Gazzetta n. 219 del 18 settembre 2010 (vai al sommario)
DECRETO LEGISLATIVO 17 settembre 2010, n. 156
Disposizioni recanti attuazione dell'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento transitorio di Roma Capitale.


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76, 87, quinto comma, 117 e 119, della Costituzione;
Vista la legge 5 maggio 2009, n. 42, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, e in particolare l'articolo 24, relativo all'ordinamento transitorio di Roma Capitale ai sensi dell'articolo 114, terzo comma, della Costituzione;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 18 giugno 2010;
Sentiti la Regione Lazio, la Provincia di Roma e il Comune di Roma;
Vista l'intesa sancita in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nella riunione del 29 luglio 2010;
Visti il parere della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale di cui all'articolo 3 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per le conseguenze di carattere finanziario della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 17 settembre 2010;
Sulla proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, del Ministro per le riforme per il federalismo, del Ministro per la semplificazione normativa, del Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale e del Ministro per le politiche europee, di concerto con i Ministri dell'interno e per la pubblica amministrazione e l'innovazione;
Ritenuto di dover adottare, nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, un primo decreto legislativo concernente esclusivamente l'assetto istituzionale di Roma Capitale;

E m a n a
il seguente decreto legislativo:

Art. 1
Oggetto

1. Il presente decreto reca disposizioni fondamentali dell'ordinamento di Roma Capitale ai sensi dell'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni.
2. Le norme di cui al presente decreto costituiscono limite inderogabile per l'autonomia normativa dell'Ente e possono essere modificate, derogate o abrogate dalle leggi dello Stato solo espressamente.



NOTE
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia, ai sensi
dell'art.10, comma 3, del testo unico delle disposizioni
sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei
decreti del Presidente della Repubblica e sulle
pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n.1092, al solo fine
di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle
quali e' operato il rinvio. Restano invariati il valore e
l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Note all'art. 1:
- Si riporta il testo dell'art. 24 della legge 5 maggio
2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo
fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della
Costituzione.):
«Art. 24 (Ordinamento transitorio di Roma capitale ai
sensi dell'art. 114, terzo comma, della Costituzione). - 1.
In sede di prima applicazione, fino all'attuazione della
disciplina delle citta' metropolitane, il presente articolo
detta norme transitorie sull'ordinamento, anche
finanziario, di Roma capitale.
2. Roma capitale e' un ente territoriale, i cui attuali
confini sono quelli del comune di Roma, e dispone di
speciale autonomia, statutaria, amministrativa e
finanziaria, nei limiti stabiliti dalla Costituzione.
L'ordinamento di Roma capitale e' diretto a garantire il
miglior assetto delle funzioni che Roma e' chiamata a
svolgere quale sede degli organi costituzionali nonche'
delle rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri, ivi
presenti presso la Repubblica italiana, presso lo Stato
della Citta' del Vaticano e presso le istituzioni
internazionali.
3. Oltre a quelle attualmente spettanti al comune di
Roma, sono attribuite a Roma capitale le seguenti funzioni
amministrative:
a) concorso alla valorizzazione dei beni storici,
artistici, ambientali e fluviali, previo accordo con il
Ministero per i beni e le attivita' culturali;
b) sviluppo economico e sociale di Roma capitale con
particolare riferimento al settore produttivo e turistico;
c) sviluppo urbano e pianificazione territoriale;
d) edilizia pubblica e privata;
e) organizzazione e funzionamento dei servizi urbani,
con particolare riferimento al trasporto pubblico ed alla
mobilita';
f) protezione civile, in collaborazione con la
Presidenza del Consiglio dei Ministri e la regione Lazio;
g) ulteriori funzioni conferite dallo Stato e dalla
regione Lazio, ai sensi dell'art. 118, secondo comma, della
Costituzione.
4. L'esercizio delle funzioni di cui al comma 3 e'
disciplinato con regolamenti adottati dal consiglio
comunale, che assume la denominazione di Assemblea
capitolina, nel rispetto della Costituzione, dei vincoli
comunitari ed internazionali, della legislazione statale e
di quella regionale nel rispetto dell'art. 117, sesto
comma, della Costituzione nonche' in conformita' al
principio di funzionalita' rispetto alle speciali
attribuzioni di Roma capitale. L'Assemblea capitolina,
entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto
legislativo di cui al comma 5, approva, ai sensi dell'art.
6, commi 2, 3 e 4, del testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con particolare
riguardo al decentramento municipale, lo statuto di Roma
capitale che entra in vigore il giorno successivo alla data
della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
5. Con uno o piu' decreti legislativi, adottati ai
sensi dell'art. 2, sentiti la regione Lazio, la provincia
di Roma e il comune di Roma, e' disciplinato l'ordinamento
transitorio, anche finanziario, di Roma capitale, secondo i
seguenti principi e criteri direttivi:
a) specificazione delle funzioni di cui al comma 3 e
definizione delle modalita' per il trasferimento a Roma
capitale delle relative risorse umane e dei mezzi;
b) fermo quanto stabilito dalle disposizioni di legge
per il finanziamento dei comuni, assegnazione di ulteriori
risorse a Roma capitale, tenendo conto delle specifiche
esigenze di finanziamento derivanti dal ruolo di capitale
della Repubblica, previa la loro determinazione specifica,
e delle funzioni di cui al comma 3.
6. Il decreto legislativo di cui al comma 5 assicura i
raccordi istituzionali, il coordinamento e la
collaborazione di Roma capitale con lo Stato, la regione
Lazio e la provincia di Roma, nell'esercizio delle funzioni
di cui al comma 3. Con il medesimo decreto e' disciplinato
lo status dei membri dell'Assemblea capitolina.
7. Il decreto legislativo di cui al comma 5, con
riguardo all'attuazione dell'art. 119, sesto comma, della
Costituzione, stabilisce i principi generali per
l'attribuzione alla citta' di Roma, capitale della
Repubblica, di un proprio patrimonio, nel rispetto dei
seguenti principi e criteri direttivi specifici:
a) attribuzione a Roma capitale di un patrimonio
commisurato alle funzioni e competenze ad essa attribuite;
b) trasferimento, a titolo gratuito, a Roma capitale
dei beni appartenenti al patrimonio dello Stato non piu'
funzionali alle esigenze dell'Amministrazione centrale, in
conformita' a quanto previsto dall'art. 19, comma 1,
lettera d).
8. Le disposizioni di cui al presente articolo e quelle
contenute nel decreto legislativo adottato ai sensi del
comma 5 possono essere modificate, derogate o abrogate solo
espressamente. Per quanto non disposto dal presente
articolo, continua ad applicarsi a Roma capitale quanto
previsto con riferimento ai comuni dal testo unico delle
leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
9. A seguito dell'attuazione della disciplina delle
citta' metropolitane e a decorrere dall'istituzione della
citta' metropolitana di Roma capitale, le disposizioni di
cui al presente articolo si intendono riferite alla citta'
metropolitana di Roma capitale.
10. Per la citta' metropolitana di Roma capitale si
applica l'art. 23 ad eccezione del comma 2, lettere b) e
c), e del comma 6, lettera d). La citta' metropolitana di
Roma capitale, oltre alle funzioni della citta'
metropolitana, continua a svolgere le funzioni di cui al
presente articolo.».



