Gazzetta n. 251 del 2005-10-27
MINISTERO DELLE ATTIVITA' PRODUTTIVE
DECRETO 2 settembre 2005
Linee di indirizzo per l'attivita' promozionale 2006.

IL MINISTRO DELLE ATTIVITA' PRODUTTIVE
Vista la legge 16 marzo 1976, n. 71, recante «Modifica delle procedure amministrative e contabili in materia di attivita' promozionale delle esportazioni italiane»;
Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante «Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti»;
Vista la legge 25 marzo 1997, n. 68, recante «Riforma dell'Istituto Nazionale per il Commercio Estero» ed, in particolare, l'art. 7;
Visto il decreto ministeriale 11 novembre 1997, n. 474 - modificato con decreto ministeriale 3 marzo 2000, n. 88 - concernente «Regolamento recante approvazione dello statuto dell'Istituto Nazionale per il Commercio Estero»;
Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, recante «Riforma dell'organizzazione del Governo» ed, in particolare, il Capo VI;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 2001, n. 175, recante «Regolamento di organizzazione del Ministero delle attivita' produttive»;
Stante l'esigenza di emanare le Linee direttrici per l'attivita' promozionale per il 2006, sulle quali si e' favorevolmente espresso il Comitato consultivo dell'ICE, come da comunicazione del suo Presidente in data 1° agosto 2005;
Decreta:
Art. 1.
Sono emanate le Linee di indirizzo per l'attivita' promozionale per il 2006, riportate in allegato.
Dette Linee di indirizzo sono trasmesse all'I.C.E., ai sensi dell'art. 7, comma 1 della legge 25 marzo 1997, n. 68, perche' sulla loro base l'Istituto elabori il piano delle attivita' promozionali da sottoporre all'approvazione della competente Direzione generale del Ministero, in conformita' a quanto stabilito dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Esse costituiscono, inoltre, atto di indirizzo e di orientamento dell'attivita' promozionale svolta all'estero dagli Enti pubblici.
Art. 2.
Il presente decreto verra' inviato alla Corte dei conti per la registrazione e sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
Roma, 2 settembre 2005
Il Ministro: Scajola Registrato alla Corte dei conti il 23 settembre 2005 Ufficio controllo atti Ministeri delle attivita' produttive, registro n. 4, foglio n. 59
Allegato

PREMESSA
Animati dal proposito di fornire elementi di conoscenza e di valutazione del processo di internazionalizzazione, negli ultimi anni sono stati inseriti nelle Linee guida dell'attivita' promozionale molti dati ed analisi. Quest'anno ci si vuole concentrare particolarmente su come reagire e sulle azioni da realizzare per contrastare la negativa situazione economica nazionale.
L'aumento del grado di internazionalizzazione della nostra economia continua ad essere l'obiettivo unificante delle molteplici attivita' nelle quali si dipana ogni anno la politica promozionale. Un obiettivo strategico, sintesi di un processo articolato, finalizzato a rilanciare le esportazioni, a favorire il radicamento delle imprese sui mercati esteri e ad attrarre turismo ed investimenti in Italia.
Il Ministero delle Attivita' Produttive ritiene essenziale il perseguimento dell'obiettivo di accrescere il grado di internazionalizzazione perche' l'apertura verso l'estero obbliga ad organizzarsi, a finalizzare bene l'impiego delle risorse, a confrontarsi, a cogliere le opportunita', in sintesi, ad essere piu' competitivi. Nell'affrontare mercati aperti sara' rafforzata la politica di promozione e di tutela del "Made in Italy" per difendere le nostre produzioni dalle varie forme di concorrenza sleale. A tal fine, il Ministero sta svolgendo una fitta pressione anche in sede comunitaria per sollecitare la Commissione UE e i singoli partner a far avanzare sollecitamente la proposta presentata dall'Italia in modo che sia tradotta presto in un regolamento comunitario che renda obbligatoria l'apposizione dell'etichettatura di origine "Made in" su tutti i prodotti importati, come avviene gia' in tutti i principali Paesi.
Le Linee guida per il 2006 vengono redatte in un momento che, pur nella ovvia continuita' delle scelte strategiche, potremmo definire di "mezzo guado". Alle spalle, un 2004 contrassegnato da una forte ripresa delle esportazioni mondiali (+20% ca nel 2004, dopo +15% nel 2003), da una prepotente crescita dell'Asia (Cina e India) e dal rilancio delle Americhe. In raffronto, un aumento del PIL, modesto in Europa (+2%), stentato in Italia (+1%), che le ultime previsioni (CE) fissano all'1,2% nel 2005 e all'1,7% nel 2006, ma continuamente riviste al ribasso.
L'Europa e' contemporaneamente alle prese con il processo di metabolizzazione dell'allargamento a 25 Paesi di un anno fa e con il problematico rafforzamento dei poteri costituzionali dell'Unione. Eventi di portata storica, apportatori di cambiamenti che determinano fasi di diffusa incertezza e difficolta', principalmente nelle imprese non in grado di afferrare i vantaggi insiti nelle nuove situazioni.
Gli effetti della congiuntura nazionale e dei cambiamenti europei si sommano a quelli derivanti dall'inserimento nel ciclo di sviluppo economico di giganti come la Cina e l'India, nuovi poli economici, che si pongono come assi privilegiati nei rapporti Sud-Sud del pianeta.
I mercati affrontano nuove tensioni sulle materie prime, sull'energia, sull'ambiente, sui commerci, sulla divisione internazionale del lavoro e sugli equilibri finanziari.
Questo complesso scenario presenta, pero', altrettante grandi opportunita': nuovi mercati di sbocco, nuove combinazioni produttive, nuovi campi di collaborazione.
La difficolta' di tale sfida e' determinata non soltanto dall'ampiezza, ma dalla intensita' dei fenomeni che nell'attuale fase di transizione puo' provocare conseguenze gravi nelle imprese e nei paesi meno attrezzati e meno pronti. E' un momento nel quale sembra delinearsi un futuro in discontinuita' con il passato, con la nostra piattaforma di certezze.
Non e' forse fuori luogo ricordare che la scoperta delle Americhe ha spostato i traffici marittimi dal Mediterraneo ai mari del Nord. L'industrializzazione dell'Ottocento ha provocato giganteschi spostamenti dalle campagne e dalle botteghe ai capannoni industriali, alle citta'. Volendo stabilire, non senza forzature, analogie, la nuova centralita' dell'Asia puo' riposizionare favorevolmente i porti del Mediterraneo, in particolare dell'Italia.
Nell'immediato, comunque, per superare il senso di incertezza e di precarieta' inoculato dalla globalizzazione sia nelle imprese che nei cittadini, e' necessario adottare con urgenza moduli organizzativi piu' efficienti in grado di attutire i colpi e di rispondere alla sfida degli "orizzonti brevi" e delle "aspettative decrescenti".
Per l'Italia e', pero', improcrastinabile porsi anche il problema del futuro. Riflettere sul proprio posizionamento economico-commerciale nel nuovo quadro mondiale e fare della politica di internazionalizzazione una vera priorita' nazionale.
Per rendere piu' agevole la lettura, le "Linee direttrici" sono state divise in tre parti, che seguono la "premessa".
Nella prima parte vengono riportati alcuni dati che aiutano a capire le difficolta' competitive all'estero dell'export italiano, causate dalle note carenze strutturali e dalle difficolta', con radici decennali, ma poste in luce dall'euro. Per riflettere bene la realta' economica vengono, pero', evidenziati anche gli aspetti positivi spesso trascurati.
La seconda parte contiene le strategie, le modalita' e le azioni da attivare per recuperare competitivita' attraverso una politica industriale dell'internazionalizzazione. Questa parte si conclude con le indicazioni rivolte all'ICE, attore principale della realizzazione delle strategie.
La terza parte descrive, in sostanza, le attivita' che, in coerenza con le strategie indicate, gia' vengono svolte dal Ministero in collaborazione con le Regioni e tutti gli altri soggetti.
