Gazzetta n. 181 del 5 agosto 2006 (vai al sommario)
PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 18 luglio 2006
Scioglimento del consiglio comunale di Campobello di Licata e nomina della commissione straordinaria, a norma dell'articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Considerato che nel comune di Campobello di Licata (Agrigento), i cui organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 26 maggio 2002, sussistono forme di ingerenza della criminalita' organizzata, rilevate dai competenti organi investigativi;
Constatato che tali ingerenze espongono l'amministrazione stessa a pressanti condizionamenti, compromettendo la libera determinazione degli organi ed il buon andamento della gestione del comune di Campobello di Licata;
Rilevato, altresi', che la permeabilita' dell'ente ai condizionamenti esterni della organizzazione mafiosa arreca grave pregiudizio allo stato della sicurezza pubblica e determina lo svilimento delle istituzioni e la perdita di prestigio e di credibilita' degli organi istituzionali;
Ritenuto che, al fine di rimuovere la causa del grave inquinamento e deterioramento dell'amministrazione comunale, si rende necessario far luogo allo scioglimento degli organi ordinari del comune di Campobello di Licata, per il ripristino dei principi democratici e di liberta' collettiva;
Visto l'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
Vista la proposta del Ministro dell'interno, la cui relazione e' allegata al presente decreto e ne costituisce parte integrante;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 14 luglio 2006, alla quale e' stato debitamente invitato il presidente della Regione Siciliana;
Decreta:
Art. 1.
Il consiglio comunale di Campobello di Licata (Agrigento) e' sciolto per la durata di diciotto mesi.
 
Art. 2.
La gestione del comune di Campobello di Licata (Agrigento) e' affidata alla commissione straordinaria composta da:
dott. Oreste Iovino - prefetto a riposo;
dott.ssa Maria Carmela Librizzi - viceprefetto;
dott.ssa Giuseppa Sciara - direttore amministrativo contabile.
 
Art. 3.
La commissione straordinaria per la gestione dell'ente esercita, fino all'insediamento degli organi ordinari a norma di legge, le attribuzioni spettanti al consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco nonche' ogni altro potere ed incarico connesso alle medesime cariche.

Dato a Roma, addi' 18 luglio 2006

NAPOLITANO

Prodi, Presidente del Consiglio dei
Ministri
Amato, Ministro dell'interno Registrato alla Corte dei conti il 25 luglio 2006 Ministeri istituzionali, Interno, registro n. 9, foglio n. 229
 