 
Art. 2
Organi di governo di Roma Capitale

1. Sono organi di governo di Roma Capitale l'Assemblea capitolina, la Giunta capitolina ed il Sindaco.
 
Art. 3
Assemblea capitolina

1. L'Assemblea capitolina e' l'organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo.
2. L'Assemblea capitolina e' composta dal Sindaco di Roma Capitale e da quarantotto Consiglieri.
3. L'Assemblea capitolina e' presieduta da un Presidente eletto tra i Consiglieri nella prima seduta, con votazione a scrutinio segreto. Al Presidente sono attribuiti i poteri di convocazione e direzione dei lavori e delle attivita' dell'Assemblea e gli altri poteri previsti dallo statuto e dal regolamento dell'Assemblea, che disciplinano altresi' l'esercizio delle funzioni vicarie. La revoca dalla carica di Presidente e' ammessa nei soli casi di gravi violazioni di legge, dello statuto e del regolamento dell'Assemblea, che ne disciplina altresi' le relative procedure.
4. L'Assemblea capitolina, dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo di cui all'articolo 24, comma 5, lettera a), della legge 5 maggio 2009, n. 42, disciplina con propri regolamenti l'esercizio delle funzioni di cui al comma 3 dell'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in conformita' al principio di funzionalita' rispetto alle attribuzioni di Roma Capitale, secondo quanto previsto dal comma 4 del citato articolo 24.
5. L'Assemblea capitolina, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione dei principi e dei criteri direttivi di cui all'articolo 24, comma 5, lettera a), della legge 5 maggio 2009, n. 42, del presente decreto, approva lo statuto di Roma Capitale che entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Lo statuto disciplina, nei limiti stabiliti dalla legge, i municipi di Roma Capitale, quali circoscrizioni di decentramento, in numero non superiore a quindici, favorendone l'autonomia amministrativa e finanziaria.
6. Lo statuto e' deliberato con il voto favorevole dei due terzi dei Consiglieri assegnati. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione e' ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e lo statuto e' approvato se ottiene per due volte, in altrettante sedute consiliari, il voto favorevole della maggioranza assoluta dei Consiglieri assegnati. Lo statuto e' pubblicato nelle forme e nei termini previsti dalle vigenti disposizioni di legge ed e' inserito nella Raccolta ufficiale degli statuti del Ministero dell'interno. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle modifiche statutarie.
7. Lo statuto stabilisce i casi di decadenza dei Consiglieri per la non giustificata assenza dalle sedute dell'Assemblea capitolina.
8. Lo statuto ed i regolamenti di cui al comma 4 prevedono e disciplinano, nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 6, forme di monitoraggio e controllo da affidare ad organismi posti in posizione di autonomia rispetto alla Giunta capitolina, finalizzate a garantire, nell'esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali, il rispetto degli standard e degli obiettivi di servizio definiti dai decreti legislativi di cui all'articolo 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42, nonche' l'efficace tutela dei diritti dei cittadini.
9. Lo statuto prevede strumenti di partecipazione e consultazione, anche permanenti, al fine di promuovere il confronto tra l'amministrazione di Roma Capitale e i cittadini.