Novita' di rilievo sono i temi relativi agli "Sportelli Italia all'estero" ai Desk di orientamento e di assistenza legale e agli interventi a sostegno degli studi di fattibilita' connessi ad investimenti all'estero di aggregazioni, filiere, distretti e Consorzi di imprese, nonche' ad Universita' e Parchi Tecnoscientifici che trainino imprese in specifiche collaborazioni ed investimenti con Universita' ed imprese estere.
PARTE I

QUADRO NAZIONALE
I dati sull'andamento dell'economia nazionale, nonostante i molti isolati esempi di affermazione sui mercati esteri, mostrano il nostro Paese in condizioni non ottimali per rispondere alla crescente concorrenzialita' mondiale.
Molti dei problemi hanno solo apparentemente natura congiunturale. Le loro radici sono annose e profonde. Diversa e' l'influenza attribuita a ciascuno: carenze infrastrutturali, inadeguata presenza di grandi imprese e conseguente preponderante peso delle PMI e dei settori tradizionali, insufficiente organizzazione degli investimenti in innovazione, carenze del sistema formativo, permanenza di aree di inefficienza e di settori protetti, struttura proprietaria delle imprese, mercato dei capitali non efficiente, inadeguatezza della Pubblica Amministrazione.
Il dato sulla competitivita' e' in calo da diversi decenni ed e' oggi attestato su valori negativi e piu' bassi di quelli degli altri paesi industrializzati.
L'economia italiana, basata su pur vitali piccole e medie imprese, attive per lo piu' nei settori tradizionali, incontra maggiori ostacoli in un mondo globalizzato, caratterizzato dalla crescente influenza dei paesi emergenti sull'economia mondiale e da difficolta' di adeguamento al nuovo contesto della stessa Unione Europea.
L'adesione all'Euro ha inserito l'Italia nel contesto di stabilita' economico-finanziario europeo, ma rendendo inattivabile la leva compensativa della svalutazione, ha fatto emergere crudamente i nostri problemi ed i ritardi strutturali.
L'andamento del tasso di cambio reale non conferma, come dimostra una recente analisi dell'Ufficio Studi dell'ICE, che la perdita di competitivita' sui mercati internazionali dipenda dall'Euro.
D'altro canto, non bisogna dimenticare che con l'euro forte la Germania e' diventato il primo esportatore mondiale. Essa, data la diversa struttura economica ha forse colto meglio di tutti, anche per ragioni di vicinanza economica le opportunita' derivanti, in primo luogo, dal passaggio all'economia di mercato dei Paesi dell'Est Europa. Il prezzo dell'adeguamento e' stato un forte rialzo del tasso di disoccupazione, dovuto allo spostamento all'estero di molte produzioni, ma esso, in presenza di un alto tasso di investimenti e di ricerca, ha forse un carattere transitorio connesso al suo riposizionamento globale.
Lo stesso andamento delle quote di mercato mostra che la quota delle esportazioni italiane a partire dal 1988 diminuisce costantemente, con eccezione degli anni 93-95, a seguito della svalutazione del 1992.
Tuttavia - come riportato da un attuale e interessante studio dell'Osservatorio Economico MAP-ICE - negli ultimi dieci anni (1994-2004) l'Italia ha perso 0,6 punti percentuali sul totale mondiale delle esportazioni, passando da 4,4% a 3,8%; pari a - 0,9 e' la diminuzione percentuale della quota della Francia e del Regno Unito, a -2,9% e' quella degli Stati Uniti, e a -3% del Giappone. In aumento, invece, Spagna (+0,2%), Germania (+0,1%), Cina (+3,7%).
In questo quadro, e' significativo il dato evidenziato dallo stesso studio che pone in rilievo l'incidenza dell'export sul PIL nei maggiori paesi UE fra il 2000 e il 2004. Da esso si rileva che per l'Italia la percentuale e' passata dal 22,3% del 2000 al 20,8% del 2004 (-1,5%), in presenza di una limitata crescita del PIL. In Francia si scende dal 24,6% al 21,9% (-2,7%), nel Regno Unito dal 19,8% al 16,3% (-3,5%), in Spagna dal 19,8% al 17,1% (-2,7%), mentre si differenzia da tutti la Germania che vede passare il peso dell'export sul PIL dal 29 al 33,2% (+4,2%).
A completamento dell'analisi viene riportato anche l'andamento delle esportazioni di beni e servizi del quinquennio 2000-2004, che mostra un aumento del 9,1%, ma un'incidenza nel PIL in diminuzione del -1,6%, analogo a quello delle sole merci. In sostanza, la buona performance delle nostre esportazioni si e' concretizzata in vendite di merci all'estero, dopo le diminuzioni del 2002-2003, cresciute ad un tasso del 6,1%, superiore a quello di Francia (+4,1%), Regno Unito (+3,2%), Spagna (+4,0%), anche se staccato dal +10,4% della Germania. I servizi mostrano una diminuzione lieve dell'incidenza sul PIL passando dai 69.561 milioni di Euro (valori correnti) del 2000 (5,95%) a 79.287 (5,87%). In realta', in un'economia post industriale, caratterizzata da un peso crescente del terziario, i servizi dovrebbero veder crescere il rapporto con il PIL ad un tasso superiore.
Merita di essere segnalato che nel 2004, a fronte di un'alta quotazione dell'Euro e di una produzione industriale stagnante o in diminuzione i prezzi dell'export sono cresciuti del 3,8%. Dalle prime statistiche relative al primo trimestre 2005 il deflatore delle esportazioni e' aumentato ad un tasso del 5,7%.
Alcuni dati relativi alla composizione del nostro export - oggetto di un'esauriente analisi nell'ultimo bollettino "Scambi con l'estero" n. 1/2005 - evidenziano bene le differenze rispetto ai nostri partner europei.
I settori "scale intensive" pesano sull'export italiano (2003) per il 27,9% rispetto al 40,3% della Francia, al 38% della Germania, al 27,6 del Regno Unito e al 44,1% della Spagna.
I settori "specialized suppliers" (macchinari specializzati) costituiscono il 25% in Italia, 23,5% in Germania, il 19,5% nel Regno Unito, il 16,4% in Francia e 1'11,8% in Spagna. Un indicatore efficace delle nostre capacita' nella meccanica strumentale connesse al peso dei settori manifatturieri.
I settori "science based" fanno registrare una percentuale del 26,2% nel Regno Unito, del 17,3% in Francia, del 16% in Germania, del 10,5% in Spagna e solo del 10,4 in Italia.
Altrettanto significativi sono i dati relativi ai "raggruppamenti principali di industrie" che mostrano una rilevante importanza dei beni di consumo, che hanno un peso percentuale (2004) del 32,1% di cui 22,8% non durevoli e 9,2% durevoli, mentre e' del 33,3% quello dei beni strumentali e del 32,3% quello dei prodotti intermedi. La tipologia dei prodotti spiega in buona parte le maggiori difficolta' competitive incontrate dai settori di nostra specializzazione anche a causa delle alte quotazioni dell'Euro rispetto al dollaro.
Sul versante delle importazioni spicca il dato della bolletta energetica, pari a 35.866 milioni di euro ed un peso del 12,7% sul totale dell'import, che spiega piu' di tante analisi le difficolta' delle nostre imprese a comprimere i costi di prodotti "labour e energy intensive" entro limiti competitivi.
Per completare il quadro nazionale, e' opportuno riprende dal Rapporto Annuale 2004 ISTAT-ICE la composizione delle nostre imprese esportatrici, attori principali della capacita' di vendere e di essere presenti all'estero. Su di esse e sulle nostre capacita' attuali deve essere, infatti, impostata la politica di internazionalizzazione, che deve ovviamente essere correlata alla promozione di cio' che abbiamo.
