Gazzetta n. 169 del 23 luglio 2003 (vai al sommario)
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
DECRETO 12 giugno 2003, n. 185
Regolamento recante norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue in attuazione dell'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152.

IL MINISTRO DELL'AMBIENTE
E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
di concerto con
I MINISTRI DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI,
DELLE ATTIVITA' PRODUTTIVE E DELLA SALUTE

Vista la legge 8 luglio 1986, n. 349;
Visto l'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, recante disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento delle direttive 91/271/CEE e 91/676/CEE, e successive modifiche ed integrazioni;
Visto, in particolare, l'articolo 26, comma 2, del citato decreto legislativo che prevede la definizione di norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue;
Vista l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, resa nella riunione del 25 luglio 2002;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 10 febbraio 2003;
Vista la comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, effettuata con nota UL/2003/1465 del 20 febbraio 2003;

E m a n a

il seguente regolamento:

Art. 1.
Principi e finalita'
1. Il presente regolamento stabilisce, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, come sostituito dall'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e successive modifiche ed integrazioni, le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue domestiche, urbane ed industriali attraverso la regolamentazione delle destinazioni d'uso e dei relativi requisiti di qualita', ai fini della tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche, limitando il prelievo delle acque superficiali e sotterranee, riducendo l'impatto degli scarichi sui corpi idrici recettori e favorendo il risparmio idrico mediante l'utilizzo multiplo delle acque reflue.
2. Il riutilizzo deve avvenire in condizioni di sicurezza ambientale, evitando alterazioni agli ecosistemi, al suolo ed alle colture, nonche' rischi igienico-sanitari per la popolazione esposta e comunque nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di sanita' e sicurezza e delle regole di buona prassi industriale e agricola.
3. Il presente regolamento non disciplina il riutilizzo di acque reflue presso il medesimo stabilimento o consorzio industriale che le ha prodotte.
4. Nel rispetto delle norme tecniche di cui al presente regolamento le regioni adottano le norme e le misure previste dall'articolo 6, comma 2, della legge n. 36 del 1994 per il conseguimento degli obiettivi di qualita' di cui al decreto legislativo n. 152 del 1999, con particolare riferimento alle aree sensibili di cui all'articolo 18 del suddetto decreto legislativo, anche al fine di far fronte in modo strutturale a situazioni permanenti di scarsita' della risorsa idrica. Tali norme e misure costituiscono parte integrante dei piani di tutela di cui al capo I del titolo IV del decreto legislativo n. 152 del 1999 e sono inserite nei predetti piani ai sensi dell'allegato 4 del citato decreto legislativo.



Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia, ai sensi
dell'art. 10, comma 3, del testo unico delle disposizioni
sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei
decreti del Presidente della Repubblica e sulle
pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
alle quali e' operato il rinvio. Restano invariati il
valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Note alle premesse:
- La legge 8 luglio 1986, n. 349, recante: «Istituzione
del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno
ambientale» e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 162
(S.O.) del 15 luglio1986.
- Il comma 3 dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988,
n. 400, recante: «Disciplina dell'attivita' di Governo e
ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri»,
e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 214 (S.O.) del
12 settembre 1988, e' il seguente:
«3. Con decreto ministeriale possono essere adottati
regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di
autorita' sottordinate al Ministro, quando la legge
espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per
materie di competenza di piu' Ministri, possono essere
adottati con decreti interministeriali, ferma restando la
necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge.
I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono
dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati
dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente
del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.».
- Il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152,
recante: «Disposizioni sulla tutela delle acque
dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE
concernente il trattamento delle acque reflue urbane e
della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle
acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti
da fonti agricole» e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
n. 124 (S.O) del 29 maggio 1999.
- L'art. 26 del citato decreto legislativo n. 152/1999,
e' il seguente:
«Art. 26 (Riutilizzo dell'acqua). - 1. All'art. 14
della legge 5 gennaio 1994, n. 36, dopo il comma 4, e', in
fine, aggiunto il seguente: (Omissis).
2. L'art. 6 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e'
sostituito dal seguente: (Omissis).
3. Il decreto di cui all'art. 6, comma 1, della legge
5 gennaio 1994, n. 36, come sostituito dal comma 2, e'
emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto.
4. Con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di
concerto con i Ministri dell'ambiente e dell'industria, del
commercio e dell'artigianato e d'intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano sono definite le
modalita' per l'applicazione della riduzione di canone
prevista dall'art. 18, comma 1, lettere a) e d), della
legge 5 gennaio 1994, n. 36.».
Note all'art. 1:
- Il comma 1, dell'art. 6, della legge 5 gennaio 1994,
n. 36, recante: «Disposizioni in materia di risorse
idriche», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 14 (S.O)
del 19 gennaio 1994 e' il seguente:
«1. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto
con il Ministro per le politiche agricole, della sanita',
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dei
lavori pubblici e d'intesa con la Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano sono definite norme tecniche per il
riutilizzo delle acque reflue.».
- Il comma 2 dell'art. 6 della citata legge n. 36/1994,
e il seguente:
«2. Le regioni adottano norme e misure volte a favorire
il riciclo dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue
depurate mediante le quali sono in particolare:
a) indicate le migliori tecniche disponibili per la
progettazione e l'esecuzione delle infrastrutture nel
rispetto delle norme tecniche emanate ai sensi del comma 1;
b) indicate le modalita' del coordinamento
interregionale anche al fine di servire vasti bacini di
utenza ove vi siano grandi impianti di depurazione di acque
reflue;
c) previsti incentivi e agevolazioni alle imprese che
adottano impianti di riciclo o riutilizzo».
- L'art. 18 della citata legge n. 152 del 1999, e' il
seguente:
«Art. 18 (Aree sensibili). - 1. Le aree sensibili sono
individuate secondo i criteri dell'allegato 6.
2. Ai fini della prima individuazione sono designate
aree sensibili:
a) i laghi di cui all'allegato 6, nonche' i corsi
d'acqua ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri
dalla linea di costa;
b) le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e
Piallassa-Baiona, le Valli di Comacchio, i laghi salmastri
e il delta del Po;
c) le zone umide individuate ai sensi della
convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva
con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976,
n. 448;
d) le aree costiere dell'Adriatico-Nord Occidentale
dalla foce dell'Adige al confine meridionale del comune di
Pesaro e i corsi d'acqua ad essi afferenti per un tratto di
10 chilometri dalla linea di costa.
3. Resta fermo quanto disposto dalla legislazione
vigente relativamente alla tutela di Venezia.
4. Sulla base dei criteri stabiliti nell'allegato 6 e
sentita l'Autorita' di bacino, le regioni, entro un anno
dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
possono designare ulteriori aree sensibili ovvero
individuano all'interno delle aree indicate nel comma 2, i
corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.
5. Le regioni sulla base di criteri previsti
dall'allegato 6 delimitano i bacini drenanti nelle aree
sensibili che contribuiscono all'inquinamento di tali aree.
6. Ogni quattro anni si provvede alla reidentificazione
delle aree sensibili e dei rispettivi bacini drenanti che
contribuiscono all'inquinamento delle aree sensibili.
7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei
commi 4 e 6 devono soddisfare i requisiti dell'art. 32
entro sette anni dalla identificazione.».
- L'allegato 4 del citato decreto legislativo n.
152/1999, e' il seguente:

«Allegato 4
CONTENUTI DEI PIANI DI TUTELA DELLE ACQUE
PARTE A

I Piani di tutela delle acque devono contenere:
1. Descrizione generale delle caratteristiche del
bacino idrografico ai sensi dell'art. 42 e dell'allegato 3.
Tale descrizione include:
1.1. Per le acque superficiali:
rappresentazione cartografica dell'ubicazione e
del perimetro dei corpi idrici con indicazione degli
eco-tipi presenti all'interno del bacino idrografico e dei
corpi idrici di riferimento cosi come indicato all'allegato
1.
1.2. Per le acque sotterranee:
rappresentazione cartografica della geometria e
delle caratteristiche litostratografiche e idrogeologiche
delle singole zone;
suddivisione del territorio in zone acquifere
omogenee;
2. Sintesi delle pressioni e degli impatti
significativi esercitati dall'attivita' antropica sullo
stato delle acque superficiali e sotterranee. Vanno presi
in considerazione:
stima dell'inquinamento in termini di carico (sia in
tonnellate/anno che in tonnellate/mese) da fonte puntuale
(sulla base del catasto degli scarichi);
stima dell'impatto da fonte diffusa, in termine di
carico, con sintesi delle utilizzazioni del suolo;
stima delle pressioni sullo stato quantitativo delle
acque, derivanti dalle concessioni e dalle estrazioni
esistenti;
analisi di altri impatti derivanti dall'attivita'
umana sullo stato delle acque.
3. Elenco e rappresentazione cartografica delle aree
indicate al Titolo III, capo I, in particolare per quanto
riguarda le aree sensibili e le zone vulnerabili cosi come
risultano dalla eventuale reidentificazione fatta dalle
regioni.
4. Mappa delle reti di monitoraggio istituite ai sensi
dell'art. 43 e dell'allegato I, ed una rappresentazione in
formato cartografico dei risultati dei programmi di
monitoraggio effettuati in conformita' a tali disposizioni
per lo stato delle:
4.1. acque superficiali (stato ecologico e chimico);
4.2. acque sotterranee (stato chimico e
quantitativo);
4.3. aree a specifica tutela.
5. Elenco degli obiettivi di qualita' definiti a norma
dell'art. 4 per le acque superficiali, le acque
sotterranee, includendo in particolare l'identificazione
dei casi dove si e' ricorso alle disposizioni dell'art. 5,
commi 4 e 5 e le associate informazioni richieste in
conformita' al suddetto articolo.
6. Sintesi del programma o programmi di misure adottati
che deve contenere:
6.1. programmi di misure per il raggiungimento degli
obiettivi di qualita' ambientale dei corpi idrici di cui
all'art. 5;
6.2. specifici programmi di tutela e miglioramento
previsti ai fini del raggiungimento dei singoli obiettivi
di qualita' per le acque a specifica destinazione di cui al
titolo II capo II;
6.3. misure adottata ai sensi del Titolo III capo I;
6.4. misure adottate ai sensi del titolo III capo II,
in particolare:
sintesi della pianificazione del bilancio idrico di
cui all'art. 22;
misure di risparmio e riutilizzo di cui agli
articoli 25 e 26;
6.5 misure adottate ai sensi titolo III del capo III,
in particolare:
disciplina degli scarichi;
definizione delle misure per la riduzione
dell'inquinamento degli scarichi da fonte puntuale;
specificazione dei casi particolari in cui sono
stati autorizzati scarichi ai sensi dell'art. 30;
6.6. informazioni su misure supplementari ritenute
necessarie al fine di soddisfare gli obiettivi ambientali
definiti;
6.7. informazioni delle misure intraprese al fine di
evitare l'aumento dell'inquinamento delle acque marine in
conformita' alle convenzioni internazionali;
6.8. relazione sulle iniziative e misure pratiche
adottate per l'applicazione del principio del recupero dei
costi dei servizi idrici ai sensi della legge 5 gennaio
1994, n. 36 e sintesi dei piani finanziari predisposti ai
sensi dell'art. 11 della stessa legge.
7. Sintesi dei risultati dell'analisi economica, delle
misure definite per la tutela dei corpi idrici e per il
perseguimento degli obiettivi di qualita', anche allo scopo
di una valutazione del rapporto costi benefici delle misure
previste e delle azioni relative all'estrazione e
distribuzione delle acque dolci, della raccolta e
depurazione e riutilizzo delle acque reflue.
8. Sintesi dell'analisi integrata dei diversi fattori
che concorrono a determinare lo stato di qualita'
ambientale dei corpi idrici, al fine di coordinare le
misure di cui al punto 6.3 e 6.4 per assicurare il miglior
rapporto costi benefici delle diverse misure in particolare
vanno presi in considerazione quelli riguardanti la
situazione quantitativa dei corpo idrico in relazione alle
concessioni in atto e la situazione qualitativa in
relazione al carico inquinante che viene imsnesso nel corpo
idrico.
9. Relazione sugli eventuali ulteriori progranuni o
piani piu' dettagliati adottati per determinati
sottobacini.
PARTE B
Il primo aggiornamento del Piano di tutela delle acque
e tutti i successivi aggiornamenti dovranno inoltre
includere:
1. sintesi di eventuali modifiche o aggiornamenti
della precedente versione del Piano di tutela delle acque,
incluso una sintesi delle revisioni da effettuare ai sensi
dell'art. 5 comma 7, e degli articoli 18 e 19;
2. valutazione dei progressi effettuati verso il
raggiungimento degli obiettivi ambientali, con la
rappresentazione cartografica dei risultati del
monitoraggio per il periodo relativo al piano precedente,
nonche' la motivazione per il mancato raggiungimento degli
obiettivi ambientali;
3. sintesi e illustrazione delle misure previste
nella precedente versione del Piano di gestione dei bacini
idrografici non realizzate;
4. sintesi di eventuali misure supplementari adottate
successivamente alla data di pubblicazione della precedente
versione del Piano di tutela del bacisso idrografico.».