Note all'art. 3:
- Per il testo dell'art. 24 della legge 5 maggio 2009,
n. 42, si veda nella nota all'art. 1.
- Si riporta il testo dell'articolo 2 della citata
legge 5 maggio 2009, n. 42:
«Art. 2 (Oggetto e finalita'). - 1. Il Governo e'
delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti
legislativi aventi ad oggetto l'attuazione dell'art. 119
della Costituzione, al fine di assicurare, attraverso la
definizione dei principi fondamentali del coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario e la
definizione della perequazione, l'autonomia finanziaria di
comuni, province, citta' metropolitane e regioni nonche' al
fine di armonizzare i sistemi contabili e gli schemi di
bilancio dei medesimi enti e i relativi termini di
presentazione e approvazione, in funzione delle esigenze di
programmazione, gestione e rendicontazione della finanza
pubblica.
2. Fermi restando gli specifici principi e criteri
direttivi stabiliti dalle disposizioni di cui agli articoli
5, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 15, 16, 17, 19, 20, 21, 22, 24,
25, 26, 28 e 29, i decreti legislativi di cui al comma 1
del presente articolo sono informati ai seguenti principi e
criteri direttivi generali:
a) autonomia di entrata e di spesa e maggiore
responsabilizzazione amministrativa, finanziaria e
contabile di tutti i livelli di governo;
b) lealta' istituzionale fra tutti i livelli di
governo e concorso di tutte le amministrazioni pubbliche al
conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica nazionale
in coerenza con i vincoli posti dall'Unione europea e dai
trattati internazionali;
c) razionalita' e coerenza dei singoli tributi e del
sistema tributario nel suo complesso; semplificazione del
sistema tributario, riduzione degli adempimenti a carico
dei contribuenti, trasparenza del prelievo, efficienza
nell'amministrazione dei tributi; rispetto dei principi
sanciti dallo statuto dei diritti del contribuente di cui
alla legge 27 luglio 2000, n. 212;
d) coinvolgimento dei diversi livelli istituzionali
nell'attivita' di contrasto all'evasione e all'elusione
fiscale prevedendo meccanismi di carattere premiale;
e) attribuzione di risorse autonome ai comuni, alle
province, alle citta' metropolitane e alle regioni, in
relazione alle rispettive competenze, secondo il principio
di territorialita' e nel rispetto del principio di
solidarieta' e dei principi di sussidiarieta',
differenziazione ed adeguatezza di cui all'art. 118 della
Costituzione; le risorse derivanti dai tributi e dalle
entrate propri di regioni ed enti locali, dalle
compartecipazioni al gettito di tributi erariali e dal
fondo perequativo consentono di finanziare integralmente il
normale esercizio delle funzioni pubbliche attribuite;
f) determinazione del costo e del fabbisogno standard
quale costo e fabbisogno che, valorizzando l'efficienza e
l'efficacia, costituisce l'indicatore rispetto al quale
comparare e valutare l'azione pubblica; definizione degli
obiettivi di servizio cui devono tendere le amministrazioni
regionali e locali nell'esercizio delle funzioni
riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni o
alle funzioni fondamentali di cui all'art. 117, secondo
comma, lettere m) e p), della Costituzione;
g) adozione per le proprie politiche di bilancio da
parte di regioni, citta' metropolitane, province e comuni
di regole coerenti con quelle derivanti dall'applicazione
del patto di stabilita' e crescita;
h) adozione di regole contabili uniformi e di un
comune piano dei conti integrato; adozione di comuni schemi
di bilancio articolati in missioni e programmi coerenti con
la classificazione economica e funzionale individuata dagli
appositi regolamenti comunitari in materia di contabilita'
nazionale e relativi conti satellite; adozione di un
bilancio consolidato con le proprie aziende, societa' o
altri organismi controllali, secondo uno schema comune;
affiancamento, a fini conoscitivi, al sistema di
contabilita' finanziaria di un sistema e di schemi di
contabilita' economico-patrimoniale ispirati a comuni
criteri di contabilizzazione; raccordabilita' dei sistemi
contabili e degli schemi di bilancio degli enti
territoriali con quelli adottati in ambito europeo ai fini
della procedura per i disavanzi eccessivi; definizione di
una tassonomia per la riclassificazione dei dati contabili
e di bilancio per le amministrazioni pubbliche di cui alla
presente legge tenute al regime di contabilita'
civilistica, ai fini del raccordo con le regole contabili
uniformi; definizione di un sistema di indicatori di
risultato semplici, misurabili e riferiti ai programmi del
bilancio, costruiti secondo criteri e metodologie comuni ai
diversi enti territoriali; al fine di dare attuazione agli
articoli 9 e 13, individuazione del termine entro il quale
regioni ed enti locali devono comunicare al Governo i
propri bilanci preventivi e consuntivi, come approvati, e
previsione di sanzioni ai sensi dell'art. 17, comma 1,
lettera e), in caso di mancato rispetto di tale termine;
i) previsione dell'obbligo di pubblicazione in siti
internet dei bilanci delle regioni, delle citta'
metropolitane, delle province e dei comuni, tali da
riportare in modo semplificato le entrate e le spese pro
capite secondo modelli uniformi concordati in sede di
Conferenza unificata;
l) salvaguardia dell'obiettivo di non alterare il
criterio della progressivita' del sistema tributario e
rispetto del principio della capacita' contributiva ai fini
del concorso alle spese pubbliche;
m) superamento graduale, per tutti i livelli
istituzionali, del criterio della spesa storica a favore:
1) del fabbisogno standard per il finanziamento dei
livelli essenziali di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera m), della Costituzione, e delle funzioni
