Gazzetta n. 182 del 7 agosto 2003 (vai al sommario)
LEGGE 1 agosto 2003, n. 207
Sospensione condizionata dell'esecuzione della pena detentiva nel limite massimo di due anni.

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Promulga

la seguente legge:

Art. 1.
(Sospensione condizionata dell'esecuzione
della parte finale della pena detentiva)
1. Nei confronti del condannato che ha scontato almeno la meta' della pena detentiva e' sospesa per la parte residua la pena nel limite di due anni, salvo quanto previsto dai commi 2 e 3.
2. La sospensione dell'esecuzione della pena puo' essere disposta una sola volta, tenendo conto della pena determinata ai sensi dell'articolo 663 del codice di procedura penale, decurtata della parte di pena per la quale e' stato concesso il beneficio della liberazione anticipata ai sensi dell'articolo 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.
3. La sospensione non si applica:
a) quando la pena e' conseguente alla condanna per i reati indicati dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, e dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale nonche' dall'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni;
b) nei confronti di chi sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, ai sensi degli articoli 102, 105 e 108 del codice penale;
c) nei confronti di chi sia stato sottoposto al regime di sorveglianza particolare, ai sensi dell'articolo 14bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, salvo che sia stato accolto il reclamo previsto dall'articolo 14-ter della medesima legge;
d) quando la persona condannata e' stata ammessa alle misure alternative alla detenzione;
e) quando vi sia stata rinuncia dell'interessato.



Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia, ai sensi
dell'art. 10, comma 3, del testo unico delle disposizioni
sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei
decreti del Presidente della Repubblica e sulle
pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
alle quali e' operato il rinvio. Restano invariati il
valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.

