Gazzetta n. 281 del 1 dicembre 2010 (vai al sommario)
LEGGE 26 novembre 2010, n. 199
Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno.



La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
Art. 1

Esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a
dodici mesi

1. Fino alla completa attuazione del piano straordinario penitenziario nonche' in attesa della riforma della disciplina delle misure alternative alla detenzione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2013, la pena detentiva non superiore a dodici mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, e' eseguita presso l'abitazione del condannato o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, di seguito denominato «domicilio».
2. La detenzione presso il domicilio non e' applicabile:
a) ai soggetti condannati per taluno dei delitti indicati dall'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni;
b) ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ai sensi degli articoli 102, 105 e 108 del codice penale;
c) ai detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare, ai sensi dell'articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, salvo che sia stato accolto il reclamo previsto dall'articolo 14-ter della medesima legge;
d) quando vi e' la concreta possibilita' che il condannato possa darsi alla fuga ovvero sussistono specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti ovvero quando non sussista l'idoneita' e l'effettivita' del domicilio anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato.
3. Nei casi di cui all'articolo 656, comma 1, del codice di procedura penale, quando la pena detentiva da eseguire non e' superiore a dodici mesi, il pubblico ministero, salvo che debba emettere il decreto di sospensione di cui al comma 5 del citato articolo 656 del codice di procedura penale e salvo che ricorrano i casi previsti nel comma 9, lettera a), del medesimo articolo, sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo al magistrato di sorveglianza affinche' disponga che la pena venga eseguita presso il domicilio. La richiesta e' corredata di un verbale di accertamento dell'idoneita' del domicilio, nonche', se il condannato e' sottoposto a un programma di recupero o intende sottoporsi ad esso, della documentazione di cui all'articolo 94, comma 1, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.
4. Se il condannato e' gia' detenuto, la pena detentiva non superiore a dodici mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, e' eseguita nei luoghi di cui al comma 1. Nei casi di cui all'articolo 656, comma 9, lettera b), del codice di procedura penale, non e' consentita la sospensione dell'esecuzione della pena e il pubblico ministero o le altre parti fanno richiesta, per l'applicazione della misura, al magistrato di sorveglianza, secondo il disposto di cui al comma 5 del presente articolo. In ogni caso, la direzione dell'istituto penitenziario, anche a seguito di richiesta del detenuto o del suo difensore, trasmette al magistrato di sorveglianza una relazione sulla condotta tenuta durante la detenzione. La relazione e' corredata di un verbale di accertamento dell'idoneita' del domicilio, nonche', se il condannato e' sottoposto ad un programma di recupero o intende sottoporsi ad esso, della documentazione di cui all'articolo 94, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.
5. Il magistrato di sorveglianza provvede ai sensi dell'articolo 69-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, ma il termine di cui al comma 2 del predetto articolo e' ridotto a cinque giorni.
6. Copia del provvedimento che dispone l'esecuzione della pena presso il domicilio e' trasmessa senza ritardo al pubblico ministero nonche' all'ufficio locale dell'esecuzione penale esterna per gli interventi di sostegno e controllo. L'ufficio locale dell'esecuzione penale esterna segnala ogni evento rilevante sull'esecuzione della pena e trasmette relazione trimestrale e conclusiva.
7. Nel caso di condannato tossicodipendente o alcoldipendente sottoposto ad un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, la pena di cui al comma 1 puo' essere eseguita presso una struttura sanitaria pubblica o una struttura privata accreditata ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. In ogni caso, il magistrato di sorveglianza puo' imporre le prescrizioni e le forme di controllo necessarie per accertare che il tossicodipendente o l'alcoldipendente inizi immediatamente o prosegua il programma terapeutico. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della salute, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche antidroga e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e' determinato il contingente annuo dei posti disponibili, nei limiti del livello di risorse ordinario presso ciascuna regione finalizzato a tale tipologia di spesa, sulla base degli accrediti gia' in essere con il Servizio sanitario nazionale e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
8. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dagli articoli 47-ter, commi 4, 4-bis, 5, 6, 8, 9 e 9-bis, 51-bis, 58 e 58-quater, ad eccezione del comma 7-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nonche' le relative norme di esecuzione contenute nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230. Nei casi previsti dagli articoli 47-ter, commi 4 e 4-bis, e 51-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, tuttavia, il provvedimento e' adottato dal magistrato di sorveglianza.



Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia, ai sensi
dell'art.10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n.1092, al solo fine
di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
modificate o alle quali e' operato il rinvio. Restano
invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.
Note all'art. 1:
- Si riporta il testo dell'art. 4-bis della legge 26
luglio1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e
sull'esecuzione delle misure privative e limitative della
liberta'):
«Art. 4-bis (Divieto di concessione dei benefici e
accertamento della pericolosita' sociale dei condannati per
taluni delitti). - 1. L'assegnazione al lavoro all'esterno,
i permessi premio e le misure alternative alla detenzione
previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata,
possono essere concessi ai detenuti e internati per i
seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e
internati collaborino con la giustizia a norma dell'art.
58-ter della presente legge: delitti commessi per finalita'
di terrorismo, anche internazionale, o di eversione
dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di
violenza, delitto di cui all'art. 416-bis del codice
penale, delitti commessi avvalendosi delle condizioni
previste dallo stesso art. ovvero al fine di agevolare
l'attivita' delle associazioni in esso previste, delitti di
cui agli articoli 600, 600-bis, primo comma, 600-ter, primo
e secondo comma, 601, 602, 609-octies, e 630 del codice
penale, all'art. 291-quater del testo unico delle
disposizioni legislative in materia doganale, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n.
43, e all'art. 74 del testo unico delle leggi in materia di
disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,
prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Sono fatte salve le
disposizioni degli articoli 16-nonies e 17-bis del
decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e
successive modificazioni .
1-bis. I benefici di cui al comma 1 possono essere
concessi ai detenuti o internati per uno dei delitti ivi
previsti, purche' siano stati acquisiti elementi tali da
escludere l'attualita' di collegamenti con la criminalita'
organizzata, terroristica o eversiva, altresi' nei casi in
cui la limitata partecipazione al fatto criminoso,
accertata nella sentenza di condanna, ovvero l'integrale
accertamento dei fatti e delle responsabilita', operato con
sentenza irrevocabile, rendono comunque impossibile
un'utile collaborazione con la giustizia, nonche' nei casi
in cui, anche se la collaborazione che viene offerta
risulti oggettivamente irrilevante, nei confronti dei
medesimi detenuti o internati sia stata applicata una delle
circostanze attenuanti previste dall'art. 62, numero 6),
anche qualora il risarcimento del danno sia avvenuto dopo
la sentenza di condanna, dall'art. 114 ovvero dall'art.
116, secondo comma, del codice penale.
1-ter. I benefici di cui al comma 1 possono essere
concessi, purche' non vi siano elementi tali da far
ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalita'
organizzata, terroristica o eversiva, ai detenuti o
internati per i delitti di cui agli articoli 575, 600-bis,
secondo e terzo comma, 600-ter, terzo comma, 600-quinquies,
628, terzo comma, e 629, secondo comma, del codice penale,
all'art. 291-ter del citato testo unico di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43,
all'art. 73 del citato testo unico di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e
successive modificazioni, limitatamente alle ipotesi
aggravate ai sensi dell'art. 80, comma 2, del medesimo
testo unico, all'art. 416, primo e terzo comma, del codice
penale, realizzato allo scopo di commettere delitti
previsti dagli articoli 473 e 474 del medesimo codice, e
all'art. 416 del codice penale, realizzato allo scopo di
commettere delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo
III, sezione I, del medesimo codice, dagli articoli
609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale e
dall'art. 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e
norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive
modificazioni.
1-quater. I benefici di cui al comma 1 possono essere
concessi ai detenuti o internati per i delitti di cui agli
articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater e 609-octies del
codice penale solo sulla base dei risultati
dell'osservazione scientifica della personalita' condotta
collegialmente per almeno un anno anche con la
partecipazione degli esperti di cui al quarto comma
dell'art. 80 della presente legge. Le disposizioni di cui
al periodo precedente si applicano in ordine al delitto
previsto dall'art. 609-bis del codice penale salvo che
risulti applicata la circostanza attenuante dallo stesso
contemplata.
2. Ai fini della concessione dei benefici di cui al
comma 1 il magistrato di sorveglianza o il tribunale di
sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni per
il tramite del comitato provinciale per l'ordine e la
sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di
detenzione del condannato. In ogni caso il giudice decide
trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni.
Al suddetto comitato provinciale puo' essere chiamato a
partecipare il direttore dell'istituto penitenziario in cui
il condannato e' detenuto.
2-bis. Ai fini della concessione dei benefici di cui al
comma 1-ter, il magistrato di sorveglianza o il tribunale
di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni
dal questore. In ogni caso il giudice decide trascorsi
trenta giorni dalla richiesta delle informazioni.
3. Quando il comitato ritiene che sussistano
particolari esigenze di sicurezza ovvero che i collegamenti
potrebbero essere mantenuti con organizzazioni operanti in
ambiti non locali o extranazionali, ne da' comunicazione al
giudice e il termine di cui al comma 2 e' prorogato di
ulteriori trenta giorni al fine di acquisire elementi ed
informazioni da parte dei competenti organi centrali.
3-bis. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi
premio e le misure alternative alla detenzione previste dal
capo VI, non possono essere concessi ai detenuti ed
