Gazzetta n. 244 del 16 ottobre 2004 (vai al sommario)
DECRETO LEGISLATIVO 2 agosto 2004, n. 256
Correzione di errori materiali nei decreti legislativi 9 luglio 2003, n. 215 e n. 216, concernenti disposizioni per la parita' di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, nonche' in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;
Vista la direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, sull'attuazione del principio della parita' di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica e la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parita' di trattamento in materia di occupazione e di condizione di lavoro;
Vista la legge 1° marzo 2002, n. 39, ed in particolare gli articoli 1, comma 4, e 29;
Visti i decreti legislativi 9 luglio 2003, n. 215, e n. 216, che hanno rispettivamente recepito le predette direttive;
Considerata la necessita' di procedere alla correzione di meri errori materiali riscontrati nei citati decreti legislativi;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 29 luglio 2004;
Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per le pari opportunita';

E m a n a

il seguente decreto legislativo:

Art. 1. Modifica all'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215

1. Nel decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, all'articolo 4, comma 6, le parole: «della sentenza» sono sostituite dalle seguenti: «del provvedimento».



Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia, ai sensi
dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
modificate o alle quali e' operato il rinvio. Restano
invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.
Per le direttive CEE vengono forniti gli estremi di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita'
europee (GUCE).

