturo
prevalentemente permeabile (sabbia, ghiaia o litotipi fratturati);

c) presenza di suoli a capacita' di attenuazione tendenzialmente
bassa (ad es. suoli prevalentemente sabbiosi, o molto ghiaiosi,
con basso tenore di sostanza organica, poco profondi).

d) presenza di situazioni accertate di compromissioni qualitative
delle acque sotterranee dovuta a fattori antropici di origine
prevalentemente agricola o zootecnica.

La concomitanza delle condizioni sopra esposte identifica le situazioni di maggiore vulnerabilita'.

Vengono escluse dalle zone vulnerabili le situazioni in cui la natura dei corpi rocciosi impedisce la formazione di un acquifero o dove esiste una protezione determinata da un orizzonte scarsamente permeabile purche' continuo.

L'indagine preliminare di riconoscimento delle zone vulnerabili viene effettuata:

a) per le zone ove e' gia' disponibile una mappatura a scala di
dettaglio o di sintesi, mediante accorpamento delle aree
classificate ad alta, elevata ed estremamente elevata
vulnerabilita';

b) per le zone dove non e' disponibile una mappatura ma esistono
sufficienti informazioni geopedologico-ambientali, mediante il
metodo di valutazione di zonazione per aree omogenee (metodo
CNR-GNDCI) o al metodo parametrico;

c) per le zone dove non esistono sufficienti informazioni, mediante
dati esistenti e/o rapidamente acquisibili e applicazione del
metodo CNR-GNDCI, anche ricorrendo a criteri di similitudine.

3 Aggiornamenti successivi.

L'indagine preliminare di riconoscimento puo' essere suscettibile di sostanziali approfondimenti e aggiornamenti sulla base di nuove indicazioni, tra cui, in primo luogo, i dati provenienti da attivita' di monitoraggio che consentano una caratterizzazione e una delimitazione piu' precisa delle aree vulnerabili.

Con il supporto delle ARPA, ove costituite, deve essere avviata una indagine finalizzata alla stesura di una cartografia di maggiore dettaglio (1:50.000-100.000) per convogliare la maggior parte delle risorse tecnico-scientifiche sullo studio delle zone piu' problematiche.

Obiettivo di questa indagine e' l'individuazione dettagliata della "vulnerabilita' specifica" degli acquiferi e in particolare delle classi di grado piu' elevato. Si considerano, pertanto, i fattori inerenti la "vulnerabilita' intrinseca" degli acquiferi e la capacita' di attenuazione del suolo, dell'insaturo e dell'acquifero.

Il prodotto di tale indagine puo' essere soggetto ad aggiornamenti sulla base di nuove conoscenze e dei risultati della sperimentazione. E' opportuno gestire i dati raccolti mediante un sistema GIS.

7. Le amministrazioni possono comunque intraprendere studi di maggior dettaglio quali strumenti di previsione e di prevenzione dei fenomeni di inquinamento. Questi studi sono finalizzati alla valutazione della vulnerabilita' e dei rischi presenti in siti specifici (campi, pozzi, singole aziende, comprensori, ecc.), all'interno delle piu' vaste aree definito come vulnerabili, e possono permettere di indicare con maggiore definizione le eventuali misure da adottare nel tempo e nello spazio.

PARTE A III

ZONE VULNERABILI DESIGNATE

In fase di prima attuazione sono designate vulnerabili all'inquinamento da nitriti provenienti da fonti agricole le seguenti zone:

- quelle gia' individuate dalla Regione Lombardia con il regolamento
attuativo della legge regionale 15 dicembre 1993, n. 37; - quelle gia' individuate dalla Regione Emilia Romagna con la
deliberazione del Consiglio regionale del 11 febbraio 1997 n. 570; - la zona delle conoidi delle province di Modena, Reggio Emilia e
Parma. - l'area dichiarata a rischio di crisi ambientale di cui all'articolo
6 della legge 28 agosto 1989, n. 305(a) del bacino Burana Po di
Volano della provincia di Ferrara. - l'area dichiarata a rischio di crisi ambientale di cui all'articolo
6 della legge 28 agosto 1989, n. 305(a) dei bacini dei fiumi
Fissero, Canal Bianco e Po di Levante (della regione Veneto).