Un sommario richiamo dei dati sulle nostre imprese esportatrici e', infatti, utile a ricordare che:
- la maggior parte delle imprese esportatrici sono piccole e medie. Dei 181.082 (+2% rispetto all'anno precedente) esportatori, il 93% circa (168.515 imprese) ha meno di 50 dipendenti ed esporta il 30% (77.574 mln €) del totale (258.888 mln di €);
- le medie imprese esportatrici - fra 50 e 250 dipendenti - sono 11.521 (6,3%) e fanno registrare vendite all'estero per il 27% (71.460 mln €) circa del totale;
- sono solo 2.046 (1,12% ca) le imprese esportatrici con piu' di 250 dipendenti. Esse, pero', realizzano il 42,5% (109.854 mln €) del totale del nostro fatturato oltrefrontiera.
In sintesi, il 7,3% delle imprese (circa 13.000) totalizza il 70% delle vendite italiane di merci all'estero. Al di la' di tutte le analisi, e' decisivo per la politica promozionale riuscire ad elevare tale percentuale ed a radicare sui mercati questi protagonisti.
Si e' convinti che anche molte piccole imprese, se opportunamente incentivate ed accompagnate, abbiano le capacita' ed i requisiti per affermarsi sui mercati esteri.
In conclusione i dati riportati mostrano una sostanziale buona capacita' di competere della nostra economia, nonostante i limiti derivanti dalla mancanza di grandi imprese (scale intensive), le carenze nei settori "science based" e dalla specializzazione nei settori manifatturieri tradizioni (tessile, abbigliamento, calzature), popolati da molte piccole imprese, piu' esposte alla concorrenza di prezzo dei paesi emergenti. La debolezza deriva dal fatto che la specializzazione manifatturiera - ancora vincente se basata sulla qualita' - non e' sostanzialmente mutata negli ultimi cinque anni.
La ridotta dimensione delle imprese non trova piu' risposte positive nemmeno nella pur positiva esperienza dei distretti, che mostrano evidenti difficolta' a competere nei nuovi scenari. Anche per essi, gli studiosi e i manager ipotizzano nuove soluzioni che portano a configurare "metadistretti" e "distretti virtuali".
Oltre alle carenze infrustrutturali richiamate e ai costi energetici, sono da citare l'inadeguatezza della nostra presenza nei canali della commercializzazione all'estero e degli investimenti in logistica, che rendono difficile anche lo sfruttamento dei vantaggi geografici dell'Italia, come piattaforma logistica proiettata nel Mediterraneo e potenziale "hub" dell'oriente verso il Nord Europa.
Il sistema bancario italiano, quale fonte di finanziamento delle imprese, solo negli ultimi anni si e' decisamente avviato verso una maggiore concorrenza e verso un diffuso processo di internazionalizzazione. Questa nuova scelta strategica puo' rappresentare un elemento importante per rafforzare le politiche di internazionalizzazione di accompagnamento delle PMI.
La crisi di competitivita' del nostro export ha fatto emergere un largo consenso sulla necessita' di politiche stringenti di sostegno all'internazionalizzazione, valorizzando le peculiarita' della nostra economia, le nostre eccellenze ed organizzando l'inserimento delle nostre PMI sui mercati esteri.
PARTE II

STRATEGIE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE
Una politica di rilancio deve essere centrata su interventi da realizzare nel breve periodo, per evitare l'aggravamento della situazione, ma non puo' prescindere dall'avviare contemporaneamente riflessioni di fondo, che partano dall'analisi delle cause del deterioramento della nostra capacita' competitiva e, in particolare, dell'industria italiana, cominciata a delinearsi gia' negli anni ottanta.
Nell'ambito della politica di rilancio, l'internazionalizzazione gioca un ruolo trasversale importante.
E' pertanto necessario passare da una visione dell'internazionalizzazione come un complesso di azioni e di servizi di mero sostegno ad un'organica politica industriale internazionale.
Bisogna mettersi di fronte al nuovo mappamondo per ridisegnare il posizionamento dell'Italia nelle diverse aree geoeconomiche sia in termini strutturali che di progetti promozionali.
Strategie promozionali e imprese
Un'organica politica di internazionalizzazione deve, quindi, favorire sia la crescita dimensionale e le fusioni - come gia' disposto con il recente decreto sulla competitivita' - sia l'esigenza di andare sui mercati esteri per spingere le imprese di minore dimensione verso l'aggregazione in modo che all'estero facciano azioni congiunte di promozione, di servizi, di produzione.
I dati relativi al sostegno della Simest Spa in favore degli investimenti italiani all'estero mostrano che le imprese create all'estero hanno frequentemente un numero di addetti e, talvolta, dimensioni superiori a quelle della casa-madre.

Internazionalizzazione e delocalizzazione
La strategia di distribuire all'estero la fabbricazione di prodotti, se attuata in maniera intelligente, permette di assicurarsi sbocchi di mercato stabili ed allargati non solo nei paesi di insediamento, ma anche nelle aree di influenza, grazie anche ai loro specifici accordi di libero scambio. Una visione globale per costruire, a seconda dei casi, nuovi mercati, opportunita' produttive, piattaforme operative verso altri paesi.
Non si intende certamente favorire la delocalizzazione cosiddetta "selvaggia". Anzi, per difendere l'occupazione il recente provvedimento sulla competitivita' disincentiva tali casi di trasferimento all'estero di attivita'. Tuttavia, non si puo' operare in mercati dilatati dall'abbassamento delle frontiere e degli ostacoli daziari e non tariffari senza una visione globale che estenda le riflessioni, come gia' fanno i concorrenti, al concetto di "fabbrica distribuita", agli accordi distributivi e produttivi, che travalicano i confini nazionali e continentali.
Nel quadro della politica di internazionalizzazione, occorre misurarci con i criteri nuovi di gestione della catena del valore distribuita in diversi paesi. Si tratta di superare per alcuni versi lo stesso concetto della delocalizzazione, che spinge a produrre nelle aree a minor costo del lavoro per passare ad una visione mondiale che permette di ipotizzare le diverse fasi del processo produttivo e distributivo intelligentemente ripartite in "operazioni" espanse internazionalmente direttamente dalle imprese-madri o in collegamento con altre imprese.
E' necessario mettere in conto che la sola variabile del costo del lavoro non puo' essere, e in effetti non lo e', l'unico paradigma dell'internazionalizzazione, dato che l'aumento del livello di vita - specie nei paesi dell'Est Europa - comportera' una inevitabile crescita dei salari ed un'evoluzione del livello dei consumi.
Diviene, pertanto, necessario avere in molti casi una presenza produttiva diretta per sintonizzarsi meglio sulle esigenze dei clienti, essere tempestivi nei rifornimenti, ridurre le incertezze e i costi di trasporto e dell'accumulo di scorte, creare una rete di relazioni con le imprese locali.
Questi collegamenti possono riguardare anche un solo prodotto o componenti. E' strategico decidere quali parti produrre nella filiera aziendale e quali affidare a filiere esterne per arrivare fino alle frontiere dell'one to one marketing, che permette, avvalendosi di call center specializzati, di contattare individualmente gruppi di imprese potenziali clienti appositamente selezionati..
La visione mondiale della "fabbrica" giunge fino alla ricerca e sviluppo, al codesign dei prodotti, alla scelta dei fornitori esterni, al rapporto di cooperazione - competizione con i concorrenti.
E' in questa logica che si parla di impresa multiaziendale, di azienda in rete, di alleanze su specifici mercati, prodotti e processi anche per periodi limitati. Paradossalmente l'alta quotazione dell'euro, fattore di freno delle esportazioni, e' un vantaggio per procedere ad acquisizioni e per attivare partnership all'estero.
Questo multiposizionamento globale favorisce una combinazione ottimale dei fattori e consente di presidiare la scacchiera dei concorrenti nei singoli mercati.
Tale strategia, ora spesso casuale, non deve destare preoccupazioni sotto il profilo occupazionale, i dati statistici mostrano che le imprese italiane internazionalizzate sono anche quelle che hanno accresciuto di piu' l'occupazione all'interno.
