Gazzetta n. 56 del 8 marzo 2001 (vai al sommario)
LEGGE 23 febbraio 2001, n. 38
Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia.

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Promulga

la seguente legge:
Art. 1.
(Riconoscimento della minoranza slovena)

1. La Repubblica riconosce e tutela i diritti dei cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena presente nelle province di Trieste, Gorizia e Udine, a norma degli articoli 2, 3 e 6 della Costituzione e dell'articolo 3 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, recante approvazione dello Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, in conformita' ai principi generali dell'ordinamento ed ai principi proclamati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, nelle convenzioni internazionali e nei trattati sottoscritti dal Governo italiano. 2. Ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena si applicano le disposizioni della legge 15 dicembre 1999, n. 482, salvo quanto espressamente previsto dalla presente legge.



Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia, ai sensi
dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
modificate o alle quali e' operato il rinvio. Restano
invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.
Note all'art. 1:
- Il testo degli articoli 2, 3 e 6 della Costituzione
della Repubblica italiana, e' il seguente:
"Art. 2. - La Repubblica riconosce e garantisce i
diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalita', e
richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di
solidarieta' politica, economica e sociale.".
"Art. 3. - Tutti i cittadini hanno pari dignita'
sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione
di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni personali e sociali.
E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la
liberta' e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese".
"Art. 6. - La Repubblica tutela con apposite norme le
minoranze linguistiche".
- Il testo dell'art. 3 della legge costituzionale
31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della regione
Friuli-Venezia Giulia), e' il seguente:
"Nella regione e' riconosciuta parita' di diritti e di
trattamento a tutti i cittadini, qualunque sia il gruppo
linguistico al quale appartengono, con la salvaguardia
delle rispettive caratteristiche etniche e culturali".
- La legge 15 dicembre 1999, n. 482, reca: "Norme a
tutela delle minoranze linguistiche storiche".



 
Art. 2.
(Adesione ai principi della Carta europea
delle lingue regionali o minoritarie)

1. Le misure di tutela della minoranza slovena previste dalla presente legge si ispirano, oltre che alla Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, fatta a Strasburgo il 1º febbraio 1995 e ratificata ai sensi della legge 28 agosto 1997, n. 302, ai seguenti princi'pi affermati nella Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992:
a) il riconoscimento delle lingue regionali o minoritarie come espressione di ricchezza culturale;
b) il rispetto dell'ambito territoriale di ciascuna lingua;
c) la necessita' di una risoluta azione di affermazione delle lingue regionali o minoritarie finalizzata alla loro salvaguardia;
d) la promozione della cooperazione transfrontaliera e interregionale anche nell'ambito dei programmi dell'Unione europea.



Nota all'art. 2:
- La legge 28 agosto 1997, n. 302, reca: "Ratifica ed
esecuzione della convenzione-quadro per la protezione delle
minoranze nazionali, fatta a Strasburgo il 1o febbraio
1995".



 
Art. 3.
(Comitato istituzionale paritetico
per i problemi della minoranza slovena)

1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, e' istituito entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Comitato istituzionale paritetico per i problemi della minoranza slovena, di seguito denominato "Comitato", composto da venti membri, di cui dieci cittadini italiani di lingua slovena. 2. Fanno parte del Comitato:
a) quattro membri nominati dal Consiglio dei ministri, dei quali uno di lingua slovena;
b) sei membri nominati dalla giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia, di cui quattro di lingua slovena designati dalle associazioni piu' rappresentative della minoranza;
c) tre membri nominati dall'assemblea degli eletti di lingua slovena nei consigli degli enti locali del territorio di cui all'articolo 1; l'assemblea viene convocata dal presidente del consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge;
d) sette membri, di cui due appartenenti alla minoranza di lingua slovena, nominati dal consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia con voto limitato. 3. Con il decreto istitutivo di cui al comma 1 sono stabilite le norme per il funzionamento del Comitato. Il Comitato ha sede a Trieste. 4. Per la partecipazione ai lavori del Comitato e' riconosciuto ai componenti solo il rimborso delle spese di viaggio. 5. Per le finalita' di cui al presente articolo e' autorizzata la spesa massima di lire 98,5 milioni annue a decorrere dall'anno 2001.
 
Art. 4.
(Ambito territoriale di applicazione
della legge)

1. Le misure di tutela della minoranza slovena previste dalla presente legge si applicano alle condizioni e con le modalita' indicate nella legge stessa, nel territorio in cui la minoranza e' tradizionalmente presente. In tale territorio sono considerati inclusi i comuni o le frazioni di essi indicati in una tabella predisposta, su richiesta di almeno il 15 per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali o su proposta di un terzo dei consiglieri dei comuni interessati, dal Comitato entro diciotto mesi dalla sua costituzione, ed approvata con decreto del Presidente della Repubblica. 2. Qualora il Comitato non sia in grado di predisporre nel termine previsto la tabella di cui al comma 1, la tabella stessa e' predisposta nei successivi sei mesi dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, sentite le amministrazioni interessate e tenendo conto del lavoro svolto dal Comitato, fermo restando quanto stabilito dall'articolo 25 della presente legge.
 
Art. 5.
(Tutela delle popolazioni germanofone
della Val Canale)

1. Nel quadro delle disposizioni della legge 15 dicembre 1999, n. 482, e dei principi della presente legge, forme particolari di tutela sono garantite alle popolazioni germanofone della Val Canale, tenendo conto della situazione quadrilingue della zona, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.



Nota all'art. 5:
- Per l'argomento della legge 15 dicembre 1999, vedasi
in note all'art. 1.



 
Art. 6.
(Testo unico)

1. Il Governo e' delegato ad emanare, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il Comitato, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative vigenti concernenti la minoranza slovena della regione Friuli-Venezia Giulia, riunendole e coordinandole fra loro e con le norme della presente legge.
 
Art. 7.
(Nomi, cognomi, denominazioni slovene)

1. Gli appartenenti alla minoranza slovena hanno il diritto di dare ai propri figli nomi sloveni. Essi hanno inoltre il diritto di avere il proprio nome e cognome scritti o stampati in forma corretta secondo l'ortografia slovena in tutti gli atti pubblici. 2. Il diritto alla denominazione, agli emblemi ed alle insegne in lingua slovena spetta sia alle imprese slovene sia alle altre persone giuridiche, nonche' ad istituti, enti, associazioni e fondazioni sloveni. 3. I cittadini appartenenti alla minoranza slovena possono ottenere il cambiamento del proprio nome redatto in lingua italiana e loro imposto anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 31 ottobre 1966, n. 935, nel corrispondente nome in lingua slovena o in quello, sempre in lingua slovena, abitualmente usato nelle proprie relazioni sociali. 4. Ciascun cittadino il cui cognome sia stato in passato modificato o comunque alterato, che non sia in grado di esperire le procedure previste dalla legge 28 marzo 1991, n. 114, puo' ottenere il cambiamento dell'attuale cognome nella forma e nella grafia slovena, avvalendosi delle procedure previste dall'articolo 11 della legge 15 dicembre 1999, n. 482. 5. Il regio decreto-legge 10 gennaio 1926, n. 16, convertito dalla legge 24 maggio 1926, n. 898, e' abrogato. 6. I procedimenti di cambiamento del nome e del cognome previsti dal presente articolo sono esenti da ogni imposta, tassa o diritto, anche negli atti e procedimenti successivi al cambiamento. L'esercizio del diritto di cui al comma 2 non comporta l'applicazione di oneri fiscali aggiuntivi.



Note all'art. 7:
- La legge 31 ottobre 1966, n. 935, reca:
"Modificazioni all'art. 72 del regio decreto 9 luglio 1939,
n. 1238, sull'ordinamento dello stato civile".
- La legge 28 marzo 1991, n. 114, reca: "Norme per il
ripristino dei nomi e dei cognomi modificati durante il
regime fascista nei territori annessi all'Italia con le
leggi 26 settembre 1920, n. 1322, e 19 dicembre 1920, n.
1778.".
- Il testo dell'art. 11 della legge 15 dicembre 1999,
n. 482 (Norme in materia di tutela delle minoranze
linguistiche storiche), e' il seguente:
"Art. 1. - I cittadini che fanno parte di una minoranza
linguistica storica riconosciuta ai sensi degli articoli 2
e 3 e residenti nei comuni di cui al medesimo art. 3, i
cognomi o i nomi dei quali siano stati modificati prima
della data di entrata in vigore della presente legge o ai
quali sia stato impedito in passato di apporre il nome di
battesimo nella lingua della minoranza, hanno diritto di
ottenere, sulla base di adeguata documentazione, il
ripristino degli stessi in forma originaria. Il ripristino
del cognome ha effetto anche per i discendenti degli
interessati che non siano maggiorenni o che,
se maggiorenni, abbiano prestato il loro consenso.
2. Nei casi di cui al comma 1 la domanda deve indicare
il nome o il cognome che si intende assumere ed e'
presentata al sindaco del comune di residenza del
richiedente, il quale provvede d'ufficio a trasmetterla al
prefetto, corredandola di un estratto dell'atto di nascita.
Il prefetto, qualora ricorrano i presupposti previsti dal
comma 1, emana il decreto di ripristino o del nome o del
cognome. Per i membri della stessa famiglia il prefetto
puo' provvedere con un unico decreto. Nel caso di relazione
della domanda, il relativo provvedimento puo' essere
impugnato, entro trenta giorni dalla comunicazione, con
ricorso al Ministro della giustizia, che decide previo
parere del Consiglio di Stato. Il provvedimento e' esente
da spese e deve essere concluso entro novanta giorni dalla
richiesta.
3. Gli uffici dello stato civile dei comuni interessati
provvedono alle annotazioni conseguenti all'attuazione
delle disposizioni di cui al presente articolo. Tutti gli
altri registri, tutti gli elenchi e ruoli nominativi sono
rettificati d'ufficio dal comune e dalle altre
amministrazioni competenti".



 
Art. 8.
(Uso della lingua slovena
nella pubblica amministrazione)

1. Fermo restando il carattere ufficiale della lingua italiana, alla minoranza slovena presente nel territorio di cui all'articolo 1 e' riconosciuto il diritto all'uso della lingua slovena nei rapporti con le autorita' amministrative e giudiziarie locali, nonche' con i concessionari di servizi di pubblico interesse aventi sede nel territorio di cui all'articolo 1 e competenza nei comuni di cui all'articolo 4, secondo le modalita' previste dal comma 4 del presente articolo. E' riconosciuto altresi' il diritto di ricevere risposta in lingua slovena:
a) nelle comunicazioni verbali, di norma direttamente o per il tramite di un interprete;
b) nella corrispondenza, con almeno una traduzione allegata al testo redatto in lingua italiana. 2. Dall'applicazione del comma 1 sono escluse le Forze armate e le Forze di polizia nell'espletamento dei rispettivi compiti istituzionali, salvo che per i procedimenti amministrativi, per le Forze armate limitatamente agli uffici di distretto, avviati a richiesta di cittadini di lingua slovena e fermo restando quanto stabilito dall'articolo 109 del codice di procedura penale. Restano comunque esclusi dall'applicazione del comma 1 i procedimenti amministrativi avviati dal personale delle Forze armate e di polizia nei rapporti interni con l'amministrazione di appartenenza. 3. Nei comuni di cui all'articolo 4 gli atti e i provvedimenti di qualunque natura destinati ad uso pubblico e redatti su moduli predisposti, compresi i documenti di carattere personale quali la carta di identita' e i certificati anagrafici, sono rilasciati, a richiesta dei cittadini interessati, sia in lingua italiana e slovena sia nella sola lingua italiana. L'uso della lingua slovena e' previsto anche con riferimento agli avvisi e alle pubblicazioni ufficiali. 4. Al fine di rendere effettivi ed attuabili i diritti di cui ai commi 1, 2 e 3, le amministrazioni interessate, compresa l'amministrazione dello Stato, adottano, nei territori compresi nella tabella di cui all'articolo 4, le necessarie misure, adeguando i propri uffici, l'organico del personale e la propria organizzazione interna, nel rispetto delle vigenti procedure di programmazione delle assunzioni di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, ed entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili ai sensi del presente articolo. Nelle zone centrali delle citta' di Trieste e Gorizia e nella citta' di Cividale del Friuli, invece, le singole amministrazioni interessate istituiscono, anche in forma consorziata, un ufficio rivolto ai cittadini ancorche' residenti in territori non previsti dall'articolo 4 che intendono avvalersi dei diritti di cui ai commi 1, 2 e 3. 5. Le modalita' di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 per i concessionari di servizi di pubblico interesse sono disciplinate mediante specifiche convenzioni, entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili ai sensi del presente articolo, dagli enti pubblici interessati di intesa con il Comitato. 6. Nell'ambito della propria autonomia statutaria i comuni e le province provvedono all'eventuale modifica ed integrazione dei propri statuti conformemente alle disposizioni della presente legge. 7. Fino all'adozione dei provvedimenti di cui ai commi 4 e 6 rimangono in vigore le misure gia' adottate a tutela dei diritti previsti dal presente articolo. 8. Per il progressivo conseguimento delle finalita' di cui al presente articolo e' autorizzata la spesa massima di lire 5.805 milioni annue a decorrere dall'anno 2001. 9. La regione Friuli-Venezia Giulia, gli enti locali di cui all'articolo 4 ed altri soggetti pubblici possono contribuire con risorse aggiuntive alla realizzazione degli interventi necessari per l'attuazione del presente articolo, sentito a tale fine il Comitato. 10. Con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, da emanare entro il 31 gennaio di ciascun anno, sentito il Comitato, sono determinati i termini e le modalita' per la ripartizione delle risorse di cui al comma 8 tra i soggetti interessati.