Tale elenco viene aggiornato, su proposta delle Regioni interessate, sulla base dei rilevamenti e delle indagini svolte.

PARTE A IV

INDICAZIONI E MISURE PER I PROGRAMMI D'AZIONE

I programmi d'azione sono obbligatori per le zone vulnerabili e tengono conto dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine, nonche' delle condizioni ambientali locali.

1. I programmi d'azione includono misure relative a:

1.1) i periodi in cui e' proibita l'applicazione al terreno di determinati tipi di fertilizzanti;

1.2) la capacita' dei depositi per effluenti di allevamento; tale capacita' deve superare quella necessaria per l'immagazzinamento nel periodo piu' lungo, durante il quale e' proibita l'applicazione al terreno di effluenti nella zona vulnerabile, salvo i casi in cui sia dimostrato all'autorita' competente che qualsiasi quantitativo di effluente superiore all'effettiva capacita' d'immagazzinamento verra' gestito senza causare danno all'ambiente;

1.3) la limitazione dell'applicazione al terreno di fertilizzanti conformemente alla buona pratica agricola e in funzione delle caratteristiche della zona vulnerabile interessata in particolare si deve tener conto:

a) delle condizioni, del tipo e della pendenza del suolo;

b) delle condizioni climatiche, delle precipitazioni e
dell'irrigazione;

c) dell'uso del terreno e delle pratiche agricole, inclusi i sistemi
di rotazione e di avvicendamento colturale.

Le misure si basano sull'equilibrio tra il prevedibile fabbisogno di azoto delle colture, e l'apporto di azoto proveniente dal terreno e dalla fertilizzazione, corrispondente:

- alla quantita' di azoto presente nel terreno nel momento in cui la
coltura comincia ad assorbirlo in misura significativa (quantita'
rimanente alla fine dell'inverno); - all'apporto di composti di azoto provenienti dalla mineralizzazione
netta delle riserve di azoto organico presenti nel terreno; - all'aggiunta di composti di azoto provenienti da effluenti di
allevamento; - all'aggiunta di composti di azoto provenienti da fertilizzanti
chimici e da altri fertilizzanti. I programmi di azione devono contenere almeno le indicazioni riportate nel Codice di Buona Pratica Agricola, ove applicabili.

2. Le misure devono garantire che, per ciascuna azienda o allevamento, il quantitativo di effluente zootecnico sparso sul terreno ogni anno, compreso quello depositato dagli animali stessi, non superi un apporto pari a 170 kg di azoto per ettaro.

Tuttavia per i primi due anni del programma di azione il quantitativo di effluente utilizzabile puo' essere elevato fino ad un apporto corrispondente a 210 kg di azoto per ettaro. I predetti quantitativi sono calcolati sulla base del numero e delle categorie degli animali.

Ai fini del calcolo degli apporti di azoto provenienti dalle diverse tipologie di allevamento si terra' conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali di cui all'articolo 38, comma 2 del presente decreto.

3. Durante e dopo i primi quattro anni di applicazione del programma d'azione le Regioni in casi specifici possono fare istanza. al Ministero dell'ambiente per lo spargimento di quantitativi di effluenti di allevamento diversi da quelli sopra indicati, ma tali da non compromettere le finalita' di cui all'articolo 1, da motivare e giustificare in base a criteri obiettivi relativi alla gestione del suolo e delle colture, quali:

- stagioni di crescita prolungate; - colture con grado elevato di assorbimento di azoto; - terreni con capacita' eccezionalmente alta di denitrificazione.

Il Ministero dell'ambiente, acquisito il parere favorevole della Commissione europea, che lo rende sulla base delle procedure previste all'articolo 9 della direttiva 91/676/CEE,b) Puo' concedere lo spargimento di tali quantitativi.

PARTE B: ZONE VULNERABILI DA PRODOTTI FITOSANITARI

PARTE B I

CRITERI PER L'INDIVIDUAZIONE

1. Le Regioni e le Province autonome individuano le aree in cui richiedere limitazioni o esclusioni d'impiego, anche temporanee, di prodotti fitosanitari autorizzati, allo scopo di proteggere le risorse idriche e altri comparti rilevanti per la tutela sanitaria o ambientale, ivi inclusi l'entomofauna utile e altri organismi utili, da possibili fenomeni di contaminazione. Un'area e' considerata area vulnerabile quando l'utilizzo al suo interno dei prodotti fitosanitari autorizzati pone in condizioni di rischio le risorse idriche e gli altri comparti ambientali rilevanti.