Allegato

Al Presidente della Repubblica

Il comune di Campobello di Licata (Agrigento), i cui organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 26 maggio 2002, presenta forme di ingerenza da parte della criminalita' organizzata che compromettono l'imparzialita' della gestione e pregiudicano il buon andamento dell'amministrazione ed il regolare funzionamento dei servizi.
In relazione all'esito dell'attivita' investigativa condotta sul territorio, dalla quale e' emerso un contesto ambientale caratterizzato dalla presenza della criminalita' organizzata, il prefetto di Agrigento ha disposto, con provvedimento del 30 marzo 2004, l'accesso presso il comune di Campobello di Licata, ai sensi dell'art. 1, comma 4, del decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, con successive modificazioni ed integrazioni, per gli accertamenti di rito.
Gli accertamenti svolti dalla commissione d'accesso, confluiti nella relazione commissariale conclusiva della procedura, cui si rinvia integralmente, avvalorano l'ipotesi della sussistenza di fattori di inquinamento dell'azione amministrativa dell'ente locale a causa della radicata presenza di soggetti pregiudicati, appartenenti alla criminalita' organizzata, tra cui si annoverano non pochi mafiosi, anche di particolare pericolosita', come un noto latitante, ritenuto uno dei capi di «cosa nostra» della provincia.
Nel suddetto contesto, nella relazione della commissione d'accesso risultano evidenziati relativamente ad alcuni amministratori dell'ente vincoli di parentela e rapporti di frequentazione con soggetti gravitanti o collegati o addirittura organici alla criminalita' organizzata, che palesano il quadro di una realta' esposta al rischio inquinante.
In particolare, e' stato accertato che un amministratore e' cognato di un detenuto, affiliato ad una famiglia mafiosa, censurato per associazione a delinquere di stampo mafioso e concorso in un duplice omicidio di indiziati mafiosi, mentre un altro amministratore e' figlio di un defunto mafioso, gia' sorvegliato speciale.
Situazioni analoghe sono state riscontrate anche a carico di un consigliere, cugino del predetto amministratore, nonche' di altro consigliere, figlio di un soggetto scomparso per «lupara bianca», sospettato di essere vicino ad una famiglia mafiosa.
Nella compagine amministrativa la figura piu' rilevante, per i profili di interesse, anche in considerazione del grado di rappresentativita' e del ruolo che riveste, e' quella dell'organo di vertice dell'amministrazione. A carico del sindaco risulta una imputazione per il reato di cui agli articoli 110 e 96 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, per aver promesso a diverse persone, in occasione della campagna elettorale del 2002, l'attribuzione di un alloggio popolare o di un posto di lavoro, al fine di ottenere a proprio vantaggio il voto nelle suddette elezioni amministrative.
Al predetto, alla luce delle risultanze emerse dagli accertamenti ispettivi, appaiono riconducibili intrecci e relazioni con soggetti fortemente controindicati, anche per la qualificazione mafiosa, con riferimento ai lavori pubblici affidati dal comune.
E' il caso di una societa', legata ad altre imprese inquinate, che era stata acquistata dal sindaco nel 1993, quando aveva altra ragione sociale. Successivamente, nel 1995, il sindaco ha ceduto le sue quote sociali ai figli, i quali, a loro volta, nel 1997, hanno ceduto le loro quote ad un soggetto, divenuto poi genero dello stesso sindaco. Il predetto e', tra l'altro, figlio di un soggetto ucciso da ignoti con tipiche modalita' mafiose.
Nel 2000 il predetto affine del sindaco ha ceduto le proprie quote in parte ad altra persona, amministratore unico della stessa societa', che risultava anche socio di altra societa', unitamente ad altro soggetto, il quale, oltre ad essere impiegato nella societa' di proprieta' dell'organo di vertice del comune, e' fratello di un affiliato ad una famiglia mafiosa. Altra parte e' stata ceduta ad un soggetto, dipendente, quale bracciante agricolo, di congiunti del noto latitante sopra citato. Sempre nello stesso anno uno dei detentori delle quote della societa' di cui trattasi ha ceduto una parte del proprio capitale sociale al figlio del sindaco. Nel 2004 l'assetto societario muta di nuovo, ma una parte del capitale resta nella disponibilita' di un figlio del sindaco, mantenendo cosi' la famiglia un costante interesse sulle attivita' della predetta societa'. Inoltre, a seguito della recente variazione della denominazione sociale della societa', la quasi totalita' del capitale sociale e' detenuta da uno dei figli del sindaco, il quale ricopre in seno alla stessa anche le cariche di amministratore unico e di direttore tecnico.
Relativamente al settore degli appalti, nel quale notoriamente si annidano gli interessi illeciti ed i tentativi di condizionamento della criminalita' organizzata, le gravi anomalie ed irregolarita' riscontrate lasciano ragionevolmente ipotizzare che le stesse rappresentino la parte emersa di un disegno finalizzato al raggiungimento del precostituito obiettivo di dirottare le risorse finanziarie verso le imprese gia' individuate, in massima parte locali, e sovente contigue ad esponenti mafiosi ovvero legate da rapporti di parentela con amministratori comunali. Fra le numerose ditte prese in esame, particolare rilievo assumono gli elementi emersi a carico di alcune di esse. Nei confronti dei titolari di tali ditte, nel giugno del 2004 il Tribunale di Agrigento ha ordinato la confisca di beni e partecipazioni societarie riconducibili al latitante ed ad altri soggetti interessati tra cui figurano alcuni congiunti del predetto, di cui uno e' in atto detenuto perche' condannato per associazione per delinquere di stampo mafioso.
L'affidamento, in ripetute occasioni, di lavori con la procedura della trattativa privata nonche' della somma urgenza o del cottimo fiduciario, in mancanza dei requisiti previsti dalla normativa di settore, appare lo strumento attraverso il quale vengono perseguite finalita' contrastanti con il pubblico interesse.
Emblematico, al riguardo, risulta l'affidamento per pubblico incanto dei lavori per la realizzazione di un mercato da destinare al commercio ambulante, disposto in favore di una associazione temporanea di imprese, partecipata anche dalla societa' del sindaco, in cui e' stato rilevato il mancato controllo da parte dell'ente in ordine alla esatta e puntuale presentazione della documentazione di gara da parte delle imprese.