 
Art. 2.
Definizioni
1. Ai fini del presente regolamento si intende per:
a) recupero: riqualificazione di un'acqua reflua, mediante adeguato trattamento depurativo, al fine di renderla adatta alla distribuzione per specifici riutilizzi;
b) impianto di recupero: le strutture destinate al trattamento depurativo di cui alla lettera a), incluse le eventuali strutture di equalizzazione e di stoccaggio delle acque reflue recuperate presenti all'interno dell'impianto, prima dell'immissione nella rete di distribuzione delle acque reflue recuperate;
c) rete di distribuzione: le strutture destinate all'erogazione delle acque reflue recuperate, incluse le eventuali strutture per la loro equalizzazione, l'ulteriore trattamento e lo stoccaggio, diverse da quelle di cui alla lettera b);
d) riutilizzo: impiego di acqua reflua recuperata di determinata qualita' per specifica destinazione d'uso, per mezzo di una rete di distribuzione, in parziale o totale sostituzione di acqua superficiale o sotterranea.
 
Art. 3.
Destinazioni d'uso ammissibili
1. Le destinazioni d'uso ammissibili delle acque reflue recuperate sono le seguenti:
a) irriguo: per l'irrigazione di colture destinate sia alla produzione di alimenti per il consumo umano ed animale sia a fini non alimentari, nonche' per l'irrigazione di aree destinate al verde o ad attivita' ricreative o sportive;
b) civile: per il lavaggio delle strade nei centri urbani; per l'alimentazione dei sistemi di riscaldamento o raffreddamento; per l'alimentazione di reti duali di adduzione, separate da quelle delle acque potabili, con esclusione dell'utilizzazione diretta di tale acqua negli edifici a uso civile, ad eccezione degli impianti di scarico nei servizi igienici;
c) industriale: come acqua antincendio, di processo, di lavaggio e per i cicli termici dei processi industriali, con l'esclusione degli usi che comportano un contatto tra le acque reflue recuperate e gli alimenti o i prodotti farmaceutici e cosmetici.
 
Art. 4.
Requisiti di qualita' delle acque reflue ai fini del riutilizzo
1. Fermo restando quanto previsto al punto 3 dell'allegato al presente regolamento, le acque reflue recuperate destinate al riutilizzo irriguo o civile devono possedere, all'uscita dell'impianto di recupero, requisiti di qualita' chimico-fisici e microbiologici almeno pari a quelli riportati nella tabella del medesimo allegato. In caso di riutilizzo per destinazione d'uso industriale, le parti interessate concordano limiti specifici in relazione alle esigenze dei cicli produttivi nei quali avviene il riutilizzo, nel rispetto comunque dei valori previsti per lo scarico in acque superficiali dalla tabella 3 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999.
2. In applicazione e per le finalita' di cui all'articolo 12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato dall'articolo 23, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 1999, il riutilizzo delle acque reflue e' liberamente consentito, previo trattamento di recupero diretto ad assicurare il rispetto dei requisiti di qualita' di cui al comma 1.
3. L'autorita' sanitaria puo' disporre, ai sensi della vigente legislazione, divieti e limitazioni, sia temporali, sia territoriali alle attivita' di recupero o di riutilizzo.



Note all'art. 4:
- La tabella 3 dell'allegato 5 de citato decreto
legislativo n. 152/1999 e' la seguente:

Tabella 3
Valori limiti di emissione in acque superficiali e in
fognatura

----> vedere tabella a pag. 16 della G.U. <----

- L'art. 23 del citato decreto legislativo n. 152/1999
che modifica al comma 3 l'art. 12-bis del regio decreto
11 dicembre 1933, n. 1775, e' il seguente:
«Art. 23 (Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933,
n. 1775). - 1. Il secondo comma dell'art. 7 del testo unico
delle disposizioni di legge sulle acque e impianti
elettrici approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n.
1775, introdotto dall'art. 3 del decreto legislativo
12 luglio 1993, n. 275, e' sostituito dal seguente:
(Omissis).
2. Il comma 1 dell'art. 9 del regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775, cosi' come sostituito dall'art. 4 del
decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275, e' sostituito
dal seguente: (Omissis).
3. L'art. 12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n.
1775, introdotto dall'art. 5 del decreto legislativo
12 luglio 1993, n. 275, e' sostituito dal seguente:
(Omissis).
4. L'art. 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n.
1775 e' sostituito dal seguente: (Omissis).
5. E' soppresso il secondo comma dell'art. 54 del regio
decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.
6. Fatta salva la normativa transitoria di attuazione
dell'art. 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, per le
derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica, in tutto o
in parte abusivamente in atto, la sanzione di cui all'art.
17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, come
modificato dal presente articolo, e' ridotta ad un quinto
qualora sia presentata domanda in sanatoria entro il
31 dicembre 2000. Non sono soggetti a tale adempimento ne'
al pagamento della sanzione coloro che abbiano presentato
comunque domanda prima della data di entrata in vigore del
presente decreto. La concessione in sanatoria e' rilasciata
nel rispetto della legislazione vigente e delle utenze
regolarmente assentite. In pendenza del procedimento
istruttorio della concessione in sanatoria, l'utilizzazione
puo' proseguire, fermo restando l'obbligo del pagamento del
canone per l'uso effettuato e il potere dell'autorita'
concedente di sospendere in qualsiasi momento
l'utilizzazione qualora in contrasto con i diritti di terzi
o con il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi
di qualita'.
6-bis. I termini previsti dall'art. 1, comma 4, del
decreto del Presidente della Repubblica 18 febbraio 1999,
n. 238, per la presentazione delle domande di
riconoscimento o di concessione preferenziale di cui
all'art. 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e
dall'art. 2 della legge 17 agosto 1999, n. 290, per le
denunce dei pozzi, sono prorogati al 30 giugno 2002. In
tali casi i canoni demaniali decorrono dal 10 agosto 1999
7. Il comma 1 dell'art. 21 del regio decreto
11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato dal comma 1
dell'art. 29 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e'
sostituito dal seguente: (Omissis).
8. Il comma 7 si applica anche alle concessioni di
derivazione gia' rilasciate. Qualora la scadenza di queste
ultime, per effetto dello stesso comma 7, risulti
anticipata rispetto a quella originariamente fissata nel
provvedimento di concessione, le relative derivazioni
possono continuare ad essere esercitate sino alla data di
scadenza originaria, purche' venga presentata domanda entro
il 31 dicembre 2000, fatta salva l'applicazione di quanto
previsto all'art. 22, e sempre che alla prosecuzione della
derivazione non osti uno specifico motivo di interesse
pubblico. Le piccole derivazioni ad uso idroelettrico di
pertinenza dell'ENEL, per le quali risulti decorso il
termine di trenta anni fissato dal comma 7, sono prorogate
per ulteriori trenta anni a far data dall'entrata in vigore
del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, previa
presentazione della relativa domanda entro il 31 dicembre
2000. Le regioni, anche su richiesta o parere dell'ente
gestore qualora la concessione ricada in area protetta, ove
si verifichino la mancanza dei presupposti di cui al comma
1 procedono, senza indennizzo, alla modifica delle
condizioni fissate dal relativo disciplinare ai fini di
rendere compatibile di prelievo, ovvero alla revoca.
9. Dopo il comma 3 dell'art. 21 del regio decreto
11 dicembre 1933, n. 1775, e' inserito il seguente:
(Omissis).
9-bis. Fatta salva l'efficacia delle norme piu'
restritrive tutto il territorio nazionale e' assoggettato a
tutela si sensi dell'art. 94 del regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775.
9-ter. Le regioni disciplinano i procedimenti di
rilascio delle concessioni di derivazione di acque
pubbliche nel rispetto delle direttive sulla gestione del
demanio idrico emanate, entro il 30 settembre 2000, ai
sensi dell'art. 88, comma 1, lettera p), del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112, su proposta del Ministro
dei lavori pubblici, nelle quali sono indicate anche le
possibilita' di libero utilizzo di acque superficiali
scolanti su suoli o in fossi o in canali di proprieta'
privata. Le regioni, sentite le Autorita' di bacino,
disciplinano forme di regolazione del prelievi delle acque
sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall'art.
93 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove sia
necessario garantire l'equilibrio del bilancio idrico di
cui all'art. 3 della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
9-quater. Il comma 2 dell'art. 25 della legge 5 gennaio
1994, n. 36, come modificato dall'art. 28, comma 2, della
legge 30 aprile1999, n. 136, e' sostituito dal seguente:
(Omissis).
9-quinquies. Il comma 3 dell'art. 25 della legge
5 gennaio 1994, n. 36, e' abrogato.».



 
Art. 5. Pianificazione delle attivita' di recupero delle acque reflue ai fini
del riutilizzo
1. Le regioni entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente regolamento, definiscono un primo elenco degli impianti di depurazione di acque reflue urbane il cui scarico deve conformarsi ai limiti di cui all'articolo 4. Le regioni definiscono, in particolare, gli impianti di depurazione, la tipologia delle reti di distribuzione da impiegare per il riutilizzo e le infrastrutture di connessione con le reti di distribuzione.
2. Ai fini dell'elaborazione dell'elenco di cui al comma 1, le regioni identificano, in relazione alle previsioni di riutilizzo, per ciascun impianto di depurazione, il soggetto titolare, la portata attuale e a regime dello scarico e le caratteristiche dello scarico.
 
Art. 6.
Autorizzazione allo scarico con finalita' di riutilizzo
1. Nell'ambito della autorizzazione allo scarico con finalita' di riutilizzo e, nel caso di impianti di recupero delle acque reflue urbane, dell'approvazione dei progetti ai sensi dell'articolo 47 del decreto legislativo n. 152 del 1999, sono dettate le prescrizioni atte a garantire che l'impianto autorizzato osservi i valori limite e le norme del presente regolamento e della normativa regionale di attuazione.



Nota all'art. 6:
- L'art. 47 del citato decreto legislativo n. 152/1999,
e' il seguente:
«Art. 47 (Approvazione degli impianti di trattamento
delle acque reflue urbane). - 1. Salve le disposizioni in
materia di valutazione di impatto ambientale, le regioni
disciplinano le modalita' di approvazione dei progetti
degli impianti di depurazione di acque reflue urbane che
tengano conto dei criteri di cui all'allegato 5 e della
corrispondenza tra la capacita' dell'impianto e le esigenze
delle aree asservite, nonche' delle modalita' delle
gestioni che devono assicurare il rispetto dei valori
limite degli scarichi, e definiscono le relative fasi di
autorizzazione provvisoria necessaria all'avvio
dell'impianto ovvero in caso di realizzazione per lotti
funzionali.».



 
Art. 7.
Controllo e monitoraggio degli impianti di recupero
1. L'impianto di recupero delle acque reflue e' soggetto al controllo da parte dell'autorita' competente, ai sensi dell'articolo 49 del decreto legislativo n. 152 del 1999, per la verifica del rispetto delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione di cui all'articolo 6. Il controllo, su disposizione dell'autorita' competente e sulla base del programma di controllo di cui all'articolo 49, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 1999, puo' essere effettuato dal titolare dell'impianto di recupero.
2. Il titolare dell'impianto di recupero deve, in ogni caso, assicurare un sufficiente numero di autocontrolli all'uscita dell'impianto di recupero, comunque non inferiore a quello previsto dalla normativa regionale in rapporto alle specifiche utilizzazioni. I risultati delle analisi devono essere messi a disposizione delle autorita' di controllo.



Nota all'art. 7:
- L'art. 49 del citato decreto legislativo n. 152/1999,
e' il seguente:
«Art. 49 (Soggetti tenuti al controllo). - 1.
L'autorita' competente effettua il controllo degli scarichi
sulla base di un programma che assicuri un periodico,
diffuso, effettivo ed imparziale sistema di controlli
preventivi e succesivi.
2. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli
scarichi in pubblica fognatura l'ente gestore, ai sensi
dell'art. 26 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, organizza
un adeguato servizio di controllo secondo le modalita'
previste nella convenzione di gestione.».
- L'art. 6 del citato decreto legislativo n. 152/1999,
e' il seguente:
«Art. 6 (Obiettivo di qualita' per specifica
destinazione). - 1. Sono acque a specifica destinazione
funzionale:
a) le acque dolci superficiali destinate alla
produzione di acqua potabile;
b) le acque destinate alla balneazione;
c) acque dolci che richiedono protezione e
miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d) le acque destinate alla vita dei molluschi.
2. Fermo restando quanto disposto dall'art. 4, commi 4
e 5, per le acque indicate al comma 1, e' perseguito, per
ciascun uso, l'obiettivo di qualita' per specifica
destinazione stabilito nell'allegato 2, fatta eccezione per
le acque di balneazione.
3. Le regioni al fine di un costante miglioramento
dell'ambiente idrico stabiliscono programmi che vengono
recepiti nel piano di tutela, per mantenere, ovvero
adeguare, la qualita' delle acque di cui al comma 1
all'obiettivo di qualita' per specifica destinazione.
Relativamente alle acque di cui al comma 1 le regioni
predispongono apposito elenco che provvedono ad aggiornare
periodicamente.