Nota all'art. 8:
- L'art. 109 del codice di procedura penale, e' il
seguente:
"Art. 109 (Lingua degli atti). - 1. Gli atti del
procedimento penale sono compiuti in lingua italiana.
2. Davanti all'autorita' giudiziaria avente competenza
di primo grado o di appello su un territorio dove e'
insediata una minoranza linguistica riconosciuta, il
cittadino italiano che appartiene a questa minoranza e', a
sua richiesta, interrogato o esaminato nella madrelingua e
il relativo verbale e' redatto anche in tale lingua. Nella
stessa lingua sono tradotti gli atti del procedimento a lui
indirizzati successivamente alla sua richiesta. Restano
salvi gli altri diritti stabiliti da leggi speciali e da
convenzioni internazionali.
3. Le disposizioni di questo articolo si osservano a
pena di nullita'".
- L'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449
(Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), e'
il seguente:
"Art. 39 (Disposizioni in materia di assunzioni di
personale delle amministrazioni pubbliche e misure di
protenziamento e di incentivazione del part-time). - 1. Al
fine di assicurare le esigenze di funzionalita' e di
ottimizzare le risorse per il migliore funzionamento dei
servizi compatibilmente con le disponibilita' finanziarie e
di bilancio, gli organi di vertice delle amministrazioni
pubbliche sono tenuti alla programmazione triennale del
fabbisogno di personale, comprensivo delle unita' di cui
alla legge 2 aprile 1968, n. 482.
2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, fatto salvo quanto previsto per il
personale della scuola dall'art. 40, il numero complessivo
dei dipendenti in servizio e' valutato su basi statistiche
omogenee, secondo criteri e parametri stabiliti con decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con
il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica. Per l'anno 1998, il predetto decreto e' emanato
entro il 31 gennaio dello stesso anno, con l'obiettivo
della riduzione complessiva del personale in servizio alla
data del 31 dicembre 1998, in misura non inferiore all'1
per cento rispetto al numero delle unita' in servizio al
31 dicembre 1997. Alla data del 31 dicembre 1999 viene
assicurata una riduzione complessiva del personale in
servizio in misura non inferiore all'1,5 per cento rispetto
al numero delle unita' in servizio alla data del
31 dicembre 1997. Per l'anno 2000 e' assicurata una
ulteriore riduzione non inferiore all'1 per cento rispetto
al personale in servizio al 31 dicembre 1997. Per l'anno
2001 deve essere realizzata una riduzione di personale non
inferiore all'1 per cento rispetto a quello in servizio al
31 dicembre 1997, fermi restando gli obiettivi di riduzione
previsti per gli anni precedenti, e fatta salva la quota di
riserva di cui all'art. 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68.
Nell'ambito della programmazione e delle procedure di
autorizzazione delle assunzioni, deve essere
prioritariamente garantita l'immissione in servizio degli
addetti a compiti di sicurezza pubblica e dei vincitori dei
concorsi espletati alla data del 30 settembre 1999.
2-bis. Allo scopo di assicurare il rispetto delle
percentuali annue di riduzione del personale di cui al
comma 2, la programmazione delle assunzioni tiene conto dei
risultati quantitativi raggiunti al termine dell'anno
precedente, separatamente per i Ministeri e le altre
amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo,
per gli enti pubblici non economici con organico superiore
a duecento unita', nonche' per le Forze armate, le Forze di
polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Ai
predetti fini i Ministri per la funzione pubblica e del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica
riferiscono al Consiglio dei Ministri entro il primo
bimestre di ogni anno.
3. Per consentire lo sviluppo dei processi di
riqualificazione delle amministrazioni pubbliche connessi
all'attuazione della riforma amministrativa, garantendo il
rispetto degli obiettivi di riduzione programmata del
personale, a decorrere dall'anno 2000 il Consiglio dei
Ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica
e del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, definisce preliminarmente le priorita' e le
necessita' operative da soddisfare, tenuto conto in
particolare delle correlate esigenze di introduzione di
nuove professionalita'. In tale quadro, entro il primo
semestre di ciascun anno, il Consiglio dei Ministri
determina il numero massimo complessivo delle assunzioni
delle amministrazioni di cui al comma 2 compatibile con gli
obiettivi di riduzione numerica e con i dati sulle
cessazioni dell'anno precedente. Le assunzioni restano
comunque subordinate all'indisponibilita' di personale da
trasferire secondo le vigenti procedure di mobilita' e
possono essere disposte esclusivamente presso le sedi che
presentino le maggiori carenze di personale. Le
disposizioni del presente articolo si applicano anche alle
assunzioni previste da norme speciali o derogatorie.
3-bis. A decorrere dall'anno 1999 la disciplina
autorizzatoria di cui al comma 3 si applica alla
generalita' delle amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, e riguarda tutte le procedure di
reclutamento e le nuove assunzioni di personale. Il decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare a
decorrere dallo stesso anno, entro il 31 gennaio, prevede
criteri, modalita' e termini anche differenziati delle
assunzioni da disporre rispetto a quelli indicati nel comma
3, allo scopo di tener conto delle peculiarita' e delle
specifiche esigenze delle amministrazioni per il pieno
adempimento dei compiti istituzionali.
3-ter. Al fine di garantire la coerenza con gli
obiettivi di riforma organizzativa e riqualificazione
funzionale delle amministrazioni interessate, le richieste
di autorizzazione ad assumere devono essere corredate da
una relazione illustrativa delle iniziative di riordino e
riqualificazione, adottate o in corso, finalizzate alla
definizione di modelli organizzativi rispondenti ai
princi'pi di semplificazione e di funzionalita' rispetto ai
compiti e ai programmi, con specifico riferimento,
eventualmente, anche a nuove funzioni e qualificati servizi
da fornire all'utenza. Le predette richieste sono
sottoposte all'esame del Consiglio dei Ministri, ai fini
dell'adozione di delibere con cadenza semestrale, previa
istruttoria da parte della Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e del
Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica. L'istruttoria e' diretta a riscontrare le
effettive esigenze di reperimento di nuovo personale e
l'impraticabilita' di soluzioni alternative collegate a
procedure di mobilita' o all'adozione di misure di
razionalizzazione interna. Per le amministrazioni statali,
anche ad ordinamento autonomo, nonche' per gli enti
pubblici non economici con organico superiore a duecento
unita', i contratti integrativi sottoscritti, corredati da
una apposita relazione tecnico-finanziaria riguardante gli
oneri derivanti dall'applicazione della nuova
classificazione del personale, certificato dai competenti
organi di controllo, di cui all'art. 52, comma 5, del
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni, laddove operanti, sono trasmessi alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della
funzione pubblica e al Ministero del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica, che, entro trenta giorni
dalla data di ricevimento, ne accertano, congiuntamente, la
compatibilita' economico-finanziaria, ai sensi dell'art.
45, comma 4, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.
29. Decorso tale termine, la delegazione di parte pubblica
puo' procedere alla stipula del contratto integrativo. Nel
caso in cui il riscontro abbia esito negativo, le parti
riprendono le trattative.
4. Nell'ambito della programmazione di cui ai commi da
l a 3, si procede comunque all'assunzione di 3.800 unita'
di personale, secondo le modalita' di cui ai commi da 5 a
15.
5. Per il potenziamento delle attivita' di controllo
dell'amministrazione finanziaria si provvede con i criteri
e le modalita' di cui al comma 8 all'assunzione di 2.400
unita' di personale.
6. Al fine di potenziare la vigilanza in materia di
lavoro e previdenza, si provvede altresi' all'assunzione di
300 unita' di personale destinate al servizio ispettivo
delle direzioni provinciali e regionali del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale e di 300 unita' di
personale destinate all'attivita' dell'Istituto nazionale
della previdenza sociale, il predetto Istituto provvede a
destinare un numero non inferiore di unita' al Servizio
ispettivo.
7. Con regolamento da emanare su proposta del
Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il
Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica,
entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, previo parere delle competenti commissioni
parlamentari, ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge
23 agosto 1988, n. 400, sono indicati i criteri e le
modalita', nonche' i processi formativi, per disciplinare
il passaggio, in ambito regionale, del personale delle
amministrazioni dello Stato, anche in deroga alla normativa
vigente in materia di mobilita' volontaria o concordata, al
servizio ispettivo delle direzioni regionali e provinciali
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
8. Le assunzioni sono effettuate con i seguenti criteri
e modalita':
a) i concorsi sono espletati su base circoscrizionale
corrispondente ai territori regionali ovvero provinciali,
per la provincia autonoma di Trento, o compartimentale, in
relazione all'articolazione periferica dei dipartimenti del
Ministero delle finanze;
b) il numero dei posti da mettere a concorso nella
settima qualifica funzionale in ciascuna circoscrizione
territoriale e' determinato sulla base della somma delle
effettive vacanze di organico riscontrabili negli uffici
aventi sede nella circoscrizione territoriale medesima,
fatta eccezione per quelli ricompresi nel territorio della
provincia autonoma di Bolzano, con riferimento ai profili
professionali di settima, ottava e nona qualifica
funzionale, ferma restando, per le ultime due qualifiche,
la disponibilita' dei posti vacanti. Per il profilo
professionale di ingegnere direttore la determinazione dei
posti da mettere a concorso viene effettuata con le stesse
modalita, avendo a riferimento il profilo professionale
medesimo, e quello di ingegnere direttore coordinatore
appartenente alla nona qualifica funzionale;
c) i concorsi consistono in una prova attitudinale
basata su una serie di quesiti a risposta multipla mirati
all'accertamento del grado di cultura generale e specifica,
nonche' delle attitudini ad acquisire le professionalita'
specialistiche nei settori giuridico, tecnico, informatico,
contabile, economico e finanziario, per svolgere le
funzioni del corrispondente profilo professionale. I
candidati che hanno superato positivamente la prova
attitudinale sono ammessi a sostenere un colloquio
interdisciplinare;
d) la prova attitudinale deve svolgersi
esclusivamente nell'ambito di ciascuna delle circoscrizioni
territoriali;
e) ciascun candidato puo' partecipare ad una sola
procedura concorsuale.
9. Per le graduatorie dei concorsi si applicano le
disposizioni dell'art. 11, commi settimo e ottavo, della
legge 4 agosto 1975, n. 397, in materia di graduatoria
unica nazionale, quelle dell'art. 10, ultimo comma, della
stessa legge, con esclusione di qualsiasi effetto
economico, nonche' quelle di cui al comma 2 dell'art. 43
del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e
successive modificazioni ed integrazioni.
10. Per assicurare forme piu' efficaci di contrasto e
prevenzione del fenomeno dell'evasione fiscale, il
Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze
individua all'interno del contingente di cui all'art. 55,
comma 2, lettera b), del decreto del Presidente della
Repubblica 27 marzo 1992, n. 287, due aree funzionali
composte da personale di alta professionalita' destinato ad
operare in sede regionale, nel settore dell'accertamento e
del contenzioso. Nelle aree predette sono inseriti, previa
specifica formazione da svolgersi in ambito periferico, il
personale destinato al Dipartimento delle entrate ai sensi
del comma 5, nonche' altri funzionari gia' addetti agli
specifici settori, scelti sulla base della loro esperienza
professionale e formativa, secondo criteri e modalita' di
carattere oggettivo.
11. Dopo l'immissione in servizio del personale di cui
al comma 5, si procede alla riduzione proporzionale delle
dotazioni organiche delle qualifiche funzionali inferiori
alla settima nella misura complessiva corrispondente al
personale effettivamente assunto nel corso del 1998 ai
sensi del comma 4, provvedendo separatamente per i singoli
ruoli.
12. (Sostituisce il comma 47 dell'art. 1, della legge
23 dicembre 1996, n. 662).
13. Le graduatorie dei concorsi per esami, indetti ai
sensi dell'art. 28, comma 2, del decreto legislativo
3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni,
conservano validita' per un periodo di diciotto mesi dalla
data della loro approvazione.
14. Per far fronte alle esigenze connesse con la
salvaguardia dei beni culturali presenti nelle aree
soggette a rischio sismico il Ministero per i beni
culturali e ambientali, nell'osservanza di quanto disposto
dai commi 1 e 2, e' autorizzato, nei limiti delle dotazioni
organiche complessive, ad assumere 600 unita' di personale
anche in eccedenza ai contingenti previsti per i singoli
profili professionali, ferme restando le dotazioni di
ciascuna qualifica funzionale. Le assunzioni sono
effettuate tramite concorsi da espletare anche su base
regionale mediante una prova attitudinale basata su una
serie di quesiti a risposta multipla mirati
all'accertamento del grado di cultura generale e specifica,
nonche' delle attitudini ad acquisire le professionalita'
specialistiche nei settori tecnico, scientifico, giuridico,
contabile, informatico, per svolgere le funzioni del
corrispondente profilo professionale. I candidati che hanno
superato con esito positivo la prova attitudinale sono
ammessi a sostenere un colloquio interdisciplinare.
Costituisce titolo di preferenza la partecipazione per
almeno un anno, in corrispondente professionalita', ai
piani o progetti di cui all'art. 6 del decreto-legge
21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla
legge 20 maggio 1988, n. 160, e successive modificazioni,
15. Le amministrazioni dello Stato possono assumere,
nel limite di 200 unita' complessive, con le procedure
previste dal comma 3, personale dotato di alta
professionalita', anche al di fuori della dotazione
organica risultante dalla rilevazione dei carichi di lavoro
prevista dall'art. 3, comma 5, della legge 24 dicembre
1993, n. 537, in ragione delle necessita' sopraggiunte alla
predetta rilevazione, a seguito di provvedimenti
legislativi di attribuzione di nuove e specifiche
competenze alle stesse amministrazioni dello Stato. Si
applicano per le assunzioni di cui al presente comma le
disposizioni previste dai commi 8 e 11.
16. Le assunzioni di cui ai commi precedenti sono
subordinate all'indisponibilita' di idonei in concorsi gia'
espletati le cui graduatorie siano state approvate a
decorrere dal 1o gennaio 1994 secondo quanto previsto
dall'art. 1, comma 4, della legge 28 dicembre 1995, n. 549,
che richiama le disposizioni di cui all'art. 22, comma 8,
della legge 23 dicembre 1994, n. 724.
17. Il termine del 31 dicembre 1997, previsto dall'art.
12, comma 3, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio
1997, n. 30, in materia di attribuzione temporanea di
mansioni superiori, e' ulteriormente differito alla data di
entrata in vigore dei provvedimenti di revisione degli
ordinamenti professionali e, comunque, non oltre il
31 dicembre 1998.
18. Allo scopo di ridurre la spesa derivante da nuove
assunzioni il Consiglio dei Ministri, con la determinazione
da adottare ai sensi del comma 3, definisce, entro il primo
semestre di ciascun anno, anche la percentuale del
personale da assumere annualmente con contratto di lavoro a
tempo parziale o altre tipologie contrattuali flessibili,
salvo che per le Forze armate, le Forze di polizia ed il
Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Tale percentuale non
puo' comunque essere inferiore al 50 per cento delle
assunzioni autorizzate. Per le amministrazioni che non
hanno raggiunto una quota di personale a tempo parziale
pari almeno al 4 per cento del totale dei dipendenti, le
assunzioni possono essere autorizzate, salvo motivate
deroghe, esclusivamente con contratto a tempo parziale.
L'eventuale trasformazione a tempo pieno puo' intervenire
purche' cio' non comporti riduzione complessiva delle
unita' con rapporto di lavoro a tempo parziale.
18-bis. E' consentito l'accesso ad un regime di impegno
ridotto per il personale non sanitario con qualifica
dirigenziale che non sia preposto alla tolarita' di uffici,
con conseguenti effetti sul trattamento economico secondo
criteri definiti dai contratti collettivi nazionali di
lavoro.
19. Le regioni, le province autonome di Trento e di
Bolzano, gli enti locali, le camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura, le aziende e gli enti
del Servizio sanitario nazionale, le universita' e gli enti
di ricerca adeguano i propri ordinamenti ai princi'pi di
cui al comma 1 finalizzandoli alla riduzione programmata
delle spese di personale.
20. Gli enti pubblici non economici adottano le
determinazioni necessarie per l'attuazione dei princi'pi di
cui ai commi 1 e 18, adeguando, ove occorra, i propri
ordinamenti con l'obiettivo di una riduzione delle spese
per il personale. Agli enti pubblici non economici con
organico superiore a 200 unita' si applica anche il
disposto di cui ai commi 2 e 3.
20-bis. Le amministrazioni pubbliche alle quali non si
applicano discipline autorizzatorie delle assunzioni, fermo
restando quanto previsto dai commi 19 e 20, programmano le
proprie politiche di assunzioni adeguandosi ai princi'pi di
riduzione complessiva della spesa di personale, in
particolare per nuove assunzioni, di cui ai commi 2-bis, 3,
3-bis e 3-ter, per quanto applicabili, realizzabili anche
mediante l'incremento della quota di personale ad orario
ridotto o con altre tipologie contrattuali flessibili nel
quadro delle assunzioni compatibili con gli obiettivi della
programmazione e giustificate dai processi di riordino o di
trasferimento di funzioni e competenze. Per le universita'
restano ferme le disposizioni dell'art. 51.
20-ter. Le ulteriori economie conseguenti
all'applicazione del presente articolo, realizzate in
ciascuna delle amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, e presso gli enti pubblici non
economici con organico superiore a duecento unita', sono
destinate, entro i limiti e con le modalita' di cui
all'art. 43, comma 5, ai fondi per la contrattazione
integrativa di cui ai vigenti contratti collettivi
nazionali di lavoro ed alla retribuzione di risultato del
personale dirigente. Con la medesima destinazione e ai
sensi del predetto art. 43, comma 5, le amministrazioni e
gli enti che abbiano proceduto a ridurre la propria
consistenza di personale di una percentuale superiore allo
0,4 per cento rispetto agli obiettivi percentuali di
riduzione annua di cui al comma 2 possono comunque
utilizzare le maggiori economie conseguite.
21. Per le attivita' connesse all'attuazione del
presente articolo, la Presidenza del Consiglio dei Ministri
ed il Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica possono avvalersi di personale
comandato da altre amministrazioni dello Stato, in deroga
al contingente determinato ai sensi della legge 23 agosto
1988, n. 400, per un numero massimo di 25 unita'.
22. Al fine dell'attuazione della legge 15 marzo 1997,
n. 59, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e'
autorizzata, in deroga ad ogni altra disposizione, ad
avvalersi, per non piu' di un triennio, di un contingente
integrativo di personale in posizione di comando o di fuori
ruolo, fino ad un massimo di cinquanta unita', appartenente
alle amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 2,
commi 4 e 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.
29, nonche' ad enti pubblici economici. Si applicano le
disposizioni previste dall'art. 17, comma 14, della legge
15 maggio 1997, n. 127. Il personale di cui al presente
comma mantiene il trattamento economico fondamentale delle
amministrazioni o degli enti di appartenenza e i relativi
oneri rimangono a carico di tali amministrazioni o enti. Al
personale di cui al presente comma sono attribuiti
l'indennita' e il trattamento economico accessorio
spettanti al personale di ruolo della Presidenza del
Consiglio dei Ministri, se piu' favorevoli. Il servizio
prestato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e'
valutabile ai fini della progressione della carriera e dei
concorsi.
23. All'art. 9, comma 19, del decreto-legge 1o ottobre
1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge
28 novembre 1996, n. 608, le parole: "31 dicembre 1997 sono
sostituire dalle seguenti: "31 dicembre 1998 . Al comma 18
dell'art. 1 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, come
modificato dall'art. 6, comma 18, lettera c) della legge
15 maggio 1997, n. 127, le parole "31 dicembre 1997 sono
sostituite dalle seguenti: "31 dicembre 1998 . L'eventuale
trasformazione dei contratti previsti dalla citata legge n.
549 del 1995 avviene nell'ambito della programmazione di
cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo.
24. In deroga a quanto previsto dall'art. 1, comma 115,
della legge 23 dicembre 1996, n. 662, l'entita' complessiva
di giovani iscritti alle liste di leva di cui all'art. 37
del decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio
1964, n. 237, da ammettere annualmente al servizio
ausiliario di leva nelle Forze di polizia, e' incrementato
di 3.000 unita', da assegnare alla Polizia di Stato,
all'Arma dei carabinieri ed al Corpo della guardia di
finanza, in proporzione alle rispettive dotazioni
organiche. A decorrere dall'anno 1999 e' disposto un
ulteriore incremento di 2.000 unita' da assegnare all'Arma
dei carabinieri nell'ambito delle procedure di
programmazione ed autorizzazione delle assunzioni di cui al
presente articolo.
25. Al fine di incentivare la trasformazione del
rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici da tempo pieno a
tempo parziale e garantendo in ogni caso che cio' non si
ripercuota negativamente sulla funzionalita' degli enti
pubblici con un basso numero di dipendenti, come i piccoli
comuni e le comunita' montane, la contrattazione collettiva
puo' prevedere che i trattamenti accessori collegati al
raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di
progetti, nonche' ad altri istituti contrattuali non
collegati alla durata della prestazione lavorativa siano
applicati in favore del personale a tempo parziale anche in
misura non frazionata o non direttamente proporzionale al
regime orario adottato. I decreti di cui all'art. 1, comma
58-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, introdotto
dall'art. 6 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997,
n. 140, devono essere emanati entro novanta giorni dalla
data di entrata in vigore della presente legge. In
mancanza, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo
parziale puo' essere negata esclusivamente nel caso in cui
l'attivita' che il dipendente intende svolgere sia in
palese contrasto con quella svolta presso l'amministrazione
di appartenenza o in concorrenza con essa, con motivato
provvedimento emanato d'intesa fra l'amministrazione di
appartenenza e la Presidenza del Consiglio dei Ministri -
Dipartimento della funzione pubblica.
26. Le domande di trasformazione del rapporto di lavoro
da tempo pieno a tempo parziale, respinte prima della data
di entrata in vigore della presente legge, sono riesaminate
d'ufficio secondo i criteri e le modalita' indicati al
comma 25, tenendo conto dell'attualita' dell'interesse del
dipendente.
27. Le disposizioni dell'art. 1, commi 58 e 59, della
legge 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di rapporto di
lavoro a tempo parziale, si applicano al personale
dipendente delle regioni e degli enti locali finche' non
diversamente disposto da ciascun ente con proprio atto
normativo.
28. Nell'esercizio dei compiti attribuiti dall'art. 1,
comma 62, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, il Corpo
della guardia di finanza agisce avvalendosi dei poteri di
polizia tributaria previsti dal decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e dal decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Nel
corso delle verifiche previste dall'art. 1, comma 62, della
legge 23 dicembre 1996, n. 662, non e' opponibile il
segreto d'ufficio".



