Gazzetta n. 119 del 24 maggio 2003 (vai al sommario)
PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 9 maggio 2003
Gestione commissariale del comune di San Giovanni La Punta.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto che con decreto dell'assessore degli enti locali della Regione siciliana, in data 11 luglio 2002, e' stato preso atto dell'annullamento, in sede giurisdizionale, dell'atto di proclamazione dell'elezione del sindaco di San Giovanni La Punta (Catania) e dei consiglieri assegnati con il premio di maggioranza al consiglio comunale di quell'ente;
Visto che con il citato decreto e' stato nominato un commissario straordinario con il compito di esercitare le attribuzioni di sindaco, giunta e consiglio comunale;
Constatato che dall'esito di approfonditi accertamenti svolti dai competenti organi investigativi sono emersi collegamenti diretti ed indiretti tra parte degli organi rappresentativi del comune di San Giovanni La Punta e la criminalita' organizzata;
Rilevato che tali collegamenti espongono gli amministratori stessi a pressanti condizionamenti, compromettendo la libera determinazione dell'organo elettivo ed il buon andamento dell'amministrazione comunale di San Giovanni La Punta;
Rilevato, altresi', che la permeabilita' dell'ente ai condizionamenti esterni della criminalita' organizzata arreca grave pregiudizio allo stato della sicurezza pubblica e determina lo svilimento delle istituzioni e la perdita di prestigio e di credibilita' degli organi istituzionali;
Ritenuto che, al fine di rimuovere la causa del grave inquinamento e deterioramento del comune di San Giovanni La Punta, si rende necessario l'intervento dello Stato, mediante un commissariamento di adeguata durata, mirato al ripristino dei principi democratici e di liberta' collettiva;
Visto l'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
Vista la proposta del Ministro dell'interno, la cui relazione e' allegata al presente decreto e ne costituisce parte integrante;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 2 maggio 2003, alla quale e' stato debitamente invitato il Presidente della Regione siciliana;
Decreta:
Art. 1.
La gestione del comune di San Giovanni La Punta (Catania) e' affidata per la durata di diciotto mesi alla commissione straordinaria composta da:
dott. Vittorio Piraneo - prefetto in quiescenza;
dott. Carmelo Marcello Musolino - viceprefetto aggiunto;
dott. Rosario Pappalardo - dirigente ruolo unico.
 
Art. 2.
La commissione straordinaria per la gestione dell'ente esercita, fino all'insediamento degli organi ordinari a norma di legge, le attribuzioni spettanti al consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco nonche' ogni altro potere ed incarico connesso alle medesime cariche.
Dato a Roma, addi' 9 maggio 2003
CIAMPI
Berlusconi, Presidente del Consiglio
dei Ministri
Pisanu, Ministro dell'interno Registrato alla Corte dei conti il 15 maggio 2003 Ministeri istituzionali, registro n. 4 Interno, foglio n. 306
 
Allegato
Al Presidente della Repubblica
Il consiglio comunale di San Giovanni La Punta (Catania) e' stato rinnovato nelle consultazioni amministrative del 26 aprile 2000.
A seguito dell'annullamento dell'atto di proclamazione dell'elezione del sindaco e dei consiglieri assegnati con il premio di maggioranza, disposto con decisione del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana, la gestione del comune e' stata affidata, con decreto in data 11 luglio 2002 dell'assessorato regionale agli enti locali, ad un commissario per l'esercizio delle funzioni di sindaco, giunta e consiglio fino al rinnovo del turno di ballottaggio tra i due candidati ammessi.
Gia' da tempo, a seguito delle segnalazioni pervenute da parte dell'Autorita' giudiziaria, la prefettura di Catania aveva intrapreso una azione di monitoraggio sull'attivita' amministrativa del comune tesa a verificare l'eventuale esistenza di forme di condizionamento mafioso.
Nel corso di complesse indagini investigative condotte dai competenti organi investigativi erano, infatti, emerse situazioni di coinvolgimento di alcuni amministratori con esponenti della locale criminalita', in conseguenza delle quali l'Autorita' giudiziaria aveva pure disposto, in data 24 febbraio 2002, l'applicazione di misure cautelari, poi revocate o cessate per scadenza dei termini, nei confronti del titolare della carica di vertice dell'amministrazione comunale, indagato per il reato di corruzione con l'aggravante di aver agito al fine di agevolare l'attivita' di una organizzazione mafiosa, e nei confronti di un assessore, indagato insieme ad un noto imprenditore della zona per il reato di cui all'art. 416-bis c.p.