2. Il Ministero della Sanita' ai sensi dell'art. 5, comma 20 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194(b) su documentata richiesta delle Regioni e delle Province autonome, sentita la Commissione consultiva di cui all'articolo 20 dello stesso decreto legislativo, dispone limitazioni o esclusioni d'impiego, anche temporanee, dei prodotti fitosanitari autorizzati nelle aree individuate come zone vulnerabili da prodotti fitosanitari.

3. Le Regioni e le Province autonome provvedono entro un anno, sulla base dei criteri indicati nella parte B II di questo allegato, alla prima individuazione e cartografia delle aree vulnerabili ai prodotti fitosanitari ai fini della tutela delle risorse idriche sotterranee.

Successivamente alla prima individuazione, tenendo conto degli aspetti metodologici indicati nella parte B III, le Regioni e le Province autonome provvedono ad effettuare la seconda individuazione e la stesura di una cartografia di maggiore dettaglio delle zone vulnerabili dai prodotti fitosanitari.

4. Possono essere considerate zone vulnerabili dai prodotti fitosanitari ai fini della tutela di zone di rilevante interesse naturalistico e della protezione di organismi utili ivi inclusi insetti e acari utili, uccelli insettivori, mammiferi e anfibi, le aree naturali protette, o porzioni di esse, indicate nell'Elenco Ufficiale di cui all'art. 5 della legge 6 dicembre 1991, n. 394(d).

5. Le Regioni e le Province autonome predispongono programmi di controllo per garantire il rispetto delle limitazioni o esclusioni d'impiego dei prodotti fitosanitari disposte, su loro richiesta, dal Ministero della Sanita'. Esse forniscono al Ministero dell'Ambiente e all'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (ANPA) i dati relativi all'individuazione e alla cartografia delle aree di protezione dai prodotti fitosanitari.

6. L'ANPA e le Agenzie Regionali per la Protezione dell'Ambiente forniscono supporto tecnico-scientifico alle Regioni e alle Province autonome al fine di:

a) promuovere uniformita' d'intervento nelle fasi di valutazione e
cartografia delle aree di protezione dai prodotti fitosanitari.;

b) garantire la congruita' delle elaborazioni cartografiche e
verificare la qualita' delle informazioni ambientali di base
(idrogeologiche, pedologiche, ecc.).

7. L'ANPA promuove attivita' di ricerca nell'ambito delle problematiche relative al destino ambientale dei prodotti fitosanitari autorizzati. Tali attivita' hanno il fine di acquisire informazioni intese a migliorare e aggiornare i criteri di individuazione delle aree vulnerabili per i comparti del suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonche' degli organismi non bersaglio.

Il Ministero dell'Ambiente provvede, tenuto conto delle informazioni acquisite e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, ad aggiornare i criteri per l'individuazione delle aree vulnerabili.

PARTE B II

ASPETTI METODOLOGICI

1. Come per le zone vulnerabili da nitrati anche nel caso dei fitofarmaci si prevedono due fasi di individuazione delle aree interessate dal fenomeno: una indagine di riconoscimento (prima individuazione) e un'indagine di maggiore dettaglio (seconda individuazione).

2. Indagine preliminare di riconoscimento

Per la prima individuazione delle aree vulnerabili da prodotti fitosanitari si adotta un tipo di indagine, alla scala di 1:250.000, simile a quella indicata in precedenza nella Parte A II di questo allegato.

2.1 La prima individuazione delle aree vulnerabili comprende, comunque, le aree per le quali le attivita' di monitoraggio hanno gia' evidenziato situazioni di compromissione dei corpi idrici sotterranei sulla base degli standard delle acque destinate al consumo umano indicati dal D.P.R. 236/88 per il parametro 55 (antiparassitari e prodotti assimilabili).

Sono escluse, invece, le situazioni in cui la natura delle formazioni rocciose impedisce la presenza di una falda, o dove esiste la protezione determinata da un orizzonte scarsamente permeabile o da un suolo molto reattivo.