 
Art. 9.
(Uso della lingua slovena
negli organi elettivi)

1. Negli organi collegiali e nelle assemblee elettive aventi sede nei territori di cui all'articolo 4 e' riconosciuto il diritto all'uso della lingua slovena negli interventi orali e scritti, nonche' nella presentazione di proposte, mozioni, interrogazioni ed interpellanze, compresa l'eventuale attivita' di verbalizzazione. Le relative modalita' di attuazione sono stabilite dagli statuti e dai regolamenti degli organi elettivi. 2. A cura dell'amministrazione competente si provvede alla traduzione contestuale in lingua italiana sia degli interventi orali sia di quelli scritti. 3. I componenti degli organi e delle assemblee elettive possono svolgere le pubbliche funzioni di cui sono eventualmente incaricati anche in lingua slovena, a richiesta degli interessati. 4. Nei rapporti tra i pubblici uffici situati nei territori di cui all'articolo 4 e' ammesso l'uso congiunto della lingua slovena con la lingua italiana.
 
Art. 10.
(Insegne pubbliche e toponomastica)

1. Con decreto del presidente della giunta regionale, sulla base della proposta del Comitato e sentiti gli enti interessati, sono individuati, sulla base della tabella di cui all'articolo 4, i comuni, le frazioni di comune, le localita' e gli enti in cui l'uso della lingua slovena e' previsto in aggiunta a quella italiana nelle insegne degli uffici pubblici, nella carta ufficiale e, in genere, in tutte le insegne pubbliche, nonche' nei gonfaloni. Le stesse disposizioni si applicano anche per le indicazioni toponomastiche e per la segnaletica stradale. 2. Per le finalita' di cui al presente articolo e' autorizzata la spesa massima di lire 128 milioni annue per gli anni dal 2001 al 2005.
 
Art. 11.
(Scuole pubbliche con lingua
di insegnamento slovena)

1. Per quanto non diversamente disposto dalla presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alle leggi 19 luglio 1961, n. 1012, e 22 dicembre 1973, n. 932. All'articolo 2, commi primo e secondo, della legge 22 dicembre 1973, n. 932, dopo le parole: "di lingua materna slovena" sono inserite le seguenti: "o con piena conoscenza della lingua slovena". 2. Fermo restando quanto stabilito dal terzo comma dell'articolo 1 della legge 19 luglio 1961, n. 1012, per la riorganizzazione delle scuole con lingua di insegnamento slovena si procede secondo le modalita' operative stabilite dagli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233, e nel rispetto delle competenze previste dagli articoli 137, 138 e 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sentita la Commissione scolastica regionale per l'istruzione in lingua slovena di cui all'articolo 13, comma 3, della presente legge. 3. All'articolo 4 della legge 19 luglio 1961, n. 1012, sono aggiunte, in fine, le parole: "sentita la Commissione scolastica regionale per l'istruzione in lingua slovena". 4. Nell'ordinamento delle scuole con lingua di insegnamento slovena e' ammesso l'uso della lingua slovena nei rapporti con l'amministrazione scolastica, negli atti e nelle comunicazioni, nella carta ufficiale e nelle insegne pubbliche. 5. A decorrere dal 1º gennaio 2001, l'importo del fondo di cui all'articolo 8 della legge 22 dicembre 1973, n. 932, e' aumentato a lire 250 milioni annue. Il fondo puo' essere utilizzato anche per compensi relativi alla redazione e stampa di dispense scolastiche ed altro materiale didattico, nonche' a favore di autori di testi e dispense che non siano cittadini italiani appartenenti all'area culturale slovena. La gestione del fondo, la definizione dei criteri per la sua utilizzazione, anche attraverso piani di spesa pluriennali, e la proposta per la sua periodica rivalutazione sono di competenza della Commissione di cui all'articolo 13, comma 3. Per le finalita' di cui al presente comma e' autorizzata la spesa massima di lire 155,5 milioni annue a decorrere dall'anno 2001.



