Gazzetta n. 33 del 10 febbraio 2005 (vai al sommario)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
CIRCOLARE 3 febbraio 2005, n. 4
Lavoro intermittente, articoli 33 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Chiarimenti e indicazioni operative.

Alle direzioni regionali e
provinciali del lavoro
All'INPS, direzione centrale
ispettorato
All'INAIL, direzione centrale
ispettorato
All'ENPALS, direzione generale
servizio contributi e vigilanza
All'INPGI, direzione per la
riscossione dei contributi e
vigilanza
All'IPSEMA, direzione per la
riscossione dei contributi e
vigilanza
All'ENASARCO, unita' organizzativa
vigilanza e coordinamento
All'Agenzia delle entrate direzione
centrale accertamento
e, per conoscenza:
Comando Carabinieri ispettorato del
lavoro
Comando generale della guardia di
finanza
Alla direzione generale per la
tutela delle condizioni di lavoro
Al SECIN
Alla provincia autonoma di Bolzano
Alla provincia autonoma di Trento
Alla regione siciliana -
assessorato lavoro e previdenza
sociale - ispettorato regionale del
lavoro

Premessa.
In attuazione dell'art. 4 della legge 14 febbraio 2003, n. 30, in materia di occupazione e mercato del lavoro e' stata introdotta nel nostro ordinamento una nuovatipologia di contratto denominato - in ragione della intermittenza o discontinuita' della prestazione lavorativa - «lavoro intermittente». Detta tipologia contrattuale si presenta in una duplice versione, con o senza l'obbligo di corrispondere una indennita' di disponibilita', a seconda della scelta del lavoratore di vincolarsi o meno all'obbligo di rispondere alla chiamata del datore di lavoro. Ad esso si applica, per quanto compatibile, la normativa prevista per il rapporto di lavoro subordinato, ma limitatamente ai periodi in cui il lavoratore si trova a svolgere effettivamente la prestazione lavorativa oggetto del contratto. Durante i periodi di inattivita' o di disponibilita', invece, tali norme non risultano essere applicabili e il lavoratore di conseguenza maturera' esclusivamente una indennita' di disponibilita' se e in quanto contrattualmente prevista.
Finalita' della nuova tipologia contrattuale e' quella di dare adeguata veste giuridica a prestazioni di lavoro discontinue e intermittenti, anche al fine di regolarizzare prassi esistenti e quantitativamente rilevanti di lavoro non dichiarato o comunque non regolare. Emblematico e', per esempio, il fenomeno del «lavoro a fattura», con l'emissione di semplici note o fatture a titolo di lavoro autonomo da parte di soggetti a cui e' in realta' richiesta una prestazione lavorativa a chiamata con caratteristiche tipiche del lavoro dipendente. Si tratta di prassi che ledono gravemente i diritti dei prestatori di lavoro e che risultano distorsive della stessa competizione corretta tra imprese. Definizione e tipologie.
Il contratto di lavoro intermittente e' disciplinato dagli articoli 33-40 del decreto legislativo n. 276 del 2003.
L'art. 33 definisce il contratto di lavoro intermittente come quel contratto con il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne puo' utilizzare la prestazione lavorativa nei limiti di cui al successivo art. 34 e cioe':
1) per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulali da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale o territoriale;
2) per periodo predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno ai sensi del successivo art. 37;
3) in via sperimentale con soggetti in stato di disoccupazione con meno di 25 anni di eta' ovvero con lavoratori con piu' di 45 anni che siano stati espulsi dal ciclo produttivo o che siano iscritti dalla liste di mobilita' e di collocamento.
Si tratta dunque di una particolare tipologia di lavoro dipendente attivabile in ragione della ricorrenza di determinate condizioni oggettive, individuate come tali dai contratti collettivi ovvero dalla stesso decreto legislativo n. 276/2003 per periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell'anno e in via sperimentale, in ragione delle condizioni soggettive del prestatore di lavoro.
L'art. 40 inoltre prevede che, in assenza disciplina contrattuale, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali «individua in via provvisoria e con proprio decreto... i casi in cui e' ammissibile il ricorso al lavoro intermittente». Tale intervento ministeriale e' peraltro rinvenibile nel decreto ministeriale 23 ottobre 2004 il quale ammette la stipulazione di contratti di lavoro intermittente con riferimento alle tipologie di attivita' indicate nella tabella allegata al regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657. Ambito di applicazione.