Questo concetto della "fabbrica distribuita" e' importante anche perche', fatte le dovute differenze, da' un paradigma anche per ridisegnare il posizionamento strategico che il nostro paese deve assumere di fronte al nuovo scenario internazionale.
La rete di alleanze, di relazioni rappresenta il nuovo modo di estendere all'estero la specificita' dei diversi settori produttivi e del terziario. Diversamente modulate sono, infatti, le esigenze "critiche" delle varie branche: si va all'estero per assicurarsi l'approvvigionamento (import strategico) di energia, di materie prime ovvero per avviare collaborazioni industriali realizzando impianti, vendendo macchinari, offrendo assistenza tecnica, soluzioni logistiche o, in caso di beni di consumo, ricercando raccordi con le reti distributive. In altri paesi, la presenza dell'Italia puo' essere motivata dalla ricerca di partner industriali o commerciali affidabili (scouting) o dalla necessita' di stabilire contatti di fidelizzazione con i clienti.
Quindi, e' necessario caratterizzare la presenza all'estero in funzione di determinati obiettivi/settore/paese. La presenza istituzionale dell'Italia all'estero dovra' rispondere a tale disegno organizzativo. A queste esigenze di organicita' dovranno rispondere anche i costituendi sportelli unici e i desk per la tutela del Made in Italy.
Nel contesto dei cambiamenti geoeconomici sinteticamente ricordati e di dati nazionali decrescenti, la reazione proposta da questo documento si basa su azioni costruttive che contribuiscano a far superare le difficolta' congiunturali e su una strategia di piu' lungo periodo che "rimetta al centro" le "risorse umane", nostra principale materia prima. In parallelo con gli interventi sul sistema formativo, occorre pero' indirizzare decisamente le disponibilita' finanziarie sui miglioramenti organizzativi.
All'organizzazione della formazione nei suoi diversi aspetti, della ricerca, della promozione all'estero delle nostre imprese, specie delle PMI, del turismo e della promozione degli investimenti da e verso l'estero.
La reazione al clima di declino, di titubanza ad impegnarsi individualmente, ognuno nel proprio ruolo, non puo' essere basata solo sullo slogan "piu' ricerca ed innovazione". Il Ministero con un nuovo piano industriale intende indicare, con maggiore puntualita', che cosa ricercare e quali innovazioni incentivare di piu'. Dobbiamo avere a riferimento concrete prospettive industriali e puntare, come indicato dalla stessa Unione Europea, su cio' che noi europei, italiani, sappiamo fare: manufatti di alta qualita', macchinari, biotecnologie, informazioni, energie alternative, difesa e aerospazio. L'Italia, in particolare, deve valorizzare ancor piu' efficacemente anche il "laboratorio del bello", del design, della meccanica, del tempo libero. Questa caratteristica della nostra economia esalta l'importanza della politica promozionale, della costruzione di reti di relazioni all'estero, per accrescere l'attrattivita' della qualita' espressa dal territorio, dalla cultura, dal manifatturiero e dall'industria. E i mercati target devono essere proprio quelli che oggi ci appaiono come aggressori, competitori sleali. L'Oriente puo' essere il grande mercato di consumo, di sbocco del Made in Italy nel prossimo futuro.
Per impostare una politica di recupero della competitivita', ovviamente, non si puo' prescindere da interventi di medio lungo periodo nel campo della formazione, delle infrastruttura, dell'energia e dei servizi, anche per favorire lo spostamento verso settori innovativi. Nel breve, e' necessario considerare una priorita' la politica di promozione all'estero dell'immagine Italia e dei nostri prodotti, sviluppando una vera strategia di marca, del Made in Italy, della qualita'. Occorre evitare l'abbassamento della "quotazione" di mercato che ha il Made in Italy nel mondo!
Nei Paesi in cui piu' netta e' la tendenza all'innovazione si e' capito che e' la cultura in senso lato a generare un potenziale innovativo vincente se abbinato al processo tecnologico.
La scarsa attenzione agli aspetti organizzativi ed alla verifica dei risultati e' forse il "ventre molle" della nostra economia, a partire dalla Pubblica Amministrazione.
Le riforme in atto sono basate su un'incisivita' selettiva e coerente con una strategia nazionale, finalizzata all'obiettivo di posizionare l'Italia in maniera strategica nel nuovo scacchiere mondiale.
In questa direzione si sta lavorando intensamente per rafforzare la collaborazione fra i Ministeri e il raccordo con le realta' locali in modo che le imprese possano contare su una rete di presenza "pubblica" all'estero piu' organica ed efficiente.
Un impulso forte e' venuto dalla recente legge n. 56/05 sull'internazionalizzazione e dalle stesse leggi finanziarie che permettono di costituire gli "Sportelli Italia all'estero", i "desk di orientamento e di assistenza legale" e la realizzazione di campagne straordinarie di promozione del "Made in Italy".
Con i fondi messi a disposizione, sono stati e sono in corso di realizzazione eventi speciali in Cina e in Russia ed in altri Paesi/Aree di importanza strategica: NAFTA, Brasile, Turchia, Paesi dell'area Balcanica e della sponda sud Mediterraneo.
La legge n. 56, inoltre, incentiva ulteriormente il processo di partenariato con Regioni, Camere di Commercio, Associazioni di categoria, Universita' e sistemi fieristici, gia' decisamente avviato dal Ministero e dall'ICE.
Per la definizione delle strategie di internazionalizzazione si e' tenuto principalmente conto dei numerosi e importanti input ricevuti dagli Uffici ICE e dalle Ambasciate italiane, dalle Camere di commercio all'estero, nonche', nel territorio nazionale, dalle Regioni, dal sistema camerale e dagli altri attori che operano sui mercati internazionali.
Con il proposito di sintetizzare e dare organicita' alle proposte ed alle esigenze rilevate, sono stati enucleati quattro grandi obiettivi strategici, da perseguire nel quadro della "mission" di accrescere il grado di internazionalizzazione della nostra economia.
1) Riposizionamento strategico della presenza italiana all'estero utilizzando in maniera organica e modulare tutti gli attori che operano all'estero con funzioni "pubbliche";
2) Utilizzo della necessita' di internazionalizzazione come spinta all'aggregazione delle imprese minori;
3) Promozione e sostegno dei settori innovativi per favorire collaborazioni con l'estero "generatrici di conoscenza";
4) Tutela del Made in Italy attraverso azioni in sede comunitaria per far approvare la proposta che renda obbligatoria l'etichettatura "Made in .." sui prodotti importati e attraverso iniziative nazionali di promozione e di difesa sui mercati piu' importanti.
Gli obiettivi strategici indicati saranno perseguiti puntando ad una maggiore:
• razionalizzazione delle politiche di internazionalizzazione per centrarle sull'espansione e rafforzamento delle capacita' competitive delle imprese;
• focalizzazione delle politiche promozionali su settori/paese specifici, cui correlare iniziative costruite su gruppi di imprese portatrici di progetti concreti;
• "seguiti" delle missioni di diplomazia commerciale. In linea con lo sforzo di pragmatismo saranno elaborate iniziative volte alla verifica dei risultati ed alle azioni di "follow up".
Gia' nei mesi a venire si intende procedere alla valutazione delle iniziative realizzate (visite del Presidente Ciampi e del Presidente del Consiglio, nonche' del Presidente della Confindustria, le numerose missioni di diplomazia commerciale, forum imprenditoriali, seminari, workshop), delle loro ricadute nel sistema delle imprese e sull'immagine complessiva dell'Italia.
Dagli esiti si partira' per impostare nuove azioni in stretta collaborazione con le Confederazioni Nazionali delle imprese, con le Regioni, le Camere di commercio, il sistema fieristico e le stesse Universita'.
