Gazzetta n. 58 del 10 marzo 2001 (vai al sommario)
LEGGE 13 febbraio 2001, n. 45
Modifica della disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonche' disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza.

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga la seguente legge:
ART. 1.

1. Il titolo del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e' sostituito dal seguente: "Nuove norme in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione dei testimoni di giustizia, nonche' per la protezione e il trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia".



Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia, ai sensi
dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica
28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la
lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali
e' operato il rinvio. Restano invariati il valore e
l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.



 
ART. 2.

1. L'articolo 9 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e' sostituito dal seguente:

"ART. 9. - (Condizioni di applicabilita' delle speciali misure di protezione). - 1. Alle persone che tengono le condotte o che si trovano nelle condizioni previste dai commi 2 e 5 possono essere applicate, secondo le disposizioni del presente Capo, speciali misure di protezione idonee ad assicurarne l'incolumita' provvedendo, ove necessario, anche alla loro assistenza.
2. Le speciali misure di protezione sono applicate quando risulta la inadeguatezza delle ordinarie misure di tutela adottabili direttamente dalle autorita' di pubblica sicurezza o, se si tratta di persone detenute o internate, dal Ministero della giustizia - Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e risulta altresi' che le persone nei cui confronti esse sono proposte versano in grave e attuale pericolo per effetto di talune delle condotte di collaborazione aventi le caratteristiche indicate nel comma 3 e tenute relativamente a delitti commessi per finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale ovvero ricompresi fra quelli di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.
3. Ai fini dell'applicazione delle speciali misure di protezione, assumono rilievo la collaborazione o le dichiarazioni rese nel corso di un procedimento penale. La collaborazione e le dichiarazioni predette devono avere carattere di intrinseca attendibilita'. Devono altresi' avere carattere di novita' o di completezza o per altri elementi devono apparire di notevole importanza per lo sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio ovvero per le attivita' di investigazione sulle connotazioni strutturali, le dotazioni di armi, esplosivi o beni, le articolazioni e i collegamenti interni o internazionali delle organizzazioni criminali di tipo mafioso o terroristico-eversivo o sugli obiettivi, le finalita' e le modalita' operative di dette organizzazioni.
4. Se le speciali misure di protezione indicate nell'articolo 13, comma 4, non risultano adeguate alla gravita' ed attualita' del pericolo, esse possono essere applicate anche mediante la definizione di uno speciale programma di protezione i cui contenuti sono indicati nell'articolo 13, comma 5.
5. Le speciali misure di protezione di cui al comma 4 possono essere applicate anche a coloro che convivono stabilmente con le persone indicate nel comma 2 nonche', in presenza di specifiche situazioni, anche a coloro che risultino esposti a grave, attuale e concreto pericolo a causa delle relazioni intrattenute con le medesime persone. Il solo rapporto di parentela, affinita' o coniugio, non determina, in difetto di stabile coabitazione, l'applicazione delle misure.
6. Nella determinazione delle situazioni di pericolo si tiene conto, oltre che dello spessore delle condotte di collaborazione o della rilevanza e qualita' delle dichiarazioni rese, anche delle caratteristiche di reazione del gruppo criminale in relazione al quale la collaborazione o le dichiarazioni sono rese, valutate con specifico riferimento alla forza di intimidazione di cui il gruppo e' localmente in grado di valersi".



Note all'art. 2:
- Si trascrive il testo dell'art. 51, comma 3-bis, del
codice di procedura penale:
"3-bis. Quando si tratta di procedimenti per i delitti,
consumati o tentati, di cui agli articoli 416-bis e 630 del
codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle
condizioni previste dal predetto art. 416-bis ovvero al
fine di agevolare l'attivita' delle associazioni previste
dallo stesso articolo, nonche' per i delitti previsti
dall'art. 74 del testo unico approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, le
funzioni indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite
all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del
capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice
competente".
- Per la nuova formulazione dell'art. 13 del
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con
modificazoni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, (Nuove
norme in materia di sequestri di persona a scopo di
estorsione e per la protezione dei testimoni di giustizia,
nonche' per la protezione e il trattamento sanzionatorio di
coloro che collaborano con la giustizia), si veda l'art. 6
della legge qui pubblicata.



 
ART. 3.

1. All'articolo 10 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) e' inserita la rubrica: "Commissione centrale per la definizione e
applicazione delle speciali misure di protezione"; b) il comma 1 e' abrogato; c) il comma 2 e' sostituito dal seguente: "2.Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il
Ministro della giustizia, sentiti i Ministri interessati, e'
istituita una commissione centrale per la definizione e
applicazione delle speciali misure di protezione."; d) dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:

"2-bis. La commissione centrale e' composta da un Sottosegretario di Stato all'interno che la presiede, da due magistrati e da cinque funzionari e ufficiali. I componenti della commissione diversi dal presidente sono preferibilmente scelti tra coloro che hanno maturato specifiche esperienze nel settore e che siano in possesso di cognizioni relative alle attuali tendenze della criminalita' organizzata, ma che non sono addetti ad uffici che svolgono attivita' di investigazione, di indagine preliminare sui fatti o procedimenti relativi alla criminalita' organizzata di tipo mafioso o terroristico-eversivo.
2-ter. Sono coperti dal segreto di ufficio, oltre alla proposta di cui all'articolo 11, tutti gli atti e i provvedimenti comunque pervenuti alla commissione centrale, gli atti e i provvedimenti della commissione stessa, salvi gli estratti essenziali e le attivita' svolte per l'attuazione delle misure di protezione. Agli atti e ai provvedimenti della commissione, salvi gli estratti essenziali che devono essere comunicati a organi diversi da quelli preposti all'attuazione delle speciali misure di protezione, si applicano altresi' le norme per la tenuta e la circolazione degli atti classificati, con classifica di segretezza adeguata al contenuto di ciascun atto.
2-quater. Per lo svolgimento dei compiti di segreteria e di istruttoria, la commissione centrale si avvale dell'Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle Forze di polizia. Per lo svolgimento dei compiti di istruttoria, la commissione puo' avvalersi anche del Servizio centrale di protezione di cui all'articolo 14.
2-quinquies. Nei confronti dei provvedimenti della commissione centrale con cui vengono applicate le speciali misure di protezione, anche se di tipo urgente o provvisorio a norma dell'articolo 13, comma 1, non e' ammessa la sospensione dell'esecuzione in sede giurisdizionale ai sensi dell'articolo 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, o dell'articolo 36 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642.
2-sexies. Nei confronti dei provvedimenti della commissione centrale con cui vengono modificate o revocate le speciali misure di protezione anche se di tipo urgente o provvisorio a norma dell'articolo 13, comma 1, l'ordinanza di sospensione cautelare emessa ai sensi dell'articolo 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, o dell'articolo 36 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, ha efficacia non superiore a sei mesi. Con l'ordinanza il giudice fissa, anche d'ufficio, l'udienza per la discussione di merito del ricorso che deve avvenire entro i quattro mesi successivi; il dispositivo della sentenza e' pubblicato entro sette giorni dalla data dell'udienza con deposito in cancelleria. I termini processuali sono ridotti alla meta'.
2-septies. Nel termine entro il quale puo' essere proposto il ricorso giurisdizionale ed in pendenza del medesimo il provvedimento di cui al comma 2-sexies rimane sospeso sino a contraria determinazione del giudice in sede cautelare o di merito.
2-octies. I magistrati componenti della commissione centrale non possono esercitare funzioni giudicanti nei procedimenti cui partecipano a qualsiasi titolo i soggetti nei cui confronti la commissione, con la loro partecipazione, ha deliberato sull'applicazione della misura di protezione";
e) il comma 3 e' abrogato.



Note all'art. 3:
- Si riporta il testo dell'art. 10 del decreto-legge
15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla
legge qui pubblicata:
"Art.10 (Commissione centrale per la definizione e
applicazione delle speciali misure di protezione). - 1.
(Comma abrogato).
2. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto
con il Ministro della giustizia, sentiti i Ministri
interessati, e' istituita una commissione centrale per la
definizione e applicazione delle speciali misure di
protezione.
2-bis. La commissione centrale e' composta da un
Sottosegretario di Stato all'interno che la presiede, da
due magistrati e da cinque funzionari e ufficiali. I
componenti della commissione diversi dal presidente sono
preferibilmente scelti tra coloro che hanno maturato
specifiche esperienze nel settore e che siano in possesso
di cognizioni relative alle attuali tendenze della
criminalita' organizzata, ma che non sono addetti ad uffici
che svolgono attivita' di investigazione, di indagine
preliminare sui fatti o procedimenti relativi alla
criminalita' organizzata di tipo mafioso o
terroristico-eversivo.
2-ter. Sono coperti dal segreto di ufficio, oltre alla
proposta di cui all'art. 11, tutti gli atti e i
provvedimenti comunque pervenuti alla commissione centrale,
gli atti e i provvedimenti della commissione stessa, salvi
gli estratti essenziali e le attivita' svolte per
l'attuazione delle misure di protezione. Agli atti e ai
provvedimenti della commissione, salvi gli estratti
essenziali che devono essere comunicati a organi diversi da
quelli preposti all'attuazione delle speciali misure di
protezione, si applicano altresi' le norme per la tenuta e
la circolazione degli atti classificati, con classifica di
segretezza adeguata al contenuto di ciascun atto.
2-quater. Per lo svolgimento dei compiti di segreteria
e di istruttoria, la commissione centrale si avvale
dell'Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle
Forze di polizia. Per lo svolgimento dei compiti di
istruttoria, la commissione puo' avvalersi anche del
Servizio centrale di protezione di cui all'art. 14.
2-quinquies. Nei confronti dei provvedimenti della
commissione centrale con cui vengono applicate le speciali
misure di protezione, anche se di tipo urgente o
provvisorio a norma dell'art. 13, comma 1, non e' ammessa
la sospensione dell'esecuzione in sede giurisdizionale ai
sensi dell'art. 21 della legge 6 licembre 1971, n. 1034, e
successive modificazioni, o dell'art. 36 del regio decreto
17 agosto 1907, n. 642.
2-sexies. Nei confronti dei provvedimenti della
commissione centrale con cui vengono modificate o revocate
le speciali misure di protezione anche se di tipo urgente o
provvisorio a norma dell'art. 13, comma 1, l'ordinanza di
sospensione cautelare emessa ai sensi dell'art. 21 della
legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni,
o dell'art. 36 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, ha
efficacia non superiore a sei mesi. Con l'ordinanza il
giudice fissa, anche d'ufficio, l'udienza per la
discussione di merito del ricorso che deve avvenire entro i
quattro mesi successivi; il dispositivo della sentenza e'
pubblicato entro sette giorni dalla data dell'udienza con
deposito in cancelleria. I termini processuali sono ridotti
alla meta'.
2-septies. Nel termine entro il quale puo' essere
proposto il ricorso giurisdizionale ed in pendenza del
medesimo il provvedimento di cui al comma 2-sexies, rimane
sospeso sino a contraria determinazione del giudice in sede
cautelare o di merito.
2-octies. 1 magistrati componenti della commissione
centrale non possono esercitare funzioni giudicanti nei
procedimenti cui partecipano a qualsiasi titolo i soggetti
nei cui confronti la commissione, con la loro
partecipazione, ha deliberato sull'applicazione della
misura di protezione.
3. (Comma abrogato)."
- Per la nuova formulazione del testo dell'art. 11 del
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, si veda l'art. 4
della legge qui pubblicata.
- Il testo dell'art. 14 del citato decreto-legge 15
gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, della
legge 15 marzo 1991, n. 82, come modificato dalla legge qui
pubblicata e' riportato in note all'art. 9.
- Si trascrive il testo dell'articolo 21, della legge 6
dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali
amministrativi regionali):
"Art. 21. Il ricorso deve essere notificato tanto
all'organo che ha emesso l'atto impugnato quanto ai
controinteressati ai quali l'atto direttamente si
riferisce, o almeno ad alcuno tra essi, entro il termine di
sessanta giorni da quello in cui l'interessato ne abbia
ricevuta la notifica, o ne abbia comunque avuta piena
conoscenza, o, per gli atti di cui non sia richiesta la
notifica individuale, dal giorno in cui sia scaduto il
termine della pubblicazione, se questa sia prevista da
disposizioni di legge o di regolamento, salvo l'obbligo di
integrare le notifiche con le ulteriori notifiche agli
altri controinteressati, che siano ordinate dal tribunale
amministrativo regionale. Tutti i provvedimenti adottati in
pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi
all'oggetto del ricorso stesso, sono impugnati mediante
proposizione di motivi aggiunti. In pendenza di un ricorso
l'impugnativa di cui dall'art. 25, comma 5, della legge
7 agosto 1990, n. 241, puo' essere proposta con istanza
presentata al presidente e depositata presso la segreteria
della sezione cui e' assegnato il ricorso, previa notifica
all'amministrazione ed ai controinteressati, e viene decisa
con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio.
Il ricorso, con la prova delle avvenute notifiche, e
con copia del provvedimento impugnato, ove in possesso del
ricorrente, deve essere depositato nella segreteria del
tribunale amministrativo regionale, entro trenta giorni
dall'ultima notifica. Nel termine stesso deve essere
depositata copia del provvedimento impugnato, ove non
depositata con il ricorso, ovvero ove notificato o
comunicato al ricorrente, e nei documenti di cui il
ricorrente intenda avvalersi in giudizio.
La mancata produzione della copia del provvedimento
impugnato e della documentazione a sostegno del ricorso non
implica decadenza.
L'amministrazione, entro sessanta giorni dalla scadenza
del termine di deposito del ricorso, deve produrre
l'eventuale provvedimento impugnato nonche' gli atti e i
documenti in base ai quali l'atto e' stato emanato, quelli
in esso citati, e quelli che l'amministrazione ritiene
utili al giudizio.
Dell'avvenuta produzione del provvedimento impugnato,
nonche' degli atti e dei documenti in base ai quali l'atto
e' stato emanato, deve darsi comunicazione alle parti
costituite.
Ove l'amministrazione non provveda all'adempimento, il
presidente, ovvero un magistrato da lui delegato, ordina,
anche su istanza di parte, l'esibizione degli atti e dei
documenti nel termine e nei modi opportuni.
Analogo provvedimento il presidente ha il potere di
adattare nei confronti di soggetti diversi
dall'amministrazione intimata per atti e documenti di cui
ritenga necessaria l'esibizione in giudizio. In ogni caso,
qualora i l'esibizione importi una spesa, essa deve essere
anticipata dalla parte che ha proposto istanza per
l'acquisizione dei documenti.
Se il ricorrente, allegando un pregiudizio grave e
irreparabile derivante dall'esecuzione dell'atto impugnato,
ovvero dal comportamento inerte dell'amministrazione,
durante il tempo necessario a giungere ad una decisione sul
ricorso, chiede l'emanazione di misure cautelari, compresa
l'ingiunzione a pagare una somma, che appaiono, secondo le
circostanze, piu' idonee ad assicurare interinalmente gli
effetti della decisione sul ricorso, il tribunale
amministrativo regionale si pronuncia sull'istanza con
ordinanza emessa in camera di consiglio. Nel caso in cui
dall'esecuzione del provvedimento cautelare derivino
effetti irreversibili il giudice amministrativo puo'
altresi' disporre la prestazione di una cauzione, anche
mediante fideiussione, cui subordinare la concessione o il
diniego della misura cautelare. La concessione o a diniego
della misura cautelare non puo' essere subordinata a
cauzione quando la richiesta cautelare attenga ad interessi
essenziali della persona quali il diritto alla salute, alla
integrita' dell'ambiente, ovvero ad altri beni di primario
rilievo costituzionale. L'ordinanza cautelare motiva in
ordine alla valutazione del pregiudizio allegato, ed indica
i profili che, ad un sommario esame, inducono a una
ragionevole previsione sull'esito del ricorso. I difensori
delle parti sono sentiti in camera di consiglio, ove ne
facciano richiesta.
Prima della trattazione della domanda cautelare, in
caso di estrema gravita' ed urgenza, tale da non consentire
neppure la dilazione fino alla data della camera di
consiglio, il ricorrente puo', contestualmente alla domanda
cautelare o con separata istanza notificata alle
controparti, chiedere al presidente del tribunale
amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso e'
assegnato, di disporre misure cautelari provvisorie. Il
presidente provvede con decreto motivato, anche in assenza
di contraddittorio. Il decreto e' efficace sino alla
pronuncia del collegio, cui l'istanza cautelare e'
sottoposta nella prima camera di consiglio utile. Le
predette disposizioni si applicano anche dinanzi al
Consiglio di Stato, in caso di appello contro un'ordinanza
cautelare e in caso di domanda di sospensione della
sentenza appellata.
In sede di decisione della domanda cautelare, il
tribunate amministrativo regionale, accertata la
completezza del contradditorio e dell'istruttoria ed ove ne
ricorrano i presupposti, sentite sul punto le parti
costituite, puo' definire il giudizio nel merito a norma
dell'art. 26. Ove necessario, il tribunale amministrativo
regionale dispone l'integrazione del contraddittorio e
fissa contestualmente la data della successiva trattazione
del ricorso a norma del comma undicesimo; adotta, ove ne
sia il caso, le misure cautelari interinali.
Con l'ordinanza che rigetta la domanda cautelare o
l'appello contro un'ordinanza cautelare ovvero li dichiara
inammissibili o irricevibili, il giudice puo' provvedere in
via provvisoria sulle spese del procedimento cautelare.
L'ordinanza del tribunale amministrativo regionale di
accoglimento della richiesta cautelare comporta priorita'
nella fissazione della data di trattazione del ricorso nel
merito.
La domanda di revoca o modificazione delle misure
cautelari concesse e la riproposizione della domanda
cautelare respinta sono ammissibili solo se motivate con
riferimento a fatti sopravvenuti.
Nel caso in cui l'amministrazione non abbia prestato
ottemperanza alle misure cautelari concesse, o vi abbia
adempiuto solo parzialmente, la parte interessata puo', con
istanza motivata e notificata alle altre parti, chiedere al
tribunale amministrativo regionale le opportune
disposizioni attuative. Il tribunale amministrativo
regionale esercita i poteri inerenti al giudizio di
ottemperanza al giudicato, di cui all'art. 27, primo comma,
numero 4), del testo unico delle leggi sul Consiglio di
Stato, approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054,
e successive modificazioni, e dispone l'esecuzione
dell'ordinanza cautelare indicandone le modalita' e, ove
occorra, il soggetto che deve provvedere.
Le disposizioni dei precedenti commi si applicano anche
nei giudizi avanti al Consiglio di Stato".
- Si trascrive il testo dell'art. 36 del regio decreto
17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento per la procedura
dissensi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di
Stato):
"Art. 36. Le domande di sospensione della esecuzione
dell'atto amministrativo, qualora non siano proposte nel
ricorso, devono farsi mediante istanza diretta alla sezione
giurisdizionale, a cui fu presentato il ricorso, notificata
agli interessati ed all'amministrazione e depositata nella
segreteria.
L'amministrazione e le parti interessate possono, entro
dieci giorni dalla notifica, depositare e trasmettere
memorie od istanze alla segreteria.
Il Presidente puo' abbreviare il termine.
Su tali domande la sezione pronuncia nella prima
udienza dopo spirato il termine.
La domanda di sospensione puo' essere presentata per la
prima volta anche all'adunanza plenaria, la quale provvede
o in linea preliminare o contemporaneamente alla decisione
della questione di competenza".
- Per la nuova formulazione dell'articolo 13 del
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con
modificaizoni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, si veda
l'art. 6 della legge qui pubblicata.