Note alle premesse:
- L'art. 76 della Costituzione stabilisce che
l'esercizio della funzione legislativa non puo' essere
delegato al Governo se non con determinazione di principi e
criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per
oggetti definiti.
- L'art. 87 della Costituzione conferisce, tra l'altro,
al Presidente della Repubblica il potere di promulgare le
leggi e di emanare i decreti aventi valore di legge ed i
regolamenti.
- La direttiva 2000/43/CE e' pubblicata in GUCE n.
L 180 del 19 luglio 2000.
- La direttiva 2000/78/CE e' pubblicata in GUCE n.
L 303 del 2 dicembre 2000.
- La legge 1° marzo 2002, n. 39, reca: «Disposizioni
per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza
dell'Italia alle Comunita' europee. Legge comunitaria
2001». Gli articoli 1, comma 4, e 29 cosi' recitano:
«Art. 1. - 1.-3. (Omissis).
4. Entro un anno dalla data di entrata in vigore di
ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel
rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dalla
presente legge, il Governo puo' emanare, con la procedura
indicata nei commi 2 e 3, disposizioni integrative e
correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del
comma 1».
«Art. 29 (Attuazione della direttiva 2000/43/CE, che
attua il principio della parita' di trattamento fra le
persone indipendentemente dalla razza e dall'origine
etnica). - 1. Il Governo e' delegato ad emanare, entro il
termine e con le modalita' di cui all'art. 1, commi 1 e 2,
uno o piu' decreti legislativi al fine di dare organica
attuazione alla direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del
29 giugno 2000, e di coordinare le disposizioni vigenti in
materia di garanzie contro le discriminazioni per cause
direttamente o indirettamente connesse con la razza o
l'origine etnica, anche attraverso la modifica e
l'integrazione delle norme in materia di garanzie contro le
discriminazioni, ivi compresi gli articoli 43 e 44 del
testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,
di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nel
rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) assicurare il rispetto del principio della parita'
di trattamento fra le persone, garantendo che le differenze
di razza od origine etnica non siano causa di
discriminazione, in un'ottica che tenga conto del diverso
impatto che le stesse forme di razzismo possono avere su
donne e uomini, dell'esistenza di forme di razzismo e di
forme di discriminazione a carattere culturale e religioso
mirate in modo particolare alle donne, e dell'esistenza di
discriminazioni basate sia sul sesso sia sulla razza od
origine etnica;
b) definire la nozione di discriminazione come
"diretta" quando, a causa della sua razza od origine
etnica, una persona e' trattata meno favorevolmente di
quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una
situazione analoga; definire la nozione di discriminazione
come "indiretta" quando una disposizione, un criterio, una
prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente
neutri mettono persone di una determinata razza od origine
etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto
ad altre persone, salvo che tale disposizione, criterio,
prassi, atto, patto o comportamento siano giustificati da
ragioni oggettive, non basate sulle suddette qualita'
ovvero, nel caso di attivita' di lavoro o di impresa,
riguardino requisiti essenziali al loro svolgimento;
nell'ambito delle predette definizioni sono comunque fatte
salve le disposizioni che disciplinano l'ingresso ed il
soggiorno dei cittadini dei Paesi terzi e il loro accesso
all'occupazione e all'impiego; prevedere che siano
considerate come discriminazioni anche le molestie quando
venga posto in essere, per motivi di razza o di origine
etnica, un comportamento indesiderato che persista, anche
quando e' stato inequivocabilmente dichiarato dalla persona
che lo subisce come offensivo, cosi' pregiudicando
oggettivamente la sua dignita' e liberta', ovvero creando
un clima di intimidazione nei suoi confronti;
c) promuovere l'eliminazione di ogni discriminazione
diretta e indiretta e prevedere l'adozione di misure
specifiche, ivi compresi progetti di azioni positive,
dirette ad evitare o compensare svantaggi connessi con una
determinata razza od origine etnica;
d) prevedere l'applicazione del principio della
parita' di trattamento senza distinzione di razza od
origine etnica sia nel settore pubblico sia nel settore
privato, assicurando che, ferma restando la normativa
sostanziale di settore, la tutela giurisdizionale e
amministrativa sia azionabile quando le discriminazioni si
verificano nell'ambito delle seguenti aree:
1) condizioni di accesso all'occupazione e al
lavoro sia dipendente che autonomo, compresi i criteri di
selezione, le condizioni di assunzione, nonche' gli
avanzamenti di carriera;
2) accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento
e formazione professionale, perfezionamento e
riqualificazione professionale, inclusi i tirocini
professionali;
3) occupazione e condizioni di lavoro, comprese le
condizioni di licenziamento e la retribuzione;
4) attivita' prestata presso le organizzazioni dei
lavoratori o dei datori di lavoro e accesso alle
prestazioni erogate da tali organizzazioni;
5) protezione sociale, compresa la sicurezza
sociale;
6) assistenza sanitaria;
7) prestazioni sociali;
8) istruzione;
9) accesso a beni e servizi e alla loro fornitura,
incluso l'alloggio;
e) riconoscere la legittimazione ad agire nei
procedimenti giurisdizionali e amministrativi anche ad
associazioni rappresentative degli interessi lesi dalla
discriminazione, su delega della persona interessata;
prevedere che, in caso di discriminazione collettiva, anche
quando non siano individuabili in modo immediato e diretto
le persone lese dalla discriminazione, la domanda possa
essere proposta dalle suddette associazioni;
f) prevedere criteri oggettivi che dimostrino
l'effettiva rappresentativita' delle associazioni di cui
alla lettera e);