Piu' specificamente, per l'attuazione delle linee strategiche indicate verranno privilegiate le seguenti modalita' di raccordo:
- azioni ed orientamenti rivolti direttamente alle imprese. La concreta attuazione delle strategie e' ovviamente centrata sull'ICE, ma intende far perno di piu' sull'apporto delle Confederazioni - Associazioni di categoria quali "motori" dell'attivita' di informazione, formazione, selezione ed accompagnamento delle imprese. Insieme alle Confederazioni/Associazioni di categoria si cerchera' di costruire specifici progetti di insediamento e di presidio dei mercati nel tentativo di dare seguiti concreti all'attivita' promozionale e di diplomazia commerciale. Sulle piccole imprese, incluse quelle artigiane, verranno, in particolare, tarati progetti promozionali che favoriscano la loro aggregazione;
- rafforzamento del rapporto con le Regioni mediante una maggiore finalizzazione degli "accordi di programma" su iniziative di sistema, su filiere e distretti, su settori innovativi;
- valorizzazione della rete del sistema camerale che, operando in Italia e all'estero, puo' contribuire, integrando anche l'attivita' di Sviluppo Italia Spa, all'individuazione dei percorsi di internazionalizzazione piu' idonei per promuovere all'estero il "territorio", anche sotto il profilo turistico e per attrarre investimenti;
- ulteriore impulso alla collaborazione fra Universita' e Parchi tecnoscientifici ed imprese/distretti per ampliare le opportunita' offerte dall'estero, sfruttando piu' ampie possibilita' di collaborazione e di acquisizione di "conoscenze";
- valorizzazione delle funzioni dei costituendi Sportelli Unici all'estero e dei desk di orientamento e di assistenza legale per la tutela del Made in Italy in modo da contribuire anche alla difesa dei valori insiti nei nostri prodotti e al mantenimento delle capacita' professionali alla base delle eccellenze affermate nel mondo.
Ad alcuni non apparira' certo di attualita' parlare di maggiore apertura verso l'estero, in questa fase, ma le caratteristiche di un'economia di trasformazione come la nostra impongono piu' che ad altri la valorizzazione della posizione dell'Italia, quale acquirente e trasformatore di materie prime.
Finora, data la struttura del commercio internazionale, le materie prime dovevano essere importate. Oggi, l'evoluzione del contesto mondiale e, in particolare, la maggiore e dura concorrenzialita' esistente sui mercati impone di considerare attentamente, i vantaggi derivanti dalla "distribuzione" all'estero delle diverse fasi produttive, dall'importazione/rivendita di prodotti intermedi/finiti.
L'evoluzione intelligente dell'export e' dimostrata, inoltre, dalla capacita' di far seguire ai prodotti, ai macchinari, la vendita di servizi, che accrescano il valore aggiunto sia per il fornitore che per il cliente.
Nel perseguire questo riaggiustamento, il Ministero non trascura i problemi immediati e gravi che colpiscono le nostre produzioni mettendo a rischio la sopravvivenza delle imprese minori ed i livelli occupazionali.
All'invasione dei prodotti asiatici, infatti, si stanno gia' dando risposte concrete, cercando di mantenere un clima di comprensione e di collaborazione reciproca. Si sta procedendo su due piani:
1. azioni intense in sede comunitaria, che hanno gia' portato ad un accordo con la Cina, in base al quale le esportazioni verso l'UE di dieci prodotti tessili cinesi fino al 2008 non potranno superare il 10% di aumento annuo. Analoghe azioni sono in atto per giungere ad un simile accordo nel settore calzaturiero;
2. avvio di una campagna di tutela e di lotta alla contraffazione del Made in Italy. Questa campagna e' abbinata ad un programma di promozione straordinaria del Made in Italy, che occorre continuare nei prossimi anni, avvalendosi maggiormente dei mezzi di comunicazione di massa.
Sul piano della metodologia, per rendere piu' efficace l'allocazione delle risorse destinate alla promozione, le imprese sono state suddivise in gruppi dimensionali, cui, in linea di massima, dovrebbero corrispondere esigenze omogenee.
Grandi imprese
In genere, le Grandi imprese hanno una loro autonoma politica commerciale e promozionale con l'estero. Tuttavia la loro attivita' puo' costituire urta basilare funzione "locomotiva" per l'inserimento delle imprese minori e per impostare azioni di immagine e di promozione settoriale e di filiera.
A tal fine, le Grandi imprese saranno invitate al Ministero per singole audizioni nelle quali scambiare informazioni sulle linee di politica di internazionalizzazione.
Gli incontri avranno anche lo scopo di impostare azioni di "follow up" delle missioni di diplomazia commerciale, in particolare, delle grandi iniziative realizzate congiuntamente da ICE, Confindustria e ABI in occasione delle visite all'estero del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio. Questi incontri saranno utilizzati anche per valorizzare e coordinare l'attivita' svolta dalle numerose Commissioni miste e "Task Force".
Con le Confederazioni, sulla base delle indicazioni emerse nei primi contatti politici all'estero, sara' impostato anche un programma di lavoro che alle visite politiche faccia seguire missioni tecniche, centrate su progetti specifici da sottoporre alle controparti estere, valorizzando, in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri, anche iniziative integrate con i nostri Istituti di cultura all'estero e con gli addetti scientifici e culturali.
Con ciascuna Confederazione saranno inoltre individuate priorita' settoriali e geografiche in modo da rendere piu' selettiva la scelta delle iniziative promozionali.
Medie imprese
Le Medie imprese costituiscono il nucleo forte del nostro sistema esportativo. Il loro dinamismo e la loro capacita' di stare sui mercati, pur in presenza delle carenze richiamate, permettono di farne la principale piattaforma per razionalizzare le nostre azioni all'estero.
I loro investimenti, spesso realizzati in completa autonomia, rappresentano gli avamposti sui quali costruire il percorso di inserimento delle imprese minori. Esse,
insieme alla presenza delle nostre imprese maggiori e delle imprese di progettazione e di engineering, possono essere di grande aiuto per inserirsi in grandi appalti e lavori, per far entrare nei canali distributivi produzioni nazionali complementari, per le subforniture e i servizi di altre imprese. A tal fine, per intervenire gia' nelle fasi preliminari della progettazione e dell'impiantistica, sara' intensificata la collaborazione con le Associazioni di categoria che rappresentano i nostri "main contractors" e le societa' di ingegneria e di progettazione. A valle, per rendere piu' capillare e radicata la presenza delle PMI nelle complesse reti distributive, saranno rafforzate le azioni di promozione all'estero presso la distribuzione specializzata, anche regionale.
In tale ambito, in stretto raccordo con le Associazioni di categoria, saranno utilizzati piu' incisivamente gli "Accordi di settore" indirizzandoli maggiormente su specifici progetti di filiera.
La positiva esperienza di questi Accordi - ben 45 accordi settoriali sono operativi - spinge a valorizzare ulteriormente questo strumento. Esso, tra l'altro, permette di ottimizzare l'allocazione delle risorse pubbliche, grazie al cofinanziamento pubblico-privato dei progetti al 50%.
I piani operativi annuali di questi Accordi, redatti insieme all'ICE, permettono di aderire in maniera flessibile alle esigenze delle imprese e di valutare i risultati volta per volta. La stessa recente legge n. 56/05 sull'internazionalizzazione, come accennato, richiama gli Accordi di settore, valorizzandoli come strumento di sistema per la promozione all'estero.
Le medie imprese saranno prese come esempio di "best practices" in relazione a ciascun settore/mercato per inserire azioni promozionali nel percorso da loro tracciato.
Piccole imprese
Coloro che non si sono spinti in analisi dettagliate dell'articolato mondo delle imprese minori, anche artigiane, spesso storcono il naso quando queste imprese vengano inserite fra le potenzialita' e gli imperativi della nostra politica di internazionalizzazione.