Note all'art. 11:
- Il testo dell'art. 2, della legge 22 dicembre 1973,
n. 932 (Modificazioni e interazioni della legge 19 luglio
1961, n. 1012, riguardante l'istituzione di scuole con
lingua di insegnamenti slovena nelle province di Trieste e
Gorizia) come modificato dalla legge qui pubblicata, e' il
seguente:
"2. I posti di ispettore scolastico, di cui alla
lettera a) dell'art. 1, sono conferiti mediante concorso
per titoli, riservato a candidati di lingua materna
slovena, bandito dal Ministero della pubblica istruzione
con la osservanza delle norme vigenti in materia per i
concorsi per titoli a posti di ispettore scolastico.
I posti di direttore didattico, di cui alla lettera b)
dell'art. 1, sono conferiti mediante concorso per esami e
titoli, riservato a candidati di lingua materna slovena o
con piena conoscenza della lingua slovena, bandito dal
Ministero della pubblica istruzione con la osservanza delle
norme vigenti in materia per i concorsi per esami e titoli
a posti di direttore didattico. Il tema di cultura generale
e' svolto in lingua slovena, quello di legislazione
scolastica in lingua italiana.
Nella prima applicazione della presente legge ed entro
tre mesi dalla sua entrata in vigore, sara' indetto un
concorso per titoli, integrato da un colloquio, a posti di
direttore didattico, riservato a candidati di lingua
slovena o con piena conoscenza della lingua slovena che
abbiano avuto per non meno di due anni l'incarico della
direzione didattica e che da almeno otto anni siano
insegnanti elementari di ruolo.
Entro due anni sara' indetto un concorso per titoli, da
espletarsi entro i successivi sei mesi, a posti di
ispettore scolastico, riservato ai direttori didattici di
lingua materna slovena ivi compresi i vincitori del
concorso direttivo del concorso direttivo riservato di cui
al precedente comma, prescindendo dal requisito
dell'anzianita' minima di servizio richiesto dalle norme
vigenti.
Coloro che, nei concorsi a posti di direttore didattico
di cui ai precedenti commi, risultino compresi nella
graduatoria di merito senza conseguire la nomina in ruolo,
sono iscritti in una graduatoria permanente da utilizzare
con le modalita' stabilite dalla legge 23 maggio 1964, n.
380, e successive modificazioni.
Fino all'espletamento dei concorsi indicati nel
presente articolo, per la copertura dei posti di cui alle
lettere a) e b) dell'art. 1, continuera' ad applicarsi
l'art. 6 della legge 19 luglio 1961, n. 1012".
- Il testo dell'art. 1, comma 3, della legge 19 luglio
1961, n. 1012 (Disciplina delle istituzioni scolastiche
nella provincia di Gorizia e nel territorio di Trieste), e'
il seguente:
"3. All'istituzione ed all'eventuale soppressione delle
scuole con lingua di insegnamento slovena si provvede con
decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del
Ministro per la pubblica istruzione, di concerto con quello
per il tesoro".
- Il testo degli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 del decreto
del Presidente della Repubblica, 18 giugno 1998, n. 233
(Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale
delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli
organici funzionali dei singoli istituti a norma dell'art.
21 della legge 15 marzo 1997, n. 59), e' il seguente:
"Art. 2 (Parametri). - 1. L'autonomia amministrativa,
organizzativa, didattica e di ricerca e progettazione
educativa e' riconosciuta alle istituzioni scolastiche di
ogni ordine e grado, ivi comprese quelle gia' dotate di
personalita' giuridica, che raggiungono dimensioni idonee a
garantire l'equilibrio ottimale tra domanda di istruzione e
organizzazione dell'offerta formativa. A tal fine sono
definiti, a norma dell'art. 3, gli ambiti territoriali, di
ampiezza differenziata a seconda del grado di istruzione,
nei quali va assicurata la permanenza e la stabilita' delle
suddette istituzioni, con particolare riguardo alle
caratteristiche demografiche, geografiche, economiche,
socio-culturali del territorio, nonche' alla sua
organizzazione politico-amministrativa.
2. Ai fini indicati al comma 1, per acquisire o
mantenere la personalita' giuridica gli istituti di
istruzione devono avere, di norma, una popolazione,
consolidata e prevedibilmente stabile almeno per un
quinquennio, compresa tra 500 e 900 alunni; tali indici
sono assunti come termini di riferimento per assicurare
l'ottimale impiego delle risorse professionali e
strumentali.
3. Nelle piccole isole, nei comuni montati, nonche'
nelle aree geografiche contraddistinte da specificita'
etniche o linguistiche, gli indici di riferimento previsti
dal comma 2 possono essere ridotti fino a 300 alunni per
gli istituti comprensivi di scuola materna, elementare e
media, o per gli istituti di istruzione secondaria
superiore che comprendono corsi o sezioni di diverso ordine
o tipo, previsti dal comma 6; nelle localita' sopra
indicate che si trovino in condizioni di particolare
isolamento possono, altresi', essere costituiti istituti
comprensivi di scuole di ogni ordine e grado. L'indice
massimo di cui al comma 2 puo' essere superato nelle aree
ad alta densita' demografica, con particolare riguardo agli
istituti di istruzione secondaria con finalita' formative
che richiedono beni strutturali, laboratori ed officine di
alto valore artistico o tecnologico.
4. Nell'ambito degli indici, minimo e massimo stabiliti
dal comma 2, la dimensione ottimale di ciascuna istituzione
scolastica e' definita in relazione agli elementi di
seguito indicati:
a) consistenza della popolazione scolastica residente
nell'area territoriale di pertinenza, con riferimento a
ciascun grado, ordine e tipo di scuola contemplato
dall'ordinamento scolastico vigente;
b) caratteristiche demografiche, orografiche,
economiche e socio-culturali del bacino di utenza;
c) estensione dei fenomeni di devianza giovanile e
criminalita' minorile;
d) complessita' di direzione, gestione e
organizzazione didattica, con riguardo alla pluralita' di
gradi di scuole o indirizzi di studio coesistenti nella
stessa istituzione, ivi comprese le attivita' di educazione
permanente, di istruzione degli adulti e di perfezionamento
o specializzazione, nonche' alla conduzione di aziende
agrarie, convitti annessi, officine e laboratori ad alta
specializzazione o con rilevante specificita'.
5. Qualora le singole scuole non raggiungano gli indici
di riferimento sopra indicati sono unificate
orizzontalmente con le scuole dello stesso grado comprese
nel medesimo ambito territoriale o verticalmente in
istituti comprensivi, a seconda delle esigenze educative
del territorio e nel rispetto della progettualita'
territoriale.
6. Per garantire la permanenza, negli ambiti
territoriali definiti ai sensi dell'art. 3, di scuole che
non raggiungono, da sole o unificate con scuole dello
stesso grado, dimensioni ottimali, sono costituiti istituti
di istruzione comprensivi di scuola materna, elementare e
media. Allo stesso fine e per assicurare la piu' efficace
corrispondenza tra gli istituti di istruzione secondaria
superiore e le caratteristiche del territorio di
riferimento, nonche' tra la necessaria varieta' dei
percorsi formativi proposti da ciascun istituto e la
domanda di istruzione espressa dalla popolazione
scolastica, si procede alla unificazione di istituti di
diverso ordine o tipo che non raggiungono, separatamente,
le dimensioni ottimali e insistono sullo stesso bacino
d'utenza, ivi comprese le sezioni staccate e scuole
coordinate dipendenti da istituti posti in localita'
distanti e compresi in altri ambiti territoriali di
riferimento; tali istituzioni assumono la denominazione di
istituto di istruzione secondaria superiore.
7. Nelle province il cui territorio e' per almeno un
terzo montano, in cui le condizioni di viabilita' statale e
provinciale siano disagevoli e in cui vi sia dispersione e
rarefazione di insediamenti abitativi sono concesse deroghe
automatiche agli indici di riferimento previsti dal comma
2, anche sulla base di criteri preventivamente stabiliti
dalle regioni, in sede di conferenza provinciale convocata
a norma dell'art. 3.
8. Gli indici minimi di riferimento previsti dal comma
3 sono applicabili anche agli istituti secondari di
istruzione artistica, professionale e tecnica con indirizzi
formativi particolarmente specializzati e a diffusione
limitata nell'ambito nazionale e regionale.
9. Le disposizioni contenute nei commi 3, 4, 5, 6 e 8
non si applicano alle scuole e istituti di istruzione
statali con lingua d'insegnamento slovena. A tali scuole
sara' attribuita l'autonomia scolastica ai fini
dell'esercizio del diritto allo studio, anche in assenza
dei parametri minimi di cui all'art. 2, comma 3, e sulla
base della distribuzione territoriale degli allievi che le
frequentano. Nell'attribuire l'autonomia alle scuole con
lingua d'insegnamento italiana, site negli stessi ambiti
territoriali, le conferenze provinciali terranno conto
delle decisioni assunte nei confronti delle scuole con
lingua d'insegnamento slovena.
10. Gli indici di riferimento previsti dai commi 3, 5,
6 e 8 si applicano agli istituti di istruzione che
comprendono scuole con particolari finalita', funzionanti
ai sensi dell'art. 324 del testo unico approvato con
decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, con il dovuto
riguardo alle specifiche esigenze formative degli alunni
frequentanti le suddette scuole".
"Art. 3 (Piani provinciali di dimensionamento). - 1. I
piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche
previsti dall'art. 21, comma 4, della legge 15 marzo 1997,
n. 59, al fine dell'attribuzione dell'autonomia e
personalita' giuridica, sono definiti in conferenze
provinciali di organizzazione della rete scolastica, nel
rispetto degli indirizzi di programmazione e dei criteri
generali, riferiti anche agli ambiti territoriali,
preventivamente adottati dalle regioni.
2. Entro il 31 ottobre 1998 il presidente della
provincia, anche in assenza degli indirizzi e dei criteri
di cui al comma 1, convoca la conferenza provinciale alla
quale partecipano, oltre alla provincia, i comuni e le
comunita' montane; ad essa partecipano di diritto il
dirigente competente dell'amministrazione periferica della
pubblica istruzione e il presidente del consiglio
scolastico provinciale, assicurando il coinvolgimento di
tutti i soggetti scolastici interessati. Ove il presidente
della provincia non provveda tempestivamente alla
convocazione, questa puo' essere fatta dal sindaco del
comune capoluogo di provincia o, in mancanza, dal dirigente
del competente ufficio periferico dell'amministrazione
scolastica.
3. Nella prima riunione sono determinate le modalita'
operative per la predisposizione e la successiva
discussione e definizione delle proposte avanzate dai
soggetti partecipanti alla conferenza provinciale, compresi
i criteri per la promozione di incontri e accordi per
ambiti territoriali ristretti.
4. Gli ambiti territoriali di riferimento e le
dimensioni ottimali delle istituzioni scolastiche sono
individuati dalle conferenze previste dai precedenti commi.
5. I dirigenti competenti dell'amministrazione
periferica della pubblica istruzione predispongono la
documentazione necessaria per la conferenza provinciale di
organizzazione, con tutti gli opportuni elementi di
informazione; gli stessi dirigenti, altresi', acquisiscono
e comunicano alle conferenze provinciali di cui al comma 3
eventuali parti e proposte dei consigli scolastici
distrettuali e degli organi collegiali degli istituti
d'istruzione interessati. I dati, i documenti e le
informazioni di cui sopra, unitamente alle proposte
formulate, sono contemporaneamente trasmessi alle regioni e
ai consigli provinciali e distrettuali competenti per
territorio.
6. Il piano di dimensionamento delle istituzioni
scolastiche di ogni ordine e grado e' approvato dalle
conferenze provinciali entro il 31 dicembre 1998, anche in
assenza degli indirizzi e dei criteri di cui al comma 1.
7. I piani contengono anche proposte specifiche per le
zone di confine tra province e regioni, allo scopo di
garantire le migliori condizioni di fruibilita' del
servizio scolastico.
8. Le regioni approvano il piano regionale di
dimensionamento entro il 28 febbraio 1999, sulla base del
piani provinciali assicurandone il coordinamento, nel
rispetto degli organici prestabiliti, ai sensi dell'art. 5,
comma 1, e dei parametri di riferimento previsti dall'art.
2. Le regioni deliberano sui casi previsti dal comma 7,
previa intesa, ove necessario, con le regioni confinanti.
9. I piani, possono essere modificati nel corso