internati per delitti dolosi quando il Procuratore
nazionale antimafia o il procuratore distrettuale comunica,
d'iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per
l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al
luogo di detenzione o internamento, l'attualita' di
collegamenti con la criminalita' organizzata. In tal caso
si prescinde dalle procedure previste dai commi 2 e 3.».
- Si riporta il testo degli articoli 102, 105 e 108 del
codice penale:
«Art. 102 (Abitualita' presunta dalla legge). - E'
dichiarato delinquente abituale chi, dopo essere stato
condannato alla reclusione in misura superiore
complessivamente a cinque anni per tre delitti non colposi,
della stessa indole, commessi entro dieci anni, e non
contestualmente, riporta un'altra condanna per un delitto,
non colposo, della stessa indole, e commesso entro dieci
anni successivi all'ultimo dei delitti precedenti.
Nei dieci anni indicati nella disposizione precedente
non si computa il tempo in cui il condannato ha scontato
pene detentive o e' stato sottoposto a misure di sicurezza
detentive.».
«Art. 105 (Professionalita' nel reato). - Chi,
trovandosi nelle condizioni richieste per la dichiarazione
di abitualita', riporta condanna per un altro reato, e'
dichiarato delinquente o contravventore professionale
qualora, avuto riguardo alla natura dei reati, alla
condotta e al genere di vita del colpevole e alle altre
circostanze indicate nel capoverso dell'art. 133, debba
ritenersi che egli viva abitualmente, anche in parte
soltanto, dei proventi del reato.».
«Art. 108 (Tendenza a delinquere). - E' dichiarato
delinquente per tendenza chi, sebbene non recidivo o
delinquente abituale o professionale, commette un delitto
non colposo, contro la vita o l'incolumita' individuale,
anche non preveduto dal capo primo del titolo dodicesimo
del libro secondo di questo codice, il quale, per se' e
unitamente alle circostanze indicate nel capoverso
dell'art. 133, riveli una speciale inclinazione al delitto,
che trovi sua causa nell'indole particolarmente malvagia
del colpevole.
La disposizione di questo art. non si applica se
l'inclinazione al delitto e' originata dall'infermita'
preveduta dagli articoli 88 e 89.».
- Si riporta il testo degli artt. 14-bis e 14-ter della
citata legge 26 luglio 1975, n. 354:
«Art. 14-bis (Regime di sorveglianza particolare). - 1.
Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza
particolare per un periodo non superiore a sei mesi,
prorogabile anche piu' volte in misura non superiore ogni
volta a tre mesi, i condannati, gli internati e gli
imputati:
a) che con i loro comportamenti compromettono la
sicurezza ovvero turbano l'ordine negli istituti;
b) che con la violenza o minaccia impediscono le
attivita' degli altri detenuti o internati;
c) che nella vita penitenziaria si avvalgono dello
stato di soggezione degli altri detenuti nei loro
confronti.
2. Il regime di cui al precedente comma 1 e' disposto
con provvedimento motivato dell'amministrazione
penitenziaria previo parere del consiglio di disciplina,
integrato da due degli esperti previsti dal quarto comma
dell'art. 80.
3. Nei confronti degli imputati il regime di
sorveglianza particolare e' disposto sentita anche
l'autorita' giudiziaria che procede.
4. In caso di necessita' ed urgenza l'amministrazione
puo' disporre in via provvisoria la sorveglianza
particolare prima dei pareri prescritti, che comunque
devono essere acquisiti entro dieci giorni dalla data del
provvedimento. Scaduto tale termine l'amministrazione,
acquisiti i pareri prescritti, decide in via definitiva
entro dieci giorni decorsi i quali, senza che sia
intervenuta la decisione, il provvedimento provvisorio
decade.
5. Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza
particolare, fin dal momento del loro ingresso in istituto,
i condannati, gli internati e gli imputati, sulla base di
precedenti comportamenti penitenziari o di altri concreti
comportamenti tenuti, indipendentemente dalla natura
dell'imputazione, nello stato di liberta'. L'autorita'
giudiziaria segnala gli eventuali elementi a sua conoscenza
all'amministrazione penitenziaria che decide sull'adozione
dei provvedimenti di sua competenza.
6. Il provvedimento che dispone il regime di cui al
presente art. e' comunicato immediatamente al magistrato di
sorveglianza ai fini dell'esercizio del suo potere di
vigilanza.».
«Art. 14-ter (Reclamo). - 1. Avverso il provvedimento
che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare
puo' essere proposto dall'interessato reclamo al tribunale
di sorveglianza nel termine di dieci giorni dalla
comunicazione del provvedimento definitivo. Il reclamo non
sospende l'esecuzione del provvedimento.
2. Il tribunale di sorveglianza provvede con ordinanza
in camera di consiglio entro dieci giorni dalla ricezione
del reclamo.
3. Il procedimento si svolge con la partecipazione del
difensore e del pubblico ministero. L'interessato e
l'amministrazione penitenziaria possono presentare memorie.
4. Per quanto non diversamente disposto si applicano le
disposizioni del capo II-bis del titolo II.».
- Si riporta il testo dell'art. 656 del codice di
procedura penale:
«Art. 656 (Esecuzione delle pene detentive). - 1.
Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena
detentiva, il pubblico ministero emette ordine di
esecuzione con il quale, se il condannato non e' detenuto,
ne dispone la carcerazione. Copia dell'ordine e' consegnata
all'interessato.
2. Se il condannato e' gia' detenuto, l'ordine di
esecuzione e' comunicato al Ministro di grazia e giustizia
e notificato all'interessato.
3. L'ordine di esecuzione contiene le generalita' della
persona nei cui confronti deve essere eseguito e
quant'altro valga a identificarla, l'imputazione, il
dispositivo del provvedimento e le disposizioni necessarie
all'esecuzione. L'ordine e' notificato al difensore del
condannato.
4. L'ordine che dispone la carcerazione e' eseguito
secondo le modalita' previste dall'art. 277.
5. Se la pena detentiva, anche se costituente residuo
di maggiore pena, non e' superiore a tre anni o sei anni
nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del testo unico