fondamentali di cui all'art. 117, secondo comma, lettera
p), della Costituzione;
2) della perequazione della capacita' fiscale per
le altre funzioni;
n) rispetto della ripartizione delle competenze
legislative fra Stato e regioni in tema di coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario;
o) esclusione di ogni doppia imposizione sul medesimo
presupposto, salvo le addizionali previste dalla legge
statale o regionale;
p) tendenziale correlazione tra prelievo fiscale e
beneficio connesso alle funzioni esercitate sul territorio
in modo da favorire la corrispondenza tra responsabilita'
finanziaria e amministrativa; continenza e responsabilita'
nell'imposizione di tributi propri;
q) previsione che la legge regionale possa, con
riguardo ai presupposti non assoggettati ad imposizione da
parte dello Stato:
1) stituire tributi regionali e locali;
2) determinare le variazioni delle aliquote o le
agevolazioni che comuni, province e citta' metropolitane
possono applicare nell'esercizio della propria autonomia
con riferimento ai tributi locali di cui al numero 1);
r) previsione che la legge regionale possa, nel
rispetto della normativa comunitaria e nei limiti stabiliti
dalla legge statale, valutare la modulazione delle accise
sulla benzina, sul gasolio e sul gas di petrolio
liquefatto, utilizzati dai cittadini residenti e dalle
imprese con sede legale e operativa nelle regioni
interessate dalle concessioni di coltivazione di cui
all'art. 19 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n.
625, e successive modificazioni;
s) facolta' delle regioni di istituire a favore degli
enti locali compartecipazioni al gettito dei tributi e
delle compartecipazioni regionali;
t) esclusione di interventi sulle basi imponibili e
sulle aliquote dei tributi che non siano del proprio
livello di governo; ove i predetti interventi siano
effettuati dallo Stato sulle basi imponibili e sulle
aliquote riguardanti i tributi degli enti locali e quelli
di cui all'art. 7, comma 1, lettera b), numeri 1) e 2),
essi sono possibili, a parita' di funzioni amministrative
conferite, solo se prevedono la contestuale adozione di
misure per la completa compensazione tramite modifica di
aliquota o attribuzione di altri tributi e previa
quantificazione finanziaria delle predette misure nella
Conferenza di cui all'art. 5; se i predetti interventi sono
accompagnati da una riduzione di funzioni amministrative
dei livelli di governo i cui tributi sono oggetto degli
interventi medesimi, la compensazione e' effettuata in
misura corrispondente alla riduzione delle funzioni;
u) previsione di strumenti e meccanismi di
accertamento e di riscossione che assicurino modalita'
efficienti di accreditamento diretto o di riversamento
automatico del riscosso agli enti titolari del tributo;
previsione che i tributi erariali compartecipati abbiano
integrale evidenza contabile nel bilancio dello Stato;
v) definizione di modalita' che assicurino a ciascun
soggetto titolare del tributo l'accesso diretto alle
anagrafi e a ogni altra banca dati utile alle attivita' di
gestione tributaria, assicurando il rispetto della
normativa a tutela della riservatezza dei dati personali;
z) premialita' dei comportamenti virtuosi ed
efficienti nell'esercizio della potesta' tributaria, nella
gestione finanziaria ed economica e previsione di
meccanismi sanzionatori per gli enti che non rispettano gli
equilibri economico-finanziari o non assicurano i livelli
essenziali delle prestazioni di cui all'art. 117, secondo
comma, lettera m), della Costituzione o l'esercizio delle
funzioni fondamentali di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera p), della Costituzione; previsione delle specifiche
modalita' attraverso le quali il Governo, nel caso in cui
la regione o l'ente locale non assicuri i livelli
essenziali delle prestazioni di cui all'art. 117, secondo
comma, lettera m), della Costituzione, o l'esercizio delle
funzioni fondamentali di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera p), della Costituzione, o qualora gli scostamenti
dal patto di convergenza di cui all'art. 18 della presente
legge abbiano caratteristiche permanenti e sistematiche,
adotta misure sanzionatorie ai sensi dell'art. 17, comma 1,
lettera e), che sono commisurate all'entita' di tali
scostamenti e possono comportare l'applicazione di misure
automatiche per l'incremento delle entrate tributarie ed
extra-tributarie, e puo' esercitare nei casi piu' gravi il
potere sostitutivo di cui all'art. 120, secondo comma,
della Costituzione, secondo quanto disposto dall'art. 8
della legge 5 giugno 2003, n. 131, e secondo il principio
di responsabilita' amministrativa e finanziaria;
aa) previsione che le sanzioni di cui alla lettera z)
a carico degli enti inadempienti si applichino anche nel
caso di mancato rispetto dei criteri uniformi di redazione
dei bilanci, predefiniti ai sensi della lettera h), o nel
caso di mancata o tardiva comunicazione dei dati ai fini
del coordinamento della finanza pubblica;
bb) garanzia del mantenimento di un adeguato livello
di flessibilita' fiscale nella costituzione di insiemi di
tributi e compartecipazioni, da attribuire alle regioni e
agli enti locali, la cui composizione sia rappresentata in
misura rilevante da tributi manovrabili, con
determinazione, per ciascun livello di governo, di un
adeguato grado di autonomia di entrata, derivante da tali
tributi;
cc) previsione di una adeguata flessibilita' fiscale
articolata su piu' tributi con una base imponibile stabile
e distribuita in modo tendenzialmente uniforme sul
territorio nazionale, tale da consentire a tutte le regioni
ed enti locali, comprese quelle a piu' basso potenziale