E' indice di una attivita' che privilegia ingiustificatamente soggetti riconducibili alla criminalita' organizzata la circostanza che alcuni lavori di manutenzione di strade esterne, di estremo interesse comunale, sono stati affidati, in carenza della certificazione relativa ai carichi pendenti ed ai requisiti tecnico-economici, ad una ditta individuale, il cui titolare e' stato successivamente condannato per associazione a delinquere e nei cui confronti e' stato disposto il sequestro e poi la confisca dei beni.
Per quanto attiene ai lavori di manutenzione straordinaria all'interno delle scuole elementari, affidati ad altra ditta il cui titolare e' parente di un affiliato ad una nota cosca mafiosa, e' stato ritenuto dalla commissione ingiustificato il ricorso alla trattativa privata, atteso il considerevole lasso di tempo intercorso fra l'attivazione della relativa procedura di affidamento motivata dall'urgenza e la data di inizio lavori (tre mesi circa). Anche in questo caso risulta carente la verifica dei requisiti della suddetta ditta, indispensabili per l'affidamento dei lavori, quali la capacita' tecnica ed il possesso dei mezzi, previsti dal bando di gara; e' significativo che la stessa ditta si sia dovuta avvalere di un nolo a freddo per poter disporre di un escavatore necessario all'attivita' di cantiere. Il rapporto privilegiato con il soggetto titolare della predetta ditta emerge anche dal contratto stipulato dal comune per la costruzione e gestione di loculi cimiteriali, in cui rileva la circostanza che l'importo di aggiudicazione e' stato pari a quello posto a base d'asta, nonche' da numerosi altri affidamenti di lavori sia a trattativa privata che con la procedura di somma urgenza. Il perdurare di situazioni sintomatiche di anomale interferenze e' attestato da un recente appalto del febbraio 2006 per lavori e prestazioni relativi al servizio di gestione cimiteriale, affidato ancora una volta a trattativa privata ed alla medesima sopracitata ditta.
Denota la condizione di precaria funzionalita' dell'ente il frequente ricorso ai cottimi fiduciari, laddove si consideri che il comune non ha mai istituito l'albo delle imprese di fiducia cui affidare i lavori con detta procedura. Invero, l'amministrazione, sebbene abbia varato il regolamento sui contratti, non ha mai approvato il regolamento dei cottimi fiduciari. Nonostante detta circostanza, sono stati appaltati, mediante cottimo, diversi lavori, seppure di modesto importo.
Notevole anche il numero dei lavori affidati in regime di somma urgenza, che hanno pesantemente gravato sul bilancio dell'ente. Sulle procedure per tali lavori, la commissione ha rilevato che molti di essi sono stati affidati a trattativa privata a seguito di istruttoria della quale non e' stata rinvenuta traccia e che le proposte del responsabile del settore sono tutte senza data. Inoltre, alcune offerte delle ditte aggiudicatarie riportano una data anteriore all'ordinanza di somma urgenza.
Concorre a delineare 1'esposizione al rischio inquinante la vicenda relativa ad un terreno, adibito a discarica di materiali ingombranti, che il comune ha condotto in locazione per un prezzo sperequato rispetto a quello corrisposto per un terreno confinante, adibito ad analogo uso. Si tratta di un terreno di proprieta' del fratello del noto latitante di cui si e' fatto cenno in precedenza; sebbene l'affitto risalga al 1985, l'ente non si e' mai adoperato per la risoluzione del contratto, cui avrebbe dovuto far ricorso una gestione immune da cointeressenze, attesa la nota pericolosita' sociale e lo spessore criminale del citato latitante. Al contrario l'ente ha provveduto a rinnovare il contratto di locazione, rimanendo inerte fino alla confisca del terreno, intervenuta nel 2004.
Sulla base degli elementi emersi e' possibile asserire che la vicinanza tra l'amministrazione e la criminalita' organizzata ha sensibilmente alterato il ruolo che la legge assegna al comune, di ente esponenziale della comunita' di cittadini, portatore della rappresentanza generale dei loro interessi, e configura un concreto pericolo di sviamento dell'attivita' dal perseguimento delle finalita' pubbliche.
L'inosservanza del principio di legalita' nella gestione dell'ente e l'uso distorto delle funzioni pubbliche hanno pregiudicato le fondamentali garanzie democratiche, hanno minato ogni principio di salvaguardia della sicurezza pubblica e compromesso le legittime aspettative della popolazione ad esser garantita nella fruizione di diritti fondamentali, ingenerando sfiducia nella legge e nelle istituzioni da parte dei cittadini.
La descritta condizione esige un intervento risolutore mirato a rimuovere i legami tra l'amministrazione locale e la criminalita' organizzata che arrecano grave e perdurante pregiudizio per lo stato generale dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Pertanto, il prefetto di Agrigento, con rapporto del 27 marzo 2006, che si intende integralmente richiamato, ha proposto l'applicazione della misura di rigore prevista dall'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Per le suesposte considerazioni, si ritiene necessario provvedere, con urgenza, ad eliminare ogni ulteriore motivo di deterioramento e di inquinamento della vita amministrativa e democratica dell'ente, mediante provvedimenti incisivi a salvaguardia degli interessi della comunita' locale e per il recupero della struttura pubblica al servizio dei suoi fini istituzionali.
Intervento che si rende ancor piu' necessario a seguito dei recenti sviluppi delle attivita' investigative che hanno portato all'applicazione, da parte della magistratura penale, della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti del sindaco e di numerosi altri soggetti, indagati per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso. Dall'ordinanza, emessa in data 19 giugno 2006, che dispone l'applicazione della predetta misura, unitamente al sequestro di beni nei confronti di numerose ditte, alcune delle quali riconducibili a parenti del sindaco, si evince non solo il grado di incidenza dell'infiltrazione mafiosa nella gestione dell'ente, ma anche il notevole aggravio della spesa pubblica dell'ente le cui risorse venivano dirottate, tramite il sistema di affidamento di appalti di opere e servizi, ad un ristretto numero di imprese direttamente o indirettamente legate alla locale consorteria mafiosa.
La valutazione della situazione in concreto riscontrata, in relazione alla presenza ed all'estensione dell'influenza criminale, rende necessario che la durata della gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi.
Ritenuto, per quanto esposto, che ricorrano le condizioni indicate nell'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per lo scioglimento del consiglio comunale di Campobello di Licata (Agrigento), si formula rituale proposta per l'adozione della misura di rigore.

Roma, 13 luglio 2006

Il Ministro dell'interno: Amato
 
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