Gazzetta n. 206 del 3 settembre 2002 (vai al sommario)
AUTORITA' PER LA VIGILANZA SUI LAVORI PUBBLICI
DETERMINAZIONE 30 luglio 2002
Possibilita' di ricorrere a procedure concorsuali anomale difformi da quelle tipologicamente individuate nella legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni. (Determinazione n. 22/2002).

IL CONSIGLIO

Premesso.
Sono pervenuti all'Autorita' numerosi quesiti riguardanti la legittimita' di procedure di realizzazione di opere pubbliche in deroga alle disposizioni contenute nella legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni. I quesiti in particolare fanno riferimento ad alcune gare di appalto, caratterizzate dal fatto che la stazione appaltante affida all'iniziativa privata il compito di realizzare con capitale privato opere pubbliche o di interesse pubblico, previa la vendita del terreno pubblico all'impresa aggiudicataria, con spese a carico dell'impresa medesima, la quale resta proprietaria dell'immobile, con il solo vincolo della destinazione dell'opera al servizio pubblico, e percepisce un canone di affitto da parte dell'amministrazione conduttrice dell'edificio.
Trattasi di modelli giuridici non riconducibili ne' allo schema della concessione di costruzione e gestione ne' a quello del project financing, atteso che difettano i requisiti caratterizzanti questi istituti (durata della concessione, assenza di progettazione preliminare, inserimento dell'opera nella programmazione triennale, predisposizione di un piano economico finanziario).
In ordine a simili fattispecie, l'Autorita' ha espresso i propri avvisi in piu' occasioni, ma data l'importanza che hanno le questioni sollevate ritiene opportuno adottare una determinazione che, alla luce di quanto gia' affermato e di nuove considerazioni, possa costituire un inquadramento generale della problematica in esame. Considerato.
La questione giuridica principale sottesa alle fattispecie in esame consiste nel verificare la legittimazione delle amministrazioni pubbliche a realizzare opere pubbliche o di pubblico interesse mediante schemi procedimentali differenti rispetto a quelli specificamente disciplinati dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni.
E' basilare principio che l'attivita' della pubblica amministrazione si correla a norme primarie e secondarie che la finalizzano e la funzionalizzano secondo fasi procedimentali tese ad assicurare il perseguimento degli interessi generali, attraverso una ben strutturata sequenza procedimentale che, nel caso di attivita' contrattuale, e' quella dell'evidenza pubblica.
Ne segue che, una volta accertato che l'operazione finalizzata alla realizzazione di un'opera pubblica o di pubblico interesse e' qualificabile come lavoro pubblico, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 109/1994, e successive modificazioni, e' la stessa legge quadro e, piu' in generale, la normativa pubblicistica in materia, comprensiva altresi' delle leggi settoriali concernenti specifici tipi di lavori o di opere pubbliche, cui occorre fare riferimento per individuare gli ambiti tipologici entro i quali effettuare la scelta del contratto da utilizzare.
L'art. 19, comma 1, della legge n. 109/1994 restringe espressamente le tipologie contrattuali a due sole ipotesi. Secondo tale norma, infatti, "i lavori pubblici di cui alla presente legge possono essere realizzati esclusivamente mediante contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici, salvo i lavori in economia di cui all'art. 24, comma 6". La disposizione contiene, quindi, un'elencazione tassativa dei tipi di contratto ammessi ed esclude, con riferimento alla realizzazione di un lavoro pubblico, l'utilizzazione di differenti moduli negoziali. E', inoltre, significativa l'aggiunta nel testo della norma, ad opera dell'art. 3, comma 3, della legge 18 novembre 1998, n. 415, dell'avverbio "esclusivamente", con la conseguenza che i due moduli enucleati nella norma costituiscono gli unici strumenti cui e' possibile ricorrere, risultando inammissibile che la scelta del tipo contrattuale resti affidata al prudente apprezzamento della pubblica amministrazione, la quale sarebbe in definitiva arbitra di decidere se applicare o meno la legislazione sui lavori pubblici e, quindi, per le opere c.d. sopra soglia, se sottostare o meno alla concorrenza comunitaria.
La legge Merloni, peraltro, vincola la pubblica amministrazione non solo sotto il profilo della scelta del modello contrattuale, ma anche in relazione agli ulteriori aspetti afferenti, ad esempio, alla progettazione, ai requisiti dell'impresa realizzatrice, alla direzione dei lavori, al collaudo. Si tratta, infatti, di norme, ulteriormente specificate dai regolamenti contenuti nel decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, e nel decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34, che hanno natura imperativa e non possono essere derogate dall'autonomia negoziale, proprio perche' realizzano l'esigenza di assicurare il perseguimento di interessi pubblici preminenti, quali l'efficienza e l'efficacia, la tempestivita', la trasparenza, la correttezza dell'agere amministrativo in materia di opere e lavori pubblici e della libera concorrenza tra gli operatori, ai sensi dell'art. 1 della legge n. 109/1994, e successive modificazioni.
Ed e', pertanto, evidente la conseguente inammissibilita' di procedure atipiche per la realizzazione di opere pubbliche o destinate ad un pubblico servizio, atteso che il sistema e le modalita' prescelti potrebbero avere finalita' o quantomeno produrre risultati elusivi della normativa interna e comunitaria in tema di opere pubbliche.
Nel caso di specie, appare evidente che la costruzione di un'opera con caratteristiche predefinite dall'amministrazione per soddisfare specifici interessi pubblici qualifica ex se la natura pubblica dell'opera stessa, con la conseguenza che a tale fattispecie si deve applicare la legge quadro sui lavori pubblici.
La fattispecie costruita dall'amministrazione presenta, invece, marcate analogie con l'acquisto di cosa futura, in relazione al quale specificamente e' stato affermato dal Consiglio di Stato, con il parere n. 2/2000 reso nell'adunanza del 17 febbraio 2000, che sussistono ben precisi limiti derivanti dalla disciplina pubblicistica che ha procedimentalizzato l'agire della pubblica amministrazione.
Inoltre, il legislatore ha espressamente previsto la possibilita' del concorso finanziario privato ma solo mediante l'uso degli istituti della concessione e del project financing, restando escluso il ricorso a qualunque altro strumento giuridico non tipizzato.
Per le considerazioni sopra esposte, si esprime l'avviso:
non e' consentito realizzare opere pubbliche o di pubblico interesse o destinate ad un uso pubblico mediante schemi procedimentali differenti rispetto a quelli specificamente disciplinati dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, e, piu' in generale dalla normativa di settore.
Roma, 30 luglio 2002
Il presidente: Garri
 
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