fiscale, di finanziare, attivando le proprie potenzialita',
il livello di spesa non riconducibile ai livelli essenziali
delle prestazioni e alle funzioni fondamentali degli enti
locali;
dd) trasparenza ed efficienza delle decisioni di
entrata e di spesa, rivolte a garantire l'effettiva
attuazione dei principi di efficacia, efficienza ed
economicita' di cui all'art. 5, comma 1, lettera b);
ee) riduzione della imposizione fiscale statale in
misura corrispondente alla piu' ampia autonomia di entrata
di regioni ed enti locali calcolata ad aliquota standard e
corrispondente riduzione delle risorse statali umane e
strumentali; eliminazione dal bilancio dello Stato delle
previsioni di spesa relative al finanziamento delle
funzioni attribuite a regioni, province, comuni e citta'
metropolitane, con esclusione dei fondi perequativi e delle
risorse per gli interventi di cui all'art. 119, quinto
comma, della Costituzione;
ff) definizione di una disciplina dei tributi locali
in modo da consentire anche una piu' piena valorizzazione
della sussidiarieta' orizzontale;
gg) individuazione di strumenti idonei a favorire la
piena attuazione degli artt. 29, 30 e 31 della
Costituzione, con riguardo ai diritti e alla formazione
della famiglia e all'adempimento dei relativi compiti;
hh) territorialita' dei tributi regionali e locali e
riferibilita' al territorio delle compartecipazioni al
gettito dei tributi erariali, in conformita' a quanto
previsto dall'art. 119 della Costituzione;
ii) tendenziale corrispondenza tra autonomia
impositiva e autonomia di gestione delle proprie risorse
umane e strumentali da parte del settore pubblico;
previsione di strumenti che consentano autonomia ai diversi
livelli di governo nella gestione della contrattazione
collettiva;
ll) certezza delle risorse e stabilita' tendenziale
del quadro di finanziamento, in misura corrispondente alle
funzioni attribuite;
mm) individuazione, in conformita' con il diritto
comunitario, di forme di fiscalita' di sviluppo, con
particolare riguardo alla creazione di nuove attivita' di
impresa nelle aree sottoutilizzate.
3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono
adottati su proposta del Ministro dell'economia e delle
finanze, del Ministro per le riforme per il federalismo,
del Ministro per la semplificazione normativa, del Ministro
per i rapporti con le regioni e del Ministro per le
politiche europee, di concerto con il Ministro
dell'interno, con il Ministro per la pubblica
amministrazione e l'innovazione e con gli altri Ministri
volta a volta competenti nelle materie oggetto di tali
decreti. Gli schemi di decreto legislativo, previa intesa
da sancire in sede di Conferenza unificata ai sensi
dell'art. 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
sono trasmessi alle Camere, ciascuno corredato di relazione
tecnica che evidenzi gli effetti delle disposizioni recate
dal medesimo schema di decreto sul saldo netto da
finanziare, sull'indebitamento netto delle amministrazioni
pubbliche e sul fabbisogno del settore pubblico, perche' su
di essi sia espresso il parere della Commissione di cui
all'art. 3 e delle Commissioni parlamentari competenti per
le conseguenze di carattere finanziario, entro sessanta
giorni dalla trasmissione. In mancanza di intesa nel
termine di cui all'art. 3 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281, il Consiglio dei Ministri delibera,
approvando una relazione che e' trasmessa alle Camere.
Nella relazione sono indicate le specifiche motivazioni per
cui l'intesa non e' stata raggiunta.
4. Decorso il termine per l'espressione dei pareri di
cui al comma 3, i decreti possono essere comunque adottati.
Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri
parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere con le sue
osservazioni e con eventuali modificazioni e rende
comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Decorsi trenta
giorni dalla data della nuova trasmissione, i decreti
possono comunque essere adottati in via definitiva dal
Governo. Il Governo, qualora, anche a seguito
dell'espressione dei pareri parlamentari, non intenda
conformarsi all'intesa raggiunta in Conferenza unificata,
trasmette alle Camere e alla stessa Conferenza unificata
una relazione nella quale sono indicate le specifiche
motivazioni di difformita' dall'intesa.
5. Il Governo assicura, nella predisposizione dei
decreti legislativi di cui al comma 1, piena collaborazione
con le regioni e gli enti locali.
6. Almeno uno dei decreti legislativi di cui al comma 1
e' adottato entro dodici mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge. Un decreto legislativo, da
adottare entro il termine previsto al comma 1 del presente
articolo, disciplina la determinazione dei costi e dei
fabbisogni standard sulla base dei livelli essenziali delle
prestazioni di cui al comma 2 dell'art. 20. Il Governo
trasmette alle Camere, entro il 30 giugno 2010, una
relazione concernente il quadro generale di finanziamento
degli enti territoriali e ipotesi di definizione su base
quantitativa della struttura fondamentale dei rapporti
finanziari tra lo Stato, le regioni, le province autonome
di Trento e di Bolzano e gli enti locali, con l'indicazione
delle possibili distribuzioni delle risorse. Tale relazione
e' comunque trasmessa alle Camere prima degli schemi di
decreto legislativo concernenti i tributi, le
compartecipazioni e la perequazione degli enti
territoriali.
7. Entro due anni dalla data di entrata in vigore dei
decreti legislativi di cui al comma 1, possono essere
adottati decreti legislativi recanti disposizioni
integrative e correttive nel rispetto dei principi e
criteri direttivi previsti dalla presente legge e con la
procedura di cui ai commi 3 e 4.».