 
Art. 8.
Scarico alternativo nel corpo recettore
1. Qualora non venga effettuato il riutilizzo dell'intera portata trattata, l'impianto di recupero delle acque reflue deve prevedere uno scarico alternativo delle acque reflue trattate. Lo scarico alternativo deve assicurare al corpo recettore gli usi legittimi e gli obiettivi di qualita' di cui al Titolo II, Capo I del decreto legislativo n. 152 del 1999 e, come minimo, deve essere conforme alle disposizioni del Titolo III, Capo III del medesimo decreto legislativo.
 
Art. 9.
Reti di distribuzione
1. Le reti di distribuzione delle acque reflue recuperate sono separate e realizzate in maniera tale da evitare rischi di contaminazione alla rete di adduzione e distribuzione delle acque destinate al consumo umano. I punti di consegna devono essere adeguatamente marcati e chiaramente distinguibili da quelli delle acque destinate al consumo umano.
2. Le reti di distribuzione delle acque reflue recuperate devono essere adeguatamente contrassegnate e, laddove realizzate con canali a cielo aperto, anche se miscelate con acque di altra provenienza, devono essere adeguatamente indicate con segnaletica verticale colorata e ben visibile.
3. Le tubazioni utilizzate per l'alimentazione degli scarichi dei servizi igienici devono essere adeguatamente contrassegnate mediante apposita colorazione o altre modalita' di segnalazione.
 
Art. 10.
Modalita' di riutilizzo
1. Il riutilizzo irriguo di acque reflue recuperate deve essere realizzato con modalita' che assicurino il risparmio idrico e non puo' comunque superare il fabbisogno delle colture e delle aree verdi, anche in relazione al metodo di distribuzione impiegato. Il riutilizzo irriguo e' comunque subordinato al rispetto del codice di buona pratica agricola di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole e forestali 19 aprile 1999, n. 86. Gli apporti di azoto derivanti dal riutilizzo di acque reflue concorrono al raggiungimento dei carichi massimi ammissibili, ove stabiliti dalla vigente normativa nazionale e regionale, e alla determinazione dell'equilibrio tra il fabbisogno di azoto delle colture e l'apporto di azoto proveniente dal terreno e dalla fertilizzazione, ai sensi dell'allegato VII, parte AIV del decreto legislativo n. 152 del 1999.
2. Nel caso di riutilizzi multipli, ossia per usi diversi quali quelli irrigui, civili e industriali come definiti dall'articolo 3, o con utenti multipli, il titolare della distribuzione delle acque reflue recuperate cura la corretta informazione degli utenti sulle modalita' di impiego, sui vincoli da rispettare e sui rischi connessi a riutilizzi impropri.



Note all'art. 10:
- Il decreto ministeriale 19 aprile 1999, n. 86,
recante: «Approvazione del codice di buone pratica
agricola» e' pubblicato nel supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 102 del 4 maggio
1999.
- Si riporta il testo dell'allegato VII, parte AIV del
decreto legislativo n. 152/1999:

Parte AIV
INDICAZIONI E MISURE PER I PROGRAMMI D'AZIONE

I programmi d'azione sono obbligatori per le zone
vulnerabili e tengono conto dei dati scientifici e tecnici
disponibili, con riferimento principalmente agli apporti
dotati rispettivamente di origine agricola o di altra
origine, nonche' delle condizioni ambientali locali.
1. I programmi d'azione includono misure relative:
1.1) i periodi in cui e' proibita l'applicazione al
terreno di determinati tipi di fertilizzanti;
1.2) la capacita' dei depositi per effluenti di
allevamento; tale capacita' deve superare quella necessaria
per immagazzinamento nel periodo piu' lungo, durante il
quale e' proibita l'applicazione al terreno di effluente
nella zona vulnerabile, salvo i casi in cui sia dimostrato
all'autorita' competente che qualsiasi quantitativo di
effluente superiore all'effettiva capacita'
d'immagazzinamento verra' gestito senza causare danno
all'ambiente;
1.3) la limitazione dell'applicazione al terreno di
fertilizzanti conformemente alla buona pratica agricola in
funzione delle caratteristiche della zona vulnerabile
interessata; in particolare si deve tener conto:
a) delle condizioni, del tipo e della pendenza ad
suolo;
b) delle condizioni climatiche, delle precipitazioni
e dell'irrigazione;
c) dell'uso del terreno e delle pratiche agricole,
inclusi i sistemi di rotazione e di avvicendamento
colturale.
Le misure si basano sull'equilibrio tra il prevedibile
fabbisogno di azoto delle colture, e l'apporto di azoto
proveniente dal terreno e dalla fertilizzazione,
corrispondente:
alla quantita' di azoto presente nel terreno nel
momento in cui la coltura comincia ad assorbirlo in misura
significativa (quantita' rimanente alla fine dell'inverno);
all'apporto di composti di azoto provenienti dalla
mineralizzazione netta delle riserve di azoto organico
presenti nel terreno;
all'aggiunta di composti di azoto provenienti da
effluenti di allevamento;
all'aggiunta di composti di azoto provenienti da
fertilizzanti chimici e da altri fertilizzanti.
I programmi di azione devono contenere almeno le
indicazioni riportate nel Codice di buona pratica agricola,
ove applicabili.
2. Le misure devono garantire che, per ciascuna azienda
o allevamento, il quantitativo di effluente zootecnico
sparso sul terreno ogni anno, compreso quello depositato
dagli animali stessi, non superi un apporto pari a 170 kg
di azoto per ettaro.
Tuttavia per i primi due anni del programma di azione
il quantitativo di effluente utilizzabile puo' essere
elevato fino ad un apporto corrispondente a 210 kg di azoto
per ettaro. I predetti quantitativi sono calcolati sulla
base del numero e delle categorie degli animali.
3. Durante e dopo i primi quattro anni di applicazione
del programma d'azione le regioni in casi specifici possono
fare istanza al Ministero dell'ambiente per lo spargimento
di quantitativi di effluenti di allevamento diversi da
quelli sopra indicati, ma tali da non compromettere le
finalita' di cui all'art. 1, da motivare e giustificare in
base a criteri obiettivi relativi alla gestione del suolo e
delle colture, quali:
stagioni di crescita prolungate;
colture con grado elevato di assorbimento di azoto;
terreni con capacita' eccezionalmente alta di
denitrificazione.
Il Ministero dell'ambiente, acquisito il parere
favorevole della Commissione europea, che lo rende sulla
base delle procedure previste all'art. 9 della direttiva
91/676/CEE, puo' concedere lo spargimento di tali
quantitativi.».