Potenzialita' perche' sono numerosissimi i casi di successo su mercati difficili di molte piccole imprese e numerosi sono i progetti di ricerca presentati da imprese di questa dimensione finanziati da fondi strutturali europei. Esse eccellono nel saper trovare e sistematizzare combinazioni di tecnologie, spesso, pero', di importazione. Imperativo perche' dai dati relativi alle imprese esportatrici prima ricordati risulta che le imprese con meno di 50 dipendenti sono ben 168.515, cioe' il 93% del totale! Il Ministero intende quindi fare ogni sforzo per porre anche queste imprese in grado di resistere alla violente concorrenza estera e, di recuperare spazi sui mercati.
In ogni caso esse sono le piu' esposte a tali sfide! Ne' per esse si possono costruire prospettive lungimiranti solo su una difesa basata su barriere e dazi. Proprio la faccia positiva della globalizzazione dimostra che anche le piccole imprese possono agire "da grandi". Essere le "multinazionali tascabili" indicate dal Presidente della Repubblica, a condizione che sia ben introiettato il salto culturale costituito dal cambiamento organizzativo imposto dal passaggio dal semplice possesso delle nuove tecnologie alla capacita' di impiegarle, di fame uno strumento accrescitivo delle potenzialita' aziendali.
Non si tratta di grossi investimenti fuori della portata delle piccole imprese, ma di messa in sintonia dell'azienda tutta, e non solo del prodotto, con il mercato mondiale. Solo cosi' si vince la concorrenza che comunque arriva "sotto casa".
Sotto la voce organizzazione si nasconde la condizione forse essenziale per competere: le tecnologie consentono a tutti di acquisire informazioni, di gestirle, di collegarsi in rete con i mercati fornitori e clienti, con la distribuzione.
Promozione, distribuzione, marketing sono, in genere, le azioni e le voci di spesa fuori della portata delle imprese minori. Su di esse il Ministero e 1'ICE, insieme alle Confederazioni, Associazioni di categoria, comprese quelle dell'Artigianato, e con le stesse Regioni e Camere di Commercio intendono lavorare intensamente, rilanciando l'esperienza dei consorzi, gestiti a livello locale dalle Regioni e a livello multiregionale dal Ministero. Le stesse imprese, pero', devono essere consapevoli dell'importanza e dell'opportunita' di lavorare insieme attraverso la costituzione di consorzi e le altre forme di integrazione che il governo sta in vario modo incentivando. In particolare, sul versante del sostegno ai consorzi che ha ormai un quinquennio di "regionalizzazione", il Ministero intende avviare, in collaborazione con le Regioni, una mappatura delle esperienze attuative nelle varie Regioni della legge 83/89 e della legge 394/81 art. 10 per i consorzi agro-alimentari e turistico-alberghieri. Cio' al fine di acquisire una valutazione delle best practices realizzate dalle regioni stesse, nonche' far emergere i punti nodali per un riforma delle modalita' di supporto ai consorzi export compatibile con la normativa comunitaria.
Punto di partenza della strategia e' un lavoro di selezione e di aggregazione sul territorio. Occorre creare "comunita'" di imprese, unite dal localismo, dalle complementarieta' di filiera, da una partecipata condivisione di valori e dall'interesse per un mercato o un settore. Non si tratta in alcun modo di scalfire le singole individualita' o i singoli marchi, bensi' di rafforzarli grazie alla messa in comune di spese e di attivita' legate alla prospezione dei mercati, alla promozione, all'assistenza, non sostenibili singolarmente.
Per queste "comunita'" di imprese, per i loro raggruppamenti, filiere o distretti, il Ministero attuera' una strategia mirata che comprende:
• il loro inserimento nelle missioni di diplomazia commerciale per accrescere il potere negoziale e l'organizzazione di seminari/workshop;
• concentrazione delle attivita' di sostegno delle PMI e dei distretti in Task Force bilaterali con Paesi di interesse strategico;
• elaborazione con Ie Regioni/Associazioni di categoria di progetti promozionali settore/paese di interesse di gruppi di imprese;
• sostegno per l'effettuazione di "studi di fattibilita'" direttamente connessi ad investimenti in show room comuni, in centri di servizio e di assistenza tecnica congiunti, in impianti produttivi di filiera;
• l'accompagnamento anche con missioni tecniche di raggruppamenti di imprese che realizzino progetti di investimento congiunti;
• monitoraggio sulla realizzazione dei progetti.
Microimprese
Per questo scaglione di imprese vale in parte la strategia definita per le piccole imprese. Tuttavia, la selezione delle imprese eleggibili deve essere molto piu' approfondita.
L'obiettivo e' quello di non escludere dal sostegno all'internazionalizzazione le imprese di settori avanzati il cui asset e' dato da fattori intangibili (ICT, tecnologie medicali, sensoristiche, restauro, ecc.), nonche' imprese artigiane di qualita'.
Per tale tipologia di imprese, il lavoro di selezione delle Associazioni di categoria e' essenziale per la predisposizione dei progetti che permettano di portare sui mercati esteri queste imprese saltando tutte le intermediazioni e per porle a diretto contatto con interlocutori, individuati d'intesa con gli organismi locali in un'ottica di vero mercato mondiale allargato.
Al perseguimento degli obiettivi fissati per ciascuno degli scaglioni di imprese dovranno contribuire specificamente gli accordi stipulati dal Ministero con le Regioni, le Associazioni di categoria, le Camere di Commercio, le Universita', il sistema fieristico.
In particolare, per questo tipo di imprese e' essenziale l'apporto delle Confederazioni artigiane e delle Regioni soprattutto per cio' che riguarda lo "scouting" di imprese che non hanno ancora tentato la strada dell'estero. In questo ambito, particolare attenzione dovrebbe essere riservato alle categorie di imprese femminili e giovanili.
Distretti
Nonostante le difficolta' che incontrano i distretti a competere, come tali, sui mercati internazionali, essi svolgono una funzione trainante, specie per le imprese minori.
L'aggregazione in distretti favorisce la specializzazione produttiva e l'innovazione, fattori essenziali per alimentare la competitivita' del Made in Italy anche nei settori tradizionali.
Il Made in Italy, etichetta di origine, e' diventato per il nostro Paese un marchio di eccellenza, invidiato nel mondo. Come marchio, pero', esso non puo' essere solo il portato di tradizioni, comunque da conservare, legate ad un mondo scomparso.
Il Made in Italy per restare competitivo e vincere anche le contraffazioni deve essere la sintesi di "saper fare", di creativita', coniugate con l'innovazione e le tecnologie in un corretto rapporto qualita-prezzo.
Come rilevato da un recente studio dell'Associazione Industriali di Novara, Centro Ricerche della Cattolica di Milano e la Fondazione Edison, l'export delle prime province italiane nel settore manifatturiero e' trainato dai distretti.
Per consentire ai distretti, nelle loro diverse forme, di reagire, in particolare, alla concorrenza asiatica, il Ministero e 1'ICE, mediante l'accordo con essi stipulato, intendono rafforzare il sostegno alla loro internazionalizzazione attraverso attivita' di informazione/formazione, elaborazione di progetti promozionali che valorizzino l'aggregazione delle imprese, e incentivino la loro partecipazione ai contatti con istituzioni e imprese estere (missioni, workshop, task force, country presentation).
L'obiettivo principale e' quello di incentivare progetti congiunti ed integrati per cercare di coagulare su di essi la "fusione" di interessi, piu' complessa da realizzare in termini di soggetti singoli.
Strategie promozionali ed Enti
Regioni
Il rapporto del Ministero con le Regioni si svolge con grande interesse reciproco.
Il disegno strategico del Ministero di ricomporre in un quadro nazionale organico le attivita' promozionali delle Regioni, valorizzando il loro compito di rappresentazione delle realta' ed esigenze locali, deve essere preposto ad ogni valutazione particolare. E' di unanime condivisione che la promozione unitaria del sistema economico nazionale e' la sola strategia efficace per essere competitivi sui mercati esteri, spesso di dimensioni al di sopra di ogni comparazione geoeconomica con le nostre Regioni.
Non si tratta di rinunciare alle energie e alle spinte del "genius loci", che spesso permettono di inserirsi in interstizi o pieghe del mercato sconosciuti, ma di accrescerne l'impatto promozionale inserendo le loro iniziative in un contesto nazionale.