 
Art. 4
Sindaco e Giunta capitolina

1. Il Sindaco e' il responsabile dell'amministrazione di Roma Capitale, nell'ambito del cui territorio esercita le funzioni attribuitegli dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti quale rappresentante della comunita' locale e quale ufficiale del Governo.
2. Il Sindaco di Roma Capitale puo' essere udito nelle riunioni del Consiglio dei Ministri all'ordine del giorno delle quali siano iscritti argomenti inerenti alle funzioni conferite a Roma Capitale.
3. La Giunta capitolina e' composta dal Sindaco di Roma Capitale, che la presiede, e da un numero massimo di Assessori pari ad un quarto dei Consiglieri dell'Assemblea capitolina assegnati.
4. Il Sindaco di Roma Capitale nomina, entro il limite massimo di cui al comma 3, i componenti della Giunta capitolina, tra cui il Vicesindaco, e ne da' comunicazione all'Assemblea capitolina nella prima seduta successiva alla nomina. Il Sindaco puo' revocare uno o piu' Assessori, dandone motivata comunicazione all'Assemblea.
5. Gli Assessori sono nominati dal Sindaco, anche al di fuori dei componenti dell'Assemblea capitolina, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilita', eleggibilita' e compatibilita' alla carica di consigliere dell'Assemblea. La nomina ad Assessore comporta la sospensione di diritto dall'incarico di Consigliere dell'Assemblea capitolina e la sostituzione con un supplente, individuato nel candidato della stessa lista che ha riportato, dopo gli eletti, il maggior numero di voti. La supplenza ha termine con la cessazione della sospensione e non comporta pregiudizio dei diritti di elettorato passivo del Consigliere supplente nell'ambito di Roma Capitale.
6. La Giunta collabora con il Sindaco nel governo di Roma Capitale. Essa compie tutti gli atti rientranti nelle funzioni degli organi di governo che non siano riservati dalla legge all'Assemblea capitolina e che non ricadano nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del Sindaco o degli organi di decentramento.
7. Lo statuto, in relazione all'esercizio delle funzioni conferite a Roma Capitale con gli appositi decreti legislativi, stabilisce i criteri per l'adozione da parte della Giunta di propri regolamenti in merito all'ordinamento generale degli uffici e dei servizi, in base a criteri di autonomia, funzionalita' ed economicita' di gestione, secondo i principi di professionalita' e responsabilita'.
8. Il voto dell'Assemblea capitolina contrario ad una proposta del Sindaco o della Giunta non comporta le dimissioni degli stessi.
9. Il Sindaco cessa dalla carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta dei componenti l'Assemblea. La mozione di sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei Consiglieri assegnati, senza computare a tal fine il Sindaco, e viene messa in discussione non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione viene approvata, la Giunta decade e si procede allo scioglimento dell'Assemblea capitolina, con contestuale nomina di un commissario ai sensi dell'articolo 141 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.
10. Al fine di garantire il tempestivo adempimento degli obblighi di legge o di evitare che l'omessa adozione di atti fondamentali di competenza dell'Assemblea capitolina possa recare grave pregiudizio alla regolarita' ed al buon andamento dell'azione amministrativa, il Sindaco puo' richiedere che le relative proposte di deliberazione siano sottoposte all'esame ed al voto dell'Assemblea capitolina con procedura d'urgenza, secondo le disposizioni stabilite dallo statuto e dal regolamento dell'Assemblea.