Note all'art. 1:
- Si riporta il testo dell'art. 663 del codice di
procedura penale:
"Art. 663 (Esecuzione di pene concorrenti). - 1. Quando
la stessa persona e' stata condannata con piu' sentenze o
decreti penali per reati diversi, il pubblico ministero
determina la pena da eseguirsi, in osservanza delle norme
sul concorso di pene.
2. Se le condanne sono state inflitte da giudici
diversi, provvede il pubblico ministero presso il giudice
indicato nell'art. 665, comma 4.
3. Il provvedimento del pubblico ministero e'
notificato al condannato e al suo difensore.".
- Si riporta il testo dell'art. 54 della legge 26
luglio 2975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e
sull'esecuzione delle misure privative e limitative della
liberta):
"Art. 54 (Liberazione anticipata). - 1. Al condannato a
pena detentiva che ha dato prova di partecipazione
all'opera di rieducazione e' concessa, quale riconoscimento
di tale partecipazione, e ai fini del suo piu' efficace
reinserimento nella societa', una detrazione di
quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena
scontata. A tal fine e' valutato anche il periodo trascorso
in stato di custodia cautelare o di detenzione domiciliare.
2. La concessione del beneficio e' comunicata
all'ufficio del pubblico ministero presso la corte
d'appello o il tribunale che ha emesso il provvedimento di
esecuzione o al pretore se tale provvedimento e' stato da
lui emesso.
3. La condanna per delitto non colposo commesso nel
corso dell'esecuzione successivamente alla concessione del
beneficio ne comporta la revoca.
4. Agli effetti del computo della misura di pena che
occorre avere espiato per essere ammessi ai benefici dei
permessi premio, della semiliberta' e della liberazione
condizionale, la parte di pena detratta ai sensi del comma
1 si considera come scontata. La presente disposizione si
applica anche ai condannati all'ergastolo.".
- La sezione I, del capo III, del titolo XII del libro
II del codice penale tratta: "Dei delitti contro la
personalita' individuale".
- Si riporta il testo degli articoli 609-bis,
609-quater e 609-octies del codice penale:
"Art. 609-bis (Violenza sessuale). - Chiunque, con
violenza o minaccia o mediante abuso di autorita',
costringe taluno a compiere o subire atti sessuali e'
punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere
o subire atti sessuali:
1) abusando delle condizioni di inferiorita' fisica o
psichica della persona offesa al momento del fatto;
2) traendo in inganno la persona offesa per essersi
il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravita' la pena e' diminuita in
misura non eccedente i due terzi.
"Art. 609-quater (Atti sessuali con minorenne). -
Soggiace alla pena stabilita dall'art. 609-bis chiunque, al
di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie
atti sessuali con persona che, al momento del fatto:
1) non ha compiuto gli anni quattordici;
2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il
colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il
tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di
educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il
minore e' affidato o che abbia, con quest'ultimo, una
relazione di convivenza.
Non e' punibile il minorenne che, al di fuori delle
ipotesi previste nell'art. 609-bis, compie atti sessuali
con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la
differenza di eta' tra i soggetti non e' superiore a tre
anni.
Nei casi di minore gravita' la pena e' diminuita fino a
due terzi.
Si applica la pena di cui all'art. 609-ter, secondo
comma, se la persona offesa non ha compiuto gli anni
dieci.".
"Art. 609-octies (Violenza sessuale di gruppo). - La
violenza sessuale di gruppo consiste nella partecipazione,
da parte di piu' persone riunite, ad atti di violenza
sessuale di cui all'art. 609-bis.
Chiunque commette atti di violenza sessuale di gruppo
e' punito con la reclusione da sei a dodici anni.
La pena e' aumentata se concorre taluna delle
circostanze aggravanti previste dall'art. 609-ter.
La pena e' diminuita per il partecipante la cui opera
abbia avuto minima importanza nella preparazione o nella
esecuzione del reato. La pena e' altresi' diminuita per chi
sia stato determinato a commettere il reato quando
concorrono le condizioni stabilite dai numeri 3) e 4) del
primo comma e dal terzo comma dell'art. 112.".
- Si riporta il testo degli articoli 4-bis, 14-bis e
14-ter della citata legge 26 luglio 1975, n. 354:
"Art. 4-bis (Divieto di concessione dei benefici e
accertamento della pericolosita' sociale dei condannati per
taluni delitti). - 1. L'assegnazione al lavoro all'esterno,
i permessi premio e le misure alternative alla detenzione
previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata,
possono essere concessi ai detenuti e internati per i
seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e
internati collaborino con la giustizia a norma dell'art.
58-ter della presente legge: delitti commessi per finalita'
di terrorismo, anche internazionale, o di eversione
dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di
violenza, delitto di cui all'art. 416-bis del codice
penale, delitti commessi avvalendosi delle condizioni
previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare
l'attivita' delle associazioni in esso previste, delitti di
cui agli articoli 600, 601, 602 e 630 del codice penale,
all'art. 291-quater del testo unico delle disposizioni
legislative in materia doganale, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e
all'art. 74 del testo unico delle leggi in materia di
disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,
prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Sono fatte salve le
disposizioni degli articoli 16-nonies e 17-bis del
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82. I benefici
suddetti possono essere concessi ai detenuti o internati
per uno dei delitti di cui al primo periodo del presente
comma purche' siano stati acquisiti elementi tali da
escludere l'attualita' di collegamenti con la criminalita'
organizzata, terroristica o eversiva, altresi' nei casi in
cui la limitata partecipazione al fatto criminoso,