Il decreto legislativo n. 276 del 2003 ammette dunque, in via sperimentale, il ricorso al lavoro intermittente di tipo a-causale in funzione cioe' delle sole condizioni soggettive del prestatore di lavoro e, precisamente, con riferimento a:
a) giovani disoccupati e inoccupati con meno di 25 anni di eta' ai sensi del decreto legislativo n. 181/2000 come modificato dal decreto legislativo n. 297/2002;
b) disoccupati con piu' di 45 anni di eta' che siano stati espulsi dal ciclo produttivo o siano iscritti alle liste di mobilita' e di collocamento.
Ai fini della stipulazione di un contratto di lavoro intermittente di tipo a-causale il concetto di disoccupato si desume dall'art. 1 del decreto legislativo n. 181 del 2000, come moditicato dal decreto legislativo n. 297 del 2002, la' dove fa riferimento alla «condizione del soggetto privo di lavoro, che sia immediatamente disponibile allo svolgimeiito e alla ricerca di un'attivita' lavorativa secondo modalita' definite con i servizi competenti». Lo stesso articolo individua la condizione di giovane inoccupato in quella del soggetto di eta' inferiore ai 25 anni che, senza aver svolto in precedenza alcuna attivita' lavorativa, sia alla ricerca di occupazione da piu' di sei mesi. Il concetto di «lavoratore espulso dal ciclo produttivo» va inteso, secondo la ratio della legge n. 3 del 2003, in senso atecnico e ampio, con riferimento cioe' anche a coloro che hanno estinto il rapporto usufruendo di incentivi all'esodo.
Accanto alle ipotesi sperimentali, il contratto di lavoro intermittente puo' essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno ai sensi dell'art. 37.
In attuazione del disposto di cui all'art. 40 del decreto legislativo n. 276 del 2003 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e' peraltro intervenuto a individuare in via provvisoria e con proprio decreto, stante la perdurante assenza dei contratti collettivi, i casi in cui e' ammissibile il ricorso al lavoro intermittente ai sensi della disposizione di cui all'art. 34, comma 1, e dell'art. 37, comma 2. Il decreto ministe-riale 23 ottobre 2004 ha rinviato, a questo proposito, alle tipologie di attivita' indicate nella tabella allegata al regio decreto n. 2657de1 1923.
Coerentemente al disposto di cui all'art. 40 del decreto legislativo n. 276 del 2003, e in aderenza alla lettera del decreto ministeriale 23 ottobre 2004 che rinvia alle «tipologie di attivita» di cui alla tabella allegata al regio decreto n. 2657 del 1923, le attivita' ivi indicate devono essere considerate come parametro di riferimento oggettivo per sopperire alla mancata individuazione da parte della contrattazione collettiva alla quale il decreto ha rinviato per l'individuazione delle esigenze a carattere discontinuo ed intermittente specifiche per ogni settore. Pertanto i requisiti dimensionali e le altre limitazioni alle quali il regio decreto fa riferimento (es. autorizzazione dell'ispettore del lavoro) non operano ai fini della individuazione della tipologia di attivita' lavorativa oggetto del contratto di lavoro intermittente. Non rileva pertanto neppure un giudizio caso per caso circa la natura intermittente o discontinua della prestazione essendo questo compito rinviato ex ante alla contrattazione collettiva o, in assenza, al decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali cui spetta il compito di individuare, mediante una elencazione tipologica o per clausole generali, quelle che sono le esigenze che consentono la stipulazione dei contratti di lavoro intermittente. Forma del contratto.
Ai sensi dell'art. 35 del decreto legislativo n. 276 del 2003 il contratto di lavoro intermittente deve essere stipulato in forma scritta ai fini della prova dei seguenti elementi:
a) l'indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, previste dall'art. 34, del decreto legislativo n. 276 del 2003 che consentono la stipulazione del contratto;
b) il luogo e la modalita' della disponibilita', eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che in ogni caso non puo' essere inferiore a un giorno lavorativo. Nel caso in cui il datore abbia piu' sedi o piu' unita' produttive deve essere espressamente specificato per quale sede si intende garantire la propria disponibilita' se per una sola o per tutte;
c) il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa indennita' di disponibilita', ove prevista;
d) l'indicazione delle forme e modalita' con cui il datore di lavoro e' legittimato a richiedere l'esecuzione della prestazione di lavoro, nonche' delle modalita' di rilevazione della prestazione adottate in azienda (registrazione libro presenze, badge ecc.). Ai fini dell'art. 36, comma 5, nel contratto deve essere specificata la modalita' della chiamata che deve essere effettuata in forma scritta (fax, e-mail, telegramma o raccomandata) oppure in forma orale. Deve altresi' essere prevista la forma e la modalita' della conferma da parte del lavoratore come anche il termine entro il quale farla pervenire al datore di lavoro. Tale termine deve essere compatibile con il preavviso;
e) i tempi e le modalita' di pagamento della retribuzione e della indennita' di disponibilita'. Si ritengono applicabili le norme previste per il contratto di lavoro subordinato, pertanto il datore di lavoro e' tenuto a consegnare al lavoratore un prospetto paga, secondo le disposizioni previste in materia, contenente gli estremi retribuiti come gli assegni familiari e tutti gli altri elementi che compongono la retribuzione nonche' le eventuali trattenute;
f) le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attivita' dedotta in contratto.