g) prevedere che quando la persona che si ritiene
lesa dalla discriminazione fornisce all'autorita'
giudiziaria elementi di fatto idonei a fondare, in termini
gravi, precisi e concordanti, l'indizio dell'esistenza di
una discriminazione diretta o indiretta, spetti al
convenuto l'onere della prova sull'insussistenza della
discriminazione; tale onere non e' previsto per i
procedimenti penali;
h) prevedere le misure necessarie per proteggere le
persone da trattamenti o conseguenze sfavorevoli, quale
reazione a un reclamo o a un'azione volta a ottenere il
rispetto del principio di parita' di trattamento;
i) prevedere l'istituzione nell'anno 2003 presso il
Dipartimento per le pari opportunita' della Presidenza del
Consiglio dei Ministri di un ufficio di controllo e di
garanzia della parita' di trattamento e dell'operativita'
degli strumenti di garanzia, diretto da un responsabile
nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un
Ministro da lui delegato, che svolga attivita' di
promozione della parita' e di rimozione delle
discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica,
in particolare attraverso:
1) l'assistenza indipendente alle persone lese
dalle discriminazioni nei procedimenti giurisdizionali o
amministrativi intrapresi;
2) lo svolgimento di inchieste indipendenti in
materia di discriminazione, nel rispetto delle prerogative
e delle funzioni dell'autorita' giudiziaria;
3) la promozione dell'adozione, da parte di
soggetti pubblici o privati, di misure specifiche, ivi
compresi progetti di azioni positive, dirette a evitare o
compensare svantaggi connessi con una determinata razza od
origine etnica;
4) la formulazione di pareri e la formulazione di
proposte di modifica della normativa vigente in materia;
5) la formulazione di raccomandazioni su questioni
connesse con le discriminazioni fondate sulla razza o
sull'origine etnica;
6) la redazione di una relazione annuale al
Parlamento sull'applicazione del principio di parita' di
trattamento e sull'operativita' dei meccanismi di tutela
contro le discriminazioni fondate sulla razza o
sull'origine etnica, nonche' di una relazione annuale al
Presidente del Consiglio dei Ministri sull'attivita' svolta
nell'anno precedente;
7) la diffusione delle informazioni relative alle
disposizioni vigenti in materia di parita' di trattamento
fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine
etnica;
l) prevedere che l'ufficio di cui alla lettera i)
possa avvalersi anche di personale di altre amministrazioni
pubbliche, ivi compresi magistrati e avvocati e procuratori
dello Stato, nonche' di esperti e di consulenti.
2. All'onere derivante dall'istituzione dell'ufficio di
cui al comma 1, lettere i) e l), valutato in 2.035.357 euro
annui a decorrere dal 2003, si provvede ai sensi dell'art.
21 della legge 16 aprile 1987, n. 183.
3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 2,
l'applicazione dei criteri e dei principi enunciati nel
presente articolo non comporta oneri aggiuntivi per il
bilancio dello Stato.
4. Gli schemi di decreto legislativo di cui al presente
articolo sono trasmessi alla Camera dei deputati e al
Senato della Repubblica perche' su di essi sia espresso
entro sessanta giorni dalla data di trasmissione, il parere
dei competenti organi parlamentari. Decorso inutilmente
tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza del
parere parlamentare».
- Il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, reca:
«Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parita' di
trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e
dall'origine etnica».
- Il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, reca:
«Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parita' di
trattamento in materia di occupazione e di condizioni di
lavoro».
Nota all'art. 1:
- Per il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215,
vedi note alle premesse. Il testo dell'art. 4, cosi' come
modificato dal presente decreto, cosi' recita:
«Art. 4 (Tutela giurisdizionale dei diritti). - 1. La
tutela giurisdizionale avverso gli atti e i comportamenti
di cui all'art. 2 si svolge nelle forme previste dall'art.
44, commi da 1 a 6, 8 e 11, del testo unico.
2. Chi intende agire in giudizio per il riconoscimento
della sussistenza di una delle discriminazioni di cui
all'art. 2 e non ritiene di avvalersi delle procedure di
conciliazione previste dai contratti collettivi, puo'
promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'art.
410 del codice di procedura civile o, nell'ipotesi di
rapporti di lavoro con le amministrazioni pubbliche, ai
sensi dell'art. 66 del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165, anche tramite le associazioni di cui all'art. 5,
comma 1.
3. Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza
di un comportamento discriminatorio a proprio danno, puo'
dedurre in giudizio, anche sulla base di dati statistici,
elementi di fatto, in termini gravi, precisi e concordanti,
che il giudice valuta ai sensi dell'art. 2729, primo comma,
del codice civile.
4. Con il provvedimento che accoglie il ricorso il
giudice, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento
del danno anche non patrimoniale, ordina la cessazione del
comportamento, della condotta o dell'atto discriminatorio,
ove ancora sussistente, nonche' la rimozione degli effetti.
Al fine di impedirne la ripetizione, il giudice puo'
ordinare, entro il termine fissato nel provvedimento, un
piano di rimozione delle discriminazioni accertate.
5. Il giudice tiene conto, ai fini della liquidazione
del danno di cui al comma 4, che l'atto o il comportamento
discriminatorio costituiscono ritorsione ad una precedente
azione giudiziale ovvero ingiusta reazione ad una
precedente attivita' del soggetto leso volta ad ottenere il
rispetto del principio della parita' di trattamento.
6. Il giudice puo' ordinare la pubblicazione del
provvedimento di cui ai commi 4 e 5, a spese del convenuto,
per una sola volta su un quotidiano di tiratura
nazionale.».