accertata nella sentenza di condanna, ovvero l'integrale
accertamento dei fatti e delle responsabilita' operato con
sentenza irrevocabile, rendono comunque impossibile
un'utile collaborazione con la giustizia, nonche' nei casi
in cui, anche se la collaborazione che viene offerta
risulti oggettivamente irrilevante, nei confronti dei
medesimi detenuti o internati sia stata applicata una delle
circostanze attenuanti previste dall'art. 62, n. 6), anche
qualora il risarcimento del danno sia avvenuto dopo la
sentenza di condanna, dall'art. 114 ovvero dall'art. 116,
secondo comma, del codice penale. I benefici di cui al
presente comma possono essere concessi solo se non vi sono
elementi tali da far ritenere la sussistenza di
collegamenti con la criminalita' organizzata, terroristica
o eversiva, ai detenuti o internati per i delitti di cui ai
seguenti articoli: articoli 575, 628, terzo comma, e 629,
secondo comma, del codice penale, art. 291-ter del citato
testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, art. 73 del citato testo
unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica
9 ottobre 1990, n. 309, limitatamente alle ipotesi
aggravate ai sensi dell'art. 80, comma 2, del medesimo
testo unico, art. 416 del codice penale, realizzato allo
scopo di commettere delitti previsti dal libro II, titolo
XII, capo III, sezione I, del medesimo codice, dagli
articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale
e dall'art. 12, commi 3, 3-bis e 3-ter del testo unico
delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,
di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
2. Ai fini della concessione dei benefici di cui al
comma 1 il magistrato di sorveglianza o il tribunale di
sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni per
il tramite del comitato provinciale per l'ordine e la
sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di
detenzione del condannato. In ogni caso il giudice decide
trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni.
Al suddetto comitato provinciale puo' essere chiamato a
partecipare il direttore dell'istituto penitenziario in cui
il condannato e' detenuto.
2-bis. Ai fini della concessione dei benefici di cui al
comma 1, quarto periodo, il magistrato di sorveglianza o il
tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate
informazioni dal questore. In ogni caso il giudice decide
trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni.
3. Quando il comitato ritiene che sussistano
particolari esigenze di sicurezza ovvero che i collegamenti
potrebbero essere mantenuti con organizzazioni operanti in
ambiti non locali o extranazionali, ne da' comunicazione al
giudice e il termine di cui al comma 2 e' prorogato di
ulteriori trenta giorni al fine di acquisire elementi ed
informazioni da parte dei competenti organi centrali.
3-bis. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi
premio e le misure alternative alla detenzione previste dal
capo VI, non possono essere concessi ai detenuti ed
internati per delitti dolosi quando il Procuratore
nazionale antimafia o il procuratore distrettuale comunica,
d'iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per
l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al
luogo di detenzione o internamento, l'attualita' di
collegamenti con la criminalita' organizzata. In tal caso
si prescinde dalle procedure previste dai commi 2 e 3.".
"Art. 14-bis (Regime di sorveglianza particolare). - 1.
Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza
particolare per un periodo non superiore a sei mesi,
prorogabile anche piu' volte in misura non superiore ogni
volta a tre mesi, i condannati, gli internati e gli
imputati:
a) che con i loro comportamenti compromettono la
sicurezza ovvero turbano l'ordine negli istituti;
b) che con la violenza o minaccia impediscono le
attivita' degli altri detenuti o internati;
c) che nella vita penitenziaria si avvalgono dello
stato di soggezione degli altri detenuti nei loro
confronti.
2. Il regime di cui al precedente comma 1 e' disposto
con provvedimento motivato dell'amministrazione
penitenziaria previo parere del consiglio di disciplina,
integrato da due degli esperti previsti dal quarto comma
dell'art. 80.
3. Nei confronti degli imputati il regime di
sorveglianza particolare e' disposto sentita anche
l'autorita' giudiziaria che procede.
4. In caso di necessita' ed urgenza l'amministrazione
puo' disporre in via provvisoria la sorveglianza
particolare prima dei pareri prescritti, che comunque
devono essere acquisiti entro dieci giorni dalla data del
provvedimento. Scaduto tale termine l'amministrazione,
acquisiti i pareri prescritti, decide in via definitiva
entro dieci giorni decorsi i quali, senza che sia
intervenuta la decisione, il provvedimento provvisorio
decade.
5. Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza
particolare, fin dal momento del loro ingresso in istituto,
i condannati, gli internati e gli imputati, sulla base di
precedenti comportamenti penitenziari o di altri concreti
comportamenti tenuti, indipendentemente dalla natura
dell'imputazione, nello stato di liberta'. L'autorita'
giudiziaria segnala gli eventuali elementi a sua conoscenza
all'amministrazione penitenziaria che decide sull'adozione
dei provvedimenti di sua competenza.
6. Il provvedimento che dispone il regime di cui al
presente articolo e' comunicato immediatamente al
magistrato di sorveglianza ai fini dell'esercizio del suo
potere di vigilanza.".
"Art. 14-ter (Reclamo). - 1. Avverso il provvedimento
che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare
puo' essere proposto dall'interessato reclamo al tribunale
di sorveglianza nel termine di dieci giorni dalla
comunicazione del provvedimento definitivo. Il reclamo non
sospende l'esecuzione del provvedimento.
2. Il tribunale di sorveglianza provvede con ordinanza
in camera di consiglio entro dieci giorni dalla ricezione
del reclamo.
3. Il procedimento si svolge con la partecipazione del
difensore e del pubblico ministero. L'interessato e
l'amministrazione penitenziaria possono presentare memorie.