 
ART. 4.

1. L'articolo 11 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e' sostituito dal seguente:
"ART. 11. - (Proposta di ammissione). - 1. L'ammissione alle speciali misure di protezione, oltre che i contenuti e la durata di esse, sono di volta in volta deliberati dalla commissione centrale di cui all'articolo 10, comma 2, su proposta formulata dal procuratore della Repubblica il cui ufficio procede o ha proceduto sui fatti indicati nelle dichiarazioni rese dalla persona che si assume sottoposta a grave e attuale pericolo. Allorche' sui fatti procede o ha proceduto la Direzione distrettuale antimafia e a essa non e' preposto il procuratore distrettuale, ma un suo delegato, la proposta e' formulata da quest'ultimo.
2. Quando le dichiarazioni indicate nel comma 1 attengono a procedimenti per taluno dei delitti previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, in relazione ai quali risulta che piu' uffici del pubblico ministero procedono a indagini collegate a norma dell'articolo 371 dello stesso codice, la proposta e' formulata da uno degli uffici procedenti d'intesa con gli altri e comunicata al procuratore nazionale antimafia; nel caso di mancata intesa il procuratore nazionale antimafia risolve il contrasto. La proposta e' formulata d'intesa con i procuratori generali presso le corti di appello interessati, a norma dell'articolo 118-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, quando la situazione delineata nel periodo precedente riguarda procedimenti relativi a delitti commessi per finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale.
3. La proposta puo' essere formulata anche dal Capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza previa acquisizione del parere del procuratore della Repubblica che, se ne ricorrono le condizioni, e' formulato d'intesa con le altre autorita' legittimate a norma del comma 2.
4. Quando non ricorrono le ipotesi indicate nel comma 2, l'autorita' che formula la proposta puo' comunque richiedere il parere del procuratore nazionale antimafia e dei procuratori generali presso le corti di appello interessati allorche' ritiene che le notizie, le informazioni e i dati attinenti alla criminalita' organizzata di cui il procuratore nazionale antimafia o i procuratori generali dispongono per l'esercizio delle loro funzioni, a norma dell'articolo 371-bis del codice di procedura penale e del citato articolo 118-bis delle relative norme di attuazione, di coordinamento e transitorie, possano essere utili per la deliberazione della commissione centrale.
5. Anche per il tramite del suo presidente, la commissione centrale puo' esercitare sia la facolta' indicata nel comma 4 sia quella di richiedere il parere del procuratore nazionale antimafia o dei procuratori generali presso le corti di appello interessati quando ritiene che la proposta doveva essere formulata dal procuratore della Repubblica d'intesa con altre procure e risulta che cio' non e' avvenuto. In tale ultima ipotesi e sempreche' ritengano ricorrere le condizioni indicate nel comma 2, il procuratore nazionale antimafia e i procuratori generali, oltre a rendere il parere, danno comunicazione dei motivi che hanno originato la richiesta al procuratore generale presso la Corte di cassazione.
6. Nelle ipotesi di cui ai commi 2, 3, 4 e 5, il procuratore nazionale antimafia e i procuratori generali presso le corti di appello interessati possono acquisire copie di atti nonche' notizie o informazioni dalle autorita' giudiziarie che procedono a indagini o a giudizi connessi o collegati alle medesime condotte di collaborazione.
7. La proposta per l'ammissione alle speciali misure di protezione contiene le notizie e gli elementi utili alla valutazione sulla gravita' e attualita' del pericolo cui le persone indicate nell'articolo 9 sono o possono essere esposte per effetto della scelta di collaborare con la giustizia compiuta da chi ha reso le dichiarazioni. Nella proposta sono elencate le eventuali misure di tutela adottate o fatte adottare e sono evidenziati i motivi per i quali le stesse non appaiono adeguate.
8. Nell'ipotesi prevista dall'articolo 9, comma 3, la proposta del procuratore della Repubblica, ovvero il parere dello stesso procuratore quando la proposta e' effettuata dal Capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza, deve fare riferimento specifico alle caratteristiche del contributo offerto dalle dichiarazioni".



Note all'art. 4.
Il testo dell'art. 10 del decreto-legge 15 gennaio
1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
marzo 1991, n. 82, e' riportato in note all'art. 3.
- Per il testo dell'art. 51, comma 3-bis, del codice di
procedura penale, vedi note all'art. 2.
- Si trascrive il testo dell'art. 371 del codice di
procedura penale:
"Art. 371 (Rapporti tra diversi uffici del pubblico
ministero). 1. Gli uffici diversi del pubblico ministero
che procedono a indagini collegate, si coordinano tra loro
per la speditezza, economia ed efficacia delle indagini
medesime. A tali fini provvedono allo scambio di atti e di
informazioni nonche' alla comunicazione delle direttive
rispettivamente impartite alla polizia giudiziaria. Possono
altresi procedere, congiuntamente, al compimento di
specifici atti.
2. Le indagini di uffici diversi del pubblico ministero
si considerano collegate:
a) se i procedimenti sono connessi a norma dell'art.
12 ovvero si tratta di reati commessi da piu' persone in
danno reciproco le une delle altre;
b) se la prova di un reato o di una sua circostanza
influisce sulla prova di un altro reato o di un'altra
circostanza (1924, 363);
c) se la prova di piu' reati deriva, anche in parte,
dalla stessa fonte.
3. Salvo quanto disposto dall'art. 12 il collegamento
delle indagini non ha effetto sulla competenza.".
- Si trascrive il testo dell'art. 118-bis delle norme
di attuazione di coordinamento e transitorie del codice di
procedura penale, approvate con decreto legislativo 28
luglio 1989, n. 271:
"Art. 118-bis. (Coordinamento delle indagini). 1. Il
procuratore della Repubblica, quando procede a indagini per
taluno dei delitti indicati nell'art. 407, comma 2 lettera
a) del codice, ne da notizia al procuratore generale presso
la corte di appello. Se rileva trattarsi di indagini
collegate, il procuratore generale ne da segnalazione ai
procuratori generali e ai procuratori della Repubblica del
distretto interessati al coordinamento.
2. Quando, di loro iniziativa o a seguito della
segnalazione prevista dal comma 1, piu' uffici del pubblico
ministero procedono a indagini collegate, i procuratori
della Repubblica ne danno notizia al procuratore generale
del rispettivo distretto.
3. Quando il coordinamento, di cui ai commi precedenti,
non e' stato promosso o non risulta effettivo, il
procuratore generale presso la corte di appello puo'
riunire i procuratori della Repubblica che procedono a
indagini collegate. Se i procuratori della Repubblica
appartengono a distretti diversi, la riunione e' promossa
dai procuratori generali presso le corti di appello
interessate, di intesa tra loro.".
- Si trascrive il testo dell'art. 371-bis del codice di
procedura penale:
"371-bis (Attivita' di coordinamento del procuratore
nazionale antimafia). -1. Il procuratore nazionale
antimafia esercita le sue funzioni in relazione ai
procedimenti per i delitti indicati nell'art. 51 comma
3-bis. A tal fine dispone della direzione investigativa
antimafia e dei servizi centrali e interprovinciali delle
forze di polizia e impartisce direttive intese a regolarne
l'impiego a fini investigativi.
2. Il procuratore nazionale antimafia esercita funzioni
di impulso nei confronti dei procuratori distrettuali al
fine di rendere effettivo il coordinamento delle attivita'
di indagine, di garantire la funzionalita' dell'impiego
della polizia giudiziaria nelle sue diverse articolazioni e
di assicurare la completezza e tempestivita' delle
investigazioni.
3. Per lo svolgimento delle funzioni attribuitegli
dalla legge, il procuratore nazionale antimafia, in
particolare:
a) d'intesa con i procuratori distrettuali
interessati, assicura il collegamento investigativo anche
per mezzo dei magistrati della Direzione nazionale
antimafia;
b) cura, mediante applicazioni temporanee dei
magistrati della Direzione nazionale e delle direzioni
distrettuali antimafia, la necessaria flessibilita' e
mobilita' che soddisfino specifiche e contingenti esigenze
investigative o processuali;
c) ai fini del coordinamento investigativo e della
repressione dei reati provvede all'acquisizione e
all'elaborazione di notizie, informazioni e dati attinenti
alla criminalita' organizzata;
d) (Omissis);
e) (Omissis);
f) impartisce ai procuratori distrettuali specifiche
direttive alle quali attenersi per prevenire o risolvere
contrasti riguardanti le modalita' secondo le quali
realizzare il coordinamento nell'attivita' di indagine;
g) riunisce i procuratori distrettuali interessati al
fine di risolvere i contrasti che, malgrado le direttive
specifiche impartite, sono insorti e hanno impedito di
promuovere o di rendere effettivo il coordinamento;
h) dispone con decreto motivato, reclamabile al
procuratore generale presso la corte di cassazione,
l'avvocazione delle indagini preliminari relative a taluno
dei delitti indicati nell'art. 51 comma 3-bis, quando non
hanno dato esito le riunioni disposte al fine di promuovere
o rendere effettivo il coordinamento e questo non e' stato
possibile a causa della:
1) perdurante e ingiustificata inerzia nella
attivita' di indagine;
2) ingiustificata e reiterata violazione dei doveri
previsti dall'art. 371 ai fini del coordinamento delle
indagini;
3) (Omissis).
4. Il procuratore nazionale antimafia provvede alla
avocazione dopo aver assunto sul luogo le necessarie
informazioni personalmente o tramite un magistrato della
Direzione nazionale antimafia all'uopo designato. Salvi
casi particolari, il procuratore nazionale antimafia o il
magistrato da lui designato non puo' delegare per il
compimento degli atti di indagine altri uffici del pubblico
ministero".
- Per la nuova formulazione dell'art. 9 del citato
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, si veda
l'art. 2 della legge qui pubblicata.



 
ART. 5.

1. All'articolo 12 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) e' inserita la rubrica: "Assunzione degli impegni"; b) nel comma 1, le parole: "avanzata proposta di ammissione allo
speciale programma di protezione" sono sostituite dalle seguenti:
"avanzata proposta di ammissione alle speciali misure di
protezione"; c) i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti: "2.Le speciali misure di protezione sono sottoscritte dagli
interessati, i quali si impegnano personalmente a: a) osservare le norme di sicurezza prescritte e collaborare
attivamente all'esecuzione delle misure; b) sottoporsi a interrogatori, a esame o ad altro atto di indagine
ivi compreso quello che prevede la redazione del verbale
illustrativo dei contenuti della collaborazione; c) adempiere agli obblighi previsti dalla legge e dalle obbligazioni
contratte; d) non rilasciare a soggetti diversi dalla autorita' giudiziaria,
dalle forze di polizia e dal proprio difensore dichiarazioni
concernenti fatti comunque di interesse per i procedimenti in
relazione ai quali hanno prestato o prestano la loro
collaborazione ed a non incontrare ne' a contattare, con qualunque
mezzo o tramite, alcuna persona dedita al crimine, ne', salvo
autorizzazione dell'autorita' giudiziaria quando ricorrano gravi
esigenze inerenti alla vita familiare, alcuna delle persone che
collaborano con la giustizia; e) specificare dettagliatamente tutti i beni posseduti o controllati,
direttamente o per interposta persona, e le altre utilita' delle
quali dispongono direttamente o indirettamente, nonche',
immediatamente dopo l'ammissione alle speciali misure di
protezione, versare il danaro frutto di attivita' illecite.
L'autorita' giudiziaria provvede all'immediato sequestro del
danaro e dei beni ed utilita' predetti.

3. La previsione di cui alla lettera e) del comma 2 non si applica ai soggetti indicati nel comma 2 dell'articolo 16-quater.
3-bis. All'atto della sottoscrizione delle speciali misure di protezione l'interessato elegge il proprio domicilio nel luogo in cui ha sede la commissione centrale di cui all'articolo 10, comma 2".