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9
ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il
pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9,
ne sospende l'esecuzione. L'ordine di esecuzione e il
decreto di sospensione sono notificati al condannato e al
difensore nominato per la fase dell'esecuzione o, in
difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase del
giudizio, con l'avviso che entro trenta giorni puo' essere
presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla
documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione
di una delle misure alternative alla detenzione di cui agli
articoli 47, 47-ter e 50, comma 1, della legge 26 luglio
1975, n. 354, e successive modificazioni, e di cui all'art.
94 del testo unico approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive
modificazioni, ovvero la sospensione dell'esecuzione della
pena di cui all'art. 90 dello stesso testo unico. L'avviso
informa altresi' che, ove non sia presentata l'istanza o la
stessa sia inammissibile ai sensi degli articoli 90 e
seguenti del citato testo unico, l'esecuzione della pena
avra' corso immediato.
6. L'istanza deve essere presentata dal condannato o
dal difensore di cui al comma 5 ovvero allo scopo nominato
dal pubblico ministero, il quale la trasmette, unitamente
alla documentazione, al tribunale di sorveglianza
competente in relazione al luogo in cui ha sede l'ufficio
del pubblico ministero. Se l'istanza non e' corredata dalla
documentazione utile, questa, salvi i casi di
inammissibilita', puo' essere depositata nella cancelleria
del tribunale di sorveglianza fino a cinque giorni prima
dell'udienza fissata a norma dell'art. 666, comma 3. Resta
salva, in ogni caso, la facolta' del tribunale di
sorveglianza di procedere anche d'ufficio alla richiesta di
documenti o di informazioni, o all'assunzione di prove a
norma dell'art. 666, comma 5. Il tribunale di sorveglianza
decide entro quarantacinque giorni dal ricevimento
dell'istanza.
7. La sospensione dell'esecuzione per la stessa
condanna non puo' essere disposta piu' di una volta, anche
se il condannato ripropone nuova istanza sia in ordine a
diversa misura alternativa, sia in ordine alla medesima,
diversamente motivata, sia in ordine alla sospensione
dell'esecuzione della pena di cui all'art. 90 del testo
unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica
9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.
8. Salva la disposizione del comma 8-bis, qualora
l'istanza non sia tempestivamente presentata, o il
tribunale di sorveglianza la dichiari inammissibile o la
respinga, il pubblico ministero revoca immediatamente il
decreto di sospensione dell'esecuzione. Il pubblico
ministero provvede analogamente quando l'istanza presentata
e' inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del
testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive
modificazioni, nonche', nelle more della decisione del
tribunale di sorveglianza, quando il programma di recupero
di cui all'art. 94 del medesimo testo unico non risulta
iniziato entro cinque giorni dalla data di presentazione
della relativa istanza o risulta interrotto. A tal fine il
pubblico ministero, nel trasmettere l'istanza al tribunale
di sorveglianza, dispone gli opportuni accertamenti.
8-bis. Quando e' provato o appare probabile che il
condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell'avviso
di cui al comma 5, il pubblico ministero puo' assumere,
anche presso il difensore, le opportune informazioni,
all'esito delle quali puo' disporre la rinnovazione della
notifica.
9. La sospensione dell'esecuzione di cui al comma 5 non
puo' essere disposta:
a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui
all'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e
successive modificazioni, nonche' di cui agli articoli
423-bis, 624, quando ricorrono due o piu' circostanze tra
quelle indicate dall'art. 625, 624-bis del codice penale, e
per i delitti in cui ricorre l'aggravante di cui all'art.
61, primo comma, numero 11-bis), del medesimo codice, fatta
eccezione per coloro che si trovano agli arresti
domiciliari disposti ai sensi dell'art. 89 del testo unico
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre
1990, n. 309, e successive modificazioni;
b) nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto
della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia
cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene
definitiva;
c) nei confronti dei condannati ai quali sia stata
applicata la recidiva prevista dall'art. 99, quarto comma,
del codice penale».
10. Nella situazione considerata dal comma 5, se il
condannato si trova agli arresti domiciliari per il fatto
oggetto della condanna da eseguire, il pubblico ministero
sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e
trasmette gli atti senza ritardo al tribunale di
sorveglianza perche' provveda alla eventuale applicazione
di una delle misure alternative di cui al comma 5. Fino
alla decisione del tribunale di sorveglianza, il condannato
permane nello stato detentivo nel quale si trova e il tempo
corrispondente e' considerato come pena espiata a tutti gli
effetti. Agli adempimenti previsti dall'art. 47-ter della
legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni,
provvede in ogni caso il magistrato di sorveglianza.».
- Si riporta il testo dell'art. 94, comma 1, del
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.
309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.):
«Art. 94 (Affidamento in prova in casi particolari). -
(Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47-bis, introdotto
dall'art. 4-ter del decreto-legge 22 aprile 1985, n. 144,
convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1985,
n. 297, come sostituito dall'art. 12 della legge 10 ottobre
1986, n. 663). - 1. Se la pena detentiva deve essere
eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o
alcooldipendente che abbia in corso un programma di
recupero o che ad esso intenda sottoporsi, l'interessato
puo' chiedere in ogni momento di essere affidato in prova
al servizio sociale per proseguire o intraprendere
l'attivita' terapeutica sulla base di un programma da lui