Vengono escluse dalle aree vulnerabili le situazioni in cui la natura dei corpi rocciosi impedisce la formazione di un acquifero o dove esiste una protezione determinata da un orizzonte scarsamente permeabile, purche' continuo, o da un suolo molto reattivo.

2.2 Obiettivo dell'indagine preliminare di riconoscimento non e' la rappresentazione sistematica delle caratteristiche di vulnerabilita' degli acquiferi, quanto piuttosto la individuazione delle porzioni di territorio dove le situazioni pericolose per le acque sotterranee sono particolarmente evidenti.

Per queste attivita' si rinvia agli aspetti metodologici gia' indicati nella Parte A II di questo allegato.

2.3 Ai fini della individuazione dei prodotti per i quali le amministrazioni potranno chiedere l'applicazione di eventuali limitazioni o esclusioni d'impiego ci si potra' avvalere di parametri, indici, modelli e sistemi di classificazione che consentano di raggruppare i prodotti fitosanitari in base al loro potenziale di percolazione.

3. Aggiornamenti successivi

L'indagine preliminare di riconoscimento puo' essere suscettibile di sostanziali approfondimenti e aggiornamenti sulla base di nuove indicazioni, tra cui, in primo luogo, i dati provenienti da attivita' di monitoraggio che consentono una caratterizzazione e una delimitazione piu' precisa delle aree vulnerabili.

Questa successiva fase di lavoro, che puo' procedere parallelamente alle indagini e cartografie maggiore dettaglio, puo' prevedere inoltre la designazione di piu' di una classe di vulnerabilita' (al massimo 3) riferita ai gradi piu' elevati e la valutazione della vulnerabilita' in relazione alla capacita' di attenuazione del suolo, in modo tale che si possa tenere conto delle caratteristiche intrinseche dei prodotti fitosanitari per poterne stabilire limitazioni o esclusioni di impiego sulla base di criteri quanto piu' possibile obiettivi.

3.1 La seconda individuazione e cartografia e' restituita ad una scala maggiormente dettagliata (1:50.000-1:100.000): successivamente o contestualmente alle fasi descritte in precedenza, compatibilmente con la situazione conoscitiva di partenza e con le possibilita' operative delle singole amministrazioni, deve essere avviata una indagine con scadenze a medio/lungo termine. Essa convoglia la maggior parte delle risorse tecnico-scientifiche sullo studio delle aree piu' problematiche, gia' individuate nel corso delle fasi precedenti.

Obiettivo di questa indagine e' l'individuazione della vulnerabilita' specifica degli acquiferi e in particolare delle classi di grado piu' elevato. Si considerano, pertanto, i fattori inerenti la vulnerabilita' intrinseca degli acquiferi, la capacita' di attenuazione del suolo e le caratteristiche chemiodinamiche dei prodotti fitosanitari

Ai fini della individuazione dei prodotti per i quali le amministrazioni potranno chiedere l'applicazione di eventuali limitazioni o esclusioni d'impiego ci si potra' avvalere di parametri o indici che consentano di raggruppare i prodotti fitosanitari in base al loro potenziale di percolazione. Si cita, ad esempio, l'indice di Gustafson.

3.2 Le Regioni e le Province Autonome redigono un programma di massima con l'articolazione delle fasi di lavoro e i tempi di attuazione. Tale programma e' inviato al Ministero dell'Ambiente e all'ANPA, i quali forniscono supporto tecnico e scientifico alle Regioni e alle Province Autonome.

Le maggiori informazioni derivanti dall'indagine di medio-dettaglio consentiranno di disporre di uno strumento di lavoro utile per la pianificazione dell'impiego dei prodotti fitosanitari a livello locale e permetteranno di precisare, rispetto all'indagine preliminare di riconoscimento, le aree suscettibili di restrizioni o esclusioni d'impiego.

Non si esclude, ovviamente, la possibilita' di intraprendere studi di maggior dettaglio a carattere operativo-progettuale, quali strumenti di previsione e, nell'ambito della pianificazione, di prevenzione dei fenomeni di inquinamento. Questi studi sono finalizzati al rilevamento della vulnerabilita' e dei rischi presenti in siti specifici (campi pozzi, singole aziende, comprensori, ecc.), all'interno delle piu' vaste aree definite come vulnerabili, e possono permettere di indicare piu' nel dettaglio le eventuali restrizioni nel tempo e nello spazio nonche' gli indirizzi tecnici cui attenersi nella scelta dei prodotti fitosanitari, dei tempi e delle modalita' di esecuzione dei trattamenti.

