Gazzetta n. 235 del 7 ottobre 2002 (vai al sommario)
PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 24 settembre 2002
Scioglimento del consiglio comunale di Quindici e nomina della commissione straordinaria.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Considerato che il comune di Quindici (Avellino), i cui organi sono stati rinnovati nelle consultazioni elettorali del 16 aprile 2000, presenta collegamenti diretti ed indiretti tra parte degli amministratori e la criminalita' organizzata, rilevati dai competenti organi investigativi;
Constatato che tali collegamenti con la criminalita' organizzata espongono gli amministratori stessi a pressanti condizionamenti, compromettendo la libera determinazione dell'organo elettivo ed il buon andamento dell'amministrazione comunale di Quindici;
Rilevato, altresi', che la permeabilita' dell'ente ai condizionamenti esterni della criminalita' organizzata arreca grave pregiudizio allo stato della sicurezza pubblica e determina lo svilimento delle istituzioni e la perdita di prestigio e di credibilita' degli organi istituzionali;
Ritenuto che, al fine di rimuovere la causa del grave inquinamento e deterioramento dell'amministrazione comunale, si rende necessario far luogo allo scioglimento degli organi ordinari del comune di Quindici, per il ripristino dei principi democratici e di liberta' collettiva;
Visto l'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
Vista la proposta del Ministro dell'interno, la cui relazione e' allegata al presente decreto e ne costituisce parte integrante;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 20 settembre 2002;
Decreta
Art. 1.
Il consiglio comunale di Quindici (Avellino) e' sciolto per la durata di diciotto mesi.
 
Art. 2.
La gestione del comune di Quindici (Avellino) e' affidata alla commissione straordinaria composta da:
dott. Bartolomeo Galdenzi - prefetto a riposo;
dott. Armando Amabile - vice prefetto;
dott.ssa Maria Antonietta Cava - vice prefetto aggiunto.
 
Art. 3.
La commissione straordinaria per la gestione dell'ente esercita, fino all'insediamento degli organi ordinari a norma di legge, le attribuzioni spettanti al Consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco nonche' ogni altro potere ed incarico connesso alle medesime cariche.
Dato a Roma, addi' 24 settembre 2002
CIAMPI
Berlusconi, Presidente del Consiglio
dei Ministri
Pisanu, Ministro dell'interno Registrato alla Corte dei conti il 26 settembre 2002 Ministeri istituzionali - Interno, registro n. 11, foglio n. 210
 
Allegato
Al Presidente della Repubblica
Il consiglio comunale di Quindici (Avellino), rinnovato nelle consultazioni elettorali del 16 aprile 2000, presenta forme di condizionamento da parte della criminalita' organizzata, che compromettono la libera determinazione e l'imparzialita' degli organi elettivi, il buon andamento dell'amministrazione ed il funzionamento dei servizi, con grave pregiudizio per lo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Il predetto ente e' collocato in un contesto ambientale, profondamente permeato dalla radicata presenza di gruppi criminali la cui opera, mirata ad intessere intrecci finalizzati al conseguimento della propria egemonica espansione, ha causato negative ripercussioni sulla gestione dell'amministrazione locale.
A seguito di risultanze investigative, in data 24 giugno 2002, il sindaco, il vice sindaco ed un assessore sono stati tratti in arresto, in esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa in data 20 giugno 2002 dal GIP del tribunale di Napoli, perche' ritenuti responsabili, tra l'altro, del reato di cui all'art. 416-bis c.p. Con successivo provvedimento del 6 luglio scorso, il tribunale ha revocato la misura cautelare in carcere disposta nei confronti di un assessore, respingendo, nel contempo, l'istanza di revoca dei medesimi provvedimenti cautelari prodotta dal titolare dell'organo di vertice dell'ente e dal suo vice.