concordato con un'azienda unita' sanitaria locale o con una
struttura privata autorizzata ai sensi dell'art. 116.
L'affidamento in prova in casi particolari puo' essere
concesso solo quando deve essere espiata una pena
detentiva, anche residua e congiunta a pena pecuniaria, non
superiore a sei anni od a quattro anni se relativa a titolo
esecutivo comprendente reato di cui all'art. 4-bis della
legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.
Alla domanda e' allegata, a pena di inammissibilita',
certificazione rilasciata da una struttura sanitaria
pubblica o da una struttura privata accreditata per
l'attivita' di diagnosi prevista dal comma 2, lettera d),
dell'art. 116 attestante lo stato di tossicodipendenza o di
alcooldipendenza, la procedura con la quale e' stato
accertato l'uso abituale di sostanze stupefacenti,
psicotrope o alcoliche, l'andamento del programma
concordato eventualmente in corso e la sua idoneita', ai
fini del recupero del condannato. Affinche' il trattamento
sia eseguito a carico del Servizio sanitario nazionale, la
struttura interessata deve essere in possesso
dell'accreditamento istituzionale di cui all'art. 8-quater
del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e
successive modificazioni, ed aver stipulato gli accordi
contrattuali di cui all'art. 8-quinquies del citato decreto
legislativo.».
- Si riporta il testo dell'art. 69-bis della citata
legge 26 luglio 1975 n. 354:
«Art. 69-bis (Procedimento in materia di liberazione
anticipata). - 1. Sull'istanza di concessione della
liberazione anticipata, il magistrato di sorveglianza
provvede con ordinanza, adottata in camera di consiglio
senza la presenza delle parti, che e' comunicata o
notificata senza ritardo ai soggetti indicati nell'art. 127
del codice di procedura penale.
2. Il magistrato di sorveglianza decide non prima di
quindici giorni dalla richiesta del parere al pubblico
ministero e anche in assenza di esso.
3. Avverso l'ordinanza di cui al comma 1 il difensore,
l'interessato e il pubblico ministero possono, entro dieci
giorni dalla comunicazione o notificazione, proporre
reclamo al tribunale di sorveglianza competente per
territorio.
4. Il tribunale di sorveglianza decide ai sensi
dell'art. 678 del codice di procedura penale. Si applicano
le disposizioni del quinto e del sesto comma dell'art.
30-bis.
5. Il tribunale di sorveglianza, ove nel corso dei
procedimenti previsti dall'art. 70, comma 1, sia stata
presentata istanza per la concessione della liberazione
anticipata, puo' trasmetterla al magistrato di
sorveglianza.».
- Si riporta il testo del'art. 47-ter della citata
legge 26 luglio 1975, n. 354:
«Art. 47-ter (Detenzione domiciliare). - 1. La pena
della reclusione per qualunque reato, ad eccezione di
quelli previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione
I, e dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del
codice penale, dall' art. 51, comma 3-bis, del codice di
procedura penale e dall'art. 4-bis della presente legge,
puo' essere espiata nella propria abitazione o in altro
luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza, quando
trattasi di persona che, al momento dell'inizio
dell'esecuzione della pena, o dopo l'inizio della stessa,
abbia compiuto i settanta anni di eta' purche' non sia
stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per
tendenza ne' sia stato mai condannato con l'aggravante di
cui all' art. 99 del codice penale .
1. La pena della reclusione non superiore a quattro
anni, anche se costituente parte residua di maggior pena,
nonche' la pena dell'arresto, possono essere espiate nella
propria abitazione o in altro luogo di privata dimora
ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza,
quando trattasi di:
a) donna incinta o madre di prole di eta' inferiore
ad anni dieci con lei convivente;
b) padre, esercente la potesta', di prole di eta'
inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre
sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a
dare assistenza alla prole;
c) persona in condizioni di salute particolarmente
gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi
sanitari territoriali;
d) persona di eta' superiore a sessanta anni, se
inabile anche parzialmente;
e) persona minore di anni ventuno per comprovate
esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.
1.1. Al condannato, al quale sia stata applicata la
recidiva prevista dall' art. 99, quarto comma, del codice
penale, puo' essere concessa la detenzione domiciliare se
la pena detentiva inflitta, anche se costituente parte
residua di maggior pena, non supera tre anni .
1-bis. La detenzione domiciliare puo' essere applicata
per l'espiazione della pena detentiva inflitta in misura
non superiore a due anni, anche se costituente parte
residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni
di cui al comma 1 quando non ricorrono i presupposti per
l'affidamento in prova al servizio sociale e sempre che
tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il
condannato commetta altri reati. La presente disposizione
non si applica ai condannati per i reati di cui all'art.
4-bis e a quelli cui sia stata applicata la recidiva
prevista dall' art. 99, quarto comma, del codice penale.
1-ter. Quando potrebbe essere disposto il rinvio
obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai
sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il
tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il
limite di cui al comma 1, puo' disporre la applicazione
della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di
durata di tale applicazione, termine che puo' essere
prorogato. L'esecuzione della pena prosegue durante la
esecuzione della detenzione domiciliare.
1-quater. Se l'istanza di applicazione della detenzione
domiciliare e' proposta dopo che ha avuto inizio
l'esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza cui
la domanda deve essere rivolta puo' disporre l'applicazione
provvisoria della misura, quando ricorrono i requisiti di
cui ai commi 1 e 1-bis. Si applicano, in quanto
compatibili, le disposizioni di cui all'art. 47, comma 4.
2.
3.
4. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la