Note all'art. 4:
- Si riporta il testo dell'art. 141 del testo unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267:
«Art. 141 (Scioglimento e sospensione dei consigli
comunali e provinciali). - 1. I consigli comunali e
provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente
della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno:
a) quando compiano atti contrari alla Costituzione o
per gravi e persistenti violazioni di legge, nonche' per
gravi motivi di ordine pubblico;
b) quando non possa essere assicurato il normale
funzionamento degli organi e dei servizi per le seguenti
cause:
1) impedimento permanente, rimozione, decadenza,
decesso del sindaco o del presidente della provincia;
2) dimissioni del sindaco o del presidente della
provincia;
3) cessazione dalla carica per dimissioni
contestuali, ovvero rese anche con atti separati purche'
contemporaneamente presentati al protocollo dell'ente,
della meta' piu' uno dei membri assegnati, non computando a
tal fine il sindaco o il presidente della provincia;
4) riduzione dell'organo assembleare per
impossibilita' di surroga alla meta' dei componenti del
consiglio;
c) quando non sia approvato nei termini il bilancio;
c-bis) nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al
di sopra dei mille abitanti siano sprovvisti dei relativi
strumenti urbanistici generali e non adottino tali
strumenti entro diciotto mesi dalla data di elezione degli
organi. In questo caso, il decreto di scioglimento del
consiglio e' adottato su proposta del Ministro dell'interno
di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti.
2. Nella ipotesi di cui alla lettera c) del comma 1,
trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere
approvato senza che sia stato predisposto dalla Giunta il
relativo schema, l'organo regionale di controllo nomina un
commissario affinche' lo predisponga d'ufficio per
sottoporlo al consiglio. In tal caso e comunque quando il
consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo
schema di bilancio predisposto dalla Giunta, l'organo
regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera
notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore
a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si
sostituisce, mediante apposito commissario,
all'amministrazione inadempiente. Del provvedimento
sostitutivo e' data comunicazione al prefetto che inizia la
procedura per lo scioglimento del consiglio.
2-bis. Nell'ipotesi di cui alla lettera c-bis) del
comma 1, trascorso il termine entro il quale gli strumenti
urbanistici devono essere adottati, la regione segnala al
prefetto gli enti inadempienti. Il prefetto invita gli enti
che non abbiano provveduto ad adempiere all'obbligo nel
termine di quattro mesi. A tal fine gli enti locali possono
attivare gli interventi, anche sostitutivi, previsti dallo
statuto secondo criteri di neutralita', di sussidiarieta' e
di adeguatezza. Decorso infruttuosamente il termine di
quattro mesi, il prefetto inizia la procedura per lo
scioglimento del consiglio.
3. Nei casi diversi da quelli previsti dal numero 1)
della lettera b) del comma 1, con il decreto di
scioglimento si provvede alla nomina di un commissario, che
esercita le attribuzioni conferitegli con il decreto
stesso.
4. Il rinnovo del consiglio nelle ipotesi di
scioglimento deve coincidere con il primo turno elettorale
utile previsto dalla legge.
5. I consiglieri cessati dalla carica per effetto dello
scioglimento continuano ad esercitare, fino alla nomina dei
successori, gli incarichi esterni loro eventualmente
attribuiti.
6. Al decreto di scioglimento e' allegata la relazione
del Ministro contenente i motivi del provvedimento;
dell'adozione del decreto di scioglimento e' data immediata
comunicazione al parlamento. Il decreto e' pubblicato nella
«Gazzetta Ufficiale» della Repubblica italiana.
7. Iniziata la procedura di cui ai commi precedenti ed
in attesa del decreto di scioglimento, il prefetto, per
motivi di grave e urgente necessita', puo' sospendere, per
un periodo comunque non superiore a novanta giorni, i
consigli comunali e provinciali e nominare un commissario
per la provvisoria amministrazione dell'ente.
8. Ove non diversamente previsto dalle leggi regionali
le disposizioni di cui al presente articolo si applicano,
in quanto compatibili, agli altri enti locali di cui
all'art. 2, comma 1 ed ai consorzi tra enti locali. Il
relativo provvedimento di scioglimento degli organi
comunque denominati degli enti locali di cui al presente
comma e' disposto con decreto del Ministro dell'interno.».