Nel caso in cui nel contratto non siano espressamente riportati gli elementi sopra indicati, lo stesso sara' integrato dalle indicazioni previste dai contratti collettivi. Al fine di indicare gli elementi di cui sopra, le parti devono recepire le indicazioni contenute nei contratti collettivi ove previste. Il datore di lavoro e' altresi' tenuto a informare con cadenza annuale - o piu' frequentemente se previsto dalla contrattazione collettiva - le rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, sull'andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente.
Il contratto intermittente puo' essere stipulato a tempo determinato ovvero a tempo indeterminato secondo quanto si ricava sia dal tenore degli articoli 33-40 del decreto legislativo n. 276 del 2003 sia da quanto esplicitamente previsto dall'art. 33, comma 2, il quale ammette la stipulazione del contratto intermittente anche a tempo determinato. Con riferimento alla assunzione a tempo determinato va chiarito che non e' applicabile la disciplina del decreto legislativo n. 368 del 2001, che infatti non e' espressamente richiamata dal decreto legislativo n. 276 del 2003 come avviene invece, per esempio, con riferimento, al contratto di inserimento al lavoro. Peraltro anche le ragioni che legittimano la stipulazione del contratto a termine sono, in questo caso, espressamente indicate dalla legge e/o dalla contrattazione collettiva per cui sarebbe inappropriato il richiamo all'art. 1 del decreto legislativo n. 368 del 2001 come condizione per la legittima stipulazione del contratto di lavoro intermittente.
La lettera dell'art. 35, comma 1, non impone alcun obbligo contrattuale in merito all'orario ed alla collocazione temporale della prestazione lavorativa. Nessuna specifica e', altresi', prevista per regolare l'alternanza dei periodi lavorati con i periodi di inattivita' o disponibilita'.
Cio' corrisponde a una scelta ben precisa del legislatore di lasciare tale determinazione alla libera autonomia contrattale delle parti in linea con l'impostazione complessiva della disciplina del contratto di lavoro intermittente che suggerisce esclusivamente uno schema contrattuale di base, e quindi flessibile, adatto a essere modulato e adeguato a seconda delle esigenze specifiche di volta in volta individuate dalle parti contraenti. Il datore di lavoro, infatti, puo' decidere di stipulare un contratto di lavoro intermittente in base alla sola previsione di una effettiva necessita' di personale aggiuntivo in quanto, al momento della stipulazione del contratto, non gli e' dato sapere con assoluta certezza e precisione le sue reali future esigenze. Non trova dunque applicazione, neppure per analogia, la disciplina del lavoro a tempo parziale, configurando il lavoro intermittente una fattispecie lavorativa sui generis.
Resta tuttavia da considerare che si tratta pur sempre di un contratto di lavoro dipendente, ragione, per cui la libera determinazione delle parti contraenti opera, quantomeno con riferimento alla tipologia con obbligo di risposta alla chiamata del datore di lavoro, nell'ambito della normativa di legge e di contratto collettivo applicabile, con specifico riferimento alla disciplina in materia di orario di lavoro. Adempimenti amministrativi.
Ai fini degli adempimenti amministrativi previsti per l'assunzione, anche, per il contratto intermittente valgono le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 297 del 2002 e dunque l'invio della comunicazione ai servizi per l'impiego competenti entro cinque giorni dalla avvenuta assunzione. Con l'unica differenza che il datore di lavoro sara' tenuto a una comunicazione iniziale, al momento della stipulazione del contratto, e non anche alle altre conseguenti, fermo restando l'obbligo di informare le rappresentanze sindacali, ove presenti, con cadenza annuale circa l'andamento delle assunzioni con contratto di lavoro intermittente e le relative chiamate.
Con la comunicazione ai servizi competenti i datori di lavoro dovranno specificare la obbligatorieta' o meno della chiamata e le modalita' della eventuale disponibilita' concordata.