Le relative indagini hanno evidenziato il pericolo del condizionamento mafioso nell'azione amministrativa, in conseguenza della rilevata sussistenza di obiettivi fattori d'inquinamento a causa dell'influenza di una potente famiglia mafiosa, radicata nel territorio, che si e' inserita nella gestione del comune, per conseguire illeciti vantaggi soprattutto nel settore edilizio e commerciale.
Attesi i riscontri derivanti dagli accertamenti giudiziari, il prefetto di Catania, nella relazione che da' avvio al procedimento di scioglimento, evidenzia come l'amministrazione comunale sia espressione di un preciso disegno di penetrazione mafiosa, volto ad assicurare e consolidare i benefici degli illeciti perpetrati negli anni, soprattutto nel settore edilizio-urbanistico, ed a consentire la ulteriore espansione di attivita' economiche di riciclaggio.
Tenuto conto che, con decreto del Presidente della Repubblica dell'11 marzo 1993, il consiglio comunale di San Giovanni La Punta era gia' stato sciolto ai sensi del decreto-legge 31 maggio 1991, n. 164, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 luglio 1991, n. 221, essendo stati rilevati collegamenti fra alcuni membri della giunta al tempo in carica e la medesima organizzazione criminale che gia' all'epoca era riuscita ad accaparrarsi il predominio delle attivita' economiche della zona soprattutto nel settore dell'edilizia dando luogo ad un'imponente attivita' di illeciti edilizi-urbanistici, gli organi investigativi individuano, alla luce dei fatti ora emersi, un quadro di sicura continuita' nel dominio di questa cosca criminale sul tessuto amministrativo ed economico dell'area puntese che si manifesta attualmente attraverso un condizionamento piu' pregnante e piu' sofisticato rispetto al passato.
In particolare, le predette indagini hanno accertato che il sindaco, gia' eletto alla medesima carica nel giugno del 1999, risulta legato da tempo al predetto imprenditore, indicato come appartenente con funzioni di vertice al potente sodalizio mafioso della zona e amministratore di consistenti proprieta' immobiliari e commerciali per conto del medesimo clan.
Sulla base delle risultanze investigative e' possibile ritenere che l'amministratore abbia ottenuto sostegno per la campagna elettorale relativa alle consultazioni della primavera 2000 dall'imprenditore, capace, in virtu' della cospicua fortuna e del numeroso personale dipendente, di condizionare il consenso elettorale per indirizzarlo in senso favorevole agli interessi del clan mafioso di cui e' esponente di rilievo. Lo stesso amministratore risulta di aver ricevuto in gestione il servizio di distribuzione della stampa e la commercializzazione di prodotti di consumo proprio negli esercizi commerciali del predetto imprenditore, giudicato dagli organi inquirenti «simbolo della managerialita' mafiosa».
Secondo le stesse risultanze e' possibile altresi' asserire che l'amministratore, a sua volta, abbia adottato atti amministrativi finalizzati ad agevolare le attivita' economiche e gli interessi dell'imprenditore e della famiglia mafiosa di cui e' esponente, autorizzando, in assenza dei requisiti tecnici e di funzionalita', l'apertura al traffico di una strada utile all'accesso ad un nuovo centro commerciale di cui e' titolare l'imprenditore, lottizzazioni abusive nelle aree limitrofe a detta strada, sanatorie edilizie relative al medesimo complesso commerciale.
Tutte le sopra evidenziate circostanze, a conclusione di approfonditi accertamenti di polizia giudiziaria, hanno portato la magistratura inquirente ad esercitare, il 22 aprile 2003, l'azione penale nei confronti del sindaco e dell'ex assessore per i reati loro ascritti e a formulare istanza di rinvio a giudizio del citato imprenditore.
Dagli organi investigativi e' considerata sintomatica del condizionamento operato dall'organizzazione mafiosa anche la circostanza che il sindaco abbia provveduto a sostituire l'assessore tratto in arresto per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso in quanto ritenuto appartenente al clan citato, con una persona molto vicina sia all'ex assessore che al predetto imprenditore.
Anche altri componenti della giunta e alcuni consiglieri risultano contigui a soggetti pregiudicati o vicini agli ambienti malavitosi o appartenenti alla compagine amministrativa disciolta nel 1993.