Note all'art. 5:
- Il testo dell'art. 12 del citato decreto-legge 15
gennaio 1991, n. 8, convertito con modificazioni, dalla
legge 15 marzo 1991, n. 82, come modificato dalla legge qui
pubblicata, e' il seguente:
"Art. 12 (Assunzione degli impegni). - 1. Le persone
nei cui confronti e' stata avanzata proposta di ammissione
alle speciali misure di protezione devono rilasciare
all'autorita' proponente completa e documentata
attestazione riguardante il proprio stato civile, di
famiglia e patrimoniale, gli obblighi a loro carico
derivanti dalla legge, da pronunce dell'autorita' a da
negozi giuridici, i procedimenti penali, civili e
amministrativi pendenti, i titoli di studio e
professionali, le autorizzazioni, le licenze, le
concessioni e ogni altro titolo abilitativo di cui siano
titolari. Le predette persone devono, altresi', designare
un proprio rappresentante generale o rappresentanti
speciali per gli atti da compiersi.
2. Le speciali misure di protezione sono sottoscritte
dagli interessati, i quali si impegnano personalmente a:
a) osservare le norme di sicurezza prescritte e
collaborare attivamente all'esecuzione delle misure;
b) sottoporsi a interrogatori, a esame o ad altro
atto di indagine ivi compreso quello che prevede la
redazione del verbale illustrativo dei contenuti della
collaborazione;
c) adempiere agli obblighi previsti dalla legge e
dalle obbligazioni contratte;
d) non rilasciare a soggetti diversi dalla autorita'
giudiziaria, dalle forze di polizia e dal proprio difensore
dichiarazioni concernenti fatti comunque di interesse per i
procedimenti in relazione ai quali hanno prestato o
prestano la loro collaborazione ed a non incontrare ne' a
contattare, con qualunque mezzo o tramite, alcuna persona
dedita al crimine, ne, salvo autorizzazione dell'autorita'
giudiziaria quando ricorrano gravi esigenze inerenti alla
vita familiare, alcuna delle persone che collaborano con la
giustizia;
e) specificare dettagliatamente tutti i beni
posseduti o controllati, direttamente o per interposta
persona, e le altre utilita' delle quali dispongono
direttamente o indirettamente, nonche', immediatamente dopo
l'ammissione alle speciali misure di protezione, versare il
danaro frutto di attivita' illecite. L'autorita'
giudiziaria provvede all'immediato sequestro del danaro e
dei beni ed utilita' predetti.
3. La previsione di cui alla lettera e) del comma 2,
non si applica ai soggetti indicati nel comma 2 dell'art.
16-quater.
3-bis. All'atto della sottoscrizione delle speciali
misure di protezione l'interessato elegge il proprio
domicilio nel luogo in cui ha sede la commissione centrale
di cui all'art. 10, comma 2.".
- L'art. 16-quater del citato decreto-legge 15 gennaio
1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
marzo 1991, n. 82, introdotto dall'art. 14 della legge qui
pubblicata, e' riportato nel testo del medesimo articolo.
- Il testo dell'art. 10 del citato decreto-legge 15
gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 marzo 1991, n. 82, e' riportato nelle note
all'art. 3.



 
ART. 6.

1. L'articolo 13 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e' sostituito dal seguente:
"ART. 13. - (Contenuti delle speciali misure di protezione e adozione di provvedimenti provvisori). - 1. Sulla proposta di ammissione alle speciali misure di protezione, la commissione centrale di cui all'articolo 10, comma 2, delibera a maggioranza dei suoi componenti, purche' siano presenti alla seduta almeno cinque di questi. In caso di parita' prevale il voto del presidente. Quando risultano situazioni di particolare gravita' e vi e' richiesta dell'autorita' legittimata a formulare la proposta la commissione delibera, anche senza formalita' e comunque entro la prima seduta successiva alla richiesta, un piano provvisorio di protezione dopo aver acquisito, ove necessario, informazioni dal Servizio centrale di protezione di cui all'articolo 14 o per il tramite, di esso. La richiesta contiene, oltre agli elementi di cui all'articolo 11, comma 7, la indicazione quantomeno sommaria dei fatti sui quali il soggetto interessato ha manifestato la volonta' di collaborare e dei motivi per i quali la collaborazione e' ritenuta attendibile e di notevole importanza; specifica inoltre le circostanze da cui risultano la particolare gravita' del pericolo e l'urgenza di provvedere. Il provvedimento con il quale la commissione delibera il piano provvisorio di protezione cessa di avere effetto se, decorsi centottanta giorni, l'autorita' legittimata a formulare la proposta di cui all'articolo 11 non ha provveduto a trasmetterla e la commissione non ha deliberato sull'applicazione delle speciali misure di protezione osservando le ordinarie forme e modalita' del procedimento. Il presidente della commissione puo' disporre la prosecuzione del piano provvisorio di protezione per il tempo strettamente necessario a consentire l'esame della proposta da parte della commissione medesima. Quando sussistono situazioni di eccezionale urgenza che non consentono di attendere la deliberazione della commissione e fino a che tale deliberazione non interviene, su motivata richiesta della competente autorita' provinciale di pubblica sicurezza, il Capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza puo' autorizzare detta autorita' ad avvalersi degli specifici stanziamenti previsti dall'articolo 17 specificandone contenuti e destinazione. Nei casi in cui e' applicato il piano provvisorio di protezione, il presidente della commissione puo' richiedere al Servizio centrale di protezione una relazione riguardante la idoneita' dei soggetti a sottostare agli impegni indicati nell'articolo 12.
2. Per stabilire se sia necessario applicare taluna delle misure di protezione e, in caso positivo, per individuare quale di esse sia idonea in concreto, la commissione centrale puo' acquisire specifiche e dettagliate indicazioni sulle misure di prevenzione o di tutela gia' adottate o adottabili dall'autorita' di pubblica sicurezza, dall'Amministrazione penitenziaria o da altri organi, nonche' ogni ulteriore elemento eventualmente occorrente per definire la gravita' e l'attualita' del pericolo in relazione alle caratteristiche delle condotte di collaborazione.
3. Esclusivamente al fine di valutare la sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle speciali misure di protezione, la commissione centrale puo' procedere anche all'audizione delle autorita' che hanno formulato la proposta o il parere e di altri organi giudiziari, investigativi e di sicurezza; puo' inoltre utilizzare gli atti trasmessi dall'autorita' giudiziaria ai sensi dell'articolo 118 del codice di procedura penale.
4. Il contenuto del piano provvisorio di protezione previsto dal comma 1 e delle speciali misure di protezione che la commissione centrale puo' applicare nei casi in cui non provvede mediante la definizione di uno speciale programma e' stabilito nei decreti previsti dall'articolo 17-bis, comma 1. Il contenuto delle speciali misure di protezione puo' essere rappresentato, in particolare, oltre che dalla predisposizione di misure di tutela da eseguire a cura degli organi di polizia territorialmente competenti, dalla predisposizione di accorgimenti tecnici di sicurezza, dall'adozione delle misure necessarie per i trasferimenti in comuni diversi da quelli di residenza, dalla previsione di interventi contingenti finalizzati ad agevolare il reinserimento sociale nonche' dal ricorso, nel rispetto delle norme dell'ordinamento penitenziario, a modalita' particolari di custodia in istituti ovvero di esecuzione di traduzioni e piantonamenti.
5. Se, ricorrendone le condizioni, la commissione centrale delibera la applicazione delle misure di protezione mediante la definizione di uno speciale programma, questo e' formulato secondo criteri che tengono specifico conto delle situazioni concretamente prospettate e puo' comprendere, oltre alle misure richiamate nel comma 4, il trasferimento delle persone non detenute in luoghi protetti, speciali modalita' di tenuta della documentazione e delle comunicazioni al servizio informatico, misure di assistenza personale ed economica, cambiamento delle generalita' a norma del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni, misure atte a favorire il reinserimento sociale del collaboratore e delle altre persone sottoposte a protezione oltre che misure straordinarie eventualmente necessarie.
6. Le misure di assistenza economica indicate nel comma 5 comprendono, in specie, sempreche' a tutte o ad alcune non possa direttamente provvedere il soggetto sottoposto al programma di protezione, la sistemazione alloggiativa e le spese per i trasferimenti, le spese per esigenze sanitarie quando non sia possibile avvalersi delle strutture pubbliche ordinarie, l'assistenza legale e l'assegno di mantenimento nel caso di impossibilita' di svolgere attivita' lavorativa. La misura dell'assegno di mantenimento e delle integrazioni per le persone a carico prive di capacita' lavorativa e' definita dalla commissione centrale e non puo' superare un ammontare di cinque volte l'assegno sociale di cui all'articolo 3, commi 6 e 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335. L'assegno di mantenimento puo' essere annualmente modificato in misura pari alle variazioni dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati rilevate dall'ISTAT. L'assegno di mantenimento puo' essere integrato dalla commissione con provvedimento motivato solo quando ricorrono particolari circostanze influenti sulle esigenze di mantenimento in stretta connessione con quelle di tutela del soggetto sottoposto al programma di protezione, eventualmente sentiti l'autorita' che ha formulato la proposta, il procuratore nazionale antimafia o i procuratori generali interessati a norma dell'articolo 11. Il provvedimento e' acquisito dal giudice del dibattimento su richiesta della difesa dei soggetti a cui carico sono utilizzate le dichiarazioni del collaboratore. Lo stesso giudice, sempre su richiesta della difesa dei soggetti di cui al periodo precedente, acquisisce l'indicazione dell'importo dettagliato delle spese sostenute per la persona sottoposta al programma di protezione. Le spese di assistenza legale sono liquidate dal giudice previo parere del consiglio dell'ordine degli avvocati presso cui il difensore e' iscritto.
7. Nella relazione prevista dall'articolo 16, il Ministro dell'interno indica il numero complessivo dei soggetti e l'ammontare complessivo delle spese sostenute nel semestre per l'assistenza economica dei soggetti sottoposti a programma di protezione e, garantendo la riservatezza dei singoli soggetti interessati, specifica anche l'ammontare delle integrazioni dell'assegno di mantenimento eventualmente intervenute e le esigenze che le hanno motivate.
8. Ai fini del reinserimento sociale dei collaboratori e delle altre persone sottoposte a protezione, e' garantita la conservazione del posto di lavoro ovvero il trasferimento ad altra sede o ufficio secondo le forme e le modalita' che, assicurando la riservatezza e l'anonimato dell'interessato, sono specificate in apposito decreto emanato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti gli altri Ministri interessati. Analogamente si provvede per la definizione di specifiche misure di assistenza e di reinserimento sociale destinate ai minori compresi nelle speciali misure di protezione.
9. L'autorita' giudiziaria puo' autorizzare con provvedimento motivato i soggetti di cui al comma 2 dell'articolo 16-quater ad incontrarsi tra loro quando ricorrono apprezzabili esigenze inerenti alla vita familiare.
10. Al fine di garantire la sicurezza, la riservatezza e il reinserimento sociale delle persone sottoposte a speciale programma di protezione a norma del comma 5 e che non sono detenute o internate e' consentita l'utilizzazione di un documento di copertura.
11. L'autorizzazione al rilascio del documento di copertura indicato nel comma 10 e' data dal Servizio centrale di protezione di cui all'articolo 14 il quale chiede alle autorita' competenti al rilascio, che non possono opporre rifiuto, di predisporre il documento e di procedere alle registrazioni previste dalla legge e agli ulteriori adempimenti eventualmente necessari. Si applicano le previsioni in tema di esonero da responsabilita' di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119. Presso il Servizio centrale di protezione e' tenuto un registro riservato attestante i tempi, le procedure e i motivi dell'autorizzazione al rilascio del documento.
12. Quando ricorrono particolari motivi di sicurezza, il procuratore della Repubblica o il giudice possono autorizzare il soggetto interrogato o esaminato a eleggere domicilio presso persona di fiducia o presso un ufficio di polizia, ai fini delle necessarie comunicazioni o notificazioni.
13. Quando la proposta o la richiesta per l'ammissione a speciali forme di protezione e' formulata nei confronti di soggetti detenuti o internati, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria provvede ad assegnare i soggetti medesimi a istituti o sezioni di istituto che garantiscano le specifiche esigenze di sicurezza. Allo stesso modo il Dipartimento provvede in vista della formulazione della proposta e su richiesta del procuratore della Repubblica che ha raccolto o si appresta a raccogliere le dichiarazioni di collaborazione o il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione previsto dall'articolo 16-quater.
14. Nei casi indicati nel comma 13, la custodia e' assicurata garantendo la riservatezza dell'interessato anche con le specifiche modalita' di cui al decreto previsto dall'articolo 17-bis, comma 2, e procurando che lo stesso sia sottoposto a misure di trattamento penitenziario, specie organizzative, dirette ad impedirne l'incontro con altre persone che gia' risultano collaborare con la giustizia e dirette ad assicurare che la genuinita' delle dichiarazioni non possa essere compromessa. E' fatto divieto, durante la redazione dei verbali e comunque almeno fino alla redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, di sottoporre la persona che rende le dichiarazioni ai colloqui investigativi di cui all'articolo 18-bis, commi 1 e 5, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. E' fatto altresi' divieto, alla persona medesima e per lo stesso periodo, di avere corrispondenza epistolare, telegrafica o telefonica, nonche' di incontrare altre persone che collaborano con la giustizia, salvo autorizzazione dell'autorita' giudiziaria per finalita' connesse ad esigenze di protezione ovvero quando ricorrano gravi esigenze relative alla vita familiare.
15. L'inosservanza delle prescrizioni di cui al comma 14 comporta l'inutilizzabilita' in dibattimento, salvi i casi di irripetibilita' dell'atto, delle dichiarazioni rese al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria successivamente alla data in cui si e' verificata la violazione".