Quest'anno gli Accordi con le Regioni dovranno essere rinnovati. Nel proposito di selettivita' e di efficacia piu' volte ribadito, si auspica che le Regioni aiutino lo sforzo del Ministero per inserire, nei piani operativi annuali, progetti integrati e iniziative in settori innovativi, non rientranti nelle tradizionali attivita' promozionali, che esse possono agevolmente svolgere in maniera autonoma.
Un'attenzione specifica le Regioni dovrebbero riservare alle aggregazioni, filiere e distretti o a eccellenze tecnologiche per costruire progetti promozionali che il Ministero e l'ICE possono valorizzare organizzando seminari-workshop nei quali presentare ad un uditorio selezionato le produzioni del distretto come insieme, come "comunita'", filiera o "pacchetto integrato".
Per giungere a dare alle imprese una "fotografia" delle attivita' promozionali realizzate in un determinato Paese, il Ministero in collaborazione con 1'ICE e il Sistema camerale ha recentemente attivato una "Banca dati Promotion".
Nel corso di quest'anno saranno approfonditi i contatti con i rappresentanti delle Regioni per valutare le possibilita' di completare la Banca dati con la partecipazione delle Regioni.
La disponibilita' di un quadro completo di informazioni e' un passo essenziale per dare concretezza all'auspicio molto predicato di "fare sistema", di evitare duplicazioni.
Camere di Commercio
Il sistema camerale, nella triplice componente delle Camere di Commercio in Italia rappresentate dall'Unioncamere e dalle Camere di Commercio Italiane all'estero, associate nell'Assocamerestero, e delle Camere di Commercio Miste in Italia, ha rapporti continui e stretti con il Ministero.
Il cambiamento della strategia attuato negli ultimi anni per passare da un rapporto istituzionale ad una partnership di progetto, ha determinato il superamento - con riferimento in particolare alle Camere all'estero - del concetto di contributi per affermare quello del cofinanziamento di attivita', di progetti.
Questo nuovo approccio ha permesso di coinvolgere attivamente, nella strategia di fare rete e di portare all'estero la forza delle alleanze interne, anche le Camere di Commercio in Italia da considerare un "punto di prossimita'" di grande interesse per la capillarita' della loro presenza nel territorio. Con lo stesso approccio si intende migliorare la collaborazione con le Camere di Commercio Miste in Italia. Ad esse e' richiesto, pero', un impegno chiaro e costante a contribuire all'intensificazione dei rapporti fra Italia e i Paesi rappresentati e soprattutto una vocazione a rivolgersi, all'interno, all'intero territorio nazionale e non soltanto a ristretti ambiti locali. Al fine del rafforzamento dell'attivita' promozionale di queste strutture, fin dal 2001, e' stato consentito a questo gruppo di Camere italo-estere di accedere, ai sensi del dl.gs. 143/98, ai finanziamenti ex legge 1083/54 previa presentazione di validi progetti promozionali.
Il Ministero intende mettere ancor meglio a frutto questo rapporto con le Camere, quali soggetti composti da imprenditori, da un lato, attivamente inseriti sul territorio nazionale e, dall'altro, diffusamente presenti all'estero con 67 Camere di Commercio italiane riconosciute.
Nel rispetto della natura di questi organismi, il Ministero intende cogliere appieno l'opportunita' di sostenere progetti provenienti dal territorio, cioe' da imprenditori che vivono direttamente le realta' locali. Parimenti importante e' l'input sia in termini di informazioni che operativo che puo' venire dalle Camere italiane all'estero e dalle stesse Camere miste in Italia. Esse, attraverso gli imprenditori associati, possono dare indicazioni preziose sul modo di fare business nei diversi paesi rappresentati.
E' forse giunto anche il momento di cominciare a riflettere su una qualche forma di specializzazione per sviluppare complementarieta' e non duplicazioni con l'attivita' dell'ICE, tenendo ovviamente conto della sostanziale diversita' dei due organismi.
A questo scopo dovranno lavorare anche gli Sportelli Italia all'estero, previsti dalla citata legge 56/05.
Universita' e Parchi Tecnologici
Ovviamente il rapporto con questi organismi rileva per il Ministero delle Attivita' Produttive solo nel caso di progetti congiunti con le imprese, realizzati all'estero.
Il primo esempio di lavoro in comune fra MAP, ICE e CRUI (Conferenza dei rettori delle Universita) ha dato luogo al cofinanziamento di 27 progetti in corso di realizzazione. Si tratta di una concreta esperienza dalla quale si vogliono trarre indicazioni per rendere piu' efficace tale rapporto, essenziale per trainare le nostre imprese in collaborazioni con l'estero in settori avanzati e per creare il terreno di coltura per la nascita di imprese "intelligenti", globali dalla nascita e, quindi, in grado di operare nei settori orientati all'innovazione e alla ricerca.
Sistema fieristico
E' un accordo recente, faticosamente concluso con la collaborazione delle Regioni.
La circolare operativa dara' il calcio di avvio in un settore delicato, ma molto importante non solo per il richiamo di espositori e visitatori esteri alle nostre fiere internazionali, ma anche per vendere i nostri servizi fieristici all'estero, che, tra l'altro, possono fungere anche da traino agevolato per le nostre imprese.
Il sistema fieristico italiano potra' avvalersi della collaborazione dell'I.C.E. per programmare interventi di promozione all'estero che abbiano un maggiore impatto sia per la stessa "industria fieristica" che per i settori produttivi che essa promuove. La sfida consiste, pertanto, nel dare un concreto impulso alla "politica promozionale di sistema", convogliando soggetti diversi - in questo caso, Regioni, Fiere, Associazioni di categoria e singoli organizzatori di manifestazioni - su progetti di proiezione all'estero di alto livello qualitativo e in grado di apportare un reale valore aggiunto a quanto gia', ordinariamente, realizzato dall'Istituto attraverso il piano promozionale annuale.
ORIENTAMENTI GEO-ECONOMICI
PAESI PRIORITARI
Per orientare le iniziative che saranno proposte dall'ICE, da Regioni e da Associazioni di categoria si forniscono le seguenti linee di indirizzo geo-economico per la redazione del Programma Promozionale ordinario.
In via preliminare, si informa che, anche per il 2006, si insiste sugli stessi paesi/aree quali destinazioni prioritarie delle nostre iniziative promozionali. Essi sono: l'area balcanica, la Russia-Ucraina, la Cina, l'India, il Brasile, la Turchia e l'area nord africana.
Il Ministero e 1'ICE sono ovviamente attenti ad ogni proposta anche per accogliere le richieste delle imprese, ovviamente piu' snelle delle istituzioni nel cogliere imprevedibili opportunita', nell'individuare spazi ritenuti a priori impossibili.
AREE
EUROPA

Paesi "vecchia Europa"
Oltre alle azioni volte a recuperare quote di mercato nei settori tradizionali, e' necessario attivare iniziative che accrescano la presenza e le collaborazioni dell'Italia nei seguenti settori:
1. Biotecnologia, nanotecnologia, informatica e telematica, energia solare, ecc, tutti settori strategici ad alta tecnologia verso i quali e' interessante e necessario stimolare l'incremento dei rapporti tra i rispettivi Parchi Scientifici ( Germania, Francia, Norvegia, Svezia, Finlandia, Danimarca).
2. Turismo che inevitabilmente interessa tutta l'area geografica.
3. L'agroalimentare, comparto dove il nostro Paese possiede importanti punti di forza con vari primati e riconoscimenti a livello mondiale, ma anche preoccupanti criticita', e dove la GDO e la distribuzione specializzata rappresentano lo strumento ideale di penetrazione e di sostegno per i
prodotti di qualita' (Francia, Portogallo, Paesi Bassi, Germania, Svezia, Austria, Regno Unito).