4. Per quanto non diversamente disposto si applicano le
disposizioni del capo II-bis del titolo II.".
"Art. 102 (Abitualita' presunta dalla legge). - E'
dichiarato delinquente abituale chi, dopo essere stato
condannato alla reclusione in misura superiore
complessivamente a cinque anni per tre delitti non colposi,
della stessa indole, commessi entro dieci anni, e non
contestualmente, riporta un'altra condanna per un delitto,
non colposo, della stessa indole, e commesso entro dieci
anni successivi all'ultimo dei delitti precedenti.
Nei dieci anni indicati nella disposizione precedente
non si computa il tempo in cui il condannato ha scontato
pene detentive o e' stato sottoposto a misure di sicurezza
detentive.".
"Art. 105 (Professionalita' nel reato). - Chi
trovandosi nelle condizioni richieste per la dichiarazione
di abitualita' riporta condanna per un altro reato, e'
dichiarato delinquente o contravventore professionale
qualora, avuto riguardo alla natura dei reati, alla
condotta e al genere di vita del colpevole e alle altre
circostanze indicate nel capoverso dell'art. 133, debba
ritenersi che egli viva abitualmente, anche in parte
soltanto, dei proventi del reato.".
"Art. 108 (Tendenza a delinquere). - E' dichiarato
delinquente per tendenza chi, sebbene non recidivo o
delinquente abituale o professionale, commette un delitto
non colposo contro la vita o l'incolumita' individuale,
anche non preveduto dal capo primo del titolo dodicesimo
del libro secondo di questo codice il quale, per se' e
unitamente alle circostanze indicate nel capoverso
dell'art. 133, riveli una speciale inclinazione al delitto,
che trovi sua causa nell'indole particolarmente malvagia
del colpevole.
La disposizione di questo articolo non si applica se
l'inclinazione al delitto e' originata dall'infermita'
preveduta dagli articoli 88 e 89.".
- Si riporta il testo degli articoli 69-bis, 51-bis e
51-ter della citata legge 26 luglio 1975, n. 354:
"Art. 69-bis (Procedimento in materia di liberazione
anticipata). - 1. Sull'istanza di concessione della
liberazione anticipata, il magistrato di sorveglianza
provvede con ordinanza, adottata in camera di consiglio
senza la presenza delle parti, che e' comunicata o
notificata senza ritardo ai soggetti indicati nell'art. 127
del codice di procedura penale.
2. Il magistrato di sorveglianza decide non prima di
quindici giorni dalla richiesta del parere al pubblico
ministero e anche in assenza di esso.
3. Avverso l'ordinanza di cui al comma 1 il difensore,
l'interessato e il pubblico ministero possono, entro dieci
giorni dalla comunicazione o notificazione, proporre
reclamo al tribunale di sorveglianza competente per
territorio.
4. Il tribunale di sorveglianza decide ai sensi
dell'art. 678 del codice di procedura penale. Si applicano
le disposizioni del quinto e del sesto comma dell'art.
30-bis.
5. Il tribunale di sorveglianza, ove nel corso dei
procedimenti previsti dall'art. 70, comma 1, sia stata
presentata istanza per la concessione della liberazione
anticipata, puo' trasmetterla al magistrato di
sorveglianza.".
"Art. 51-bis (Sopravvenienza di nuovi titoli di
privazione della liberta). - 1. Quando durante l'attuazione
dell'affidamento in prova al servizio sociale o della
detenzione domiciliare o della detenzione domiciliare
speciale o del regime di semiliberta' sopravviene un titolo
di esecuzione di altra pena detentiva, il direttore
dell'istituto penitenziario o il direttore del centro di
servizio sociale informa immediatamente il magistrato di
sorveglianza. Se questi, tenuto conto del cumulo delle
pene, rileva che permangono le condizioni di cui al comma 1
dell'art. 47 o ai commi 1 e 1-bis dell'art. 47-ter o ai
commi 1 e 2 dell'art. 47-quinquies o ai primi tre commi
dell'art. 50, dispone con decreto la prosecuzione
provvisoria della misura in corso; in caso contrario
dispone la sospensione della misura stessa. Il magistrato
di sorveglianza trasmette quindi gli atti al tribunale di
sorveglianza che deve decidere nel termine di venti giorni
la prosecuzione o la cessazione della misura.".
"Art. 51-ter (Sospensione cautelativa delle misure
alternative). - 1. Se l'affidato in prova al servizio
sociale o l'ammesso al regime di semiliberta' o di
detenzione domiciliare o di detenzione domiciliare speciale
pone in essere comportamenti tali da determinare la revoca
della misura, il magistrato di sorveglianza nella cui
giurisdizione essa e' in corso ne dispone con decreto
motivato la provvisoria sospensione, ordinando
l'accompagnamento del trasgressore in istituto. Trasmette
quindi immediatamente gli atti al tribunale di sorveglianza
per le decisioni di competenza. Il provvedimento di
sospensione del magistrato di sorveglianza cessa di avere
efficacia se la decisione del tribunale di sorveglianza non
interviene entro trenta giorni dalla ricezione degli
atti.".
- Si riporta il testo dell'art. 678 del codice di
procedura penale:
"Art. 678 (Procedimento di sorveglianza). - 1. Il
tribunale di sorveglianza nelle materie di sua competenza,
e il magistrato di sorveglianza nelle materie attinenti
alla rateizzazione e alla conversione delle pene
pecuniarie, alla remissione del debito, ai ricoveri
previsti dall'art. 148 del codice penale, alle misure di
sicurezza, alla esecuzione della semidetenzione e della
liberta' controllata e alla dichiarazione di abitualita' o
professionalita' nel reato o di tendenza a delinquere,
procedono, a richiesta del pubblico ministero,
dell'interessato, del difensore o di ufficio, a norma
dell'art. 666. Tuttavia, quando vi e' motivo di dubitare
della identita' fisica di una persona, procedono a norma
dell'art. 667.
2. Quando si procede nei confronti di persona
sottoposta a osservazione scientifica della personalita',
il giudice acquisisce la relativa documentazione e si
avvale, se occorre, della consulenza dei tecnici del
trattamento.
3. Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate,
davanti al tribunale di sorveglianza, dal procuratore
generale presso la corte di appello e, davanti al
magistrato di sorveglianza, dal procuratore della
Repubblica presso il tribunale della sede dell'ufficio di
sorveglianza.".