In considerazione di quanto sopra ed al fine di verificare la sussistenza di fenomeni di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso nei servizi dell'ente e' stata istituita, in data 28 giugno 2002, una commissione di accesso ai sensi dell'art. 59, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Nel contempo, in conseguenza delle dimissioni rassegnate da oltre la meta' dei consiglieri, finalizzate alla dissoluzione dell'organo elettivo, il predetto ente e' stato sospeso con decreto prefettizio del 29 giugno 2002, ai sensi dell'art. 141, comma 1, lettera b), n. 3 del citato decreto legislativo.
Gli accertamenti condotti dalla commissione, sulla base dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa a carico dei predetti amministratori, confluiti nella relazione commissariale conclusiva dell'accesso, cui si rinvia integralmente, evidenziano la sussistenza di infiltrazioni e condizionamento da parte della criminalita' organizzata sull'apparato burocratico e sugli organi elettivi dell'ente.
Le cointeressenze esistenti tra alcuni amministratori ed esponenti di una nota famiglia camorrista possono essere fatte risalire gia' all'epoca pre-elettorale, durante la quale si sono verificati anche alcuni attentati finalizzati ad impedire la formazione di liste elettorali. Dette liste miravano a proporre soggetti politici alternativi che avrebbero messo in discussione l'equilibrio gestionale voluto dalla dominante consorteria criminale in favore di candidati risultati poi eletti.
La penetrazione dell'attivita' criminosa nell'amministrazione comunale si manifesta principalmente nel settore degli appalti, attraverso le "pressioni" esercitate da alcuni componenti del civico consesso nei confronti delle ditte vincitrici, per imporre l'assunzione di personale anche in esubero rispetto alle reali necessita' delle ditte. La capacita' di intimidazione e' stata espressa dai predetti amministratori confidando non solo nel proprio ruolo, ma anche nella presenza di uno dei piu' noti personaggi dell'organizzazione camorristica durante i colloqui tra gli amministratori e le stesse imprese.
Dalla ricostruzione delle vicende operata dagli organi investigativi, viene, inoltre, delineato un complesso sistema di rapporti tra alcuni amministratori ed appartenenti alla dominante cosca che hanno consentito una costante e cospicua provvista di denaro alla predetta organizzazione criminale. Le procedure di appalto dei lavori di competenza del comune sono state gestite in modo da predeterminarne l'affidamento e sono state finalizzate anche al conseguimento di tangenti elevatissime sui compensi spettanti a tecnici progettisti dei lavori e collaudatori di opere pubbliche.
Il descritto sistema di tangenti ha caratterizzato anche l'attribuzione di incarichi professionali a tecnici i quali, una volta ottenuto l'incarico, dovevano versare una quota di denaro.
E' emerso, altresi', che alcuni amministratori hanno attivamente assecondato gli interessi del clan criminale sui fondi della ricostruzione post-terremoto, favorendo esponenti legati al predetto clan, sia nella concessione dei contributi e sia nell'affidamento di incarichi di progetto, nonche' garantendo una diretta partecipazione all'opera di ricostruzione delle imprese legate al clan, in cambio di appoggio elettorale.
E' stato di fatto aggirato il sistema della licitazione privata in quanto, previo accordo con le ditte da favorire, venivano inseriti fittizi concorrenti con il solo scopo di presentare offerte compiacenti, tali da consentire alla ditta gia' comunque prescelta di aggiudicarsi i lavori in modo formalmente regolare con un minimo di ribasso.
Altra questione significativa e' quella relativa alla costruzione, effettuata da un'associazione temporanea di imprese, del muro di recinzione della villa di proprieta' dell'appartenente ad una famiglia camorrista, perche' chiarisce la cointeressenza negli affari dell'organizzazione camorrista e dell'amministrazione comunale. In particolare, l'episodio e' incentrato nel riuscito stratagemma di far considerare, da parte dell'ente, necessaria ed indifferibile la realizzazione di un'opera pubblica, per conseguire, in realta', l'edificazione con denaro pubblico dell'opera di interesse esclusivo del privato.
Anche la gestione del personale e, segnatamente, le assunzioni temporanee per fronteggiare eventi calamitosi, risultano caratterizzate da criteri clientelari e favoritismi sia perche' effettuate oltre il limite del consentito sia perche' e' stata disattesa la normativa di settore in ordine ai criteri di affidamento e di rinnovo degli incarichi.