 
Art. 5
Status degli amministratori
di Roma Capitale

1. Sono amministratori di Roma Capitale il Sindaco, gli Assessori componenti della Giunta ed i Consiglieri dell'Assemblea capitolina.
2. Gli amministratori di Roma Capitale che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato.
3. Il Sindaco, il Presidente dell'Assemblea capitolina e gli Assessori componenti della giunta capitolina hanno diritto di percepire una indennita' di funzione, determinata con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Assemblea capitolina. Tale indennita' e' dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l'aspettativa.
4. I Consiglieri dell'Assemblea capitolina hanno diritto di percepire una indennita' onnicomprensiva di funzione, determinata con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Assemblea capitolina, in una quota parte dell'indennita' del Sindaco, fissata dal medesimo decreto. Tale decreto e' adottato successivamente all'adozione delle misure di cui all'articolo 3, comma 5. La misura della predetta indennita' tiene conto della complessita' e specificita' delle funzioni conferite a Roma Capitale, anche in considerazione della particolare rilevanza demografica dell'Ente, nonche' degli effetti previdenziali, assistenziali ed assicurativi nei confronti dei lavoratori dipendenti che siano collocati in aspettativa non retribuita conseguenti all'assunzione della carica di Consigliere dell'Assemblea capitolina. L'indennita' e' dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l'aspettativa. Il regolamento per il funzionamento dell'Assemblea capitolina prevede l'applicazione di detrazioni dell'indennita' in caso di non giustificata assenza dalle sedute della stessa.
5. In sede di attuazione dei commi 3 e 4, primo e terzo periodo, gli eventuali maggiori oneri derivanti dalla determinazione delle indennita' spettanti agli amministratori di Roma Capitale non dovranno in ogni caso risultare superiori alle minori spese derivanti dall'applicazione del comma 4, quarto periodo, e dell'articolo 3, comma 5.
6. Si applica l'articolo 5, comma 11, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
7. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione dei principi e dei criteri direttivi di cui all'articolo 24, comma 5, lettera a), della legge 5 maggio 2009, n. 42. Fino a tale data continua ad applicarsi la disciplina vigente.



Note all'art. 5:
- Si riporta il testo del comma 11 dell'art. 5 del D.L.
31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica),
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010,
n. 122:
«Art. 5 (Economie negli Organi costituzionali, di
governo e negli apparati politici). - 1. - 10. (omissis);
11. Chi e' eletto o nominato in organi appartenenti a
diversi livelli di governo non puo' comunque ricevere piu'
di un emolumento, comunque denominato, a sua scelta.».
- Per il testo dell'art. 24 della legge 5 maggio 2009,
n. 42, si veda nella nota all'art. 1.



 
Art. 6
Clausola di invarianza finanziaria

1. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
 
Art. 7
Disposizioni transitorie e finali

1. Per quanto non espressamente previsto nel presente decreto, agli organi di Roma Capitale ed ai loro componenti si applicano le disposizioni previste con riferimento ai comuni dalla parte prima del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e da ogni altra disposizione di legge.
2. Nelle more dell'approvazione dello statuto di Roma Capitale e del regolamento dell'Assemblea capitolina continuano altresi' ad applicarsi le disposizioni dello statuto del comune di Roma e del regolamento del Consiglio comunale di Roma in quanto compatibili con le disposizioni del presente decreto.
3. Fino alla prima elezione dell'Assemblea capitolina, successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto, il numero dei suoi membri resta fissato in sessanta oltre al Sindaco ed il numero degli Assessori resta fissato nell'ambito del limite massimo previsto dall'articolo 47, comma 1, ultima parte, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.
4. La disposizione di cui all'articolo 4, comma 5, secondo e terzo periodo, si applica a decorrere dalla prima elezione dell'Assemblea capitolina successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Il presente decreto munito del sigillo dello Stato sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi' 17 settembre 2010

NAPOLITANO

Berlusconi, Presidente del
Consiglio dei Ministri

Tremonti, Ministro dell'economia e
delle finanze

Bossi, Ministro per le riforme per
il federalismo

Calderoli, Ministro per la
semplificazione normativa

Fitto, Ministro per i rapporti con
le regioni e per la coesione
territoriale

Ronchi, Ministro per le politiche
europee

Maroni, Ministro dell'interno

Brunetta, Ministro per la pubblica
amministrazione e l'innovazione
Visto, il Guardasigilli: Alfano




Note all'art. 7:
- Si riporta il testo del comma 1 dell'art. 47 del
citato d. lgs. n. 267 del 2000:
«Art. 47 (Composizione delle giunte). - 1. La Giunta
comunale e la Giunta provinciale sono composte
rispettivamente dal sindaco e dal presidente della
provincia, che le presiedono, e da un numero di assessori,
stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un
terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei
consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine
il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non
superiore a dodici unita'.
2. - 5. (omissis)».



 
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