Note all'art. 6:
- Il testo dell'art. 10 del citato decreto-legge 15
gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 marzo 1991, n. 82, e' riportato nelle note
all'art. 3.
- Il testo dell'art. 14 del citato decreto-legge 15
gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 marzo 1991, n. 82, e' riportato nelle note
all'art. 9.
- Per la nuova formulazione dell'art. 11 del citato
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8 convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82 si veda
l'art. 4 della legge qui pubblicata.
- Il testo dell'art. 17 del citato decreto-legge 15
gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 marzo 1991, n. 82, e' riportato nelle note
all'art. 18.
- Il testo dell'art. 12 del citato decreto-legge 15
gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 marzo 1991, n. 82, e' riportato nelle note
all'art. 5.
- Si trascrive il testo dell'art. 118 del codice di
procedura penale:
"118 (Richiesta di copie di atti e di informazioni da
parte del Ministro dell'interno) - 1. Il Ministro
dell'interno, direttamente o a mezzo di un ufficiale di
polizia giudiziaria o del personale della direzione
investigativa antimafia appositamente delegato, puo'
ottenere dall'autorita' giudiziaria competente, anche in
deroga al divieto stabilito dall'art. 329, copie di atti
(112, 116) di procedimenti penali e informazioni scritte
sul loro contenuto, ritenute indispensabili per la
prevenzione dei delitti per i quali e' obbligatorio
l'arresto in flagranza (380). L'autorita' giudiziaria puo'
trasmettere le copie e le informazioni anche di propria
iniziativa.
1-bis. Ai medesimi fini l'autorita' giudiziaria puo'
autorizzare i soggetti indicati nel comma 1, all'accesso
diretto al registro previsto dall'art. 335, anche se tenuto
in forma automatizzata.
2. L'autorita' giudiziaria provvede senza ritardo e
puo' rigettare la richiesta con decreto motivato (125).
3. Le copie e le informazioni acquisite a norma del
comma 1, sono coperte dal segreto di ufficio".
- L'art. 17-bis del citato decreto-legge 15 gennaio
1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
marzo 1991, n. 82, introdotto dall'art. 19 della legge qui
pubblicata, e' riportato nel testo del medesimo articolo.
- Il decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, reca:
disciplina del cambiamento delle generalita' per la
protezione di coloro che collaborano con la giustizia.
- Si trascrivono i commi 6 e 7 dell'art. 3, della legge
8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico
obbligatorio e complementare):
"6. Con effetto dal 1o gennaio 1996, in luogo della
pensione sociale e delle relative maggiorazioni, ai
cittadini italiani, residenti in Italia, che abbiano
compiuto 65 anni e si trovino nelle condizioni reddituali
di cui al presente comma e' corrisposto un assegno di base
non reversibile fino ad un ammontare annuo netto da imposta
pari, per il 1996, a lire 6.240.000, denominato "assegno
sociale". Se il soggetto possiede redditi propri l'assegno
e' attribuito in misura ridotta fino a concorrenza
dell'importo predetto, se non coniugato ovvero fino al
doppio del predetto importo, se coniugato, ivi computando
il reddito del coniuge comprensivo dell'eventuale assegno
sociale di cui il medesimo sia titolare. I successivi
incrementi del reddito oltre il limite massimo danno luogo
alla sospensione dell'assegno sociale. Il reddito e'
costituito dall'ammontare dei redditi coniugali,
conseguibili nell'anno solare di riferimento. L'assegno
erogato con carattere di provvisorieta' sulla base della
dichiarazione rilasciata dal richiedente ed e'
conguagliato, entro il mese di luglio dell'anno successivo,
sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente
percepiti. Alla formazione del reddito concorrono i
redditi, al netto dell'imposizione fiscale e contributiva,
di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte
e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta
o ad imposta sostitutiva, nonche' gli assegni alimentari
corrisposti a norma del cocice civile. Non si computano nel
reddito i trattamenti di fine rapporto comunque denominati,
le anticipazioni sui trattamenti stessi, le competenze
arretrate soggette a tassazione separata, nonche' il
proprio assegno e il reddito della casa di abitazione. Agli
effetti del conferimento dell'assegno non concorre a
formare reddito la pensione liquidata secondo il sistema
contributivo ai sensi dell'art. 1, comma 6, a carico di
gestioni ed enti previdenziali pubblici e privati che
gestiscono forme pensionistiche obbligatorie in misura
corrispondente ad un terzo della pensione medesima e
comunque non oltre un terzo dell'assegno sociale.
7. Con decreto del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro,
sono determinati le modalita' e i termini di presentazione
delle domande per il conseguimento dell'assegno sociale di
cui al comma 6, gli obblighi di comunicazione
dell'interessato circa le proprie condizioni familiari e
reddituali, la misura della riduzione dell'assegno, fino ad
un massimo del 50 per cento nel caso in cui l'interessato
sia ricoverato in istituti o comunita' con retta a carico
di enti pubblici. Per quanto non diversamente disposto dal
presente comma e dal comma 6 si applicano all'assegno
sociale le disposizioni in materia di pensione sociale di
cui alla legge 30 aprile 1969, n. 153 e successive
modificazioni e integrazioni.".
- Per la nuova formulazione dell'art. 11 del
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82 si veda
l'art. 4 della legge qui pubblicata.
- L'art. 16-quater del citato decreto legge 15 gennaio
1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
marzo 1991, n. 82, introdotto dall'art. 14 della legge qui
pubblicata, e' riportato nel testo del medesimo articolo.
- Il testo dell'art. 14 del decreto-legge 15 gennaio
1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
marzo 1991, n. 82 e' riportato nelle note all'art. 9.
- Si trascrive il testo dell'art. 5, del decreto
legislativo 29 marzo 1993, n. 119 (disciplina del
cambiamento delle generalita' per la protezione di coloro
che collaborano con la giustizia:
"Art. 5 (Esonero da responsabilita'). - 1. I pubblici
ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio ed i
dipendenti degli uffici della pubblica amministrazione sono
esonerati da responsabilita' penale, civile e disciplinare
relativamente alla formazione di atti, provvedimenti,
compresi anche i titoli autorizzatori o abilitativi, alle
trascrizioni, iscrizioni, o annotazione di atti, nonche' al
rilascio di estratti e certificati previsti dal presente
decreto.".
- Si trascrive il testo dell'art. 18-bis, commi 1 e 5,
della legge 26 luglio 1975, n. 354 (norme sull'ordinamento
penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e
limitative della liberta'):
"Art. 18-bis (Colloqui a fini investigativi). - 1. Il
personale della direzione investigativa antimafia di cui
all'art. 3 del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre
1991, n. 410, e dei servizi centrali e interprovinciali di
cui all'art. 12 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152,
convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio. 1991,
n. 203, nonche' gli ufficiali di polizia giudiziaria
designati dai responsabili, a livello centrale, della
predetta direzione e dei predetti servizi, hanno facolta'
di visitare gli istituti penitenziari e possono essere
autorizzati, a norma del comma 2 del presente articolo, ad
avere colloqui personali con detenuti e internati, al fine
di acquisire informazioni utili per la prevenzione e
repressione dei delitti di criminalita' organizzata.
(Omissis).
5. La facolta' di procedere a colloqui personali con
detenuti e internati e' attribuita, senza necessita' di
autorizzazione, altresi' al Procuratore nazionale antimafia
ai fini dell'esercizio delle funzioni di impulso e di
coordinamento previste dall'art. 371-bis del codice di
procedura penale; al medesimo Procuratore nazionale
antimafia sono comunicati i provvedimenti di cui ai commi 2
e 4, qualora concernenti colloqui con persone sottoposte ad
indagini, imputate o condannate per taluno dei delitti
indicati nell'art. 51, comma 3-bis del codice di procedura
penale.".



 
ART. 7.

1. Gli articoli 13-bis e 13-ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n.8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, sono abrogati.
 
ART. 8.

1. Prima dell'articolo 14 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e' inserito il seguente.
"ART. 13-quater. - (Revoca e modifica delle speciali misure di protezione). - 1. Le speciali misure di protezione sono a termine e, anche se di tipo urgente o provvisorio a norma dell'articolo 13, comma 1, possono essere revocate o modificate in relazione all'attualita' del pericolo, alla sua gravita' e alla idoneita' delle misure adottate, nonche' in relazione alla condotta delle persone interessate e alla osservanza degli impegni assunti a norma di legge.
2. Costituiscono fatti che comportano la revoca delle speciali misure di protezione l'inosservanza degli impegni assunti a norma dell'articolo 12, comma 2, lettere b) ed e), nonche' la commissione di delitti indicativi del reinserimento del soggetto nel circuito criminale. Costituiscono fatti valutabili ai fini della revoca o della modifica delle speciali misure di protezione l'inosservanza degli altri impegni assunti a norma dell'articolo 12, la commissione di reati indicativi del mutamento o della cessazione del pericolo conseguente alla collaborazione, la rinuncia espressa alle misure, il rifiuto di accettare l'offerta di adeguate opportunita' di lavoro o di impresa, il ritorno non autorizzato nei luoghi dai quali si e' stati trasferiti, nonche' ogni azione che comporti la rivelazione o la divulgazione dell'identita' assunta, del luogo di residenza e delle altre misure applicate. Nella valutazione ai fini della revoca o della modifica delle speciali misure di protezione, specie quando non applicate mediante la definizione di uno speciale programma, si tiene particolare conto del tempo trascorso dall'inizio della collaborazione oltre che della fase e del grado in cui si trovano i procedimenti penali nei quali le dichiarazioni sono state rese e delle situazioni di pericolo di cui al comma 6 dell'articolo 9.
3. Nel provvedimento con il quale ammette il soggetto alle speciali misure di protezione, la commissione centrale indica il termine, non superiore a cinque anni e non inferiore a sei mesi, entro il quale deve comunque procedersi alle verifiche sulla modifica o sulla revoca. Se il termine non e' indicato, esso e' di un anno dalla data del provvedimento.
4. La commissione centrale e' comunque tenuta alle verifiche indicate nel comma 3 ogni volta che ne faccia motivata richiesta l'autorita' che ha formulato la proposta.
5. La modifica o la revoca delle speciali misure di protezione non produce effetti sulla applicabilita' delle disposizioni dell'articolo 147-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271".



Note all'art. 8:
- Per la nuova formulazione dell'art. 13 del
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, si veda
l'art. 6 della legge qui pubblicata.
- Il testo dell'art. 12 del decreto-legge 15 gennaio
1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
marzo 1991, n. 82, e' riportata in note all'art. 5.
- Per la nuova formulazione dell'art. 9 del
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge di conversione 15 marzo 1991, n.
82, si veda l'art. 2 della legge qui pubblicata.
- Si trascrive il testo dell'art. 147-bis delle norme
di attuazione di coordinamento e transitoria del codice di
procedura penale, approvate con decreto legislativo 28
luglio 1989, n. 271:
"Art. 147-bis (Esame delle persone che collaborano con
la giustizia e degli imputati di reato commesso). - 1.
L'esame in dibattimento delle persone ammesse, in base alla
legge, a programmi o misure di protezione anche di tipo
urgente o provvisorio si svolge con le cautele necessarie
alla tutela della persona sottoposta all'esame,
determinate, d'ufficio ovvero su richiesta di parte o
dell'autorita' che ha disposto il programma o le misure di
protezione, dal giudice o, nei casi di urgenza, dal
presidente del tribunale o della corte di assise.
2. Ove siano disponibili strumenti tecnici idonei, il
giudice o il presidente, sentite le parti, puo' disporre,
anche d'ufficio, che l'esame si svolga a distanza, mediante
collegamento audiovisivo che assicuri la contestuale
visibilita' delle persone presenti nel luogo dove la
persona sottoposta ad esame si trova. In tal caso, un
ausiliario abilitato ad assistere il giudice in udienza,
designato dal giudice o, in caso di urgenza, dal
presidente, e' presente nel luogo ove si trova la persona
sottoposta ad esame e ne attesta le generalita', dando atto
della osservanza delle disposizioni contenute nel presente
comma nonche' delle cautele adottate per assicurare la
regolarita' dell'esame con riferimento al luogo ove egli si
trova. Delle operazioni svolte l'ausiliario redige verbale
a norma dell'art. 136 del codice.
3. Salvo che il giudice ritenga assolutamente
necessaria la presenza della persona da esaminare, l'esame
si svolge a distanza secondo le modalita' previste dal
comma 2, nei seguenti casi:
a) quando le persone ammesse, in base alla legge, a
programmi o misure di protezione sono esaminate nell'ambito
di un processo per taluno dei delitti indicati dall'art.
51, comma 3-bis, del codice;
b) quando nei confronti della persona sottoposta ad
esame e' stato emesso il decreto di cambiamento delle
generalita' di cui all'art. 3 del decreto legislativo
29 marzo 1993, n. 119; in tale caso, nel procedere
all'esame, il giudice o il presidente si uniforma a quanto
previsto dall'art. 6, comma 6, del medesimo decreto
legislativo e dispone le cautele idonee ad evitare che il
volto della persona sia visibile;
c) quando, nell'ambito di un processo per taluno dei
delitti previsti dall'art. 51, comma 3-bis, del codice,
devono essere esaminate le persone indicate nell'art. 210
del codice nei cui confronti si procede per uno dei delitti
di cui al medesimo art. 51, comma 3-bis, anche se vi e'
stata separazione dei procedimenti.
4. Se la persona da esaminare deve essere assistita da
un difensore si applicano le disposizioni previste
dall'art. 146-bis, commi 3, 4 e 6.
5. Le modalita' di cui al comma 2, possono essere
altresi adottate, a richiesta di parte, per l'esame della
persona di cui e' stata disposta la nuova assunzione a
norma dell'art. 495, comma 1, del codice, o quando vi siano
gravi difficolta' ad assicurare la comparizione della
persona da sottoporre ad esame.".



 
ART. 9.

1. All'articolo 14 del decreto-legge 15. gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n.82, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) e' inserita la rubrica: "Servizio centrale di protezione"; b) il comma 1 e' sostituito dal seguente: "1.Alla attuazione e alla specificazione delle modalita' esecutive
del programma speciale di protezione deliberato dalla commissione
centrale provvede il Servizio centrale di protezione istituito,
nell'ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza, con decreto
del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro,
del bilancio e della programmazione economica che ne stabilisce la
dotazione di personale e di mezzi, anche in deroga alle norme
vigenti, sentite le amministrazioni interessate. Il Servizio
centrale di protezione e' articolato in due sezioni, dotate
ciascuna di personale e di strutture differenti e autonome, aventi
competenza l'una sui collaboratori di giustizia e l'altra sui
testimoni di giustizia. Il Capo della polizia-direttore generale
della pubblica sicurezza coordina i rapporti tra prefetti e tra
autorita' di sicurezza nell'attuazione degli altri tipi di
speciali misure di protezione, indicate nei decreti di cui
all'articolo 17-bis, comma 1, la cui determinazione spetta al
prefetto del luogo di residenza attuale del collaboratore, anche
mediante impieghi finanziari non ordinari autorizzati, a norma
dell'articolo 17, dallo stesso Capo della polizia - direttore
generale della pubblica sicurezza."; c) il comma 2 e' abrogato.



Note all'art. 9:
- Il testo dell'art. 14, della legge 15 marzo 1991, n.
82 (nuove misure in materia di sequestri di persona a scopo
di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano
con la giustizia), come modificato dalla legge qui
pubblicata, e' il seguente:
"Art. 14 (Servizio centrale di protezione). - 1. Alla
attuazione e alla specificazione delle modalita' esecutive
del programma speciale di protezione deliberato dalla
commissione centrale provvede il Servizio centrale di
protezione istituito, nell'ambito del Dipartimento della
pubblica sicurezza, con decreto del Ministro dell'interno,
di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica che ne stabilisce la
dotazione di personale e di mezzi, anche in deroga alle
norme vigenti, sentite le amministrazioni interessate. Il
Servizio centrale di protezione e' articolato in due
sezioni, dotate ciascuna di personale e di strutture
differenti e autonome, aventi competenza l'una sui
collaboratori di giustizia e l'altra sui testimoni di
giustizia. Il Capo della polizia - direttore generale della
pubblica sicurezza coordina i rapporti tra prefetti e tra
autorita' di sicurezza nell'attuazione degli altri tipi di
speciali misure di protezione, indicate nei decreti di cui
all'art. 17-bis, comma 1, la cui determinazione spetta al
prefetto del luogo di residenza attuale del collaboratore,
anche mediante impieghi finanziari non ordinari
autorizzati, a norma dell'art. 17, dallo stesso Capo della
polizia - direttore generale della pubblica sicurezza.
2. (Comma abrogato)".
- L'art. 17-bis del citato decreto-legge 15 gennaio
1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge
15 marzo 1991, n. 82, introdotto dall'art. 19 della legge
qui pubblicata, e' riportato nel testo del medesimo
articolo.
- L'art. 17 del citato decreto-legge 15 gennaio 1991,
n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo
1991, n. 82, e' riportato nelle note all'art. 18.



 
ART. 10.

1. L'articolo 15 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, e' sostituito dal seguente:
"ART. 15. - (Cambiamento delle generalita'. Rinvio). - 1. Nell'ambito dello speciale programma di protezione puo' essere autorizzato, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, il cambiamento delle generalita', garantendone la riservatezza anche in atti della pubblica amministrazione.
2. All'attuazione del disposto del comma 1 si provvede a norma del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni".



Nota all'art. 10:
- L'argomento del decreto legislativo 29 marzo 1993, n.
119 e' riportato nelle note all'art. 6.



 
ART. 11.

1. All'articolo 16 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) e' inserita la rubrica: "Relazione del Ministro dell'interno"; b) nel comma 1, le parole: "sui programmi" sono sostituite dalle
seguenti: "sulle misure speciali".



Note all'art. 11:
- Il testo dell'art. 16, della legge 15 marzo 1991, n.
82, come modificato dalla legge qui pubblicata, e' il
seguente:
"Art. 16 (Relazione del Ministro dell'interno). - 1. Il
Ministro dell'interno riferisce semestralmente con
relazione al Parlamento sulle misure speciali di
protezione, sulla loro efficacia e sulle modalita' generali
di applicazione, senza riferimenti normativi".



 
ART. 12.