dell'anno successivo alla loro approvazione e hanno,
comunque, completa e definitiva attuazione entro l'inizio
dell'anno scolastico 2000-2001".
"Art. 4 (Attribuzione della personalita' giuridica e
dell'autonomia). - 1. I dirigenti dell'amministrazione
scolastica periferica adottano, in attuazione dei piani
approvati dalle regioni, i provvedimenti conseguenti, ivi
compresi quelli di riconoscimento dell'autonomia alle
singole istituzioni scolastiche e di attribuzione della
personalita' giuridica alle istituzioni scolastiche che ne
siano prive.
2. Agli enti locali e' attribuita ogni competenza in
materia di soppressione, istituzione, trasferimento di
sedi, plessi, unita' delle istituzioni scolastiche che
abbiano ottenuto la personalita' giuridica e l'autonomia.
Tale competenza e' esercitata su proposta e, comunque
previa intesa, con le istituzioni scolastiche interessate
con particolare riguardo al raggiungimento delle finalita'
di cui all'art. 1, comma 2, nel rispetto delle competenze
di cui all'art. 137 del decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 112".
"Art. 5 (Organici pluriennali). - 1. La consistenza
complessiva degli organici del personale della scuola, ivi
compresi i dirigenti scolastici, predeterminata a livello
nazionale per il triennio 1998-2000 a norma delle vigenti
disposizioni, e' articolata su base regionale e ripartita
per aree provinciali o sub-provinciali. Le successive
rideterminazioni sono attuate ai sensi della normativa in
vigore, in relazione alle funzioni di programmazione e
riorganizzazione della rete scolastica attribuite alle
regioni dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112,
tenendo conto:
a) del numero degli alunni previsti, distinti per
eta' e per ordine e grado di scuole;
b) del numero degli istituti previsti, delle loro
dimensioni e dell'articolazione delle stesse istituzioni
sul territorio;
c) delle caratteristiche demografiche e orografiche
di ciascuna regione;
d) degli indici di disagio economico e
socio-culturale;
e) degli obiettivi correlati all'economia regionale e
all'evoluzione del mercato del lavoro;
f) della distribuzione per ambiti disciplinari del
personale in servizio.
2. Entro il limite della dotazione organica provinciale
complessiva l'organico funzionale di ciascuna istituzione
scolastica e' definito dai dirigenti dell'amministrazione
scolastica periferica, in conformita' ai criteri e ai
parametri generali stabiliti a norma del comma 1, sulla
base dei seguenti dati di riferimento ed elementi di
valutazione:
a) numero degli alunni e delle classi previste,
distinti per anno di corso e indirizzo di studi;
b) insegnamenti da impartire nelle classi previste in
relazione agli obiettivi formativi previsti dai
corrispondenti curricoli;
c) esigenze di sostegno degli alunni portatori di
handicap;
d) attivita' didattiche finalizzate al recupero della
dispersione scolastica e degli insuccessi formativi, alla
sperimentazione di nuovi metodi didattici e di nuovi
ordinamenti e strutture curricolari, all'adattamento dei
percorsi formativi, secondo criteri di flessibilita' e
modularita', alle esigenze di personalizzazione dei
processi di apprendimento, alle caratteristiche
dell'economia regionale o locale e all'evoluzione del
mercato del lavoro;
e) azioni di supporto socio-psico-pedagogico,
organizzativo e gestionale, di ricerca educativa e
scientifica di orientamento scolastico e professionale e di
valutazione dei processi formativi, tenuto conto anche
dell'eventuale articolazione della funzione docente sulla
base di particolari profili di specializzazione;
f) esigenze specifiche delle istituzioni che operano
in zone a rischio di devianza giovanile e criminalita'
minorile, ovvero nelle comunita' montane e nelle piccole
isole;
g) prevedibili necessita' di copertura dei posti di
insegnamento vacanti e di sostituzione degli insegnanti
assenti per periodi di durata inferiore all'intero anno
scolastico.
3. Le risorse umane necessarie per le finalita'
indicate alle lettere d), e), f) e g) del comma 2, sono
attribuite alle singole istituzioni scolastiche o a reti di
scuole, anche sulla base delle richieste e dei progetti
formativi delle stesse istituzioni.
4. Nei limiti delle dotazioni organiche assegnate i
dirigenti scolastici, nel rispetto delle competenze degli
organi collegiali della scuola, procedono alla formazione
delle classi e, in conformita' ai princi'pi e criteri
stabiliti con la contrattazione collettiva decentrata a
livello nazionale e territoriale, attribuiscono ai singoli
docenti le funzioni da svolgere.
5. Le scuole annesse ad istituti di educazione statale
non hanno personalita' giuridica distinta dagli istituti di
appartenenza. La dotazione organica di istituto relativa
alle suddette scuole, considerata nella sua entita'
complessiva, e' determinata ai sensi dei commi 1 e 2.
6. Gli organici di cui al comma 1, per le scuole e gli
istituti di istruzione statali in lingua slovena delle
province di Gorizia e Trieste sono separatamente
determinati e distinti dall'organico complessivo riferito
alla regione di appartenenza".
"Art. 6 (Dotazione finanziaria di istituto). - 1. Gli
stanziamenti iscritti nello stato di previsione della spesa
del Ministero della pubblica istruzione per il
funzionamento amministrativo e didattico delle istituzioni
scolastiche sono ripartiti, con decreto del Ministro della
pubblica istruzione, su base regionale, in proporzione alla
popolazione scolastica e al numero di istituti di
istruzione. Essi sono articolati a livello provinciale o
subprovinciale e sono distinti in assegnazioni ordinarie e
perequative. Le assegnazioni perequative sono calcolate in
relazione alle condizioni demografiche, orografiche,
economiche e socio-culturali del territorio. Sui criteri di
ripartizione delle assegnazioni perequative e' sentito il
parere della Conferenza unificata Stato-regioni-citta' e
autonomie locali.
2. Le dotazioni finanziarie determinate ai sensi del
comma l sono assegnate alle singole istituzioni dai
dirigenti degli uffici periferici dell'amministrazione
scolastica, in conformita' ai criteri generali e agli
indici di riferimento fissati dal decreto di cui allo
stesso comma 1.
3. Le istituzioni scolastiche utilizzano le risorse
finanziarie a loro assegnate senza altro vincolo di
destinazione che quello dell'utilizzazione prioritaria per
lo svolgimento delle attivita' di istruzione, di formazione
e di orientamento proprie di ciascun grado, ordine e tipo
di scuola, nel rispetto delle competenze attribuite, nelle
stesse materie, alle regioni e agli enti locali con il
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
4. Le disposizioni del presente articolo non escludono
l'apporto di ulteriori risorse finanziarie da parte dello
Stato, delle regioni, degli enti locali, di altri enti e di
privati per l'attuazione di progetti promossi e finanziati
con risorse a destinazione specifica.
5. Lo Stato, le regioni, gli enti locali, le
istituzioni scolastiche ed altri soggetti pubblici e
privati possono stipulare accordi di programma per la
gestione di attivita' previste dai commi 3 e 4".
- Il testo degli articoli 137, 138 e 139 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni
e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli
enti locali in attuazione del Capo I della legge 15 marzo
1997, n. 59), e' il seguente:
"Art. 137 (Competenze dello Stato). - 1. Restano allo
Stato, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera a), della
legge 15 marzo 1997, n. 59, i compiti e le funzioni
concernenti i criteri e i parametri per l'organizzazione
della rete scolastica, previo parere della Conferenza
unificata, le funzioni di valutazione del sistema
scolastico, le funzioni relative alla determinazione e
all'assegnazione delle risorse finanziarie a carico del
bilancio dello Stato e del personale alle istituzioni
scolastiche, le funzioni di cui all'art. 138, comma 3, del
presente decreto legislativo.
2. Restano altresi' allo Stato i compiti e le funzioni
amministrative relativi alle scuole militari ed ai corsi
scolastici organizzati, con il patrocinio dello Stato,
nell'ambito delle attivita' attinenti alla difesa e alla
sicurezza pubblica, nonche' i provvedimenti relativi agli
organismi scolastici istituiti da soggetti extracomunitari,
ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica
18 aprile 1994, n. 389".
"Art. 138 (Deleghe alle regioni). - 1. Ai sensi
dell'art. 118, comma secondo, della Costituzione, sono
delegate alle regioni le seguenti funzioni amministrative:
a) la programmazione dell'offerta formativa integrata
tra istruzione e formazione professionale;
b) la programmazione sul piano regionale, nei limiti
delle disponibilita' di risorse umane e finanziarie, della
rete scolastica, sulla base dei piani provinciali,
assicurando il coordinamento con la programmazione di cui
alla lettera a);
c) la suddivisione, sulla base anche delle proposte
degli enti locali interessati, del territorio regionale in
ambiti funzionali al miglioramento dell'offerta formativa;
d) la determinazione del calendario scolastico;
e) i contributi alle scuole non statali;
f) le iniziative e le attivita' di promozione
relative all'ambito delle funzioni conferite.
2. La delega delle funzioni di cui al comma 1 opera dal
secondo anno scolastico immediatamente successivo alla data
di entrata in vigore del regolamento di riordino delle
strutture dell'amministrazione centrale e periferica, di
cui all'art. 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
3. Le deleghe di cui al presente articolo non
riguardano le funzioni relative ai conservatori di musica,
alle accademie di belle arti, agli istituti superiori per
le industrie artistiche, all'accademia nazionale d'arte
drammatica, all'accademia nazionale di danza, nonche' alle
scuole ed alle istituzioni culturali straniere in Italia".
"Art. 139 (Trasferimenti alle province ed ai comuni). -
1. Salvo quanto previsto dall'art. 137 del presente decreto
legislativo, ai sensi dell'art. 128 della Costituzione sono
attribuiti alle province, in relazione all'istruzione
secondaria superiore, e ai comuni, in relazione agli altri
gradi inferiori di scuola, i compiti e le funzioni
concernenti:
a) l'istituzione, l'aggregazione, la fusione e la
soppressione di scuole in attuazione degli strumenti di
programmazione;
b) la redazione dei piani di organizzazione della
rete delle istituzioni scolastiche;
c) i servizi di supporto organizzativo del servizio
di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione
di svantaggio;
d) il piano di utilizzazione degli edifici e di uso
delle attrezzature, d'intesa con le istituzioni
scolastiche;
e) la sospensione delle lezioni in casi gravi e
urgenti;
f) le iniziative e le attivita' di promozione
relative all'ambito delle funzioni conferite;
g) la costituzione, i controlli e la vigilanza, ivi
compreso lo scioglimento, sugli organi collegiali
scolastici a livello territoriale.
2. I comuni, anche in collaborazione con le comunita'
montane e le province, ciascuno in relazione ai gradi di
istruzione di propria competenza, esercitano, anche
d'intesa con le istituzioni scolastiche, iniziative
relative a:
a) educazione degli adulti;
b) interventi integrati di orientamento scolastico e
professionale;
c) azioni tese o realizzare le pari opportunita' di
istruzione;
d) azioni di supporto tese a promuovere e sostenere
la coerenza e la continuita' in verticale e orizzontale tra
i diversi gradi e ordini di scuola;
e) interventi perequativi;
f) interventi integrati di prevenzione della
dispersione scolastica e di educazione alla salute.
3. La risoluzione dei conflitti di competenze e'
conferita alle province, ad eccezione dei conflitti tra
istituzioni della scuola materna e primaria, la cui
risoluzione e' conferita ai comuni".
- Il testo dell'art. 8 della citata legge n. 932 del
1973 e' il seguente:
"Art. 8. - Per la compilazione o la traduzione e la
stampa di libri di testo per gli istituti superiori con
lingua di insegnamento slovena nonche' per la stampa di
libri di testo in lingua slovena per la scuola dell'obbligo
e' costituito un fondo annuo dl lire 105 milioni che il
Ministero della pubblica istruzione accreditera' al
sovrintendente scolastico per la regione Friuli-Venezia
Giulia.
La dotazione del fondo potra' essere integrata con i
contributi eventualmente disposti dalla regione
Friuli-Venezia Giulia e dagli enti locali nella cui
circoscrizione territoriale siano compresi le scuole e gli
istituti di cui al comma precedente".