4. Industria aero spaziale (Francia, Regno Unito, Spagna).
5. Design, comparto nel quale il nostro Paese possiede una lunga e consolidata tradizione, ma e' da ricercare una piu' stretta collaborazione. (Finlandia, Norvegia, Svezia, Danimarca).
In quest'area verranno organizzate iniziative promozionali straordinarie per recuperare posizioni erose da prodotti asiatici o da nuovi aggressivi marchi, mentre occorre incrementare presso le nostre imprese la conoscenza delle opportunita' esistenti nei Paesi baltici, piccoli, ma di rilevanti potenzialita' come piattaforma verso la Scandinavia e verso la stessa Russia, grazie all'elevata qualificazione delle risorse umane.
Paesi di nuova adesione
Il Ministero favorira' l'elaborazione di un "Progetto speciale Paesi nuova adesione" finalizzato a promuovere la partecipazione delle imprese italiane ai programmi di sviluppo dei territori delle varie Regioni tramite l'utilizzo dei fondi strutturali europei. L'impostazione di un simile progetto darebbe maggiore efficacia alle azioni svolte in maniera sparsa da vari organismi. Nel 2006, infatti, saranno avviati i nuovi programmi europei di sostegno/accompagnamento a quelle economie nei settori di nostro interesse: infrastrutture, ambiente, turismo, sviluppo imprese e relativi servizi.
Paesi Europa Orientale

RUSSIA
La situazione economica del Paese si sta sempre piu' evolvendo in maniera positiva, i rapporti politico-istituzionali bilaterali sono sempre piu' intensi e le nostre imprese debbono saper cogliere le opportunita' offerte dal forte sviluppo dei consumi interni, principale fattore - insieme con la produzione industriale - della notevole crescita economica della Federazione.
Per i beni di consumo, l'operazione da realizzare, in tale ambito, e' quella di mantenere alta l'immagine del prodotto italiano, allargando il raggio di intervento all'interno del vastissimo territorio.
A tal fine occorre razionalizzare il rapporto con la rete di distribuzione che opera soprattutto lontano dal centro della citta'. Nei grandi agglomerati urbani sono gia'
presenti grandi catene come Metro, Carrefour, Ikea, ecc., con i quali e' necessario organizzare campagne promozionali sostenute a livello pubblico, dato il loro sovrastante potere negoziale e la propensione verso prodotti competitivi per prezzo piu' che per qualita'.
Per i beni strumentali, la struttura produttiva locale e' inadeguata ed e' ancora legata a grandi commodities dei beni primari. La complementarieta' delle due economie rafforza le possibilita' di collaborazione, specie se le riforme in atto troveranno piena e concreta attuazione.
A questi scopi risponde l'organizzazione nel 2005 degli eventi di promozione straordinaria del "Made in Italy", non a caso centrati su due grandi manifestazioni quali la "Fiera del Mobile" e la mostra "Mito e Velocita'".
Fattore innovativo della promozione straordinaria, che dovra' essere mantenuta nella programmazione ordinaria, e' la promozione della collaborazione in campi altamente tecnologici, quali quelli dell'aerospazio, ITC, telecomunicazioni, bio e nano tecnologie, materiali innovativi, indumenti ed attrezzature sportive, etc., oltre che la collaborazione bilaterale in campo culturale e scientifico (incontri tra Universita' e Parchi scientifico/tecnologici italiani e russi), del restauro, etc..

UCRAINA
Questo Paese e' la nuova frontiera comunitaria, dotato di un'elevata popolazione e di grandi risorse naturali. Le possibilita' di sviluppo e di crescita del reddito implicano iniziative integrate che promuovano l'alta qualita' del prodotto italiano (beni di consumo, tecnologie, attrezzature, macchinari). E' un'area nella quale pesante e' l'influenza della Germania, nostro principale concorrente nei beni strumentali. Negli intensi contatti avuti con il Paese con missioni ad alto livello e seminari fra gli imprenditori sono emerse notevoli possibilita' che spingono ad una presenza piu' continuativa con l'Organizzazione di Punti Italia con desk aziendali e cataloghi nelle principali fiere settoriali.
- Missioni di operatori ucraini alle principali fiere di settore in Italia. Occorre facilitare i contatti delle imprese italiane anche le missioni di operatori ucraini alle principali fiere che si svolgono in Russia (Consumexpo, Prodexpo, Obuv Mir Kozhj, Autosalon, Mebel) dove piu' alta e' la nostra partecipazione.
- Missioni istituzionali/commerciali nelle principali Regioni dell'Ucraina, con incontri one-to-one.

AREA BALCANICA
Nei confronti dei Paesi dei Balcani, in particolare quelli di prossima adesione alla UE (Romania e Bulgaria), ma anche verso quelli piu' avanzati dal punto di vista dell'integrazione (Croazia), e' arrivato il momento di raccogliere i frutti delle molteplici iniziative finanziate con L. 212/92 (n. 88) e soprattutto L. 84/01 (n. 110), che hanno negli ultimi anni consentito di sviluppare politiche di partenariato di diverso livello (tra Istituzioni governative, Associazioni produttive, Camere di commercio, ecc.) mediante iniziative finalizzate alla costruzione di una rete economica integrata, avvalendosi anche di funzionari ed esperti italiani cola' distaccati.
I settori nei quali sono tuttora in corso attivita' di assistenza tecnica/formazione/studi di fattibilita', sono molteplici e riguardano campi di possibile ulteriore intervento della promozione commerciale e della collaborazione industriale: PMI e distretti (tessile, legno, pelletteria, agroalimentare, ecc.), agricoltura biologica, ambiente e servizi di pubblica utilita', turismo e conservazione del patrimonio culturale artistico e urbano, trasporti terrestri e marittimi, grande distribuzione, acquicoltura, sviluppo centri servizi per imprese, formazione nei settori dell'alta economia/finanza e della pubblica amministrazione. Questa molteplice attivita' crea le condizioni favorevoli per un accesso privilegiato delle imprese italiane al processo di trasformazione e modernizzazione dell'apparato pubblico e privato che costituisce la base per il futuro sviluppo di quelle economie.
L'efficacia di queste azioni implica un diretto collegamento con altre attivita' di sostegno quali gli strumenti finanziari gestiti dalla Simest e dalla Finest (validi per tutti i paesi dell'area) e, da ultimo, le linee di credito destinate alle PMI di alcuni Paesi dei Balcani (33,25 Meuro per Serbia-Montenegro, 15 Meuro per Bosnia-Erzegovina e 10 Meuro per la Macedonia) finalizzate allo sviluppo del settore privato, che favoriscono l'acquisto di macchinari e tecnologie italiane.
I contatti politici e le missioni di diplomazia commerciale in tali Paesi hanno evidenziato i seguenti settori che andrebbero considerati nel Programma Promozionale 2006: ambiente, energia, infrastrutture (compresa logistica), turismo, agroindustria, pesca e acquicoltura, legno-arredo, metalmeccanico, tessile.

TURCHIA
I rapporti e l'interscambio con la Turchia confermano la scelta di inserirla tra i Paesi Focus. I Lavori del Monitoring Committee previsto dal Protocollo d'Intesa italo-turco del dicembre 2004, la cui prima sessione si e' tenuta il 14 marzo u.s. e la 2° e' prevista per l'autunno 2005, e le programmate visite in Turchia del Presidente
Ciampi e del Ministro Fini del prossimo novembre sono le dimostrazioni della crescente attenzione verso la Turchia, paese cerniera verso l'Asia e verso il mondo islamico.
Alla Task force sulla collaborazione fra PMI, dopo la 2° sessione da tenere in Turchia nell'autunno 2005, verra' dato forte impulso nel 2006 per esaminare le possibili collaborazioni nel settore della logistica, di valore strategico per i collegamenti Est Ovest del Mediterraneo.
ASIA

L'attenzione riservata a questo continente e, in particolare, alla Cina e all'India, e' cosi' evidente ed ampia sia nella letteratura economica che sulla stampa quotidiana che ci consente di sopra