1. Dopo l'articolo 16 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e' inserito il seguente Capo:
"CAPO II bis. - NORME PER LA PROTEZIONE DEI TESTIMONI DI GIUSTIZIA.
ART. 16-bis. - (Applicazione delle speciali misure di protezione ai testimoni di giustizia). - 1. Le speciali misure di protezione di cui agli articoli 9 e 13, comma 5, se ne ricorrono i presupposti, si applicano a coloro che assumono rispetto al fatto o ai fatti delittuosi in ordine ai quali rendono le dichiarazioni esclusivamente la qualita' di persona offesa dal reato, ovvero di persona informata sui fatti o di testimone, purche' nei loro confronti non sia stata disposta una misura di prevenzione, ovvero non sia in corso un procedimento di applicazione della stessa, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575. Tali soggetti sono, ai fini del presente decreto, denominati "testimoni di giustizia".
2. Le dichiarazioni rese dai testimoni di giustizia possono anche non avere le caratteristiche di cui all'articolo 9, comma 3, salvo avere carattere di attendibilita', e riferirsi a delitti diversi da quelli indicati nel comma 2 dello stesso articolo.
3. Le speciali misure di protezione si applicano, se ritenute necessarie, a coloro che coabitano o convivono stabilmente con le persone indicate nel comma 1, nonche', ricorrendone le condizioni, a chi risulti esposto a grave, attuale e concreto pericolo a causa delle relazioni intrattenute con le medesime persone.
ART. 16-ter. - (Contenuto delle speciali misure di protezione). - 1. I testimoni di giustizia cui e' applicato lo speciale programma di protezione hanno diritto:

a) a misure di protezione fino alla effettiva cessazione del pericolo
per se' e per i familiari; b) a misure di assistenza, anche oltre la cessazione della
protezione, volte a garantire un tenore di vita personale e
familiare non inferiore a quello esistente prima dell'avvio del
programma, fino a quando non riacquistano la possibilita' di
godere di un reddito proprio; c) alla capitalizzazione del costo dell'assistenza, in alternativa
alla stessa; d) se dipendenti pubblici, al mantenimento del posto di lavoro, in
aspettativa retribuita, presso l'amministrazione dello Stato al
cui ruolo appartengono, in attesa della definitiva sistemazione
anche presso altra amministrazione dello Stato; e) alla corresponsione di una somma a titolo di mancato guadagno,
concordata con la commissione, derivante dalla cessazione
dell'attivita' lavorativa propria e dei familiari nella localita'
di provenienza, sempre che non abbiano ricevuto un risarcimento al
medesimo titolo, ai sensi della legge 23 febbraio 1999, n. 44; f) a mutui agevolati volti al completo reinserimento proprio e dei
familiari nella vita economica e sociale.

2. Le misure previste sono mantenute fino alla effettiva cessazione del rischio, indipendentemente dallo stato e dal grado in cui si trova il procedimento penale in relazione al quale i soggetti destinatari delle misure hanno reso dichiarazioni.
3. Se lo speciale programma di protezione include il definitivo trasferimento in altra localita', il testimone di giustizia ha diritto ad ottenere l'acquisizione dei beni immobili dei quali e' proprietario al patrimonio dello Stato, dietro corresponsione dell'equivalente in denaro a prezzo di mercato. Il trasferimento degli immobili e' curato da un amministratore, nominato dal direttore della sezione per i testimoni di giustizia del Servizio centrale di protezione tra avvocati o dottori commercialisti iscritti nei rispettivi albi professionali, di comprovata esperienza".



Note all'art. 12:
- Per la nuova formulazione dell'art. 9 del
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, si veda
l'art. 2 della legge qui pubblicata.
- Per la nuova formulazione dell'art. 13 del
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, si veda
l'art. 6 della legge qui pubblicata.
- La legge 31 maggio 1965, n. 575, reca: "Disposizioni
contro la mafia".
- La legge 23 febbraio 1999, n. 44, reca: "Disposizioni
concernenti il fondo di solidarieta' per le vittime delle
richieste estorsive e dell'usura".



 
ART. 13.

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente Capo, pari a lire 6.000 milioni per l'anno 2001 ed a lire 8.600 milioni a decorrere dall'anno 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, come modificato dall'articolo 18 della presente legge.



Note all'art. 13:
- Il testo dell'art. 17 del decreto-legge 15 gennaio
1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge
15 marzo 1991, n. 82 e' riportato in note all'art. 18.



 
ART. 14.

1. Dopo l'articolo 16-ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, introdotto dall'articolo 12 della presente legge, e' inserito il seguente Capo:
"CAPO II-ter. - NUOVE NORME PER IL TRATTAMENTO SANZIONATORIO DI COLORO CHE COLLABORANO CON LA GIUSTIZIA.
ART. 16-quater. - (Verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione). - 1. Ai fini della concessione delle speciali misure di protezione di cui al Capo II, nonche' per gli effetti di cui agli articoli 16-quinquies e 16-nonies, la persona che ha manifestato la volonta' di collaborare rende al procuratore della Repubblica, entro il termine di centottanta giorni dalla suddetta manifestazione di volonta', tutte le notizie in suo possesso utili alla ricostruzione dei fatti e delle circostanze sui quali e' interrogato nonche' degli altri fatti di maggiore gravita' ed allarme sociale di cui e' a conoscenza oltre che alla individuazione e alla cattura dei loro autori ed altresi' le informazioni necessarie perche' possa procedersi alla individuazione, al sequestro e alla confisca del denaro, dei beni e di ogni altra utilita' dei quali essa stessa o, con riferimento ai dati a sua conoscenza, altri appartenenti a gruppi criminali dispongono direttamente o indirettamente.
2. Le informazioni di cui al comma 1 relative alla individuazione del denaro, dei beni e delle altre utilita' non sono richieste quando la volonta' di collaborare e' stata manifestata dai testimoni di giustizia.
3. Le dichiarazioni rese ai sensi dei commi 1 e 2 sono documentate in un verbale denominato "verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione", redatto secondo le modalita' previste dall'articolo 141-bis del codice di procedura penale, che e' inserito, per intero, in apposito fascicolo tenuto dal procuratore della Repubblica cui le dichiarazioni sono state rese e, per estratto, nel fascicolo previsto dall'articolo 416, comma 2, del codice di procedura penale relativo al procedimento cui le dichiarazioni rispettivamente e direttamente si riferiscono. Il verbale e' segreto fino a quando sono segreti gli estratti indicati nel precedente periodo. Di esso e' vietata la pubblicazione a norma dell'articolo 114 del codice di procedura penale.
4. Nel verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, la persona che rende le dichiarazioni attesta, fra l'altro, di non essere in possesso di notizie e informazioni processualmente utilizzabili su altri fatti o situazioni, anche non connessi o collegati a quelli riferiti, di particolare gravita' o comunque tali da evidenziare la pericolosita' sociale di singoli soggetti o di gruppi criminali.
5. Nel verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione la persona indica i colloqui investigativi eventualmente intrattenuti.
6. Le notizie e le informazioni di cui ai commi 1 e 4 sono quelle processualmente utilizzabili che, a norma dell'articolo 194 del codice di procedura penale, possono costituire oggetto della testimonianza. Da esse, in particolare, sono escluse le notizie e le informazioni che il soggetto ha desunto da voci correnti o da situazioni a queste assimilabili.
7. Le speciali misure di protezione di cui ai Capi II e II-bis non possono essere concesse, e se concesse devono essere revocate, qualora, entro il termine di cui al comma 1, la persona cui esse si riferiscono non renda le dichiarazioni previste nei commi 1, 2 e 4 e queste non siano documentate nel verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione.
8. La disposizione del comma 7 si applica anche nel caso in cui risulti non veritiera l'attestazione di cui al comma 4.
9. Le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 4 rese al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria oltre il termine previsto dallo stesso comma 1 non possono essere valutate ai fini della prova dei fatti in esse affermati contro le persone diverse dal dichiarante, salvo i casi di irripetibilita'.
ART. 16-quinquies. - (Attenuanti in caso di collaborazione). - 1. Le circostanze attenuanti che il codice penale e le disposizioni speciali prevedono in materia di collaborazione, relativa ai delitti di cui all'articolo 9, comma 2, possono essere concesse soltanto a coloro che, entro il termine di cui al comma 1 dell'articolo 16-quater, hanno sottoscritto il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione previsto dal medesimo articolo 16-quater.
2. Il giudice, anche d'ufficio, accerta l'avvenuta redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione entro il termine prescritto.
3. Se la collaborazione si manifesta nel corso del dibattimento, il giudice puo' concedere le circostanze attenuanti di cui al comma 1 anche in mancanza del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, ferma restando la necessita' di procedere alla sua redazione entro il termine prescritto per gli effetti di cui agli articoli 16-quater e 16-nonies.
ART. 16-sexies. - (Acquisizione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione nonche' di copie per estratto dei registri in materia di colloqui investigativi in caso di interrogatorio o esame del collaboratore). - 1. Quando si deve procedere all'interrogatorio o all'esame del collaboratore quale testimone o persona imputata in un procedimento connesso o di un reato collegato a quello per cui si procede nel caso previsto dall'articolo 371, comma 2, lettera b), del codice di procedura penale il giudice, su richiesta di parte, dispone che sia acquisito al fascicolo del pubblico ministero il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione di cui all'articolo 16-quater limitatamente alle parti di esso che concernono la responsabilita' degli imputati nel procedimento.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1 il giudice, a richiesta di parte, dispone altresi' l'acquisizione di copia per estratto del registro tenuto dal direttore del carcere in cui sono annotati il nominativo del detenuto o internato, il nominativo di chi ha svolto il colloquio a fini investigativi, la data e l'ora di inizio e di fine dello stesso, nonche' di copia per estratto del registro di cui al comma 3 dell'articolo 18-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, per la parte relativa ai colloqui a fini investigativi intervenuti con il collaboratore.
ART. 16-septies. (Restituzione nel termine e revisione delle sentenze). - 1. Il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto la sentenza e' stata pronunciata deve richiedere la revisione della sentenza quando le circostanze attenuanti che il codice penale o le disposizioni speciali prevedono in materia di collaborazione relativa ai delitti di cui all'articolo 9, comma 2, sono state applicate per effetto di dichiarazioni false o reticenti, ovvero quando chi ha beneficiato delle circostanze attenuanti predette commette, entro dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza, un delitto per il quale l'arresto in flagranza e' obbligatorio.
2. La revisione e' ammessa quando ricorrono i presupposti di cui al comma 1 e se il delitto ivi previsto e' indicativo della permanenza del soggetto nel circuito criminale.
3. Quando chi ha beneficiato delle circostanze attenuanti di cui al comma 1 ha ottenuto anche taluno dei benefici penitenziari previsti dall'articolo 16-nonies, il procuratore generale che richiede la revisione della sentenza informa della richiesta il tribunale di sorveglianza ed il magistrato di sorveglianza competenti ai fini dei provvedimenti previsti dal comma 7 del medesimo articolo 16-nonies.
4. Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del titolo IV del libro IX del codice di procedura penale. In caso di accoglimento della richiesta di revisione, il giudice riforma la sentenza di condanna e determina la nuova misura della pena.
5. Nel corso del giudizio di revisione il giudice, su richiesta del pubblico ministero, puo' disporre l'applicazione delle misure cautelari previste dalla legge.
6. Quando le situazioni indicate nel comma 1 emergono prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile, gli atti da cui risultano le predette situazioni sono trasmessi al pubblico ministero presso il giudice che ha pronunciato la sentenza ovvero, se gli atti del procedimento sono gia' stati trasmessi al giudice dell'impugnazione, al pubblico ministero presso il giudice che deve decidere sull'impugnazione. Se si tratta di sentenza pronunciata in grado di appello, gli atti sono in ogni caso trasmessi al pubblico ministero presso la corte d'appello che ha pronunciato la sentenza. Il pubblico ministero, entro trenta giorni dal ricevimento degli atti, puo' chiedere, a norma dell'articolo 175 del codice di procedura penale, la restituzione nel termine per proporre impugnazione limitatamente al punto della decisione relativo alla applicazione delle circostanze attenuanti indicate nel comma 1.
7. Le pene previste per il reato di calunnia sono aumentate da un terzo alla meta' quando risulta che il colpevole ha commesso il fatto allo scopo di usufruire delle circostanze attenuanti di cui al comma 1 o dei benefici penitenziari o delle misure di tutela o speciali di protezione previsti dall'articolo 16-nonies e dal Capo II. L'aumento e' dalla meta' ai due terzi se uno dei benefici e' stato conseguito.
ART. 16-octies. - (Revoca o sostituzione della custodia cautelare per effetto della collaborazione). - 1. La misura della custodia cautelare non puo' essere revocata o sostituita con altra misura meno grave per il solo fatto che la persona nei cui confronti e' stata disposta tiene o ha tenuto taluna delle condotte di collaborazione che consentono la concessione delle circostanze attenuanti previste dal codice penale o da disposizioni speciali. In tali casi, alla revoca o alla sostituzione puo' procedersi solo se, nell'ambito degli accertamenti condotti in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, il giudice che procede, sentiti il procuratore nazionale antimafia o i procuratori generali presso le corti di appello interessati, non ha acquisito elementi dai quali si desuma l'attualita' dei collegamenti con la criminalita' organizzata di tipo mafioso o terroristico-eversivo e ha accertato che il collaboratore, ove soggetto a speciali misure di protezione, ha rispettato gli impegni assunti a norma dell'articolo 12.
ART. 16-nonies. - (Benefici penitenziari). - 1. Nei confronti delle persone condannate per un delitto commesso per finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale o per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, che abbiano prestato, anche dopo la condanna, taluna delle condotte di collaborazione che consentono la concessione delle circostanze attenuanti previste dal codice penale o da disposizioni speciali, la liberazione condizionale, la concessione dei permessi premio e l'ammissione alla misura della detenzione domiciliare prevista dall'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, sono disposte su proposta ovvero sentiti i procuratori generali presso le corti di appello interessati a norma dell'articolo 11 del presente decreto o il procuratore nazionale antimafia.
2. Nella proposta o nel parere i procuratori generali o il procuratore nazionale antimafia forniscono ogni utile informazione sulle caratteristiche della collaborazione prestata. Su richiesta del tribunale o del magistrato di sorveglianza, allegano alla proposta o al parere copia del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione e, se si tratta di persona sottoposta a speciali misure di protezione, il relativo provvedimento di applicazione.
3. La proposta o il parere indicati nel comma 2 contengono inoltre la valutazione della condotta e della pericolosita' sociale del condannato e precisano in specie se questi si e' mai rifiutato di sottoporsi a interrogatorio o a esame o ad altro atto di indagine nel corso dei procedimenti penali in cui ha prestato la sua collaborazione. Precisano inoltre gli altri elementi rilevanti ai fini dell'accertamento del ravvedimento anche con riferimento alla attualita' dei collegamenti con la criminalita' organizzata o eversiva.
4. Acquisiti la proposta o il parere indicati nei commi 2 e 3, il tribunale o il magistrato di sorveglianza, se ritiene che sussistano i presupposti di cui al comma 1, avuto riguardo all'importanza della collaborazione e sempre che sussista il ravvedimento e non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalita' organizzata o eversiva, adotta il provvedimento indicato nel comma 1 anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai limiti di pena di cui all'articolo 176 del codice penale e agli articoli 30-ter e 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Il provvedimento e' specificamente motivato nei casi in cui le autorita' indicate nel comma 2 del presente articolo hanno espresso parere sfavorevole. I provvedimenti che derogano ai limiti di pena possono essere adottati soltanto se, entro il termine prescritto dall'articolo 16-quater e' stato redatto il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione previsto dal medesimo articolo 16-quater e, salvo che non si tratti di permesso premio, soltanto dopo la espiazione di almeno un quarto della pena inflitta ovvero, se si tratta di condannato all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno dieci anni di pena.
5. Se la collaborazione prestata dopo la condanna riguarda fatti diversi da quelli per i quali e' intervenuta la condanna stessa, i benefici di cui al comma 1 possono essere concessi in deroga alle disposizioni vigenti solo dopo l'emissione della sentenza di primo grado concernente i fatti oggetto della collaborazione che ne confermi i requisiti di cui all'articolo 9, comma 3.
6. Le modalita' di attuazione dei provvedimenti indicati nel comma 4 sono stabilite sentiti gli organi che provvedono alla tutela o alla protezione dei soggetti interessati e possono essere tali organi a provvedere alle notifiche, alle comunicazioni e alla esecuzione delle disposizioni del tribunale o del magistrato di sorveglianza.
7. La modifica o la revoca dei provvedimenti e' disposta d'ufficio ovvero su proposta o parere delle autorita' indicate nel comma 2. Nei casi di urgenza, il magistrato di sorveglianza puo' disporre con decreto motivato la sospensione cautelativa dei provvedimenti. La sospensione cessa di avere efficacia se, trattandosi di provvedimento di competenza del tribunale di sorveglianza, questo non interviene entro sessanta giorni dalla ricezione degli atti. Ai fini della modifica, della revoca o della sospensione cautelativa dei provvedimenti assumono specifico rilievo quelle condotte tenute dal soggetto interessato che, a norma degli articoli 13-quater e 16-septies, possono comportare la modifica o la revoca delle speciali misure di protezione ovvero la revisione delle sentenze che hanno concesso taluna delle attenuanti in materia di collaborazione.
8. Quando i provvedimenti di liberazione condizionale, di assegnazione al lavoro all'esterno, di concessione dei permessi premio e di ammissione a taluna delle misure alternative alla detenzione previste dal Titolo I, Capo VI, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, sono adottati nei confronti di persona sottoposta a speciali misure di protezione, la competenza appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza del luogo in cui la persona medesima ha eletto il domicilio a norma dell'articolo 12, comma 3-bis, del presente decreto".