PARTE B III

ASPETTI GENERALI PER LA CARTOGRAFIA DELLE AREE OVE LE ACQUE SOTTERRANEE SONO POTENZIALMENTE VULNERABILI

1. Le valutazioni sulla vulnerabilita' degli acquiferi all'inquinamento si puo' avvalere dei Sistemi Informativi Geografici (GIS) quali strumenti per l'archiviazione, l'integrazione, l'elaborazione e la presentazione dei dati geograficamente identificati (georeferenzati). Tali sistemi permettono di integrare, sulla base della loro comune distribuzione nello spazio, grandi masse di informazioni anche di origine e natura diverse.

Le valutazioni possono essere verificate ed eventualmente integrate alla luce di dati diretti sulla qualita' delle acque che dovessero rendersi disponibili.

Nel caso in cui si verifichino discordanze con le previsioni effettuate sulla base di valutazioni si procede ad un riesame di queste ultime ed alla ricerca delle motivazioni tecniche di tali divergenze.

Il quadro di riferimento tecnico-scientifico e procedurale prevede di considerare la vulnerabilita' su due livelli: vulnerabilita' intrinseca degli acquiferi e vulnerabilita' specifica.

2. I Livello: Vulnerabilita' intrinseca degli acquiferi.- La valutazione della vulnerabilita' intrinseca degli acquiferi considera essenzialmente le caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche e idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi presenti. Essa, e' riferita a inquinanti generici e non considera le caratteristiche chemiodinamiche delle sostanze.

2.1 Sono disponibili tre approcci alla valutazione e cartografia della vulnerabilita' intrinseca degli acquiferi: metodi qualitativi metodi parametrici e numerici.

La selezione di uno dei tre metodi dipende dalla disponibilita' di dati, dalla scala di riferimento e dalla finalita' dell'indagine.

2.2 I metodi qualitativi prevedono la zonizzazione per aree omogenee, valutando la vulnerabilita' per complessi e situazioni idrogeologiche generalmente attraverso la tecnica della sovrapposizione cartografica. La valutazione viene fornita per intervalli preordinati e situazioni tipo. Il metodo elaborato dal GNDCI-CNR valuta la vulnerabilita' intrinseca mediante la classificazione di alcune caratteristiche litostrutturali delle formazioni acquifere e delle condizioni di circolazione idrica sotterranea.

2.3 I metodi parametrici sono basati sulla valutazione di parametri fondamentali dell'assetto del sottosuolo e delle relazioni col sistema idrologico superficiale, ricondotta a scale di gradi di vulnerabilita'. Essi prevedono l'attribuzione a ciascun parametro, suddiviso in intervalli di valori di un punteggio prefigurato crescente in funzione dell'importanza da esso assunta nella valutazione complessiva. I metodi parametrici sono in genere piu' complessi poiche' richiedono la conoscenza approfondita di un elevato numero di parametri idrogeologici e idrodinamici.

2.4 I metodi numerici sono basati sulla stima di un indice di vulnerabilita' (come ad esempio il tempo di permanenza) basato su relazioni matematiche di diversa complessita'.

2.5 In relazione allo stato e all'evoluzione delle conoscenze potra' essere approfondito ed opportunamente considerato anche il diverso peso che assume il suolo superficiale nella valutazione della vulnerabilita' intrinseca; tale caratteristica viene definita come "capacita' di attenuazione del suolo" e presuppone la disponibilita' di idonee cartografie geo-pedologiche.

3. II Livello: Vulnerabilita' specifica

Con vulnerabilita' specifica s'intende la combinazione della valutazione e cartografia della vulnerabilita' intrinseca degli acquiferi con quella della capacita' di attenuazione del suolo per una determinata sostanza o gruppo di sostanze. Questa si ottiene dal confronto di alcune caratteristiche chemiodinamiche della sostanza (capacita' di assorbimento ai colloidi del suolo, resistenza ai processi di degradazione, solubilita' in acqua, polarita', etc.) con le caratteristiche fisiche, chimiche ed idrauliche del suolo.