Gli obblighi connessi alla stipulazione del contratto di lavoro e, in particolare, l'iscrizione al libro paga e matricola e la comunicazione all'INAIL, saranno soddisfatti, alla stessa stregua degli altri rapporti di lavoro, solo una volta, al momento della stipulazione del relativo contratto. Cumulo con altri contratti di lavoro.
Gli articoli 33-40 del decreto legislativo n. 276 del 2003 non prevedono alcun divieto per quanto riguarda la stipulazione di piu' contratti di lavoro intermittente con datori di lavoro differenti.
Nulla vieta, inoltre, l'ammissibilita' di porre in essere un contratto intermittente e altre differenti tipologie contrattuali a patto che siano tra loro compatibili e che non risultino di ostacolo con i vari impegni negoziali assunti dalle parti. Come detto, nel caso di assunzione a termine, non opera la disciplina di cui al decreto legislativo n. 368 del 2001. Contratto di lavoro intermittente per periodi predeterminati.
Ai fini dell'applicabilita' del contratto intermittente ai sensi dell'art. 37, si intende:
a) week-end: il periodo che va dal venerdi' pomeriggio, dopo le ore 13, fino alle ore 6 del lunedi' mattina;
b) vacanze natalizie: il periodo che va dal l° dicembre al 1° gennaio;
c) vacanze pasquali: il periodo che va dalla domenica delle Palme al martedi' successivo il Lunedi' dell'Angelo;
d)ferie estive: i giorni compresi dal 1° giugno al 30 settembre.
Ulteriori periodi predeterminati potranno essere individuati dalla contrattazione collettiva a seconda di esigenze specifiche proprie per ciascun settore. Inoltre i periodi sopra individuati potranno essere a loro volta modificati da eventuali interventi dell'autonomia collettiva per adeguarli alle effettive necessita' di ogni comparto produttivo. Indennita' di disponibilita'.
Il contratto di lavoro intermittente si presenta in una duplice versione, rispettivamente con o senza l'obbligo di corrispondere una indennita' di disponibilita', a seconda che il lavoratore si vincoli o meno a rispondere alla chiamata. L'obbligo di rispondere alla chiamata deve essere espressamente pattuito nel contratto di lavoro intermittente.
L'indennita' di disponibilita' copre i periodi durante i quali il lavoratore rimane in attesa di utilizzazione garantendo la sua disponibilita' al datore di lavoro.
L'indennita' non e' anticipata alla stipulazione del contratto ma e' corrisposta a consuntivo alla fine del mese.
Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata del datore di lavoro da parte del prestatore che si e' obbligato contrattualmente, ricevendo l'indennita' di disponibilita', puo' comportare la risoluzione del contratto, la restituzione della quota di indennita' di disponibilita' riferita al periodo successivo all'ingiustificato rifiuto, nonche' un risarcimento del danno nella misura fissata dai contratti collettivi, in mancanza, dal contratto di lavoro.
La misura dell'indennita' mensile di disponibilita', divisibile in quote orario, viene stabilita dai contratti collettivi e comunque non puo' essere inferiore alla misura prevista dal decreto ministeriale 10 marzo 2004 individuata nella misura del 20 per cento della retribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato.
Il lavoratore che svolga le prestazioni solo in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno, cosi' come indicati nel precedente paragrafo, nell'ipotesi in cui si obblighi a rispondere alla chiamata del datore di lavoro, ha diritto a percepire l'indennita' di disponibilita' solo in caso di effettiva chiamata. Occorre peraltro precisare che, salvo diversa previsionedei contratti collettivi, in tali casi il datore di lavoro e' tenuto a corrispondere l'indennita' di disponibilita' per tutto il periodo di inattivita' precedente e posteriore alla chiamata stessa, indennita' calcolata secondo le modalita' previste dal decreto ministeriale 10 marzo 2004. Nell'eventualita' in cui, invece, il datore di lavoro non effettui alcuna chiamata per tutta la durata del contratto non e' tenuto a corrispondere al lavoratore alcuna indennita'.
In caso di malattia o di altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore e' tenuto a informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell'impedimento. Durante il periodo di temporanea indisponibilita' non matura il diritto alla indennita' di disponibilita'. Ove il lavoratore non provveda a tale adempimento, perde il diritto alla indennita' di disponibilita' per un periodo di quindici giorni, salva diversa previsione del contratto individuale.
L'indennita' di disponibilita' e' esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo con la conseguenza che essa non rileva sia ai fini del calcolo per il TFR che della tredicesima e quattordicesima previsti dai contratti collettivi. Trattamento economico normativo e previdenziale.