Alla luce delle indicazioni fornite dall'autorita' giudiziaria, la mancata approvazione del Piano regolatore generale appare altresi' preordinata a conservare un potere decisionale che, avulso da precise regole, consente di persistere in una politica di favoritismi a discapito della corretta e ordinata gestione del territorio e delle esigenze della collettivita' che, dall'adozione del predetto strumento, puo' trarre incentivi di sviluppo economico. A seguito dell'invito rivolto al comune dalla Regione nel 1997 ad adeguarsi nella elaborazione dell'atto di programmazione territoriale alle prescrizioni dalla stessa indicate, la giunta ha predisposto nel 2002 una proposta di delibera che e' stata inviata dal presidente del consiglio comunale alla autorita' giudiziaria, in quanto ritenuta non conforme ne' alle prescrizioni dettate ne' agli obblighi di legge. Oltre ad essere carente degli strumenti di pianificazione resi obbligatori dalla circostanza che il territorio comunale e' definito zona sismica ed e' soggetto a vincolo paesistico essendo stato dichiarato di notevole interesse pubblico, viene rilevato come profilo di censura la circostanza che l'atto contempla la modifica della destinazione urbanistica di vaste aree da agricole a commerciali e per insediamenti produttivi, a vantaggio di singoli cittadini, alcuni dei quali collegati alla locale criminalita', e a detrimento degli interessi della collettivita'.
Dalla ricostruzione delle vicende operata dagli organi investigativi emerge una penetrante attivita' criminosa nell'ente che ha favorito il consolidamento di un sistema di connivenze e collusioni che, di fatto, hanno privato la collettivita' locale delle fondamentali garanzie democratiche.
La situazione riscontrata nel comune di San Giovanni La Punta, la diffusa inosservanza del principio di legalita' nella gestione dell'ente e l'uso distorto della cosa pubblica, utilizzata per il perseguimento di fini contrari al pubblico interesse, hanno minato ogni principio di salvaguardia della sicurezza pubblica ed hanno compromesso le legittime aspettative della popolazione ad esser garantita nella fruizione dei diritti fondamentali, ingenerando sfiducia nella legge e nelle istituzioni da parte dei cittadini.
Le indagini hanno altresi' evidenziato che a prescindere dall'esito del prossimo ballottaggio le locali organizzazioni mafiose risultano idonee ad incidere comunque negativamente sulla libera determinazione degli organi amministrativi che verranno eletti in quella consultazione. Infatti, anche a carico dell'altro candidato a sindaco risultano imputazioni per aver il medesimo agevolato l'attivita' di un'altra organizzazione mafiosa in cambio dell'appoggio elettorale per la propria candidatura.
Il prefetto di Catania, considerato, pertanto, che persistono gli elementi a carico degli amministratori indagati che hanno dato luogo ai procedimenti giudiziari ancora in corso e che la ripetizione del ballottaggio non appare idonea ad affrancare il comune dai condizionamenti di natura mafiosa in quanto non sussistono le condizioni che assicurino il libero esercizio del voto, con relazione dell'11 marzo 2003, che qui si intende integralmente richiamata, ha proposto l'applicazione della misura di rigore prevista dall'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
La descritta condizione di assoggettamento necessita che da parte dello Stato sia posto in essere un intervento adeguatamente mirato a sostenere il ripristino della legalita' mediante il recupero della struttura pubblica al servizio dei suoi fini istituzionali.
La valutazione della situazione in concreto riscontrata, in relazione alla presenza ed all'estensione dell'influenza criminale, rende necessario che la durata della gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi.
Rilevato che, per le caratteristiche che lo configurano, il provvedimento dissolutorio previsto dall'art. 143 del citato decreto legislativo puo' intervenire finanche in presenza di provvedimento di affidamento ad un commissario della gestione dell'ente, differenziandosene per funzioni ed effetti, si formula rituale proposta per l'adozione della misura di rigore nei confronti del comune di San Giovanni La Punta (Catania) con conseguente affidamento per la durata di diciotto mesi della gestione dell'ente ad una commissione straordinaria cui, in virtu' dei successivi articoli 144 e 145, sono attribuite specifiche competenze e metodologie di intervento finalizzate a garantire nel tempo la rispondenza dell'azione amministrativa alle esigenze della collettivita'.
Roma, 30 aprile 2003
Il Ministro dell'interno: Pisanu
 
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