La compilazione di cartograie di vulnerabilita' specifica: deriva da studi approfonditi ed interdisciplinari e richiede l'uso di opportuni modelli di simulazione.
(a) in merito all'art. 6 della legge 28 agosto 1989,
n. 305 recante "Programmazione triennale per la tutela
dell'ambiente (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie
generale - n. 205 del 2 settembre 1989) si riporta il testo
dell'arti. 7 della legge 8 luglio 1986, n. 349 recante
istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia
di danno ambientale (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale -
serie generale - n. 162 del 15 luglio 1986 cosi' come
sostituito dall'art. 6 della legge 28 agosto 1989, n. 305,
nonche' dal decreto del Presidente della Repubblica
27 marzo 1992, n. 309 recante "Regolamento per
l'organinazione del servizio per la tutela delle acque la
disciplina dei rifiuti, il risanamento del suolo e la
prevenzione dell'inquinamento fisico e del servizio per
l'inquinamento atmosferico, acustico e per le industrie a
rischio del Ministero dall'ambiente:
"Art. 7 (*) - 1. Gli ambiti territoriali e gli
eventuali tratti marittimi prospicienti caratterizzati da
gravi alterazioni degli equilibri ecologici nei corpi
idrici, nell'atmosfera o nel suolo, e che comportano
rischio per l'ambiente e la popolazione, sono dichiarati
aree ad elevato rischio di crisi ambientale, previo parere
delle commissioni parlamentari competenti, con
deliberazione del Consiglio dei Ministri su proposta del
Ministro dell'ambiente, d'intesa con le regioni
imteressate. Il predetto parere delle commissioni
parlamentari e' espresso entro trenta giorni
dall'assegnazione, decorsi inutilmente i quali il Governo
procede alla deliberazione di sua competenza. La
dichiarazione avviene sulla base di una relazione
preliminare predisposta dal Ministro dell'ambiente, tesa ad
individuare i fattori di rischio, le motivazioni
dell'opportunita' e dell'urgenza della dichiarazione.
2. La dichiarazione di area ad elevato rischio di crisi
ambientale ha validita' per un periodo massimo di cinque
anni. Il Ministro dell'ambiente riferisce annualmente alle
competenti commissioni parlamentari sullo stato di
attuazione degli interventi, sugli effetti relativi alla
situazione dell'ambiente nell'area individuata e, allo
scadere del predetto, termine, trasmette una relazione
generale, contenente, in particolare, una descrizione delle
attivita' svolte dei progetti ed opere intrapresi e
realizzati, nonche' dello stato dell'ambiente.
3. Qualora sia necessario rinnovare la dichiarazione di
area ad elevato rischio di crisi ambientale, si procede ai
sensi del comma 1.
4. Con la deliberazione di cui al comma 1 sono
individuati gli interventi di risanamento, il termine e le
direttive per la formazione di un piano teso ad individuare
in via prioritaria le misure urgenti atte a rimuovere le
situazioni di rischio e per il ripristino ambientale.
5. Il piano, predisposto, d'intesa con le regioni
interessate, dal Ministro dell'ambiente, e' approvato con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su
deliberazione del Consiglio dei Ministri.
6. Il piano, sulla base della ricognizione degli
squilibri ambientali e delle fonti inquinanti, dispone le
misure dirette:
a) a ridurre o eliminare i fenomeni di squilibrio
ambientale e di inquinamento e alla realizzazione e
all'impiego, anche agevolati, di impianti ed apparati per
eliminare o ridurre l'inquinamento;
b) alla vigilanza sui tipi e modi di produzione e
sull'utilizzanone dei dispositivi di eliminazione o
riduzione dell'inquinamento e dei fenomeni di squilibrio;
c) a garantire la vigilanza e il controllo sullo
stato dell'ambiente e sull'attuazione degli interventi.
7. Il piano definisce i metodi, i criteri o le misure
di coordinamento della spesa ordinaria dello Stato, delle
regioni e degli enti locali disponibile per la
realizzazione degli interventi previsti. Il progamma
triennale indica e ripartisce le risorse statali
disponibili per ciscuna area ad elevato rischio.
8. L'approvazione del piano ha effetto di dichiarazione
di pubblica utilita', urgenza ed indifferibilita' delle
opere in esso previste.
9. Ai fini dell'elaborazione del piano, il Ministro
dell'ambiente, nei casi di accertata inadempienza da parte