detenzione domiciliare, ne fissa le modalita' secondo
quanto stabilito dall'art. 284 del codice di procedura
penale. Determina e impartisce altresi' le disposizioni per
gli interventi del servizio sociale. Tali prescrizioni e
disposizioni possono essere modificate dal magistrato di
sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la
detenzione domiciliare .
4-bis. Nel disporre la detenzione domiciliare il
tribunale di sorveglianza, quando ne abbia accertato la
disponibilita' da parte delle autorita' preposte al
controllo, puo' prevedere modalita' di verifica per
l'osservanza delle prescrizioni imposte anche mediante
mezzi elettronici o altri strumenti tecnici. Si applicano
le disposizioni di cui all'art. 275-bis del codice di
procedura penale.
5. Il condannato nei confronti del quale e' disposta la
detenzione domiciliare non e' sottoposto al regime
penitenziario previsto dalla presente legge e dal relativo
regolamento di esecuzione. Nessun onere grava
sull'amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la
cura e l'assistenza medica del condannato che trovasi in
detenzione domiciliare.
6. La detenzione domiciliare e' revocata se il
comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle
prescrizioni dettate, appare incompatibile con la
prosecuzione delle misure.
7. Deve essere inoltre revocata quando vengono a
cessare le condizioni previste nei commi 1 e 1-bis.
8. Il condannato che, essendo in stato di detenzione
nella propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati
nel comma 1, se ne allontana, e' punito ai sensi dell'art.
385 del codice penale. Si applica la disposizione
dell'ultimo comma dello stesso art. .
9. La denuncia per il delitto di cui al comma 8 importa
la sospensione del beneficio e la condanna ne importa la
revoca.
9-bis. Se la misura di cui al comma 1-bis e' revocata
ai sensi dei commi precedenti la pena residua non puo'
essere sostituita con altra misura.».
- Si riporta il testo dell'art. 51-bis della citata
legge 26 luglio 1975, n. 354:
«Art. 51-bis (Sopravvenienza di nuovi titoli di
privazione della liberta'). - 1. Quando durante
l'attuazione dell'affidamento in prova al servizio sociale
o della detenzione domiciliare o della detenzione
domiciliare speciale o del regime di semiliberta'
sopravviene un titolo di esecuzione di altra pena
detentiva, il direttore dell'istituto penitenziario o il
direttore del centro di servizio sociale informa
immediatamente il magistrato di sorveglianza. Se questi,
tenuto conto del cumulo delle pene, rileva che permangono
le condizioni di cui al comma 1 dell'art. 47 o ai commi 1 e
1-bis dell'art. 47-ter o ai commi 1 e 2 dell'art.
47-quinquies o ai primi tre commi dell'art. 50, dispone con
decreto la prosecuzione provvisoria della misura in corso;
in caso contrario dispone la sospensione della misura
stessa. Il magistrato di sorveglianza trasmette quindi gli
atti al tribunale di sorveglianza che deve decidere nel
termine di venti giorni la prosecuzione o la cessazione
della misura.».
- Si riporta il testo degli articoli 58 e 58-quater
della citata legge 26 luglio 1975, n. 354:
«Art. 58 (Comunicazione all'autorita' di pubblica
sicurezza). - Dei provvedimenti previsti dal presente capo
ed adottati dal magistrato o dalla sezione di sorveglianza
e' data immediata comunicazione all'autorita' provinciale
di pubblica sicurezza a cura della cancelleria;
Art. 58-quater (Divieto di concessione di benefici). -
1. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio,
l'affidamento in prova al servizio sociale, nei casi
previsti dall'art. 47, la detenzione domiciliare e la
semiliberta' non possono essere concessi al condannato che
sia stato riconosciuto colpevole di una condotta punibile a
norma dell' art. 385 del codice penale.
2. La disposizione del comma 1 si applica anche al
condannato nei cui confronti e' stata disposta la revoca di
una misura alternativa ai sensi dell'art. 47, comma 11,
dell'art. 47-ter, comma 6, o dell'art. 51, primo comma.
3. Il divieto di concessione dei benefici opera per un
periodo di tre anni dal momento in cui e' ripresa
l'esecuzione della custodia o della pena o e' stato emesso
il provvedimento di revoca indicato nel comma 2.
4. I condannati per i delitti di cui agli articoli
289-bis e 630 del codice penale che abbiano cagionato la
morte del sequestrato non sono ammessi ad alcuno dei
benefici indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis se non
abbiano effettivamente espiato almeno i due terzi della
pena irrogata o, nel caso dell'ergastolo, almeno ventisei
anni.
5. Oltre a quanto previsto dai commi 1 e 3,
l'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e
le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI
non possono essere concessi, o se gia' concessi sono
revocati, ai condannati per taluni dei delitti indicati nei
commi 1, 1-ter e 1-quater dell'art. 4-bis, nei cui
confronti si procede o e' pronunciata condanna per un
delitto doloso punito con la pena della reclusione non
inferiore nel massimo a tre anni, commesso da chi ha posto
in essere una condotta punibile a norma dell'art. 385 del
codice penale ovvero durante il lavoro all'esterno o la
fruizione di un permesso premio o di una misura alternativa
alla detenzione.
6. Ai fini dell'applicazione della disposizione di cui
al comma 5, l'autorita' che procede per il nuovo delitto ne
da' comunicazione al magistrato di sorveglianza del luogo
di ultima detenzione dell'imputato.
7. Il divieto di concessione dei benefici di cui al
comma 5 opera per un periodo di cinque anni dal momento in
cui e' ripresa l'esecuzione della custodia o della pena o
e' stato emesso il provvedimento di revoca della misura.
7-bis. L'affidamento in prova al servizio sociale nei
casi previsti dall'art. 47, la detenzione domiciliare e la
semiliberta' non possono essere concessi piu' di una volta
al condannato al quale sia stata applicata la recidiva
prevista dall' art. 99, quarto comma, del codice penale.».
- Il d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 reca: «Regolamento
recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure
privative e limitative della liberta'.».