 
Art. 12.
(Disposizioni per la provincia di Udine)

1. Nelle scuole materne site nei comuni della provincia di Udine compresi nella tabella di cui all'articolo 4, la programmazione educativa comprendera' anche argomenti relativi alle tradizioni, alla lingua ed alla cultura locali da svolgere anche in lingua slovena, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. 2. Negli istituti di istruzione obbligatoria siti nei comuni di cui al comma 1 l'insegnamento della lingua slovena, della storia e delle tradizioni culturali e linguistiche locali e' compreso nell'orario curricolare obbligatorio determinato dagli stessi istituti nell'esercizio dell'autonomia organizzativa e didattica di cui all'articolo 21, commi 8 e 9, della legge 15 marzo 1997, n. 59. Detti istituti deliberano le modalita' di svolgimento delle suddette attivita' curricolari, stabilendone i tempi e le metodologie, nonche' i criteri di valutazione degli alunni e le modalita' d'impiego dei docenti qualificati. Al momento della preiscrizione i genitori comunicano alla istituzione scolastica interessata se intendono avvalersi per i propri figli dell'insegnamento della lingua della minoranza. 3. Nelle scuole secondarie delle province di Trieste, Gorizia e Udine, frequentate da alunni provenienti dai comuni di cui al comma 1, possono essere istituiti corsi opzionali di lingua slovena anche in deroga al numero minimo di alunni previsto dall'ordinamento scolastico. 4. Il Ministro della pubblica istruzione, sentita la Commissione di cui all'articolo 13, comma 3, fissa con proprio decreto, per le attivita' curricolari di cui al comma 2, gli obiettivi generali e specifici del processo di apprendimento e gli standard relativi alla qualita' del servizio, definendo i requisiti per la nomina degli insegnanti. 5. La scuola materna privata e la scuola elementare parificata con insegnamento bilingue sloveno-italiano, gestite dall'Istituto per l'istruzione slovena di San Pietro al Natisone in provincia di Udine, sono riconosciute come scuole statali. Alle predette scuole si applicano le disposizioni di legge e regolamentari vigenti per le corrispondenti scuole statali. Per le finalita' di cui al presente comma e' autorizzata la spesa massima di lire 1.436 milioni annue a decorrere dall'anno 2001. 6. Nei comuni della provincia di Udine compresi nella tabella di cui all'articolo 4 e' prevista l'istituzione, sentito il Comitato e secondo le modalita' operative di cui al comma 2 dell'articolo 11, di scuole statali bilingui o con sezioni di esse, con insegnamento nelle lingue italiana e slovena, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Le misure da adottare per il funzionamento di tali scuole sono predisposte sentita la Commissione di cui all'articolo 13, comma 3. 7. Le iniziative previste dal comma 2 sono realizzate dalle istituzioni scolastiche autonome, avvalendosi delle risorse umane a disposizione, della dotazione finanziaria attribuita ai sensi dell'articolo 21, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, nonche' delle risorse aggiuntive reperibili con convenzioni, prevedendo tra le priorita' stabilite dal medesimo comma 5 quelle di cui alla presente legge.



Note all'art. 12:
- Il testo dell'art. 21, commi 8 e 9, della legge
15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento
di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali per la
riforma della pubblica amministrazione e per la
semplificazione amministrativa), e' il seguente:
"8. L'autonomia organizzativa e' finalizzata alla
realizzazione della flessibilita', della diversificazione,
dell'efficienza e dell'efficacia del servizio scolastico,
alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e
delle strutture, all'introduzione di tecnologie innovative
e al coordinamento con il contesto territoriale. Essa si
esplica liberamente, anche mediante superamento dei vincoli
in materia di unita' oraria della lezione, dell'unitarieta'
del gruppo classe e delle modalita' di organizzazione e
impiego dei docenti, secondo finalita' di ottimizzazione
delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materiali e
temporali, fermi restando i giorni di attivita' didattica
annuale previsti a livello nazionale, la distribuzione
dell'attivita' didattica in non meno di cinque giorni
settimanali, il rispetto dei complessivi obblighi annuali
di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi
che possono essere assolti invece che in cinque giorni
settimanali anche sulla base di un'apposita programmazione
plurisettimanale.
9. L'autonomia didattica e' finalizzata al
perseguimento degli obiettivi generali del sistema
nazionale di istruzione, nel rispetto della liberta' di
insegnamento, della liberta' di scelta educativa da parte
delle famiglie e del diritto ad apprendere. Essa si
sostanzia nella scelta libera e programmata di metodologie,
strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da
adottare nel rispetto della possibile pluralita' di opzioni
metodologiche, e in ogni iniziativa che sia espressione di
liberta' progettuale, compresa l'eventuale offerta di
insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel
rispetto delle esigenze formative degli studenti. A tal
fine, sulla base di quanto disposto dall'art. 1, comma 71,
della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono definiti criteri
per la determinazione degli organici funzionali di
istituto, fermi restando il monte annuale orario
complessivo previsto per ciascun curriculum e quello
previsto per ciascuna delle discipline ed attivita'
indicate come fondamentali di ciascun tipo o indirizzo di
studi e l'obbligo di adottare procedure e strumenti di
verifica e valutazione della produttivita' scolastica e del
raggiungimento degli obiettivi".
- Il testo dell'art. 21, comma 5, della citata legge n.
59 del 1997, e' il seguente:
"5. La dotazione finanziaria essenziale delle
istituzioni scolastiche gia' in possesso di personalita'
giuridica e di quelle che l'acquistano ai sensi del comma 4
e' costituita dall'assegnazione dello Stato per il
funzionamento amministrativo e didattico, che si suddivide
in assegnazione ordinaria e assegnazione perequativa. Tale
dotazione finanziaria e' attribuita senza altro vincolo di
destinazione che quello dell'utilizzazione prioritaria per
lo svolgimento delle attivita' di istruzione, di formazione
e di orientamento proprie di ciascuna tipologia e di
ciascun indirizzo di scuola".



 
Art. 13.
(Organi per l'amministrazione scolastica)

1. Per la trattazione degli affari riguardanti l'istruzione in lingua slovena, presso l'ufficio scolastico regionale del Friuli-Venezia Giulia e' istituito uno speciale ufficio diretto da un dirigente regionale nominato dal Ministro della pubblica istruzione tra il personale dirigenziale dei ruoli dell'amministrazione scolastica centrale e periferica e tra i dirigenti scolastici delle scuole con lingua di insegnamento slovena. Tale ufficio provvede a gestire i ruoli del personale delle scuole e degli istituti con lingua di insegnamento slovena. 2. Al personale dell'ufficio di cui al comma 1 e' richiesta la piena conoscenza della lingua slovena. 3. Al fine di soddisfare le esigenze di autonomia dell'istruzione in lingua slovena e' istituita la Commissione scolastica regionale per l'istruzione in lingua slovena, presieduta dal dirigente regionale di cui al comma 1. La composizione della Commissione, le modalita' di nomina ed il suo funzionamento sono disciplinati, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, sentito il Comitato, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. La Commissione di cui al presente comma sostituisce quella prevista dall'articolo 9 della legge 22 dicembre 1973, n. 932, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 24 della presente legge. 4. Per le finalita' di cui al presente articolo e' autorizzata la spesa massima di lire 895 milioni annue a decorrere dall'anno 2001.



Nota all'art. 13:
- Il testo dell'art. 9 della citata legge n. 932 del
1973 e' il seguente:
"Art. 9. - Per i problemi riguardanti il funzionamento
delle scuole con lingua d'insegnamento slovena il
sovrintendente scolastico della regione Friuli-Venezia
Giulia e' assistito da una commissione da lui nominata e
composta:
a) dai provveditori agli studi di Trieste e Gorizia o
dai loro rispettivi delegati;
b) da due presidi, di cui uno della scuola secondaria
di primo grado, un ispettore scolastico, un direttore
didattico e tre insegnanti, di cui uno della scuola
elementare, uno della scuola media e uno della scuola media
superiore, di lingua slovena, proposti dal personale
insegnante e direttivo delle rispettive scuole;
c) da cinque cittadini italiani di lingua slovena,
dei quali tre designati dal consiglio provinciale di
Trieste e due da quello di Gorizia, con voto limitato".



 
Art. 14.
(Istituto regionale di ricerca educativa)

1. Ai sensi dell'articolo 288 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e' istituita apposita sezione dell'istituto regionale di ricerca educativa per il Friuli-Venezia Giulia con competenza per le scuole con lingua di insegnamento slovena, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. La composizione della sezione e il suo funzionamento sono disciplinati ai sensi del regolamento di riordino degli istituti regionali di ricerca educativa, previsto dall'articolo 21, comma 10, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e dall'articolo 76 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sentita la Commissione di cui all'articolo 13, comma 3.