Note all'art. 14:
- Si trascrive il testo degli articoli 141-bis, 416, e
114 del codice di procedura penale:
"Art. 141-bis (Modalita' di documentazione
dell'interrogatorio di persona in stato detenzione). - 1.
Ogni interrogatorio di persona che si trovi, a qualsiasi
titolo, in stato di detenzione, e che non si svolga in
udienza, deve essere documentato integralmente, a pena di
inutilizzabilita', con mezzi di riproduzione fonografica o
audiovisiva. Quando si verifica una indisponibilita' di
strumenti di riproduzione o di personale tecnico, si
provvede con le forme della perizia, ovvero della
consulenza tecnica. Dell'interrogatorio e' anche redatto
verbale in forma riassuntiva. La trascrizione della
riproduzione e' disposta solo se richiesta dalle parti".
"Art. 416 (Presentazione della richiesta del pubblico
ministero). - 1. La richiesta di rinvio a giudizio e'
depositata dal pubblico ministero nella cancelleria del
giudice (328). La richiesta di rinvio a giudizio e' nulla
se non e' preceduta dall'avviso previsto dall'art. 415-bis,
nonche' dall'invito a presentarsi per rendere
l'interrogatorio ai sensi dell'art. 375, comma 3, qualora
la persona sottoposta ad interrogatorio entro il termine di
cui all'art. 415-bis, comma 3.
2. Con la richiesta e' trasmesso il fascicolo
contenente la notizia di reato (330), la documentazione
relativa alle indagini espletate (373) e i verbali degli
atti compiuti davanti al giudice per le indagini
preliminari (294, 392 s.s.; art. 130). Il corpo del reato
(253) e le cose pertinenti al reato sono allegati al
fascicolo, qualora non debbano essere custoditi altrove".
"Art. 114 (Divieto di pubblicazione di atti e di
immagini). - 1. E' vietata la pubblicazione, anche parziale
o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro
mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche
solo del loro contenuto (329).
2. E' vietata la pubblicazione, anche parziale, degli
atti non piu' coperti dal segreto fino a che non siano
concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine
dell'udienza preliminare (424).
3. Se si procede al dibattimento, non e' consentita la
pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo per
il dibattimento se non dopo la pronuncia della sentenza di
primo grado (545), e di quelli del fascicolo del pubblico
ministero (433), se non dopo la pronuncia della sentenza in
grado di appello (605). E' sempre consentita la
pubblicazione degli atti utilizzati per le contestazioni
(501 1, 503 3).
4. E' vietata la pubblicazione, anche parziale, degli
atti del dibattimento celebrato a porte chiuse nei casi
previsti dall'art. 472, commi 1 e 2. In tali casi il
giudice, sentite le parti, puo' disporre il divieto di
pubblicazione anche degli atti o di parte degli atti
utilizzati per le contestazioni. Il divieto di
pubblicazione cessa comunque quando sono trascorsi i
termini stabiliti dalla legge sugli archivi di Stato,
ovvero e' trascorso il termine di dieci anni dalla sentenza
irrevocabile (648) e la pubblicazione e' autorizzata dal
Ministro di grazia e giustizia.
5. Se non si procede al dibattimento, il giudice,
sentite le parti, puo' disporre il divieto di pubblicazione
di atti o di parte di atti quando la pubblicazione di essi
puo' offendere il buon costume o comportare la diffusione
di notizie sulle quali la legge prescrive di mantenere il
segreto nell'interesse dello Stato ovvero causare
pregiudizio alla riservatezza dei testimoni o delle parti
private. Si applica la disposizione dell'ultimo periodo del
comma 4.
6. E' vietata la pubblicazione delle generalita' e
dell'immagine dei minorenni testimoni, persone offese o
danneggiati dal reato fino a quando non sono
divenuti maggiorenni. Il tribunale per i minorenni,
nell'interesse esclusivo del minorenne, o il minorenne che
ha compiuto i sedici anni, puo' consentire la
pubblicazione.
6-bis. E' vietata la pubblicazione dell'immagine di
persona privata della liberta' personale ripresa mentre la
stessa si trova sottoposta all'uso di manette ai polsi
ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la
persona vi consenta.
7. E' sempre consentita la pubblicazione del contenuto
di atti non coperti dal segreto.".
- Per il testo dell'art. 371 del codice di procedura
penale, v. note all'art. 4.
- Per il testo dell'art. 18-bis della legge 26 luglio
1975, n. 354, v. note all'art. 6.
- Si trascrive il testo dell'art. 175 del codice di
procedura penale:
"Art. 175 (Restituzione nel termine). - 1. Il pubblico
ministero, le parti private e i difensori sono restituiti
nel termine stabilito a pena di decadenza (173), se provano
di non averlo potuto osservare per caso fortuito o per
forza maggiore.
2. Se e' stata pronunciata sentenza contumaciale (487,
548 3) o decreto di condanna (460), puo' essere chiesta la
restituzione nel termine per proporre impugnazione (585) od
opposizione (461, 462, 565) anche dall'imputato che provi
di non aver avuto effettiva conoscenza del provvedimento,
sempre che l'impugnazione non sia stata gia' proposta dal
difensore e il fatto non sia dovuto a sua colpa ovvero,
quando la sentenza contumaciale e' stata notificata
mediante consegna al difensore nei casi previsti dagli
articoli 159, 161, commi 4 e 169, l'imputato non si sia
sottratto volontariamente alla conoscenza degli atti del
procedimento.
3. La richiesta per la restituzione nel termine e'
presentata, a pena di decadenza (173), entro dieci giorni
da quello nel quale e' cessato il fatto costituente caso
fortuito o forza maggiore ovvero, nei casi previsti dal
comma 2, da quello in cui l'imputato ha avuto effettiva
conoscenza dell'atto. La restituzione non puo' essere
concessa piu' di una volta per ciascuna parte in ciascun
grado del procedimento.
4. Sulla richiesta decide con ordinanza (125) il
giudice che procede al tempo della presentazione della
stessa. Prima dell'esercizio dell'azione penale (405)
provvede il giudice per le indagini preliminari (328). Se
sono stati pronunciati sentenza o decreto di condanna,
decide il giudice che sarebbe competente sulla impugnazione
o sulla opposizione.
5. L'ordinanza che concede la restituzione nel termine
per la proposizione della impugnazione o della opposizione
puo' essere impugnata solo con la sentenza che decide sulla
impugnazione o sulla opposizione.
6. Contro l'ordinanza che respinge la richiesta di
restituzione nel termine puo' essere proposto ricorso per
cassazione (606 ss).
7. Quando accoglie la richiesta di restituzione nel
termine per proporre impugnazione, il giudice, se occorre,
ordina la scarcerazione dell'imputato detenuto e adotta
tutti i provvedimenti necessari per far cessare gli effetti
determinati dalla scadenza del termine (670 3).
8. Se la restituzione nel termine e' concessa a norma
del comma 2, non si tiene conto, ai fini della prescrizione
del reato (157 c.p.), del tempo intercorso tra la
notificazione della sentenza contumaciale (548 3) o del
decreto di condanna (460 3) e la notificazione alla parte
dell'avviso di deposito dell'ordinanza che concede la
restituzione.".
- Il testo dell'art. 12 del decreto-legge 15 gennaio
1991, n. 8, convertito, con modificazioni dalla legge 15
marzo 1991, n. 82, e' riportato nelle note all'art. 5.
Per il testo dell'art. 51 del codice di procedura
penale, v. note all'art. 2.
- Si trascrive il testo dell'art. 47-ter della citata
legge 26 luglio 1975, n. 354:
"Art. 47-ter (Detenzione domiciliare). - 1. La pena
della reclusione non superiore a quattro anni, anche se
costituente parte residua di maggior pena, nonche' la pena
dell'arresto, possono essere espiate nella propria
abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in
luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza, quando
trattasi di:
a) donna incinta o madre di prole di eta' inferiore
ad anni dieci, con lei convivente;
b) padre, esercente la potesta', di prole di eta'
inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre
sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a
dare assistenza alla prole;
c) persona in condizioni di salute particolarmente
gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi
sanitari territoriali;
d) persona di eta' superiore a sessanta anni, se
inabile anche parzialmente;
e) persona minore di anni ventuno per comprovate
esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.
1-bis. La detenzione domiciliare puo' essere applicata
per l'espiazione della pena detentiva inflitta in misura
non superiore a due anni, anche se costituente parte
residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni
di cui al comma 1 quando non ricorrono i presupposti per
l'affidamento in prova al servizio sociale e sempre che
tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il
condannato commetta altri reati. La presenta disposizione
non si applica ai condannati per i reati di cui all'art.
4-bis.
1-ter. Quando potrebbe essere disposto il rinvio
obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai
sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il
tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il
limite di cui al comma 1, puo' disporre la applicazione
della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di
durata di tale applicazione, termine che puo' essere
prorogato. L'esecuzione della pena prosegue durante la
esecuzione della detenzione domiciliare.
1-quater. Se l'istanza di applicazione della detenzione
domiciliare e' proposta dopo che ha avuto inizio
l'esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza cui
la domanda deve essere rivolta puo' disporre l'applicazione
provvisoria della misura, quando ricorrono i requisiti di
cui ai commi 1 e 1-bis. Si applicano, in quanto
compatibili, le disposizioni di cui all'art. 47, comma 4.
2. (comma abrogato dall'art. 1, decreto-legge 13 maggio
1991, n. 152).
3. (comma abrogato dall'art. 4, legge 27 maggio 1998,
n. 165).
4. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la
detenzione domiciliare, ne fissa le modalita' secondo
quanto stabilito dall'art. 284 del codice di procedura
penale. Determina e impartisce altresi' le disposizioni per
gli interventi del servizio sociale. Tali prescrizioni e
disposizioni possono essere modificate dal magistrato di
sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la
detenzione domiciliare.
5. Il condannato nei confronti del quale e' disposta la
detenzione domiciliare non e' sottoposto al regime
penitenziario previsto dalla presente legge e dal relativo
regolamento di esecuzione. Nessun onere grava
sull'amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la
cura e l'assistenza medica del condannato che trovasi in
detenzione domiciliare.
6. La detenzione domiciliare e' revocata se il
comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle
prescrizioni dettate, appare incompatibile con la
prosecuzione delle misure.
7. Deve essere inoltre revocata quando vengono a
cessare le condizioni previste nei commi 1 e 1-bis.
8. Il condannato che essendo in stato di detenzione
nella propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati
nel comma 1, se ne allontana, e' punito ai sensi dell'art.
385 del codice penale. Si applica la disposizione
dell'ultimo comma dello stesso articolo.
9. La denuncia per il delitto di cui al comma 8 importa
la sospensione del beneficio e la condanna ne importa la
revoca.
9-bis. Se la misura di cui al comma 1-bis e' revocata
ai sensi dei commi precedenti la pena residua non puo'
essere sostituita con altra misura.".
- Per la nuova formulazione dell'art. 11 del
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con
modificazioni, della legge 15 marzo 1991, n. 82, si veda
l'art. 4 della legge qui pubblicata.
- Si trascrive il testo dell'art. 176 del codice
penale:
"Art. 176 (Liberazione condizionale). Il condannato a
pena detentiva che, durante il tempo di esecuzione della
pena, abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere
sicuro il suo ravvedimento, puo' essere ammesso alla
liberazione condizionale se ha scontato almeno trenta mesi
e comunque almeno meta' della pena inflittagli, qualora il
rimanente della pena non superi i cinque anni (682 c.p.p.).
Se si tratta di recidivo, nei casi preveduti dai
capoversi dell'art. 99, il condannato, per essere ammesso
alla liberazione condizionale, deve avere scontato almeno
quattro anni di pena e non meno di tre quarti della pena
inflittagli.
Il condannato all'ergastolo puo' essere ammesso alla
liberazione condizionale quando abbia scontato almeno
ventisei anni di pena.
La concessione della liberazione condizionale e'
subordinata all'adempimento delle obbligazioni civili
derivanti dal reato (185 ss.), salvo che il condannato
dimostri di trovarsi nell'impossibilita' di adempierle.".
- Si trascrive il testo dell'art. 30-ter della citata
legge 26 luglio 1975, n. 354:
"Art. 30-ter (Permessi premio). - 1. Ai condannati che
hanno tenuto regolare condotta ai sensi del successivo
comma 8 e che non risultano socialmente pericolosi, il
magistrato di sorveglianza, sentito il direttore
dell'istituto, puo' concedere permessi premio di durata non
superiore ogni volta a quindici giorni per consentire di
coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro. La
durata dei permessi non puo' superare complessivamente
quarantacinque giorni in ciascun anno di espiazione.
1-bis (comma aggiunto dall'art. 13, legge 19 marzo
1990, n. 55).
2. Per i condannati minori di eta' la durata dei
permessi premio non puo' superare ogni volta i venti giorni
e la durata complessiva non puo' eccedere i sessanta giorni
in ciascun anno di espiazione.
3. L'esperienza dei permessi premio e' parte integrante
del programma di trattamento e deve essere seguita dagli
educatori e assistenti sociali penitenziari in
collaborazione con gli operatori sociali del territorio.
4. La concessione dei permessi e' ammessa:
a) nei confronti dei condannati all'arresto o alla
reclusione non superiore a tre anni anche se congiunta
all'arresto;
b) nei confronti dei condannati alla reclusione
superiore a tre anni, salvo quanto previsto dalla lettera
c), dopo l'espiazione di almeno un quarto della pena;
c) nei confronti dei condannati alla reclusione per
taluno dei delitti indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis,
dopo l'espiazione di almeno meta' della pena e, comunque,
di non oltre dieci anni.
d) nei confronti dei condannati all'ergastolo, dopo
l'espiazione di almeno dieci anni.
5. Nei confronti dei soggetti che durante l'espiazione
della pena o delle misure restrittive hanno riportato
condanna o sono imputati per delitto doloso commesso
durante l'espiazione della pena o l'esecuzione di una
misura restrittiva della liberta' personale, la concessione
e' ammessa soltanto decorsi due anni dalla commissione del
fatto.
6. Si applicano, ove del caso, le cautele previste per
i permessi di cui al primo comma dell'art. 30; si applicano
altresi' le disposizioni di cui al terzo e al quarto comma
dello stesso articolo.
7. Il provvedimento relativo ai permessi premio e'
soggetto a reclamo al tribunale di sorveglianza, secondo le
procedure di cui all'art. 30-bis.
8. La condotta dei condannati si considera regolare
quando i soggetti, durante la detenzione, hanno manifestato
costante senso di responsabilita' e correttezza nel
comportamento personale, nelle attivita' organizzate negli
istituti e nelle eventuali attivita' lavorative o
culturali.".
- Per la nuova formulazione dell'art. 9 del
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, si veda
l'art. 2 della legge qui pubblicata.
- L'art. 13-quater del decreto-legge 15 gennaio 1991,
n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo
1991, n. 82, introdotto dall'art. 8 della legge qui
pubblicata, e' riportato nel testo del medesimo articolo.
- Il testo dell'art. 12 del decreto-legge 15 gennaio
1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
marzo 1991, n. 82, e' riportato in note all'art. 5.