delle regioni di obblighi espressamente previsti, sentita
la regione interessata, assegna un congruo termine per
provvedere, scaduto il quale provvede in via sostitutiva,
su deliberazione del Consiglio dei Ministri.
10. Nei casi di accertata inadempienza da parte degli
enti locali competenti alla realizzazione degli interventi
previsti dal piano, la regione assegna un congruo termine
per provvedere, decorso inutilmente il quale provvede in
via sostitutiva.
11. Nell'ipotesi di eservizio dei poteri sostitutivi di
cui al presente articolo, gli oneri derivanti dalla
realizzazione e gestione degli impianti gravano sulle
risorse finanziarie, come definite dal piano".
(b) Il testo dell'art. 9 della direttiva n. 91/676/CEE
del 12 dicembre 1991, concernente la protezione delle acque
dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da
fonti agricole e' il seguente:
"Art. 9. - 1. La commissione e' assistita da un
comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e
presieduto dal rappresentante della commissione.
2. Il rappresentante della commissione sottopone al
comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato
formula il suo parere sul progetto entro un termine che il
presidente puo' fissare in funzione dell'urgenza della
questione in esame. Il parere e' formulato alla maggioranza
qualificata prevista all'art. 148, paragrafo 2 del
trattamento per l'adozione delle decisioni che il Consiglio
deve prendere su proposta della commissione. Nelle
votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti
degli Stati membri e' attribuita la ponderazione fissata
nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al
voto.
3. a) La commissione adotta le misure previste qualora
siano conformi al parere del comitato;
b) se le misure previste non sono conformi al parere
del comitato, o in mancanza di parere, la commissione
sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito
alle misure da prendere. Il Consiglio delibera
a maggioranza qualificata;
c) se il Consiglio non ha deliberato entro tre mesi a
decorrere dalla data in cui gli e' stata sottoposta la
proposta, la commissione adotta le misure proposte, tranne
nel caso in cui il Consiglio si sia pronunciato
a maggioranza semplice contro tali misure".
(d) il testo dell'art. 5, comma 20, del citato decreto
legislativo 17 marzo 1995, n. 194, e' il seguente:
"Art. 5 (Autorizzazioni di prodotti fitosanitari:
rilascio, rinnovo, riesame, ritiro e modifiche). -
(Omissis).
20. Allo scopo di proteggere le risorse idriche
vulnerabili o per altri motivi di tutela sanitaria o
ambientale, inclusa la tutela dell'entomofauna utile e
degli altri organismi utili, il Ministro della sanita', su
documentata richiesta delle regioni o delle province
autonome, sentita la commissione di cui all'art. 20, puo'
disporre limitazioni o esclusioni di impiego, anche
temporanee, nonche' particolari periodi di trattamento in
aree specifiche del territorio, per prodotti fitosanitari
autorizzati; la regione o la provincia autonoma possono
chiedere che propri esperti siano sentiti dalla
commissione".
(d) L'art. 5 della citata legge 6 dicembre 1991, n.
394, e' il seguente:
"Art. 5 (Attuazione del programma; poteri sostitutivi).
- 1. Il Ministro dell'ambiente vigila sull'attuazione del
programma e propone al comitato le variazioni ritenute
necessarie. In caso di ritardi nell'attuazione del
programma tali da pregiudicarne gravemente le finalita', il
Ministro dell'ambiente, sentita la Consulta, indica gli
adempimenti e le misure necessarie e fissa un termine per
la loro adozione decorso il quale, previo parere del
comitato, rimette la questione al Consiglio dei Ministri
che provvede in via sostitutiva anche attraverso la nomina
di commissari ad acta.
2. Il Ministro dell'ambiente provvede a tenere
aggiornato l'elenco ufficiale delle aree protette e
rilascia le relative certificazioni. A tal fine le regioni
e gli altri soggetti pubblici o privati che attuano forme
di protezione naturalistica di aree sono tenuti ad
informare il Ministro dell'ambiente secondo le modalita'
indicate dal comitato.
3. L'iscrizione nell'elenco ufficiale delle aree
protette e' condizione per l'assegnazione di contributi a
carico dello Stato".
 
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