Gazzetta n. 198 del 26 agosto 2005 (vai al sommario)
MINISTERO DELL'INTERNO
DECRETO 10 agosto 2005
Rimozione dei signori Salvatore Iacono e Calogero Lo Giudice dalle cariche di consigliere dell'amministrazione provinciale di Agrigento.

IL MINISTRO DELL'INTERNO
Visto che i signori Salvatore Iacono e Calogero Lo Giudice sono stati eletti consiglieri dell'amministrazione provinciale di Agrigento nelle consultazioni del 25 maggio 2003;
Rilevato che sui predetti consiglieri grava un procedimento penale per reati di particolare gravita' connessi a fatti che si pongono in contrasto con l'esercizio delle funzioni pubbliche cui sono preposti e con le esigenze di decoro, di dignita' e di prestigio delle cariche elettive ricoperte;
Considerato altresi' che la permanenza dei signori Salvatore Iacono e Calogero Lo Giudice nelle predette cariche espone l'attivita' amministrativa ad una potenzialita' di inquinamento ed ingenera nella popolazione una situazione di allarme sociale che espone l'ordinata e civile convivenza a gravi rischi di turbativa e minaccia la sicurezza delle istituzioni locali;
Viste le condizioni di fatto lesive degli interessi della comunita' locale;
Ritenuto, pertanto, che ricorrano gli estremi per far luogo alla rimozione dei sopracitati amministratori;
Visto l'art. 142 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
Vista la relazione allegata al presente decreto e che ne costituisce parte integrante;
Decreta:
I signori Salvatore Iacono e Calogero Lo Giudice sono rimossi dalle cariche di consigliere dell'amministrazione provinciale di Agrigento.
Roma, 10 agosto 2005
Il Ministro dell'interno: Pisanu
 