 
Art. 2.
(Applicazione e revoca della sospensione
condizionata dell'esecuzione)
1. Il magistrato di sorveglianza provvede con ordinanza, su istanza dell'interessato o del suo difensore, sulla sospensione di cui all'articolo 1.
2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 69-bis, commi 1, 3 e 4, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.
3. Il magistrato di sorveglianza puo' chiedere alle autorita' competenti tutti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno.
4. Dell'applicazione della misura di cui all'articolo 1 e' data immediata comunicazione all'autorita' di polizia competente, che vigila sull'osservanza delle prescrizioni di cui all'articolo 4 e fa rapporto al pubblico ministero di ogni infrazione.
5. La sospensione dell'esecuzione della pena puo' essere revocata se chi ne ha usufruito non ottempera, senza giustificato motivo, alle prescrizioni di cui all'articolo 4 o commette, entro cinque anni dalla sua applicazione, un delitto non colposo per il quale riporti una condanna a pena detentiva non inferiore a sei mesi.
6. Il tribunale di sorveglianza provvede sulla revoca della misura di cui all'articolo 1 ai sensi dell'articolo 678 del codice di procedura penale.
7. In caso di revoca il tribunale di sorveglianza determina la residua pena detentiva da eseguire, tenuto conto della durata delle limitazioni patite dal condannato e del suo comportamento durante il periodo di sospensione dell'esecuzione della pena.
8. Si osservano in quanto applicabili le disposizioni degli articoli 51-bis e 51-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.
9. Trascorso il termine di cui al comma 5 la pena e' estinta.
 