 
ART. 15.

1. Il comma 4 dell'articolo 105 del codice di procedura penale e' sostituito dal seguente:
"4. L'autorita' giudiziaria riferisce al consiglio dell'ordine i casi di abbandono della difesa, di rifiuto della difesa di ufficio o, nell'ambito del procedimento, i casi di violazione da parte del difensore dei doveri di lealta' e probita' nonche' del divieto di cui all'articolo 106, comma 4-bis".



Note all'art. 15:
- Il testo dell'art. 105 del codice di procedura
penale, come modificato dalla legge qui pubblicata, e' il
seguente:
"Art. 105 (Abbandono e rifiuto della difesa). - 1. Il
consiglio dell'ordine forense ha competenza esclusiva per
le sanzioni disciplinari relative all'abbandono della
difesa o al rifiuto della difesa di ufficio.
2. Il procedimento disciplinare e' autonomo rispetto al
procedimento penale in cui e' avvenuto l'abbandono o il
rifiuto.
3. Nei casi di abbandono o di rifiuto motivati da
violazione dei diritti della difesa, quando il consiglio
dell'ordine li ritiene comunque giustificati, la sanzione
non e' applicata, anche se la violazione dei diritti della
difesa e' esclusa dal giudice.
4. L'autorita' giudiziaria riferisce al consiglio
dell'ordine i casi di abbandono della difesa, di rifiuto
della difesa di ufficio o, nell'ambito del procedimento, i
casi di violazione da parte del difensore dei doveri di
lealta' e probita' nonche' del divieto di cui all'art. 106,
comma 4-bis.
5. L'abbandono della difesa delle parti private diverse
dall'imputato (74 ss., 83 ss, 89), della persona offesa,
degli enti e delle associazioni previste dall'art. 91 non
impedisce in alcun caso l'immediata continuazione del
procedimento e non interrompe l'udienza.".
- Il testo dell'art. 106 del codice di procedura penale
e' riportato in note all'art. 16.



 
ART. 16.

1. All'articolo 106 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1 sono premesse le parole: "Salva la disposizione del
comma 4-bis"; b) il comma 4 e' sostituito dal seguente: "4.Se l'incompatibilita' e' rilevata nel corso delle indagini
preliminari, il giudice, su richiesta del pubblico ministero o di
taluna delle parti private e sentite le parti interessate,
provvede a norma del comma 3."; c) dopo il comma 4 e' aggiunto il seguente: "4-bis. Non puo' essere assunta da uno stesso difensore la difesa di
piu' imputati che abbiano reso dichiarazioni concernenti la
responsabilita' di altro imputato nel medesimo procedimento o in
procedimento connesso ai sensi dell'articolo 12 o collegato ai
sensi dell'articolo 371, comma 2, lettera b). Si applicano, in
quanto compatibili, le disposizioni dei commi 2, 3 e 4".



Note all'art. 16:
- Il testo dell'art. 106 del codice di procedura penale,
come modificato dalla legge qui pubblicata, e' il seguente:
"Art. 106 (Incompatibilita' della difesa di piu'
imputati nello stesso procedimento). - 1. Salva la
disposizione del comma 4-bis la difesa di piu' imputati
puo' essere assunta da un difensore comune, purche' le
diverse posizioni non siano tra loro incompatibili.
2. L'autorita' giudiziaria, se rileva una situazione di
incompatibilita', la indica e ne espone i motivi, fissando
un termine per rimuoverla.
3. Qualora l'incompatibilita' non sia rimossa, il
giudice la dichiara con ordinanza (125) provvedendo alle
necessarie sostituzioni a norma dell'art. 97.
4. Se l'incompatibilita' e' rilevata nel corso delle
indagini preliminari, il giudice, su richiesta del pubblico
ministero o di taluna delle parti private e sentite le
parti interessate, provvede a norma del comma 3.
4-bis. Non puo' essere assunta da uno stesso difensore
la difesa di piu' imputati che abbiano reso dichiarazioni
concernenti la responsabilita' di altro imputato nel
medesimo procedimento o in procedimento connesso ai sensi
dell'art. 12 o collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2,
lettera b). Si applicano, in quanto compatibili, le
disposizioni dei commi 2, 3 e 4.".
- Si riporta il testo dell'art. 12 del codice di
procedura penale:
"Art. 12 (Casi di connessione). - 1. Si ha connessione
di procedimenti:
a) se il reato per cui si procede e' stato commesso
da piu' persone in concorso o cooperazione fra loro, o se
piu' persone con condotte indipendenti hanno determinato
l'evento;
b) se una persona e' imputata di piu' reati commessi
con una sola azione od omissione ovvero con piu' azioni od
omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso;
c) se dei reati per cui si procede gli uni sono stati
commessi per eseguire o per occultare gli altri o in
occasione di questi ovvero per conseguirne o assicurarne al
colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o
l'impunita'.
- Il testo dell'art. 371 del codice di prodecura penale
e' riportato in nota all'art. 4.



 
ART. 17.

1. Prima dell'articolo 17 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e' inserita la seguente rubrica: "CAPO II-quater. - DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE".
 
ART. 18.

1. All'articolo 17 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) e' inserita la rubrica: "Oneri finanziari"; b) nei commi 1 e 4, le parole: "del presente capo" e: "al presente
capo" sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: "dei Capi
II e II-bis" e: "ai Capi II e II-bis".



Note all'art. 18:
Il testo dell'art. 17 del decreto-legge 15 gennaio
1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
marzo 1991, n. 82, come modificato dalla presente legge, e'
il seguente:
"Art. 17 (Oneri finanziari). - 1. All'onere derivante
dall'applicazione dei capi II e II-bis valutato in lire
10.250 milioni annue a decorrere dal 1991, si provvede
mediante corrispondente riduzione dello stanziamento
iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al
capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del
tesoro per l'anno 1991, all'uopo utilizzando
l'accantonamento "Ulteriori misure contro la criminalita'
organizzata".
2. Il Ministro del tesoro e' autorizzato ad apportare,
con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
3. La spesa di cui al comma 1 sara' iscritta nello
stato di previsione del Ministero dell'interno in ragione
di lire 6.250 milioni sotto la rubrica "Sicurezza pubblica"
e di lire 4.000 milioni sotto la rubrica "Alto commissario
per il coordinamento della lotta alla delinquenza di tipo
mafioso".
4. Gli interventi finanziari di cui ai Capi II e II-bis
sono di natura riservata e non soggetti a rendicontazione;
il Capo della polizia - direttore generale della pubblica
sicurezza e l'Alto commissario, al termine di ciascun anno
finanziario, sono tenuti a presentare una relazione sui
criteri e sulle modalita' di utilizzo dei relativi fondi al
Ministro dell'interno, il quale autorizza la distruzione
della relazione medesima.".



 
ART. 19.

1. Dopo l'articolo 17 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e' inserito il seguente:
"ART. 17-bis. - (Previsione di norme di attuazione). - 1. Con uno o piu' decreti del Ministro dell'interno, emanati di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica e la commissione centrale di cui all'articolo 10, comma 2, sono precisati i contenuti e le modalita' di attuazione delle speciali misure di protezione definite e applicate anche in via provvisoria dalla commissione centrale nonche' i criteri che la medesima applica nelle fasi di istruttoria, formulazione e attuazione delle misure predette.
2. Con decreto del Ministro della giustizia, emanato di concerto con il Ministro dell'interno, sono stabiliti i presupposti e le modalita' di applicazione delle norme sul trattamento penitenziario, previste dal Titolo I della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e dal Titolo I del relativo regolamento di esecuzione, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431, e successive modificazioni, alle persone ammesse alle misure speciali di protezione e a quelle che risultano tenere o aver tenuto condotte di collaborazione previste dal codice penale o da disposizioni speciali relativamente ai delitti di cui all'articolo 9, comma 2.
3. Con decreti del Ministro dell'interno, emanati di concerto con i Ministri delle finanze, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, della giustizia e della difesa, sono adottate le norme regolamentari per disciplinare le modalita' per il versamento e il trasferimento del denaro, dei beni e delle altre utilita' di cui all'impegno assunto dal collaboratore a norma dell'articolo 12, comma 2, lettera e), del presente decreto, nonche' le norme regolamentari per disciplinare, secondo le previsioni dell'articolo 12-sexies, commi 4-bis e 4-ter, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, le modalita' di destinazione del denaro, nonche' di vendita e destinazione dei beni e delle altre utilita'.
4. I decreti previsti dai commi 1, 2 e 3, nonche' quello previsto dall'articolo 13, comma 8, sono emanati ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
5. Il Consiglio di Stato esprime il proprio parere sugli schemi dei regolamenti di cui ai commi 1, 2 e 3 entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il regolamento puo' comunque essere adottato".
2. Fino alla emanazione dei decreti previsti dall'articolo 17-bis, comma 1, del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, introdotto dal comma 1 del presente articolo, continuano a osservarsi, in quanto applicabili, le disposizioni dei decreti gia' emanati a norma dell'articolo 10 del medesimo decreto-legge n. 8 del 1991, nel testo previgente alla data di entrata in vigore della presente legge, per stabilire le misure di protezione e di assistenza a favore delle persone ammesse allo speciale programma di protezione nonche' i criteri di formulazione e le modalita' di attuazione del programma medesimo.



Note all'art. 19:
- Per il testo dell'art. 10 del decreto-legge 15
gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 marzo 1991, n. 82, v. note all'art. 3.
- Per la nuova formulazione dell'art. 9 del
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, si veda
l'art. 2 della legge qui pubblicata.
- Per il testo dell'art. 12 del decreto-legge 15
gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 marzo 1991, n. 82, come modificato dalla presente
legge, v. note all'art. 5.
- Per il testo dell'art. 12-sexies, commi 4-bis e 4-ter
del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 356 del 7 agosto 1992, v.
note all'art. 24.
- Il testo vigente dell'art. 17 della legge n. 400/1988
(Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della
Presidenza del Consiglio dei Ministri), e' il seguente:
"Art. 17 (Regolamenti). - 1. Con decreto del Presidente
della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei
Ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve
pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono
essere emanati i regolamenti per disciplinare:
a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi
nonche' dei regolamenti comunitari;
b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei
decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi
quelli relativi a materie riservate alla competenza
regionale;
c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di
leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si
tratti di materie comunque riservate alla legge;
d) l'organizzazione ed il funzionamento delle
amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate
dalla legge;
e) (soppressa).
2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il
Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la
disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta
di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi
della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potesta'
regolamentare del Governo, determinano le norme generali
regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle
norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle
norme regolamentari.
3. Con decreto ministeriale possono essere adottati
regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di
autorita' sottordinate al Ministro, quando la legge
espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per
materie di competenza di piu' Ministri, possono essere
adottati con decreti interministeriali, ferma restando la
necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge.
I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono
dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati
dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente
del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.
4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti
ministeriali ed interministeriali, che devono recare la
denominazione di "regolamento", sono adottati previo parere
del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla
registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale.
4-bis. L'organizzazione e la disciplina degli uffici
dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai
sensi del comma 2, su proposta del Ministro competente
d'intesa con il Presidente del Consiglio dei Ministri e con
il Ministro del tesoro, nel rispetto dei princi'pi posti
dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e
successive modificazioni, con i contenuti e con
l'osservanza dei criteri che seguono:
a) riordino degli uffici di diretta collaborazione
con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che
tali uffici hanno esclusive competenze di supporto
dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo
e l'amministrazione;
b) individuazione degli uffici di livello
dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante
diversificazione tra strutture con funzioni finali e con
funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni
omogenee e secondo criteri di flessibilita' eliminando le
duplicazioni funzionali;
c) previsione di strumenti di verifica periodica
dell'organizzazione e dei risultati;
d) indicazione e revisione periodica della
consistenza delle piante organiche;
e) previsione di decreti ministeriali di natura non
regolamentare per la definizione dei compiti delle unita'
dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali
generali.".
- Il testo dell'art. 10 del decreto-legge 15 gennaio
1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
marzo 1991, n. 82, e' riportato nelle note all'art. 3.



 
ART. 20.

1. Negli articoli da 1 a 4 e da 6 a 8, nonche' nell'articolo 18 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, sono inserite, rispettivamente, le seguenti rubriche:

a) articolo 1: "Sequestro dei beni utilizzabili per far conseguire il
prezzo del riscatto", b) articolo 2: "Nullita' dei contratti di assicurazione"; c) articolo 3: "Omessa denuncia"; d) articolo 4: "Comunicazioni al Governatore della Banca d'Italia"; e) articolo 6: "Attenuante speciale in caso di collaborazione"; f) articolo 7: "Disposizioni processuali"; g) articolo 8: "Nuclei di polizia interforze"; h) articolo 18: "Entrata in vigore".
 
ART. 21.

1. Nell'articolo 58-ter, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, le parole: "Le disposizioni del comma" sono sostituite dalle seguenti: "I limiti di pena previsti dalle disposizioni del comma".



Note all'art. 21:
- Il testo dell'art. 58-ter della citata legge
26 luglio 1975, n. 354, come modificato dalla legge qui
pubblicata, e' il seguente:
"Art. 58-ter (Persone che collaborano con la
giustizia). - 1. I limiti di pena previsti dalle
disposizioni del comma 1 dell'art. 21, del comma 4
dell'art. 30-ter e del comma 2 dell'art. 50, concernenti le
persone condannate per taluno dei delitti indicati nel
comma 1 dell'art. 4-bis, non si applicano a coloro che,
anche dopo la condanna, si sono adoperati per evitare che
l'attivita' delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori
ovvero hanno aiutato concretamente l'autorita' di polizia o
l'autorita' giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi
per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la
cattura degli autori dei reati.
2. Le condotte indicate nel comma 1 sono accertate dal
tribunale di sorveglianza, assunte le necessarie
informazioni e sentito il pubblico ministero presso il
giudice competente per i reati in ordine ai quali e' stata
prestata la collaborazione.".



 
ART. 22.

1. Alla legge 7 agosto 1990, n. 241, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel comma 2 dell'articolo 13, dopo la parola: "regolano" sono
aggiunte le seguenti. ", nonche' ai procedimenti previsti dal
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive
modificazioni, e dal decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e
successive modificazioni"; b) nel comma 1 dell'articolo 24, dopo le parole. "n. 801," sono
inserite le seguenti: "per quelli relativi ai procedimenti
previsti dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive
modificazioni, e dal decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e
successive modificazioni".