 
Art. 2

Modifiche all'articolo 385 del codice penale, in materia di evasione

1. All'articolo 385 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: «da sei mesi ad un anno» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a tre anni»;
b) al secondo comma:
1) le parole: «da uno a tre» sono sostituite dalle seguenti: «da due a cinque»;
2) la parola: «cinque» e' sostituita dalla seguente: «sei».



Note all'art. 2:
- Si riporta il testo dell'art. 385 del codice penale,
come modificato dalla presente legge:
«Art. 385 (Evasione). - Chiunque, essendo legalmente
arrestato o detenuto per un reato, evade e' punito con la
reclusione da un anno a tre anni.
La pena e' della reclusione da due a cinque anni se il
colpevole commette il fatto usando violenza o minaccia
verso le persone, ovvero mediante effrazione; ed e' da tre
a sei anni se la violenza o minaccia e' commessa con armi o
da piu' persone riunite.
Le disposizioni precedenti si applicano anche
all'imputato che essendo in stato di arresto nella propria
abitazione o in altro luogo designato nel provvedimento se
ne allontani, nonche' al condannato ammesso a lavorare
fuori dello stabilimento penale.
Quando l'evaso si costituisce in carcere prima della
condanna, la pena e' diminuita.».



 
Art. 3
Circostanza aggravante

1. All'articolo 61 del codice penale e' aggiunto, in fine, il seguente numero:
«11-quater. l'avere il colpevole commesso un delitto non colposo durante il periodo in cui era ammesso ad una misura alternativa alla detenzione in carcere».



Note all'art. 3:
- Si riporta il testo dell'art. 61 del codice penale,
come modificato dalla presente legge:
«Art. 61 (Circostanze aggravanti comuni). - Aggravano
il reato quando non ne sono elementi costitutivi o
circostanze aggravanti speciali, le circostanze seguenti:
1. l'avere agito per motivi abietti o futili;
2. l'aver commesso il reato per eseguirne od
occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a
se' o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero
la impunita' di un altro reato;
3. l'avere, nei delitti colposi, agito nonostante la
previsione dell'evento;
4. l'avere adoperato sevizie, o l'aver agito con
crudelta' verso le persone;
5. l'avere profittato di circostanze di tempo, di
luogo o di persona, anche in riferimento all'eta', tali da
ostacolare la pubblica o privata difesa;
6. l'avere il colpevole commesso il reato durante il
tempo, in cui si e' sottratto volontariamente alla
esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di
cattura o di carcerazione, spedito per un precedente reato;
7. l'avere, nei delitti contro il patrimonio o che
comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti
determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona
offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante
gravita';
8. l'avere aggravato o tentato di aggravare le
conseguenze del delitto commesso;
9. l'avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o
con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione
o a un pubblico servizio, ovvero alla qualita' di ministro
di un culto;
10. l'avere commesso il fatto contro un pubblico
ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio,
o rivestita della qualita' di ministro del culto cattolico
o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente
diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell'atto o a
causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio;
11. l'avere commesso il fatto con abuso di autorita'
o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di
ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di
ospitalita';
11-bis. l'avere il colpevole commesso il fatto mentre
si trova illegalmente sul territorio nazionale;
11-ter. l'aver commesso un delitto contro la persona
ai danni di un soggetto minore all'interno o nelle
adiacenze di istituti di istruzione o di formazione;
11-quater. l'avere il colpevole commesso un delitto
non colposo durante il periodo in cui era ammesso ad una
misura alternativa alla detenzione in carcere.».