Allegato
Al Ministro dell'interno
I signori Salvatore Iacono e Calogero Lo Giudice sono stati eletti consiglieri dell'amministrazione provinciale di Agrigento nelle consultazioni elettorali del 25 maggio 2003.
A conclusione di complesse indagini investigative, nelle quali e' stata rilevata la presenza nel territorio provinciale di una forte e radicata organizzazione mafiosa che ha potuto contare sull'appoggio di esponenti politici e funzionari pubblici per perseguire i propri illeciti scopi, l'autorita' giudiziaria ha rinviato a giudizio, il 10 marzo 2005, il sig. Iacono, per abuso d'ufficio commesso con l'aggravante di cui all'art. 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito con legge 12 luglio 1991, n. 203, ovverosia con comportamenti concludenti ai fini di agevolare l'attivita' di una organizzazione mafiosa, ed il sig. Lo Giudice, per il reato di cui all'art. 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito con legge 7 agosto 1992, n. 356, per avere, in concorso, acquisito fittiziamente denaro, illecitamente detenuto da un suo stretto congiunto, al fine di convertirlo in euro.
Sebbene i fatti contestati non attengano all'attuale mandato elettivo, il provvedimento cautelare restrittivo della liberta' che ha colpito il sig. Iacono, al termine della predetta attivita' investigativa, suffragato dal successivo decreto di rinvio a giudizio, che ha interessato entrambi i suddetti consiglieri provinciali, ha delineato uno sconcertante intreccio con la criminalita' organizzata volto a condizionare la vita amministrativa ed economica della provincia, nel quale il sig. Iacono, in particolare, ha sicuramente avuto un ruolo rilevante.
In particolare, il reato addebitato al sig. Iacono risulta commesso in concorso con un amministratore regionale, del quale e' stretto collaboratore e uomo di fiducia, rinviato a giudizio per il reato di associazione mafiosa ai sensi dell'art. 416-bis c.p. e diversi altri reati contro la pubblica amministrazione.
Dagli atti giudiziari emerge come il sig. Iacono, all'epoca dei fatti incardinato in un importante ufficio pubblico, abbia attuato una spregiudicata gestione della cosa pubblica, svincolata dalle fondamentali regole del diritto e finalizzata al perseguimento di interessi di tipo affaristico, curando, nell'ambito del gruppo di potere costituito da esponenti politici, pubblici funzionari e criminalita' organizzata, specifici interessi collegati agli equilibri espressi dal territorio ed alla presenza negli enti locali di persone di fiducia strumentali al consolidamento del gruppo.
Emerge, altresi', dall'impianto accusatorio del provvedimento cautelare restrittivo della liberta', che i rapporti del sig. Iacono con gli ambienti mafiosi, segnatamente con una famiglia di nota e consolidata tradizione mafiosa, hanno assunto connotati di grave turbativa, in particolare, in occasione di ricorrenze elettorali nonche' attraverso il condizionamento delle procedure di finanziamento di opere pubbliche.
La gravita' delle pendenze processuali e il contesto in cui i fatti addebitati sono maturati delineano un profilo dell'amministratore Iacono in netto contrasto con l'esercizio della pubblica funzione di cui il medesimo e' investito.
Parimenti, dalle risultanze investigative, relative alle attivita' illecite del gruppo politico-affaristico-delinquenziale, a seguito delle quali sono stati emessi i decreti di rinvio a giudizio, emerge un coinvolgimento in esse del Calogero Lo Giudice ben piu' rilevante rispetto a quello che, prima facie, potrebbe apparire dallo specifico fatto, di per se' stesso grave, a lui contestato in sede giudiziaria. Il quadro d'insieme risultante dalla tipicita' dei fatti nei quali e' coinvolto il congiunto di Calogero Lo Giudice, dai riscontri effettuati circa le interferenze di esponenti della criminalita' organizzata in significative ricorrenze elettorali, dalla strumentale investitura a presidente del consiglio provinciale, rende attendibile il configurarsi di situazioni potenzialmente lesive del principio di liberta' di determinazione della volonta' dell'organo collegiale di cui Calogero Lo Giudice, pur essendosi dimesso dalla carica di presidente, continua a far parte.
La presenza nell'organo elettivo di tali amministratori da' corpo a gravi rischi di condizionamento dell'attivita' del medesimo, deputato alla gestione della res publica, pregiudicando l'ordinato e corretto funzionamento dello stesso.
I principi di accorto e responsabile esercizio delle funzioni pubbliche, richiedono comportamenti degli amministratori che escludono pericoli di influenza delle decisioni degli organi elettivi attraverso un condizionamento continuo destinato a deviare il regolare e democratico operare verso fini particolari.
E' evidente che la permanenza dei signori Salvatore Iacono e Calogero Lo Giudice nelle cariche di consiglieri rischia di compromettere la legalita' e la trasparenza dell'azione amministrativa, con grave pericolo di turbativa dell'ordine pubblico considerato che la loro attivita' e' stata strumentale al perseguimento degli interessi del gruppo politico-affarististico-delinquenziale.
Tale contesto giustifica ragionevolmente sulla base delle circostanze di fatto illustrate, un giudizio di attualita' e di concretezza della compromissione di quel complesso di beni primari e valori sociali fondamentali nel quale si sostanzia l'ordine pubblico.
Il prefetto di Agrigento, accertato il configurarsi dell'ipotesi prevista dall'art. 142 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ha formulato proposta per l'adozione del provvedimento di rimozione dei signori Salvatore Iacono e Calogero Lo Giudice dalla carica di consiglieri provinciali, con relazione del 14 giugno 2005, che qui si intende integralmente richiamata.
Tutto cio' premesso, si ritiene che sussistano le condizioni per addivenire alle citate rimozioni ricorrendo la fattispecie dei gravi motivi di ordine pubblico disciplinata dall'art. 142 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Mi pregio, pertanto, di sottoporre alla firma della SV. Ill.ma l'unito schema di decreto con il quale si provvede alla rimozione dei suddetti amministratori dalla carica ricoperta nell'amministrazione provinciale di Agrigento.
Roma, 4 agosto 2005
p. Il Capo Dipartimento: De Martino
 
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