Note all'art. 22:
- Il testo degli articoli 13 e 24 della legge 7 agosto
1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi), come modificato dalla legge qui
pubblicata, e' il seguente:
"Art. 13. - 1. Le disposizioni contenute nel presente
capo non si applicano nei confronti dell'attivita' della
pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti
normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di
programmazione, per i quali restano ferme le particolari
norme che ne regolano la formazione.
2. Dette disposizioni non si applicano altresi' ai
procedimenti tributari per i quali restano parimenti ferme
le particolari norme che li regolano, nonche' ai
procedimenti previsti dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n.
8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo
1991, n. 82, e successive modificazioni, e dal decreto
legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive
modificazioni.".
"Art. 24. - 1. Il diritto di accesso e' escluso per i
documenti coperti da segreto di Stato ai sensi dell'art. 12
della legge 24 ottobre 1977, n. 801, per quelli relativi ai
procedimenti previsti dal decreto-legge15 gennaio 1991, n.
8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo
1991, n. 82, e successive modificazioni dal decreto
legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive
modificazioni, nonche' nei casi di segreto o di divieto di
divulgazione altrimenti previsti dall'ordinamento.
2. Il Governo e' autorizzato ad emanare, ai sensi del
comma 2 dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400,
entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, uno o piu' decreti intesi a disciplinare le
modalita' di esercizio del diritto di accesso e gli altri
casi di esclusione del diritto di accesso in relazione alla
esigenza di salvaguardare:
a) la sicurezza, la difesa nazionale e le relazioni
internazionali;
b) la politica monetaria e valutaria;
c) l'ordine pubblico e la prevenzione e repressione
della criminalita';
d) la riservatezza di terzi, persone, gruppi ed
imprese, garantendo peraltro agli interessati la visione
degli atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui
conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro
interessi giuridici.
3. Con i decreti di cui al comma 2 sono altresi'
stabilite norme particolari per assicurare che l'accesso ai
dati raccolti mediante strumenti informatici avvenga nel
rispetto delle esigenze di cui al medesimo comma 2.
4. Le singole amministrazioni hanno l'obbligo di
individuare, con uno o piu' regolamenti da emanarsi entro i
sei mesi successivi, le categorie di documenti da esse
formati o comunque rientranti nella loro disponibilita'
sottratti all'accesso per le esigenze di cui al comma 2.
5. Restano ferme le disposizioni previste dall'art. 9,
legge 1o aprile 1981, n. 121, come modificato dall'art. 26,
legge 10 ottobre 1986, n. 668, e dalle relative norme di
attuazione, nonche' ogni altra disposizione attualmente
vigente che limiti l'accesso ai documenti amministrativi.
6. I soggetti indicati nell'art. 23 hanno facolta' di
differire l'accesso ai documenti richiesti sino a quando la
conoscenza di essi possa impedire o gravemente ostacolare
lo svolgimento dell'azione amministrativa. Non e' comunque
ammesso l'accesso agli atti preparatori nel corso della
formazione dei provvedimenti di cui all'art. 13, salvo
diverse disposizioni di legge".
- L'argomento del decreto legislativo 29 marzo 1993, n.
119, e' riportato in nota all'art. 6.



 
ART. 23.

1. I commi da 3 a 6 dell'articolo 8 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, sono abrogati.



Nota all'art. 23:
- Il decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito,
con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203,
reca: "Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla
criminalita' organizzata e di trasparenza e buon andamento
dell'attivita' amministrativa".



 
ART. 24.

1. All'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel comma 1 e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Le
disposizioni indicate nel periodo precedente si applicano anche in
caso di condanna e di applicazione della pena su richiesta, a
norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per taluno
dei delitti commessi per finalita' di terrorismo o di eversione
dell'ordine costituzionale."; b) dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti: "4-bis. Si applicano anche ai casi di confisca previsti dai commi da
1 a 4 del presente articolo le disposizioni in materia di gestione
e destinazione dei beni sequestrati o confiscati previste dalla
legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni; restano
comunque salvi i diritti della persona offesa dal reato alle
restituzioni e al risarcimento del danno. 4-ter. Con separati decreti, il Ministro dell'interno, di concerto
con il Ministro della giustizia, sentiti gli altri Ministri
interessati, stabilisce anche la quota dei beni sequestrati e
confiscati a norma del presente decreto da destinarsi per
l'attuazione delle speciali misure di protezione previste dal
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive
modificazioni, e per le elargizioni previste dalla legge 20
ottobre 1990, n. 302, recante norme a favore delle vittime del
terrorismo e della criminalita' organizzata. Nei decreti il
Ministro stabilisce anche che, a favore delle vittime, possa
essere costituito un Fondo di solidarieta' per le ipotesi in cui
la persona offesa non abbia potuto ottenere in tutto o in parte le
restituzioni o il risarcimento dei danni conseguenti al reato. 4-quater. Il Consiglio di Stato esprime il proprio parere sugli
schemi di regolamento di cui al comma 4-ter entro trenta giorni
dalla richiesta, decorsi i quali il regolamento puo' comunque
essere adottato".



Note all'art. 24:
- Il testo dell'art. 12-sexies del decreto-legge
8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, della
legge 7 agosto 1992, n. 356 (Modifiche urgenti al nuovo
codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto
alla criminalita' mafiosa), come modificato dalla legge qui
pubblicata, e' il seguente:
"Art. 12-sexies (Ipotesi particolari di confisca). - 1.
Nei casi di condanna o di applicazione della pena su
richiesta a norma dell'art. 444 del codice di procedura
penale, per taluno dei delitti previsti dagli articoli
416-bis, 629, 630, 644, 644-bis, 648, esclusa la
fattispecie di cui al secondo comma, 648-bis, 648-ter del
codice penale, nonche' dall'art. 12-quinquies, comma 1, del
decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, ovvero
per taluno dei delitti previsti dagli articoli 73, esclusa
la fattispecie di cui al comma 5, e 74 del testo unico
delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e
sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei
relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto
del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e'
sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle
altre utilita' di cui il condannato non puo' giustificare
la provenienza e di cui, anche per interposta persona
fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la
disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato
al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul
reddito, o alla propria attivita' economica.
Le disposizioni indicate nel periodo precedente si
applicano anche in caso di condanna e di applicazione della
pena su richiesta, a norma dell'art. 444 del codice di
procedura penale, per taluno dei delitti commessi per
finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordine
costituzionale.
2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche nei
casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta
a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per
un delitto commesso avvalendosi delle condizioni previste
dall'art. 416-bis del codice penale, ovvero al fine di
agevolare l'attivita' delle associazioni previste dallo
stesso articolo, nonche' a chi e' stato condannato per un
delitto in materia di contrabbando, nei casi di cui
all'art. 295, secondo comma, del testo unico approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n.
43.
3. Fermo quanto previsto dagli articoli 100 e 101 del
testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica
9 ottobre 1990, n. 309, per la gestione e la destinazione
dei beni confiscati a norma dei commi 1 e 2 si osservano,
in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel
decreto-legge 14 giugno 1989, n. 230, convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282. Il
giudice, con la sentenza di condanna o con quella prevista
dall'art. 444, comma 2, del codice di procedura penale,
nomina un amministratore con il compito di provvedere alla
custodia, alla conservazione e all'amministrazione dei beni
confiscati.
Non possono essere nominate amministratori le persone
nei cui confronti il provvedimento e' stato disposto, il
coniuge, i parenti, gli affini e le persone con essi
conviventi, ne' le persone condannate ad una pena che
importi interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici
o coloro cui sia stata irrogata una misura di prevenzione.
4. Se, nel corso del procedimento, l'autorita'
giudiziaria, in applicazione dell'art. 321, comma 2, del
codice di procedura penale, dispone il sequestro preventivo
delle cose di cui e' prevista la confisca a norma dei commi
1 e 2, le disposizioni in materia di nomina
dell'amministratore di cui al secondo periodo del comma 3
si applicano anche al custode delle cose predette".
4-bis. Si applicano anche ai casi di confisca previsti
dai commi da 1 a 4 del presente articolo le disposizioni in
materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati o
confiscati previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, e
successive modificazioni; restano comunque salvi i diritti
della persona offesa dal reato alle restituzioni e al
risarcimento del danno.
4-ter. Con separati decreti, il Ministro dell'interno,
di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti gli
altri Ministri interessati, stabilisce anche la quota dei
beni sequestrati e confiscati a norma del presente decreto
da destinarsi per l'attuazione delle speciali misure di
protezione previste dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n.
8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo
1991, n. 82, e successive modificazioni, e per le
elargizioni previste dalla legge 20 ottobre 1990, n. 302,
recante norme a favore delle vittime del terrorismo e della
criminalita' organizzata. Nei decreti il Ministro
stabilisce anche che, a favore delle vittime, possa essere
costituito un Fondo di solidarieta' per le ipotesi in cui
la persona offesa non abbia potuto ottenere in tutto o in
parte le restituzioni o il risarcimento dei danni
conseguenti al reato.
4-quater. Il Consiglio di Stato esprime il proprio
parere sugli schemi di regolamento di cui al comma 4-ter
entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il
regolamento puo' comunque essere adottato.".
- L'argomento della legge 31 maggio 1965, n. 575, e'
riportato in nota all'art. 12.



 
ART. 25.

1. Le disposizioni di cui ai Capi II, II-bis e II-ter, fatta eccezione per quelle di cui all'articolo 16-quinquies, del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, si applicano anche alle persone che hanno gia' manifestato la volonta' di collaborare prima della data di entrata in vigore della presente legge.
2. Nei confronti delle persone di cui al comma 1, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si procede alla redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione ai sensi dell'articolo 16-quater del citato decreto-legge n. 8 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 82 del 1991, introdotto dall'articolo 14 della presente legge.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche se le condotte di collaborazione sono state tenute relativamente a delitti diversi da quelli commessi per finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale ovvero previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, ma rientranti fra quelli indicati nell'articolo 380 del medesimo codice.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi' 13 febbraio 2001
CIAMPI

AMATO, Presidente del Consiglio
dei Ministri
FASSINO, Ministro della giustizia
BIANCO, Ministro dell'interno

Visto, il Guardasigilli: FASSINO

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LAVORI PREPARATORI
Senato della Repubblica (atto n. 2207):
Presentato dal Ministro di grazia e giustizia Flick e
dal Ministro dell'interno Napolitano l'11 marzo 1997.
Assegnato alla 2a commissione (Giustizia), in sede
referente, l'8 aprile 1997, con parere delle commissioni
1a, 4a, 5a e 6a.
Esaminato dalla 2a commissione, in sede referente,
l'8 aprile; 23 settembre; 28, 29, 30 ottobre; 5, 6,
26, novembre; 2 dicembre 1997; 8, 22, 23 aprile; 26,
28 maggio; 2, 4, 9, 10, 11, 16, 17, 18, 24, 25, 30 giugno;
2, 8, 9, 14, 15 luglio 1998; 13 gennaio; 28 aprile; 15, 22,
23, 28 settembre; 6 e 7 ottobre 1999.
Annunciata relazione (atto n. 1927-1976-2207-2843/A) il
30 novembre 1999, relatore senatore Follieri.
Assegnato nuovamente alla 2a commissione, in sede
deliberante, il 10 novembre 1999.
Esaminato dalla 2a commissione, in sede deliberante, il
27 gennaio 2000.
Assegnato nuovamente alla 2a commissione, in sede
referente, il 27 gennaio 2000.
Esaminato dalla 2a commissione, in sede referente, il
27 gennaio 2000.
Esaminato in aula il 23, 28, 29 marzo 2000, e approvato
il 30 marzo 2000.
Camera dei deputati (atto n. 6909):
Assegnato alla II commissione (Giustizia), in sede
referente, il 4 aprile 2000, con pareri delle commissioni
I, V e XI.
Esaminato dalla II commissione il 23, 25, 30 maggio; 6,
14 giugno 2000 e 11 gennaio 2001.
Esaminato in aula il 12 gennaio 2001 e approvato, con
modificazioni, il 23 gennaio 2001.
Senato della Repubblica (atto n. 2207-B):
Assegnato alla 2a commissione (Giustizia), in sede
deliberante, il 2 febbraio 2001, con pareri delle
commissioni 1a e 5a.
Esaminato dalla commissione il 6 febbraio 2001, e
approvato il 7 febbraio 2001.



Note all'art. 25:
- L'art. 16-quinquies del decreto-legge 15 gennaio
1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge
15 marzo 1991, n. 82, introdotto dall'art. 14 della legge
qui pubblicata, e' riportato nel testo del medesimo
articolo.
- Per il testo dell'art. 51 del codice di procedura
penale, v. note all'art. 2.
- Si trascrive il testo dell'art. 380 del codice di
procedura penale:
"Art. 380 (Arresto obbligatorio in flagranza). - 1. Gli
ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria (57)
procedono all'arresto di chiunque e' colto in flagranza
(382) di un delitto non colposo, consumato o tentato, per
il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della
reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel
massimo a venti anni (383; coord. 230).
2. Anche fuori dei casi previsti dal comma 1, gli
ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono
all'arresto (coord. 230) di chiunque e' colto in flagranza
di uno dei seguenti delitti non colposi, consumati o
tentati:
a) delitti contro la personalita' dello Stato
previsti nel titolo I del libro II del codice penale (241
ss. c.p.) per i quali e' stabilita la pena della reclusione
non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a
dieci anni;
b) delitto di devastazione e saccheggio previsto
dall'art. 419 del codice penale;
c) delitti contro l'incolumita' pubblica previsti nel
titolo VI del libro II del codice penale (422 ss. c.p.) per
i quali e' stabilita la pena della reclusione non inferiore
nel minimo a tre anni o nel massimo a dieci anni;
d) delitto di riduzione in schiavitu' previsto
dall'art. 600, delitto di prostituzione minorile previsto
dall'art. 600-bis, primo comma, delitto di pornografia
minorile previsto dall'art. 600-ter, commi primo e secondo,
e delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento
della prostituzione minorile previsto dall'art.
600-quinquies del codice penale;
e) delitto di furto, quando ricorre la circostanza
aggravante prevista dall'art. 4 della legge 8 agosto 1977,
n. 533, o taluna delle circostanze aggravanti previste
dall'art 625, comma 1, nn. 1, 2 prima ipotesi e 4 seconda
ipotesi del codice penale;
f) delitto di rapina previsto dall'art. 628 del
codice penale e di estorsione previsto dall'art. 629 del
codice penale;
g) delitti di illegale fabbricazione, introduzione
nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto
in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o
tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi
clandestine nonche' di piu' armi comuni da sparo escluse
quelle previste dall'art. 2, terzo comma della legge
18 aprile 1975, n. 110;
h) delitti concernenti sostanze stupefacenti o
psicotrope puniti a norma dell'art. 73 del testo unico
approvato con decreto del Presidente della Repubblica
9 ottobre 1990, n. 309, salvo che ricorra la circostanza
prevista dal comma 5 del medesimo articolo;
i) delitti commessi per finalita' di terrorismo o di
eversione dell'ordine costituzionale per i quali la legge
stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel
minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;
l) delitti di promozione, costituzione, direzione e
organizzazione delle associazioni segrete previste
dall'art. 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, delle
associazioni di carattere militare previste dall'art. 1
della legge 17 aprile 1956, n. 561, delle associazioni, dei
movimenti o dei gruppi previsti dagli articoli 1 e 2 della
legge 20 giugno 1952, n. 645, delle organizzazioni,
associazioni, movimenti o gruppi di cui all'art. 3, comma
3, della legge 13 ottobre 1975, n. 654;
l-bis) delitti di partecipazione, promozione,
direzione e organizzazione della associazione di tipo
mafioso prevista dall'art. 416-bis del codice penale;
m) delitti di promozione, direzione, costituzione e
organizzazione della associazione per delinquere prevista
dall'art. 416, commi 1 e 3 del codice penale, se
l'associazione e' diretta alla commissione di piu' delitti
fra quelli previsti dal comma 1 o dalle lettere a), b), c),
d), f) g), i) del presente comma.
3. Se si tratta di delitto perseguibile a querela (336
ss.; 120 c.p.), l'arresto in flagranza e' eseguito se la
querela viene proposta, anche con dichiarazione resa
oralmente all'ufficiale o all'agente di polizia giudiziaria
presente nel luogo. Se l'avente diritto dichiara di
rimettere la querela, l'arrestato e' posto immediatamente
in liberta'.".



 
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