 
Art. 11.
Monitoraggio delle attivita' di riutilizzo
1. Il titolare della rete di distribuzione effettua il monitoraggio ai fini della verifica dei parametri chimici e microbiologici delle acque reflue recuperate che vengono distribuite e degli effetti ambientali, agronomici e pedologici del riutilizzo. L'autorita' sanitaria, nell'esercizio delle attivita' di prevenzione di propria competenza e in relazione a quanto stabilito dall'articolo 4, comma 2, valuta gli eventuali effetti igienico-sanitari connessi all'impiego delle acque reflue recuperate.
2. I risultati del monitoraggio sono trasmessi alla regione con cadenza annuale.
 
Art. 12. Rapporti tra i titolari degli impianti di recupero e delle reti di
distribuzione
1. Le regioni possono stabilire appositi accordi di programma con i titolari degli impianti di recupero delle acque reflue e i titolari delle reti di distribuzione, anche al fine di prevedere agevolazioni ed incentivazioni al riutilizzo, ai sensi di quanto disposto nell'articolo 26 del decreto legislativo n. 152 del 1999.
2. L'acqua reflua recuperata e' conferita dal titolare dell'impianto di recupero al titolare della rete di distribuzione, senza oneri a carico di quest'ultimo. Nel caso di destinazione d'uso industriale di acque reflue urbane recuperate, sono a carico del titolare della rete di distribuzione gli oneri aggiuntivi di trattamento, sostenuti per conseguire valori limite piu' restrittivi di quelli previsti dalla tabella allegata al presente regolamento, al fine di rendere le acque idonee alla predetta destinazione d'uso.
3. Nel caso di acque reflue industriali recuperate per destinazione d'uso esclusivamente industriale, sono a carico del titolare della rete di distribuzione gli oneri aggiuntivi di trattamento, sostenuti per conseguire valori limite piu' restrittivi di quelli previsti dalla tabella 3 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999 ovvero stabiliti dalle regioni ai sensi dell'articolo 4 del medesimo decreto.
4. Il soggetto titolare della rete di distribuzione fissa la tariffa relativa alla distribuzione delle acque reflue recuperate.



Note all'art. 12:
- L'art. 26 del citato decreto legislativo n. 152/1999
e' riportato nelle note alle premesse.
- La tabella 3 dell'allegato 5 del citato decreto
legislativo n. 152/1999 e' riportato nelle note all'art. 4.



 
Art. 13.
Informazione
1. Le regioni trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio i dati conoscitivi e le informazioni relative all'attuazione del presente regolamento, anche sulla base dei monitoraggi effettuati ai sensi dell'articolo 7, secondo le modalita' indicate nel decreto di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 1999.



Nota all'art. 13:
- Il comma 7 dell'art. 3 del citato decreto legislativo
n. 152/1999 e' il seguente:
«7. Le regioni assicurano la piu' ampia divulgazione
delle informazioni sullo stato di qualita' delle acque e
trasmettono all'Agenzia nazionale per la protezione
dell'ambiente i dati conoscitivi e le informazioni relative
all'attuazione del presente decreto, nonche' quelli
prescritti dalla disciplina comunitaria, secondo le
modalita' indicate con decreto del Ministro dell'ambiente
di concerto con i Ministri competenti, d'intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
L'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente elabora
a livello nazionale, nell'ambito del Sistema informativo
nazionale ambientale, le informazioni ricevute e le
trasmette ai Ministeri interessati e al Ministero
dell'ambiente anche per l'invio alla Commissione europea.
Con lo stesso decreto sono individuati e disciplinati i
casi in cui le regioni sono tenute a trasmettere al
Ministero dell'ambiente i provvedimenti adottati ai fini
delle comunicazioni all'Unione europea o in ragione degli
obblighi internazionali assunti.».



 
Art. 14.
Norme transitorie
1. Per un periodo di tre anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, le autorizzazioni di cui all'articolo 6 possono prevedere, in caso di riutilizzo irriguo, per il solo parametro Escherichia coli, una deroga ai limiti previsti dalla tabella allegata al presente regolamento, fino a 100 UFC/100 ml, da riferirsi all'80% dei campioni, con un valore massimo di 1000 UFC/100 ml. Il presente comma si applica esclusivamente a condizione che nelle aree di origine delle acque reflue e in quelle ove avviene il riutilizzo irriguo non sia riscontrato un incremento, nel tempo, dei casi di patologie riconducibili a contaminazione fecale.
2. I titolari delle reti di distribuzione devono, in tal caso, rispettare le seguenti condizioni:
a) il metodo irriguo non deve comportare il contatto diretto dei prodotti edibili crudi con le acque reflue recuperate;
b) il riutilizzo irriguo non deve riguardare aree verdi aperte al pubblico.
3. L'autorita' competente e' tenuta a dare comunicazione delle autorizzazioni che prevedano la deroga di cui al comma 1 all'autorita' sanitaria.
 