Art. 3.
(Stranieri)
1. Le disposizioni della presente legge non si applicano nei confronti dello straniero che si trova in talune delle situazioni indicate nell'articolo 13, comma 2, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.



Nota all'art. 3:
- Si riporta il testo del comma 2 dell'art. 13 del
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico
delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero):
«Art. 13 (Espulsione amministrativa). - 1. (Omissis).
2. L'espulsione e' disposta dal prefetto quando lo
stramero:
a) e' entrato nel territorio dello Stato sottraendosi
ai controlli di frontiera e non e' stato respinto ai sensi
dell'art. 10;
b) si e' trattenuto nel territorio dello Stato senza
aver chiesto il permesso di soggiorno nel termine
prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza
maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno e' stato
revocato o annullato, ovvero e' scaduto da piu' di sessanta
giorni e non e' stato chiesto il rinnovo;
c) appartiene a taluna delle categorie indicate
nell'art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come
sostituito dall'art. 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o
nell'art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come
sostituito dall'art. 13 della legge 13 settembre 1982, n.
646.
3-16 (omissis).».



 
Art. 4.
(Prescrizioni)
1. Con il provvedimento che dispone la sospensione dell'esecuzione della pena sono congiuntamente applicate, per il periodo corrispondente alla pena di cui e' stata sospesa l'esecuzione, le seguenti prescrizioni:
a) il condannato deve presentarsi all'ufficio di polizia giudiziaria indicato dal magistrato di sorveglianza, il quale fissa i giorni e l'orario di presentazione tenendo conto delle condizioni di salute, dell'attivita' lavorativa e del luogo di dimora del condannato;
b) al condannato e' imposto l'obbligo di non allontanarsi dal territorio del comune di dimora abituale o dove svolge la propria attivita' lavorativa. Se per la personalita' del soggetto, o per le condizioni ambientali, la permanenza in tali luoghi non garantisce adeguatamente le esigenze di controllo o di sicurezza, l'obbligo di dimora puo' essere disposto nel territorio di un altro comune o frazione di esso, preferibilmente nella provincia e comunque nell'ambito della regione dove e' ubicato il comune di abituale dimora. Si applicano, in quanto compatibili, i commi 1 e 2 dell'articolo 282-bis e i commi 3, 4, 5 e 6 dell'articolo 283 del codice di procedura penale.
2. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dei commi 5, 6, 7, 8, 9 e 10 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354.
3. Con il provvedimento che dispone la sospensione dell'esecuzione della pena, salvo specifica autorizzazione del magistrato di sorveglianza in relazione ad esigenze familiari o lavorative, e' disposto, per il periodo corrispondente alla pena la cui esecuzione e' stata sospesa, nei confronti del condannato il divieto di espatrio, con tutte le misure necessarie per impedire l'utilizzazione del passaporto e degli altri documenti validi per l'espatrio.