Ai fini del trattamento economico, normativo e previdenziale occorre distingure periodi in cui il lavoratore effettivamente svolge la prestazione lavorativa rispetto a quelli di inattivita'.
Infatti, per i periodi lavorati si applica il principio di non discriminazione in base al quale, fermi restando i divieti di discriminazione diretta o inidiretta previsti dalla legislazione vigente, il lavoratore intermittente non deve ricevere un trattamemito economico normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello, a parita' di mansioni svolte. Viceversa, per tutto il perido durante il quale il lavoratore resta disponibile a rispondere alla chiamata del datore di lavoro, ma non lavora, non e' titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati ne' matura alcun trattamento economico e normativo, salvo l'indennita' di disponibilita'.
Secondo quanto previsto dal comma 2 dell'art. 38 trovano applicazione gli istituti normativi tipici del lavoro subordinato in misura «proporzionale» rispetto alla prestazione lavorativa effettivamente eseguita tenendo conto dell'importo della retribuzione globale e delle sue singole componenti nonche' per quanto riguarda le ferie, trattamenti di malattia, infortunio e malattie prolessionali e congedi parentali.
Si evidenzia, inoltre, che ai sensi dell'art. 39, il prestatore di lavoro intermittente e' computato nell'organico dell'impresa in proporzione all'orario di lavoro effettivamente svolto nell'arco di ciascun semestre.
In caso di malattia professionale e infortunio trova applicazione la disciplimia prevista per il lavoro subordinato, se questi eventi si verificano in ragione del rapporto di lavoro. Se, al contrario, la malattia e l'infortunio si verificano durante i periodi di inattivita' o disponibilita' la predetta normativa non trova applicazione. Ai sensi dell'art. 36, comma 4, il lavoratore deve tempestivamente darne comunicazione al datore di lavoro, per non incorrere nelle sanzioni previste dallo stesso articolo.
Le modalita' di calcolo della indennita' di malattia, maternita' e disoccupazione saranno approfondite in apposite circolari esplicative a cura degli enti competenti.
Occorre precisare che, per gli altri istituti normativi e previdenziali non espressamente citati dal decreto legislativo, opera la disciplina del lavoro subordinato, per quanto compatibile. In materia di assegni per il nucleo familiare e' dunque applicabile al lavoro intermittente la normativa prevista per il lavoro subordinato secondo quanto stabilito dall'art. 2 del decreto-legge n. 69 del 1988, convertito con la legge n. 153 del 1988. Trova inoltre applicazione l'indennita' di disoccupazione, ove ne ricorrano i requisiti (ridotti o ordinari), limitatamente per i periodi non lavorativi in quanto nel lavoro intermittente la scelta della modalita' e della durata della prestazione lavorativa deriva da esigenze discontinue ed intermittenti, quindi dalla oggettive caratteristiche della stessa. Trovano altresi' applicazione le disposizioni in materia di permessi e congedi parentali compresa la misura di incentivazione di cui all'art. 9 della legge n. 53 del 2000. Trattamento contributivo e fiscale.
Il datore di lavoro e' tenuto a versare i contributi, oltre che sull'importo della retribuzione corrisposta, sull'effettivo ammontare della indennita' di disponibilita', anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo.
Il lavoratore, inoltre, ha la possibilita' di integrare la contribuzione fino a concorrenza della retribuzione convenzionale. In particolare, ai sensi dell'art. 36, comma 7, del decreto legislativo n. 276 del 2003, con decreto ministeriale verra' stabilita la misura della retribuzione convenzionale in riferimemito alla quale i lavoratori a chiamata potranno versare la differenza contributiva per i periodi in cui abbiano percepito una retribuzione inferiore rispetto a quella convenzionale ovvero abbiano usufruito della indennita' di disponibilita' fino a concorrenza della medesima misura.
Il trattamento economico derivante dal contratto collettivo costituisce reddito di lavoro subordinato e trova pertanto applicazione la disciplina prevista dall'art. 51 del TUIR cio' in virtu' del fatto che il contratto intermittente e' un contratto di lavoro subordinato.
Si precisa, inoltre, che anche l'indennita' ha natura reddituale ex art. 51 in quanto rintra in quelle «somme o valori percepiti» in relazione al rapporto di lavoro subordinato. Per quanto riguarda le modalita' di calcolo della deduzione fiscale previsa dall'art. 11 del TUIR si rinvia all e indicazioni operative che saranno fornite in tal senso dalla Direzione generale dell'Agenzia delle entrate.
Roma, 3 febbraio 2005
Il Ministro: Maroni
 
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