Art. 15.
Disposizioni di salvaguardia
1. Sono fatte salve le competenze spettanti alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano, che provvedono alle finalita' del presente regolamento in conformita' ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione.
Il presente regolamento, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Roma, 12 giugno 2003

Il Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio
Matteoli

Il Ministro delle politiche
agricole e forestali
Alemanno

Il Ministro delle attivita' produttive
Marzano

Il Ministro della salute
Sirchia

Visto, il Guardasigilli: Castelli
Registrato alla Corte dei conti il 15 luglio 2003
Ufficio di controllo sugli atti dei Ministeri delle infrastrutture ed assetto del territorio, registro n. 3, foglio n. 196
 
Allegato

Requisiti minimi di qualita' delle acque reflue recuperate all'uscita
dell'impianto di recupero

1. Fermo restando quanto stabilito dall'art. 4, ai fini del riutilizzo irriguo e civile, le acque reflue all'uscita dell'impianto di recupero ai fini del riutilizzo devono essere conformi ai limiti riportati nella tabella del presente allegato nel rispetto di quanto stabilito nei seguenti paragrafi.
2. Qualora le regioni abbiano stabilito in ambito locale, per le acque destinate al consumo umano, ai sensi degli articoli 13 e 16 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, valori limite superiori a quelli riportati in tabella del presente regolamento, le autorita' competenti possono autorizzare il recupero di acque reflue conformemente ai suddetti limiti. Per le sostanze di cui all'allegato 1 parte C del decreto legislativo n. 31 del 2001, le autorita' competenti possono autorizzare il recupero delle acque reflue sulla base dei valori delle acque destinate al consumo umano.
3. Nelle acque all'uscita dell'impianto di recupero, fatto salvo quanto previsto al paragrafo 2, i limiti per pH, azoto ammoniacale, conducibilita' elettrica specifica, alluminio, ferro, manganese, cloruri, solfati di cui alla tabella dell'allegato rappresentano valori guida. Per tali parametri le regioni possono autorizzare limiti diversi da quelli di cui alla tabella, previo parere conforme del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, per le specifiche destinazioni d'uso, comunque, non superiori ai limiti per lo scarico in acque superficiali di cui alla tabella 3 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999; per la conducibilita' elettrica specifica, non deve essere superato il valore di 4000 \mu S/cm.
4. Nel caso di riutilizzo irriguo, i limiti per fosforo e azoto totale possono essere elevati rispettivamente a 10 e 35 mg/l, fermo restando quanto previsto all'art. 10, comma 1 relativamente alle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola.
5. Per tutti i parametri chimico-fisici, i valori limite sono da riferirsi a valori medi su base annua o, nel solo caso del riutilizzo irriguo, della singola campagna irrigua. Il riutilizzo deve comunque essere immediatamente sospeso ove, nel corso dei controlli, il valore puntuale di qualsiasi parametro risulti superiore al 100% del valore limite.
6. Per il parametro Escherichia coli il valore limite indicato in tabella (10 UFC/100ml) e' da riferirsi all'80% dei campioni, con un valore massimo di 100 UFC/100 ml. Il riutilizzo deve comunque essere immediatamente sospeso ove nel corso dei controlli il valore puntuale del parametro in questione risulti superiore a 100 UFC/100ml.
7. Per il parametro Salmonella il valore limite e' da riferirsi al 100% dei campioni. Il riutilizzo deve comunque essere sospeso ove nel corso dei controlli si rilevi presenza di Salmonella.
8. Il riutilizzo puo' essere riattivato solo dopo che il valore puntuale del parametro o dei parametri per cui e' stato sospeso sia rientrato al di sotto del valore limite in almeno tre controlli successivi e consecutivi.

Valori limite delle acque reflue
all'uscita dell'impianto di recupero

----> vedere tabella a pag. 14 della G.U. <----

Nota 1. Tale sostanza deve essere assente dalle acque reflue recuperate destinate al riutilizzo, secondo quanto previsto al paragrafo 2.1 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999 per gli scarichi sul suolo. Tale prescrizione si intende rispettata quando la sostanza e' presente in concentrazioni non superiori ai limiti di rilevabilita' delle metodiche analitiche di riferimento, definite e aggiornate con apposito decreto ministeriale, ai sensi del paragrafo 4 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999. Nelle more di tale definizione, si applicano i limiti di rilevabilita' riportati in tabella.
Nota 2. Il valore di parametro si riferisce ad ogni singolo pesticida. Nel caso di Aldrina, Dieldrina, Eptacloro ed Eptacloro epossido, il valore parametrico e' pari a 0,030 \mu g/l.
Nota 3. Per le acque reflue recuperate provenienti da lagunaggio o fitodepurazione valgono i limiti di 50 (80% dei campioni) e 200 UFC/100 ml (valore puntuale massimo).