Sintomatica della compromissione dell'apparato burocratico e' la circostanza che la maggior parte dei soggetti assunti a tempo determinato sia legata da rapporti di parentela ed affinita' ovvero da vincoli affettivi con i clan dominanti, nonche' con un amministratore locale.
Ulteriore indicatore del condizionamento ambientale esercitato dalla criminalita' organizzata si rinviene nella vicenda relativa alla gestione di un immobile confiscato. Infatti, detto immobile e' stato affidato in conduzione al coniuge dell'ex proprietario del bene, con il chiaro intento di non privare la famiglia dell'effettiva disponibilita' del bene stesso.
Sintomatico segnale di soggezione dell'apparato politico a scelte corrispondenti ad interessi estranei all'ente e' dato dall'assenza di efficaci azioni di contrasto al fenomeno dell'abusivismo edilizio; infatti, a fronte di numerose ordinanze di demolizione, non e' stata quasi mai riscontrata la conclusione del rigoroso iter procedurale.
In merito alle attivita' espropriative di terreni, finalizzate a fronteggiare l'emergenza idrogeologica, risulta che sono state liquidate somme di denaro anche a quei soggetti non in possesso di un titolo idoneo a dimostrare la proprieta' del bene espropriato e che risultano avere rapporti di parentela con le famiglie camorriste locali.
Una gestione caratterizzata da disordine amministrativo-contabile, terreno fertile per la malavita, si riscontra anche nella erogazione dei contributi per l'autonoma sistemazione dei nuclei familiari evacuati dai propri alloggi a seguito dei noti eventi calamitosi, che e' avvenuta frequentemente con il ricorso all'incasso dei titoli di spesa da parte di persone diverse dagli intestatari.
La penetrazione dell'attivita' criminosa nell'ente ha favorito il consolidamento di un sistema di connivenze e collusioni che, di fatto, priva la comunita' delle fondamentali garanzie democratiche.
La situazione di grave condizionamento e di evidente degrado emersa nel comune di Quindici, la palese inosservanza del principio di legalita' nella gestione dell'ente e l'uso distorto della cosa pubblica, utilizzata per il perseguimento di fini contrari al pubblico interesse, hanno minato ogni principio di salvaguardia della sicurezza pubblica ed hanno compromesso le legittime aspettative della popolazione ad essere garantita nella fruizione dei diritti fondamentali, ingenerando sfiducia nella legge e nelle istituzioni da parte dei cittadini.
La descritta condizione di assoggettamento alle scelte delle locali organizzazioni criminali che pervade il comune di Quindici impone da parte dello Stato un ben piu' incisivo intervento, adeguatamente mirato a sostenere il ripristino della legalita' mediante il recupero della struttura pubblica al servizio dei suoi fini istituzionali.
Per le caratteristiche che lo configurano, il provvedimento dissolutorio previsto dall'art. 143 del citato decreto legislativo, puo' intervenire finanche quando si siano verificate le situazioni previste dall'art. 141, come nella fattispecie a seguito delle dimissioni rassegnate dalla meta' piu' uno dei consiglieri, differenziandosene per funzioni ed effetti.
Pertanto il prefetto di Avellino, con relazione del 5 settembre 2002, che qui s'intende integralmente richiamata, valutata la situazione riscontrata sia in ordine al contesto ambientale nel quale e' notoria la diffusione del fenomeno criminale, sia in relazione allo stato di disfunzionalita' dell'ente, ha proposto l'applicazione della misura di rigore prevista dall'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
La valutazione della situazione in concreto riscontrata, in relazione alla presenza ed all'estensione dell'influenza criminale, rende necessario che la durata della gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi.
Ritenuto, per quanto esposto, che ricorrano le condizioni indicate nell'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che legittimano lo scioglimento del consiglio comunale di Quindici (Avellino), si formula rituale proposta per l'adozione della misura di rigore.
Roma, 19 settembre 2002
Il Ministro dell'interno: Pisanu
 
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