Note all'art. 4:
- Si riporta il testo degli articoli 282-bis e 283 del
codice di procedura penale:
«Art. 282-bis (Allontanamento dalla casa familiare). -
1. Con il provvedimento che dispone l'allontanamento il
giudice prescrive all'imputato di lasciare immediatamente
la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non
accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede.
L'eventuale autorizzazione puo' prescrivere determinate
modalita' di visita.
2. Il giudice, qualora sussistano esigenze di tutela
dell'incolumita' della persona offesa o dei suoi prossimi
congiunti, puo' inoltre prescrivere all'imputato di non
avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati
dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il
domicilio della famiglia di origine o dei prossimi
congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per
motivi di lavoro. In tale ultimo caso il giudice prescrive
le relative modalita' e puo' imporre limitazioni.
3. Il giudice, su richiesta del pubblico ministero,
puo' altresi' ingiungere il pagamento periodico di un
assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto
della misura cautelare disposta, rimangano prove di mezzi
adeguati. Il giudice determina la misura dell'assegno
tenendo conto delle circostanze e dei redditi
dell'obbligato e stabilisce le modalita' ed i termini del
versamento. Puo' ordinare, se necessario, che l'assegno sia
versato direttamente al beneficiario da parte del datore di
lavoro dell'obbligato, detraendolo dalla retribuzione a lui
spettante. L'ordine di pagamento ha efficacia di titolo
esecutivo.
4. I provvedimenti di cui ai commi 2 e 3 possono essere
assunti anche successivamente al provvedimento di cui al
comma 1, sempre che questo non sia stato revocato o non
abbia comunque perduto efficacia. Essi, anche se assunti
successivamente, perdono efficacia se e' revocato o perde
comunque efficacia il provvedimento di cui al comma 1. Il
provvedimento di cui al comma 3, se a favore del coniuge o
dei figli, perde efficacia, inoltre, qualora sopravvenga
l'ordinanza prevista dall'art. 708 del codice di procedura
civile ovvero altro provvedimento del giudice civile in
ordine ai rapporti economico-patrimoniali tra i coniugi
ovvero al mantenimento dei figli.
5. Il provvedimento di cui al comma 3 puo' essere
modificato se mutano le condizioni dell'obbligato o del
beneficiario, e viene revocato se la convivenza riprende.
6. Qualora si proceda per uno dei delitti previsti
dagli articoli 570, 571, 600-bis, 600-ter, 600-quater,
609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies
del codice penale, commesso in danno dei prossimi congiunti
o del convivente, la misura puo' essere disposta anche al
di fuori dei limiti di pena previsti dall'art. 280.».
«Art. 283 (Divieto e obbligo di dimora). - 1. Con il
provvedimento che dispone il divieto di dimora, il giudice
prescrive all'imputato di non dimorare in un determinato
luogo e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice
che procede.
2. Con il provvedimento che dispone l'obbligo di
dimora, il giudice prescrive all'imputato di non
allontanarsi, senza l'autorizzazione del giudice che
procede, dal territorio del comune di dimora abituale
ovvero, al fine di assicurare un piu' efficace controllo o
quando il comune di dimora abituale non e' sede di ufficio
di polizia, dal territorio di una frazione del predetto
comune o dal territorio di un comune viciniore ovvero di
una frazione di quest'ultimo. Se per la personalita' del
soggetto o per le condizioni ambientali la permanenza in
tali luoghi non garantisce adeguatamente le esigenze
cautelari previste dall'art. 274, l'obbligo di dimora puo'
essere disposto nel territorio di un altro comune o
frazione di esso, preferibilmente nella provincia e
comunque nell'ambito della regione ove e' ubicato il comune
di abituale dimora.
3. Quando dispone l'obbligo di dimora, il giudice
indica l'autorita' di polizia alla quale l'imputato deve
presentarsi senza ritardo e dichiarare il luogo ove
fissera' la propria abitazione. Il giudice puo' prescrivere
all'imputato di dichiarare all'autorita' di polizia gli
orari e i luoghi in cui sara' quotidianamente reperibile
per i necessari controlli, con obbligo di comunicare
preventivamente alla stessa autorita' le eventuali
variazioni dei luoghi e degli orari predetti.
4. Il giudice puo', anche con separato provvedimento,
prescrivere all'imputato di non allontanarsi
dall'abitazione in alcune ore del giorno, senza pregiudizio
per le normali esigenze di lavoro.
5. Nel determinare i limiti territoriali delle
prescrizioni, il giudice considera, per quanto e'
possibile, le esigenze di alloggio, di lavoro e di
assistenza dell'imputato. Quando si tratta di persona
tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un
programma terapeutico di recupero nell'ambito di una
struttura autorizzata, il giudice stabilisce i controlli
necessari per accettare che il programma di recupero
prosegua.
6. Dei provvedimenti del giudice e' data in ogni caso
immediata comunicazione all'autorita' di polizia
competente, che ne vigila l'osservanza e fa rapporto al
pubblico ministero di ogni infrazione.».
- Si riporta il testo dell'art. 47 della citata legge
26 luglio 1975, n. 354:
«Art. 47 (Affidamento in prova al servizio sociale). -
1. Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il
condannato puo' essere affidato al servizio sociale fuori
dell'istituto per un periodo uguale a quello della pena da
scontare.
2. Il provvedimento e' adottato sulla base dei
risultati della osservazione della personalita', condotta
collegialmente per almeno un mese in istituto, nei casi in
cui si puo' ritenere che il provvedimento stesso, anche
attraverso le prescrizioni di cui al comma 5, contribuisca
alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del
pericolo che egli commetta altri reati.
3. L'affidamento in prova al servizio sociale puo'
essere disposto senza procedere all'osservazione in
istituto quando il condannato, dopo la commissione del
reato, ha serbato comportamento tale da consentire il
giudizio di cui al comma 2.
4. Se l'istanza di affidamento in prova al servizio
sociale e' proposta dopo che ha avuto inizio l'esecuzione
della pena, il magistrato di sorveglianza competente in
relazione al luogo dell'esecuzione, cui l'istanza deve
essere rivolta, puo' sospendere l'esecuzione della pena e
ordinare la liberazione del condannato, quando sono offerte
concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei
presupposti per l'ammissione all'affidamento in prova e al
grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato
di detenzione e non vi sia pericolo di fuga. La sospensione
dell'esecuzione della pena opera sino alla decisione del
tribunale di sorveglianza, cui il magistrato di
sorveglianza trasmette immediatamente gli atti, e che
decide entro quarantacinque giorni. Se l'istanza non e'
accolta, riprende l'esecuzione della pena, e non puo'
essere accordata altra sospensione, quale che sia l'istanza
successivamente proposta.
5. All'atto dell'affidamento e' redatto verbale in cui
sono dettate le prescrizioni che il soggetto dovra' seguire
in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla
dimora, alla liberta' di locomozione, al divieto di
frequentare determinati locali ed al lavoro.
6. Con lo stesso provvedimento puo' essere disposto che
durante tutto o parte del periodo di affidamento in prova
il condannato non soggiorni in uno o piu' comuni, o
soggiorni in un comune determinato; in particolare sono
stabilite prescrizioni che impediscano al soggetto di
svolgere attivita' o di avere rapporti personali che
possono portare al compimento di altri reati.
7. Nel verbale deve anche stabilirsi che l'affidato si
adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo
reato ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza
familiare.
8. Nel corso dell'affidamento le prescrizioni possono
essere modificate dal magistrato di sorveglianza.
9. Il servizio sociale controlla la condotta del
soggetto e lo aiuta a superare le difficolta' di
adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in
relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti
di vita.
10. Il servizio sociale riferisce periodicamente al
magistrato di sorveglianza sul comportamento del soggetto.
11. L'affidamento e' revocato qualora il comportamento
del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni
dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della
prova.
12. L'esito positivo del periodo di prova estingue la
pena e ogni altro effetto penale.
12-bis. All'affidato in prova al servizio sociale che
abbia dato prova nel periodo di affidamento di un suo
concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti
rivelatori del positivo evolversi della sua personalita',
puo' essere concessa la detrazione di pena di cui all'art.
54. Si applicano gli articoli 69, comma 8, e 69-bis nonche'
l'art. 54, comma 3.».