Note all'allegato:
- L'art. 13 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n.
31 recante: «Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa
alla qualita' delle acque destinate al consumo umano,
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale - serie generale - n. 52 del 15 dicembre 2001, e'
il seguente:
«Art. 13 (Deroghe). - 1. La regione o provincia
autonoma puo' stabilire deroghe ai valori di parametro
fissati nell'allegato I, parte B, o fissati ai sensi
dell'art. 11, colonna 1, lettera b), entro i valori massimi
ammissibili stabiliti dal Ministero della sanita' con
decreto da adottare di concerto con il Ministero
dell'ambiente, purche' nessuna deroga presenti potenziale
pericolo per la salute umana e sempreche'
l'approvvigionamento di acque destinate al consumo umano
conformi ai valori di parametro non possa essere assicurato
con nessun altro mezzo congruo.
2. Il valore massimo ammissibile di cui al comma 1 e'
fissato su motivata richiesta della regione o provincia
autonoma, corredata dalle seguenti informazioni:
a) motivi della richiesta di deroga con indicaziose
della causa del degrado della risorsa idrica;
b) i parametri interessati, i risultati dei controlli
effettuati negli ultimi tre anni, il valore massimo
ammissibile proposto e la durata necessaria di deroga;
c) l'area geografica, la quantita' di acqua fornita
ogni giorno, la popolazione interessata e gli eventuali
effetti sulle industrie alimentari interessate;
d) un opportuno programma di controllo che preveda,
se necessario, una maggiore frequenza dei controlli
rispetto a quelli minimi previsti;
e) il piano relativo alla necessaria azione
correttiva, compreso un calendario dei lavori, una stima
dei costi, la relativa copertura finanziaria e le
disposizioni per il riesame.
3. Le deroghe devono avere la durata piu' breve
possibile, comunque non superiore ad un periodo di tre
anni. Sei mesi prima della scadenza di tale periodo, la
regione o la provincia autonoma trasmette al Ministero
della sanita' una circostanziata relazione sui risultati
conseguisi, ai sensi di quanto disposto al comma 2, nel
periodo di deroga. in ordine alla qualita' delle acque,
comunicando e documentando, altresi' l'eventuale necessita'
di un ulteriore periodo di deroga.
4. Il Ministero della sanita' con decreto da adottare
di concerto con il Ministero dell'ambiente, valutata la
documentazione pervenuta, stabilisce un valore massimo
ammissibile per l'ulteriore periodo di deroga che potra'
essere concesso dalla regione. Tale periodo non dovra',
comunque, avere durata superiore ai tre anni.
5. Sei mesi prima della scadenza dell'ulteriore periodo
di deroga, la regione o provincia autonoma trasmette al
Ministero della sanita' un'aggiornata e circostanziata
relazione sui risultati conseguiti. Qualora, per
circostanze eccezionali, non sia stato possibile dare
completa attuazione ai provvedimenti necessari per
ripristinare la qualita' dell'acqua, la regione o la
provincia autonoma documenta adeguatamente la necessita' di
un'ulteriore periodo di deroga.
6. Il Ministero della sanita' con decreto di concerto
con il Ministero dell'ambiente, valutata la documentazione
pervenuta, previa acquisizione del parere favorevole della
Commissione europea, stabilisce un valore massimo
ammissibile per l'ulteriore periodo di deroga che non deve
essere superiore a tre anni.
7. Tutti i provvedimenti di deroga devono riportare
quanto segue:
a) i motivi della deroga;
b) i parametri interessati, i risultati del
precedente controllo pertinente ed il valore massimo
ammissibile per la deroga per ogni parametro;
c) l'area geografica, la quantita' di acqua fornita
ogni giorno, la popolazione interessata e gli eventuali
effetti sulle industrie alimentari interessate;
d) un opportuno programma di controllo che preveda,
se necessario, una maggiore frequenza dei controlli;
e) una sintesi del piano relativo alla necessaria
azione correttiva, compreso un calendario dei lavori, una
stima dei costi, la relativa copertura finanziaria e le
disposizioni per il riesame;
f) la durata della deroga.
8. I provvedimenti di deroga debbono essere trasmessi
al Ministero della sanita' ed al Ministero dell'ambiente
entro e non oltre quindici giorni dalla loro adozione.
9. In deroga a quanto disposto dai commi da 1 a 8, se
la regione o la provincia autonoma ritiene che
l'inosservanza del valore di parametro sia trascurabile e
se l'azione correttiva intrapresa a norma dell'art. 10,
comma 1, e' sufficiente a risolvere il problema entro un
periodo massimo di trenta giorni, fissa il valore massimo
ammissibile per il parametro interessato e stabilisce il
periodo necessario per ripristinare la conformita' ai
valori di parametro. La regione o la provincia autonoma
trasmette al Ministero della sanita', entro il mese di
gennaio di ciascun anno, gli eventuali provvedimenti
adottati ai sensi del presente comma.
10. Il ricorso alla procedura di cui al comma 9 non e'
consentito se l'inosservanza di uno stesso valore di
parametro per un determinato approvvigionamento d'acqua si
e' verificata per oltre trenta giorni complessivi nel corso
dei dodici mesi precedenti.
11. La regione o provincia autonoma che si avvale delle
deroghe di cui al presente articolo provvede affinche' la
popolazione interessata sia tempestivamente e adeguatamente
informata delle deroghe applicate e delle condizioni che le
disciplinano. Ove occorra, la regione o provincia autonoma
provvede inoltre a fornire raccomandazioni a gruppi
specifici di popolazione per i quali la deroga possa
costituire un rischio particolare. Le informazioni e
raccomandazioni fornite alla popolazione fanno parte
integrante del provvedimento di deroga. Gli obblighi di cui
al presente comma sono osservati anche nei casi di cui al
comma 9, qualora la regione o la provincia autonoma lo
ritenga opportuno.
12. La regione o la provincia autonoma tiene conto
delle deroghe adottate a norma del presente articolo ai
fini della redazione dei piani di tutela delle acque di cui
agli articoli 42 e seguenti del decreto legislativo n. 152
del 1999 e successive modifiche.
13. Il Ministero della sanita', entro due mesi dalla
loro adozione, comunica alla Commissione europea i
provvedimenti di deroga adottati ai sensi del presente
articolo e, nei casi di cui ai commi 3 e 4, i risultati
conseguiti nei periodi di deroga.
14. Il presente articolo non si applica alle acque
confezionate in bottiglie o contenitori, rese disponibili
per il consumo umano.».
- L'art. 16 del citato decreto legislativo 2 febbraio
2001, n. 31, e' il seguente:
«Art. 16 (Casi eccezionali). - 1. In casi eccezionali e
per aree geograficamente delimitate, qualora non sia
possibile un approvvigionamento di acque destinate al
consumo umano, conformi ai valori di parametro di cui
all'allegato I, con nessun mezzo congruo, il Ministero
della sanita', su istanza della regione, o provincia
autonoma, puo' chiedere alla Commissione europea la proroga
del termine di cui all'art. 15 per un periodo non superiore
a tre anni.
2. L'istanza di cui al comma 1 deve essere trasmessa al
Ministero della sanita' entro il 31 marzo 2002 e deve
essere debitamente motivata, deve indicare le difficolta'
incontrate e deve essere corredata almeno delle
informazioni di cui all'art. 13, comma 2.
3. Sei mesi prima della scadenza del periodo di proroga
concesso ai sensi del comma 1, la regione, o provincia
autonoma, interessata trasmette al Ministero della sanita'
un'aggiornata e circostanziata relazione sui progressi
compiuti, comunicando e documentando altresi' l'eventutale
necessita' di un ulteriore periodo di proroga in relazione
alle difficolta' incontrate. Il Ministero della sanita'
puo' chiedere alla Commissione europea la concessione di
una ulteriore proroga per un periodo non superiore a tre
anni.
4. La regione, o provincia autonoma, provvede affinche'
la popolazione interessata dall'istanza sia tempestivamente
ed adeguatamente informata del suo esito. La regione, o
provincia autonoma, assicura, ove necessario, che siano
forniti consigli a gruppi specifici di popolazione per i
quali potrebbe sussistere un rischio particolare. La
regione, o provincia autonoma, informa tempestivamente il
Ministero della sanita' delle iniziative adottate ai sensi
del presente comma.
5. Il presente articolo non si applica alle acque
confezionate in bottiglie o contenitori rese disponibili
per il consumo umano.».
- Il testo dell'allegato 1, parte C del decreto
legislativo n. 31 del 2001 e' il seguente:
«Parte C

----> vedere tabella a pag. 20 della G.U. <----

- La tabella 3 dell'allegato 5 del citato decreto
legislativo n. 152/1999 e' riportata nelle note all'art. 4.



 
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