Note all'art. 14:
- Il testo dell'art. 288 del decreto legislativo
16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle
disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione,
relative alle scuole di ogni ordine e grado), e' il
seguente:
"Art. 288 (Articolazione interna degli istituti
regionali). - 1. Gli istituti regionali si articolano in
sezioni per la scuola materna, per la scuola elementare,
per la scuola media, per la scuola secondaria superiore e
per l'istruzione artistica, per le attivita' di educazione
permanente, ed in servizi comuni di documentazione e di
informazione, di metodi e tecniche della ricerca
sperimentale e di organizzazione delle attivita' di
aggiornamento. La sezione dell'istruzione artistica e'
competente anche per i licei artistici e gli istituti
d'arte.
2. Le sezioni operano unitariamente per materie e
attivita' di interesse comune".
- Il testo dell'art. 21, comma 10, della citata legge
n. 59 del 1997, e' il seguente:
"10. Nell'esercizio dell'autonomia organizzativa e
didattica le istituzioni scolastiche realizzano, sia
singolarmente che in forme consorziate, ampliamenti
dell'offerta formativa che prevedano anche percorsi
formativi per gli adulti, iniziative di prevenzione
dell'abbandono e della dispersione scolastica, iniziative
di utilizzazione delle strutture e delle tecnologie anche
in orari extrascolastici e a fini di raccordo con il mondo
del lavoro, iniziative di partecipazione a programmi
nazionali, regionali o comunitari e, nell'ambito di accordi
tra le regioni e l'amministrazione scolastica, percorsi
integrati tra diversi sistemi formativi. Le istituzioni
scolastiche autonome hanno anche autonomia di ricerca,
sperimentazione e sviluppo nei limiti del proficuo
esercizio dell'autonomia didattica e organizzativa. Gli
istituti regionali di ricerca, sperimentazione e
aggiornamento educativi, il Centro europeo dell'educazione,
la Biblioteca di documentazione pedagogica e le scuole ed
istituti a carattere atipico di cui alla parte I, titolo
II, capo III, del testo unico approvato con decreto
legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono riformati come
enti finalizzati al supporto dell'autonomia delle
istituzioni scolastiche autonome".
- Il testo dell'art. 76 del decreto legislativo
30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell'organizzazione del
Governo, a norma dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n.
59), e' il seguente:
"Art. 76 (Riordino degli istituti regionali di ricerca,
sperimentazione e aggiornamento educativo). - 1. Gli
Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e
aggiornamento educativi (IRRSAE) sono trasformati in
Istituti regionali di ricerca educativa (IRRE). Tali
istituti sono enti strumentali, con personalita' giuridica,
dell'amministrazione della pubblica istruzione che, nel
quadro degli interventi programmati dagli uffici scolastici
di ambito regionale e delle iniziative di innovazione degli
ordinamenti scolastici, svolgono funzioni di supporto agli
uffici dell'amministrazione, anche di livello
sub-regionale, alle istituzioni scolastiche, alle loro reti
e consorzi, ai sensi dell'art. 21, comma 10, della legge
15 marzo 1997, n. 59. Gli IRRE operano in coordinamento e
collaborazione con l'Istituto nazionale di documentazione
per l'innovazione e la ricerca educativa, l'Istituto
nazionale per la valutazione del sistema dell'istruzione,
le universita' e con le altre agenzie educative.
2. Gli istituti di cui al comma 1 per l'espletamento
delle loro funzioni sono dotati di autonomia amministrativa
e contabile. Essi svolgono attivita' di ricerca nell'ambito
didattico-pedagogico e nell'ambito della formazione del
personale della scuola, e si coordinano con l'Istituto
nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricerca
educativa, con le universita' e con le altre agenzie
formative.
3. L'organizzazione amministrativa, organizzativa e
finanziaria degli IRRE e' definita dall'apposito
regolamento di cui all'art. 21 della legge 15 marzo 1997,
n. 59, che ne individua gli organi di direzione,
scientifici e di controllo e i relativi poteri, le risorse
di personale e finanziarie e definisce i raccordi con
l'amministrazione regionale. Si applica l'art. 19 della
legge 15 marzo 1997, n. 59.".



 
Art. 15.
(Istruzione musicale)

1. Con decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, e' istituita, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la sezione autonoma con lingua di insegnamento slovena del conservatorio di musica "Giuseppe Tartini" di Trieste. Con il medesimo decreto sono stabiliti i relativi organici del personale docente, amministrativo, tecnico ed ausiliario ed i relativi specifici ruoli; per un triennio su e da tali cattedre non sono consentiti trasferimenti e passaggi. L'attuale organico di diritto del conservatorio di musica "Giuseppe Tartini" resta fermo per un triennio, fatta salva l'attivazione di nuovi insegnamenti e scuole nonche' la definitiva stabilizzazione del corso di lingua italiana per stranieri. 2. Con ordinanza del Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica saranno fissate le modalita' di funzionamento e le materie della sezione autonoma di cui al comma 1, nonche' le modalita' di reclutamento del personale docente, amministrativo, tecnico ed ausiliario. Ai fini del reclutamento del personale docente il servizio prestato nei centri musicali di lingua slovena "Glasbena matica" e "Emil Komel" e' considerato alla stregua del servizio prestato in conservatori o istituti di musica pareggiati. Per il reclutamento del personale docente e non docente a tempo indeterminato o determinato si applicano le disposizioni di cui all'articolo 425 del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297. 3. Gli insegnanti della sezione autonoma di cui comma 1 fanno parte a pieno titolo del collegio dei professori del conservatorio, articolato in due sezioni, rispettivamente con insegnamento in lingua italiana e con insegnamento in lingua slovena. Per pareri e deliberazioni relativi a questioni e problematiche specifiche, quali le iniziative di sperimentazione, relative alla singola sezione, il direttore del conservatorio convoca solo la corrispondente sezione. In tali casi le pronunce hanno valenza circoscritta alla sezione che le ha deliberate. L'attivita' di ciascuna sezione deve essere coerente con il piano annuale delle attivita' formative del conservatorio e con la programmazione didattico-artistica generale, la cui elaborazione compete al collegio plenario dei docenti. 4. Gli insegnanti della sezione autonoma con lingua di insegnamento slovena eleggono al loro interno un coordinatore della sezione medesima che e' esonerato dall'attivita' di insegnamento per tutto il periodo dell'incarico. Gli atti del direttore del conservatorio concernenti la sezione autonoma sono adottati previo parere del coordinatore. 5. Il coordinatore di cui al comma 4, per la durata dell'incarico, e' membro del consiglio di amministrazione del conservatorio di musica "Giuseppe Tartini", di cui fanno parte, altresi', due esperti, di cui uno appartenente alla minoranza slovena, designati dalla giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia. 6. Per le finalita' di cui al presente articolo e' autorizzata la spesa massima di lire 1.049 milioni annue a decorrere dall'anno 2001.



Nota all'art. 15:
- Il testo dell'art. 425 del citato decreto legislativo
n. 297 del 1994 e' il seguente:
"Art. 425 (Reclutamento del personale docente). - 1.
Per l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola
materna, della scuola elementare, degli istituti e scuole
di istruzione secondaria e degli istituti d'arte e dei
licei artistici con lingua di insegnamento slovena nelle
province di Trieste e Gorizia sono indetti appositi
concorsi per titoli ed esami e per soli titoli a norma del
presente testo unico.
2. A tali concorsi sono ammessi i cittadini italiani di
lingua materna slovena in possesso dei requisiti prescritti
dai precedenti articoli.
3. Per l'ammissione ai concorsi a cattedre di lingua
italiana e di lingua e lettere italiane negli istituti e
scuole con lingua di insegnamento slovena e' richiesta
adeguata conoscenza della lingua slovena, da dimostrare,
sia per l'ammissione ai concorsi per titoli ed esami sia
per l'ammissione ai concorsi per soli titoli con un
colloquio dinanzi ad una commissione di tre membri nominata
dal sovrintendente scolastico regionale del Friuli-Venezia
Giulia.
4. Sono esonerati dal colloquio di cui al comma 3 gli
aspiranti che abbiano insegnato lingua italiana per almeno
tre anni nelle scuole con lingua di insegnamento slovena.
5. Nei concorsi a posti di docente della scuola materna
e della scuola elementare e a cattedre di istituti o scuole
di istruzione secondaria e degli istituti d'arte e licei
artistici diverse da quelle di lingua italiana e di lingua
e lettere italiane, le prove dei concorsi per titoli ed
esami si svolgono in lingua slovena; ai concorsi per soli
titoli sono ammessi esclusivamente coloro che hanno
maturato l'anzianita' di servizio di cui alla lettera b)
dell'art. 401 nelle scuole con lingua di insegnamento
slovena.
6. Ai concorsi a posti di insegnamento nelle scuole con
lingua di insegnamento slovena sono ammessi anche coloro
che siano in possesso di un titolo di studio conseguito
all'estero dichiarato equipollente dal Ministero della
pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della
pubblica istruzione, ai soli fini dell'ammissione ai
predetti concorsi".



 
Art. 16
Istituzioni e attivita' della minoranza slovena

1. La regione Friuli-Venezia Giulia provvede al sostegno delle attivita' e delle iniziative culturali, artistiche, sportive, ricreative, scientifiche, educative, informative e editoriali promosse e svolte da istituzioni ed associazioni della minoranza slovena. A tale fine, la regione consulta le istituzioni anche di natura associativa della minoranza slovena. Per le finalita' di cui al presente comma, e' data priorita' al funzionamento della stampa in lingua slovena. Per le finalita' di cui al presente comma lo Stato assegna ogni anno propri contributi, che confluiscono in un apposito fondo nel bilancio della regione Friuli-Venezia Giulia.
2. Al fondo di cui al comma 1 e' destinata per l'anno 2001 la somma di lire 5.000 milioni e per l'anno 2002 la somma di lire 10.000 milioni. Per gli anni successivi, l'ammontare del fondo di cui al comma 1 e' determinato annualmente dalla legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.



Nota all'art. 16:
- Il testo dell'art. 11, comma 3, lettera d), della
legge 5 agosto 1978, n. 468 (Riforma di alcune norme di
contabilita' generale dello Stato in materia di bilancio),
e' il seguente:
"3. La legge finanziaria non puo' contenere norme di
delega o di carattere ordinamentale ovvero organizzatorio.
Essa contiene esclusivamente norme tese a realizzare
effetti finanziari con decorrenza dal primo anno
considerato nel bilancio pluriennale e in particolare:
a) - c) (omissis);
d) la determinazione in apposita tabella, della quota
da iscrivere nel bilancio di ciascuno degli anni
considerati dal bilancio pluriennale per le leggi di spesa
permanente, di natura corrente e in conto capitale, la cui
quantificazione e' rinviata alla legge finanziaria;".



 
Art. 17.
(Rapporti con la Repubblica di Slovenia)

1. Il Governo assume le iniziative necessarie al fine di agevolare e favorire i rapporti tra le popolazioni di confine e tra la minoranza slovena e le istituzioni culturali della Repubblica di Slovenia e assicura lo sviluppo della cooperazione transfrontaliera e interregionale, anche nell'ambito delle iniziative e dei programmi dell'Unione europea.
 
Art. 18.
(Teatro stabile sloveno)

1. Fermo restando quanto previsto in materia dalla legislazione nazionale, il "Teatro stabile sloveno di Trieste - Slovensko stalno gledalisce" e' riconosciuto come organismo di produzione teatrale a gestione pubblica, anche agli effetti delle relative contribuzioni a carico dello Stato.
 