 
Art 5.
(Applicazione dell'articolo 4 della legge n. 381 del 1991)
1. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 4, comma 1, della legge 8 novembre 1991, n. 381, come modificato dall'articolo 1 della legge 22 giugno 2000, n. 193, la sospensione dell'esecuzione della pena, ai sensi della presente legge, si considera misura alternativa.



Nota all'art. 5:
- Si riporta il testo del comma 1 dell'art. 4 della
legge 8 novembre 1991, n. 381 (disciplina delle cooperative
sociali), come modificato dall'art. 1 della legge 22 giugno
2000, n. 193:
«Art. 4 (Persone svantaggiate). - 1. Nelle cooperative
che svolgono le attivita' di cui all'art. 1, comma 1,
lettera b), si considerano persone svantaggiate gli
invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di
ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in
trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli
alcolisti, i minori in eta' lavorativa in situazioni di
difficolta' familiare, le persone detenute o internate
negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati
ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro
all'esterno ai sensi dell'art. 21 della legge 26 luglio
1975, n. 354, e successive modificazioni. Si considerano
inoltre persone svantaggiate i soggetti indicati con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con il Ministro della sanita', con il
Ministro dell'interno e con il Ministro per gli affari
sociali, sentita la commissione centrale per le cooperative
istituita dall'art. 18 del citato decreto legislativo del
Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e
successive modificazioni.».



 
Art. 6
(Relazione al Parlamento)
1. Ogni anno il Ministro della giustizia riferisce al Parlamento sullo stato di attuazione della presente legge.
 
Art. 7.
(Applicazione della legge)
1. Le disposizioni della presente legge si applicano nei confronti dei condannati in stato di detenzione ovvero in attesa di esecuzione della pena alla data di entrata in vigore della medesima.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 1° agosto 2003

CIAMPI

Berlusconi, Presidente del Consiglio
dei Ministri

Visto, il Guardasigilli: Castelli

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LAVORI PREPARATORI

Camera dei Deputati (atto n. 3323):
Presentato dall'on. Pisapia ed altri il 29 ottobre
2002.
Assegnato alla II commissione (Giustizia), in sede
referente, l'8 novembre 2002 con parere della commissione
I.
Esaminato dalla II commissione il 20 novembre 2002, 3,
10, 11, 12, 17, 18 e 22 dicembre 2002.
Esaminato in aula il 16, 21 e 22 gennaio 2003 e
approvato in un Testo unificato con l'atto n. 3386 (Fanfani
ed altri) il 4 febbraio 2003.
Senato della Repubblica (atto n. 1986):
Assegnato alla 2ª commissione (Giustizia), in sede
referente, in data 6 febbraio 2003 con pareri della 1ª, 3ª,
11ª, 12ª e Commissione speciale in materia d'infanzia e di
minori.
Esaminato dalla 2ª commissione il 5, 12, 18, 27 marzo
2003 e 1° aprile 2003.
Esaminato in aula il 7, 8, 15 maggio 2003, 11, 19,
24 giugno 2003 e approvato con modificazioni il 25 giugno
2003.
Camera dei Deputati (atto n. 3323-3386-B):
Assegnato alla II commissione (Giustizia), in sede
referente, in data 30 giugno 2003, con il parere della
commissione I.
Esaminato dalla II commissione, in sede referente, il
1°, 2 e 3 luglio 2003.
Esaminato in aula il 7, 9 luglio 2003 e approvato, con
modificazioni, il 10 luglio 2003.
Senato della Repubblica (atto n. 1986-B):
Assegnato alla 2ª commissione (Giustizia), in sede
referente, in data 11 luglio 2003, con pareri della 1ª
commissione e Commissione speciale in materia di infanzia e
minori.
Esaminato dalla 2ª commissione il 17, 21, 24, 28 e
30 luglio 2003.
Esaminato in aula e approvato, con modificazioni, il
31 luglio 2003.
Camera dei Deputati (atto n. 3323-3383-D):
Assegnato alla II commissione (Giustizia), in sede
legislativa, il 1° agosto 2003 con il parere della
commissione I.
Esaminato dalla II commissione e approvato il 1° agosto
2003.
 
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