 
Art. 2. Modifiche agli articoli 4 e 5 del decreto legislativo 9 luglio 2003,
n. 216

1. Al decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all'articolo 4, comma 7, le parole: «della sentenza» sono sostituite dalle seguenti: «del provvedimento»;
b) all'articolo 5, comma 1, la parola: «nazionali» e' sostituita dalla seguente: «sindacali».
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.
Dato a Roma, addi' 2 agosto 2004

CIAMPI

Berlusconi, Presidente del Consiglio
dei Ministri
Buttiglione, Ministro per le politiche
comunitarie
Maroni, Ministro del lavoro e delle
politiche sociali
Prestigiacomo, Ministro per le pari
opportunita' Visto, il Guardasigilli: Castelli



Note all'art. 2:
- Per il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216,
vedi note alle premesse. Il testo dell'art. 4, cosi' come
modificato dal presente decreto, cosi' recita:
«Art. 4 (Tutela giurisdizionale dei diritti). - 1.
All'art. 15, comma 2, della legge 20 maggio 1970, n. 300,
dopo la parola "sesso" sono aggiunte le seguenti: ", di
handicap, di eta' o basata sull'orientamento sessuale o
sulle convinzioni personali".
2. La tutela giurisdizionale avverso gli atti e i
comportamenti di cui all'art. 2 si svolge nelle forme
previste dall'art. 44, commi da 1 a 6, 8 e 11, del testo
unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,
approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
3. Chi intende agire in giudizio per il riconoscimento
della sussistenza di una delle discriminazioni di cui
all'art. 2 e non ritiene di avvalersi delle procedure di
conciliazione previste dai contratti collettivi, puo'
promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'art.
410 del codice di procedura civile o, nell'ipotesi di
rapporti di lavoro con le amministrazioni pubbliche, ai
sensi dell'art. 66 del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165, anche tramite le rappresentanze locali di cui
all'art. 5.
4. Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza
di un comportamento discriminatorio a proprio danno, puo'
dedurre in giudizio, anche sulla base di dati statistici,
elementi di fatto, in termini gravi, precisi e concordanti,
che il giudice valuta ai sensi dell'art. 2729, primo comma,
del codice civile.
5. Con il provvedimento che accoglie il ricorso il
giudice, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento
del danno anche non patrimoniale, ordina la cessazione del
comportamento, della condotta o dell'atto discriminatorio,
ove ancora sussistente, nonche' la rimozione degli effetti.
Al fine d impedirne la ripetizione, il giudice puo'
ordinare, entro il termine fissato nel provvedimento, un
piano di rimozione delle discriminazioni accertate.
6. Il giudice tiene conto, ai fini della liquidazione
del danno di cui al comma 5, che l'atto o comportamento
discriminatorio costituiscono ritorsione ad una precedente
azione giudiziale ovvero ingiusta reazione ad una
precedente attivita' del soggetto leso volta ad ottenere il
rispetto del principio della parita' di trattamento.
7. Il giudice puo' ordinare la pubblicazione del
provvedimento di cui ai commi 5 e 6, a spese del convenuto,
per una sola volta su un quotidiano di tiratura nazionale.
8. Resta salva la giurisdizione del giudice
amministrativo per il personale di cui all'art. 3, comma 1,
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165».
- Il testo dell'art. 5, cosi' come modificato dal
presente decreto, cosi' recita:
«Art. 5 (Legittimazione ad agire). - 1. Le
rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative a livello nazionale, in forza
di delega, rilasciata per atto pubblico o scrittura privata
autenticata, a pena di nullita', sono legittimate ad agire
ai sensi dell'art. 4, in nome e per conto o a sostegno del
soggetto passivo della discriminazione, contro la persona
fisica o giuridica cui e' riferibile il comportamento o
l'atto discriminatorio.
2. Le rappresentanze locali di cui al comma 1 sono,
altresi', legittimate ad agire nei casi di discriminazione
collettiva qualora non siano individuabili in modo diretto
e immediato le persone lese dalla discriminazione».



 
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