Art. 19.
(Restituzione di beni immobili)

1. La casa di cultura "Narodni dom" di Trieste - rione San Giovanni, costituita da edificio e accessori, e' trasferita alla regione Friuli-Venezia Giulia per essere utilizzata, a titolo gratuito, per le attivita' di istituzioni culturali e scientifiche di lingua slovena. Nell'edificio di Via Filzi 9 a Trieste, gia' "Narodni dom", e nell'edificio di Corso Verdi, gia' "Trgovski dom", di Gorizia trovano sede istituzioni culturali e scientifiche sia di lingua slovena (a partire dalla Narodna in studijska Knjiznica - Biblioteca degli studi di Trieste) sia di lingua italiana compatibilmente con le funzioni attualmente ospitate nei medesimi edifici, previa intesa tra regione e universita' degli studi di Trieste per l'edificio di Via Filzi di Trieste, e tra regione e Ministero delle finanze per l'edificio di Corso Verdi di Gorizia. 2. In caso di mancata intesa entro cinque anni, si provvede, entro i successivi sei mesi, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. 3. Le modalita' di uso e di gestione sono stabilite dall'amministrazione regionale sentito il Comitato.
 
Art. 20.
(Tutela del patrimonio storico ed artistico)

1. Ai fini di cui all'articolo 9 della Costituzione, la regione Friuli-Venezia Giulia, le province ed i comuni compresi nella tabella di cui all'articolo 4 adottano misure di tutela anche nel rispetto delle caratteristiche peculiari delle localita' abitate dalla minoranza slovena, sia con riferimento ai monumenti storici ed artistici, sia con riferimento alle usanze tradizionali e ad altre forme di espressione della cultura della popolazione slovena, ivi compresi progetti di carattere interculturale. 2. Ai fini di cui al comma 1 gli enti interessati avviano adeguate forme di consultazione con le organizzazioni e le altre associazioni rappresentative della minoranza slovena.



Nota all'art. 20:
- Il testo dell'art. 9 della Costituzione della
Repubblica italiana e' il seguente:
"La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la
ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico
della Nazione.".



 
Art. 21.
(Tutela degli interessi sociali,
economici ed ambientali)

1. Nei territori di cui all'articolo 4 l'assetto amministrativo, l'uso del territorio, i piani di programmazione economica, sociale ed urbanistica e la loro attuazione anche in caso di espropri devono tendere alla salvaguardia delle caratteristiche storico-culturali. 2. Ai fini di cui al comma 1 e d'intesa con il Comitato, negli organi consultivi competenti deve essere garantita una adeguata rappresentanza della minoranza slovena. 3. Per consentire l'attuazione di interventi volti allo sviluppo dei territori dei comuni della provincia di Udine compresi nelle comunita' montane del Canal del Ferro - Val Canale, Valli del Torre e Valli del Natisone, nei quali e' storicamente insediata la minoranza slovena, a decorrere dall'anno 2001 lo Stato assegna alla regione Friuli-Venezia Giulia un contributo annuo pari a lire 1.000 milioni. 4. Per le finalita' di cui al presente articolo e' autorizzata la spesa massima di lire 1.000 milioni annue a decorrere dall'anno 2001.
 
Art. 22.
(Organizzazioni e attivita' sindacali)

1. Alle organizzazioni sindacali e di categoria che svolgono la loro attivita' prevalentemente in lingua slovena, le quali, per la loro consistenza e diffusione sui territori di cui all'articolo 4, abbiano carattere di rappresentativita' all'interno della minoranza, sono estesi, sentito il Comitato, in ordine all'esercizio delle attivita' sindacali in genere ed al diritto alla rappresentanza negli organi collegiali della pubblica amministrazione e degli enti operanti nei settori di interesse, i diritti riconosciuti dalla legge alle associazioni e alle organizzazioni aderenti alle confederazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
 
Art. 23.
(Integrazioni alla legge 15 dicembre 1999,
n. 482, in materia di tutela penale delle
minoranze linguistiche)

1. Dopo l'articolo 18 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, e' inserito il seguente: "Art. 18-bis. - 1. Le disposizioni di cui all'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, ed al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, si applicano anche ai fini di prevenzione e di repressione dei fenomeni di intolleranza e di violenza nei confronti degli appartenenti alle minoranze linguistiche".



Nota all'art. 23:
- Il testo dell'art. 18 della legge 15 dicembre 1999,
n. 482 (Norme a tutela delle minoranze linguistiche
storiche), e' il seguente:
"Art. 18. - 1. Nelle regioni a statuto speciale
l'applicazione delle disposizioni piu' favorevoli previste
dalla presente legge e' disciplinata con norme di
attuazione dei rispettivi statuti. Restano ferme le norme
di tutela esistenti nelle medesime regioni a statuto
speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Fino all'entrata in vigore delle norme di attuazione
di cui al comma 1, nelle regioni a statuto speciale il cui
ordinamento non preveda norme di tutela si applicano le
disposizioni di cui alla presente legge.".
- Il testo dell'art. 3 delle legge 13 ottobre 1975, n.
654 (Ratifica ed esecuzione della convenzione
internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di
discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il
7 marzo 1996), e' il seguente:
"Art. 3. - 1. Salvo che il fatto costituisca piu' grave
reato, anche ai fini dell'attuazione della disposizione
dell'art. 4 della convenzione, e' punito:
a) con la reclusione sino a tre anni chi diffonde in
qualsiasi modo idee fondate sulla superiorita' o sull'odio
razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette
atti di discriminazione per motivi razziali, etnici,
nazionali o religiosi;
b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi,
in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza
o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali,
etnici, nazionali o religiosi.
2. (Omissis).
3. E' vietata ogni organizzazione, associazione,
movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento
alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali,
etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali
organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta
assistenza alla loro attivita', e' punito, per il solo
fatto della partecipazione o dell'assistenza, con la
reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che
promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni,
movimenti o gruppi sono puniti, per cio' solo, con la
reclusione da uno a sei anni.
- Il decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito
dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, reca "Misure urgenti in
materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa".



 
Art. 24.
(Norma transitoria)

1. Fino alla costituzione della Commissione di cui all'articolo 13, comma 3, le relative competenze sono esercitate dalla Commissione di cui all'articolo 9 della legge 22 dicembre 1973, n. 932, opportunamente integrata dal provveditore agli studi di Udine, o da un suo delegato, e da due cittadini di lingua slovena designati dal consiglio provinciale di Udine, con voto limitato.



Nota all'art. 24:
- Il testo dell'art. 9 della citata legge n. 932 del
1973 e' il seguente:
"Art. 9. - Per i problemi riguardanti il funzionamento
delle scuole con lingua d'insegnamento slovena il
sovrintendente scolastico della regione Friuli-Venezia
Giulia e' assistito da una commissione da lui nominata e
composta:
a) dai provveditori agli studi di Trieste e Gorizia o
dai loro rispettivi delegati;
b) da due presidi, di cui uno della scuola secondaria
di primo grado, un ispettore scolastico, un direttore
didattico e tre insegnanti, di cui uno della scuola
elementare, uno della scuola media e uno della scuola media
superiore, di lingua slovena, proposti dal personale
insegnante e direttivo delle rispettive scuole;
c) da cinque cittadini italiani di lingua slovena,
dei quali tre designati dal consiglio provinciale di
Trieste e due da quello di Gorizia, con voto limitato".



 
Art. 25.
(Modifiche dell'ambito territoriale
di applicazione della legge)

1. La tabella di cui all'articolo 4 puo' essere modificata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Comitato, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. 2. Su proposta del Comitato le misure di tutela previste dalla presente legge si applicano, in quanto compatibili, anche al di fuori dei territori di cui all'articolo 4, in favore degli appartenenti alla minoranza slovena, quando si tratti di attivita' intese alla conservazione e promozione della loro identita' culturale, storica e linguistica, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. 3. Ai cittadini di cui al comma 2 e' comunque garantito l'esercizio dei diritti di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 8 limitatamente ai rapporti con gli enti sovracomunali gia' operanti secondo le modalita' previste dal comma 4 dell'articolo 8. 4. L'elenco previsto dall'articolo 10 puo' essere modificato con decreto del Presidente della giunta regionale, sulla base della proposta del Comitato, e sentiti gli enti interessati.
 
Art. 26.
(Disposizioni in materia elettorale)

1. Le leggi elettorali per l'elezione del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati dettano norme per favorire l'accesso alla rappresentanza di candidati appartenenti alla minoranza slovena.
 
Art. 27.
(Copertura finanziaria)

1. Agli oneri derivanti dalle autorizzazioni di spesa di cui agli articoli 3, 8, 10, 11, 12, 13, 15, 16 e 21 della presente legge, pari a lire 15.567.000.000 per l'anno 2001 ed a lire 20.567.000.000 a decorrere dall'anno 2002, si provvede mediante utilizzo delle proiezioni, per i medesimi anni, dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell'ambito dell'unita' previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero medesimo. 2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
 
Art. 28.
(Disposizioni finali)

1. Fermo restando quanto disposto dalla presente legge, rimangono in vigore le misure di tutela comunque adottate in attuazione dello Statuto speciale allegato al Memorandum d'intesa di Londra del 5 ottobre 1954, richiamato dall'articolo 8 del trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia, con allegati, ratificato, unitamente all'accordo tra le stesse Parti, con allegati, all'atto finale ed allo scambio di note, firmati ad Osimo (Ancona) il 10 novembre 1975, ai sensi della legge 14 marzo 1977, n. 73. 2. Nessuna disposizione della presente legge puo' essere interpretata in modo tale da assicurare un livello di protezione dei diritti della minoranza slovena inferiore a quello gia' in godimento in base a precedenti disposizioni. 3. Eventuali disposizioni piu' favorevoli rispetto a quelle previste dalla presente legge, derivanti dalla legislazione nazionale di tutela delle minoranze linguistiche, si applicano, sentito il Comitato, anche in favore della minoranza slovena e germanofona nella regione Friuli-Venezia Giulia, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. 4. Dall'attuazione della presente legge non potra' derivare alcun nuovo o maggiore onere per la finanza pubblica oltre a quelli massimi esplicitamente previsti dalla legge stessa e dalle altre leggi concernenti la tutela della minoranza slovena.



Nota all'art. 28:
- La legge 14 marzo 1977, n. 73, reca: "Ratifica ed
esecuzione del trattato tra la Repubblica italiana e la
Repubblica socialista federativa di Jugoslavia, con
allegati, nonche' dell'accordo tra le stesse Parti, con
allegati, dell'atto finale e dello scambio di note, firmati
ad Osimo (Ancona) il 10 novembre 1975".



 
Art. 29.
(Definizione)

1. Ai fini della presente legge per frazione si intende un centro autonomo dotato di una propria individualita'.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 23 febbraio 2001

CIAMPI

Amato, Presidente del Consiglio dei
Ministri

Visto, il Guardasigilli: Fassino

LAVORI PREPARATORI

Camera dei deputati (atto n. 229):
Presentato dall'on. Caveri il 9 maggio 1996.
Assegnato alla I commissione (Affari costituzionali),
in sede referente, il 26 giugno 1996 con pareri delle
commissioni II, III, V, VI, VII, VIII e XI.
Esaminato dalla I commissione l'8, 14, 15 gennaio 1997;
il 3 aprile 1997; il 7 maggio 1997; il 28 gennaio 1998; il
24, 26 febbraio 1998; l'11, 12, 18, 19 marzo 1998; il 28,
30 aprile 1998; il 20 maggio 1998; il 30 settembre 1998; il
17, 23, 30 giugno 1999; il 7, 8, 13, 15, 20, 21, 22 luglio
1999.
Relazione scritta annunciata il 22 luglio 1999 (atto n.
229/A - relatore on. Maselli).
Esaminato in aula il 23 luglio 1999; il 20 settembre
1999; il 21 gennaio 2000; il 27, 28 giugno 2000; il 4,
5 luglio 2000 e approvato il 12 luglio 2000 in un testo
unificato con atti n. 3730 (on. Niccolini ed altri); n.
3826 (on. Di Bisceglie ed altri); n. 3935 (on. Fontanini e
Bosco).
Senato della Repubblica (atto n. 4735):
Assegnato alle commissioni riunite 1a (Affari
costituzionali) e 7a (Istruzione), in sede referente, il
20 luglio 2000 con pareri delle commissioni 2a, 3a, 4a, 5a,
6a, 11a, 13a e della commissione parlamentare per le
questioni regionali.
Esaminato dalle commissioni riunite 1a e 7a, in sede
referente, il 10, 12, 17, 18 ottobre 2000; il 16,
30 gennaio 2001.
Esaminato in aula l'1, 6, 7, 8, 13 febbraio 2001 ed
approvato il 14 febbraio 2001.
 
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