 
Art. 4

Modifiche alla legge 23 dicembre 2009, n. 191, e al decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443, concernenti il Corpo di polizia
penitenziaria

1. All'articolo 2, comma 215, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo le parole: «di cui al comma 213» sono inserite le seguenti: «nonche' le maggiori entrate derivanti dall'attuazione del comma 212»;
b) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ivi compreso l'adeguamento dell'organico del Corpo di polizia penitenziaria occorrente per fronteggiare la situazione emergenziale in atto. A tale ultimo fine e per assicurare, inoltre, la piena operativita' dei relativi servizi, il Ministro della giustizia e' autorizzato all'assunzione di personale nel ruolo degli agenti e degli assistenti del Corpo di polizia penitenziaria, nei limiti numerici consentiti dalle risorse derivanti dall'applicazione del comma 212».
2. All'articolo 2, comma 221, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, la parola: «, 212» e' soppressa.
3. Al decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 6 e' sostituito dal seguente:
«Art. 6 (Corsi per la nomina ad agente di polizia penitenziaria). - 1. Gli allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria frequentano presso le scuole un corso di durata compresa tra sei e dodici mesi, diviso in due cicli. La durata del corso e' stabilita, nei limiti anzidetti, con decreto del Ministro della giustizia.
2. Al termine del primo ciclo del corso, gli allievi che abbiano ottenuto giudizio globale di idoneita' sulla base dei risultati conseguiti nelle materie di insegnamento e nelle prove pratiche e siano stati riconosciuti idonei al servizio di polizia penitenziaria sono nominati agenti in prova e vengono ammessi a frequentare il secondo ciclo, durante il quale sono sottoposti a selezione attitudinale per l'eventuale assegnazione a servizi che richiedano qualificazione.
3. Gli agenti in prova che abbiano superato gli esami teorico-pratici di fine corso e ottenuto conferma dell'idoneita' al servizio di polizia penitenziaria sono nominati agenti di polizia penitenziaria. Essi prestano giuramento e sono immessi nel ruolo secondo la graduatoria finale.
4. Gli agenti in prova che non abbiano superato gli esami di fine corso, sempre che abbiano ottenuto giudizio di idoneita' al servizio, sono ammessi a ripetere per non piu' di una volta il secondo ciclo. Al termine di quest'ultimo, sono ammessi nuovamente agli esami finali. Se l'esito e' negativo, sono dimessi dal corso.
5. Gli allievi e gli agenti in prova, per tutta la durata del corso, non possono essere impiegati in servizi di istituto, tranne i servizi funzionali all'attivita' di formazione»;
b) all'articolo 7, comma 1, la lettera d) e' sostituita dalla seguente:
«d) gli allievi e gli allievi agenti in prova che per qualsiasi motivo, salvo che l'assenza sia determinata dall'adempimento di un dovere, siano stati assenti dal corso per un periodo stabilito con decreto del Ministro della giustizia, il quale deve comunque prevedere un periodo maggiore in caso di assenza determinata da infermita' contratta durante il corso e, in quest'ultimo caso, la possibilita' per l'allievo o l'agente in prova di essere ammesso a partecipare al primo corso successivo alla riacquistata idoneita' psico-fisica;».



Note all'art. 4:
- Si riporta il testo dei commi 215 e 221 dell'art. 2
della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
legge finanziaria 2010), come modificati dalla presente
legge:
«215. Le risorse derivanti dalla gestione dei crediti
relativi alle spese di giustizia di cui al comma 213
nonche' le maggiori entrate derivanti dall'attuazione del
comma 212 sono versate all'entrata del bilancio dello Stato
per essere riassegnate, previa verifica della
compatibilita' finanziaria con gli equilibri di finanza
pubblica da parte del Ministero dell'economia e delle
finanze, con particolare riferimento al rispetto del
conseguimento, da parte dell'Italia, dell'indebitamento
netto strutturale concordato in sede di programma di
stabilita' e crescita, alle pertinenti unita' previsionali
di base dello stato di previsione del Ministero della
giustizia e destinate al finanziamento di un piano
straordinario per lo smaltimento dei processi civili e al
potenziamento dei servizi istituzionali
dell'amministrazione giudiziaria, ivi compreso
l'adeguamento dell'organico del Corpo di polizia
penitenziaria occorrente per fronteggiare la situazione
emergenziale in atto. A tale ultimo fine e per assicurare,
inoltre, la piena operativita' dei relativi servizi, il
Ministro della giustizia e' autorizzato all'assunzione di
personale nel ruolo degli agenti e degli assistenti del
Corpo di polizia penitenziaria, nei limiti numerici
consentiti dalle risorse derivanti dall'applicazione del
comma 212.».
«221. I risparmi di spesa derivanti dai commi 211 e da
216 a 218, affluiscono al fondo di cui al comma 250, previo
decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di
concerto con il Ministero della giustizia, ai fini
dell'accertamento del relativo ammontare e
dell'individuazione della corrispondente riduzione dei
pertinenti capitoli, per spese di funzionamento
dell'organizzazione giudiziaria.».
- Si riporta il testo dell'art. 7, comma 1, del citato
decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443 come modificato
dalla legge qui pubblicata:
«Art. 7 (Dimissioni dai corsi per la nomina ad agente
di polizia penitenziaria). - 1. Sono dimessi dal corso:
a) gli allievi che non superino il primo ciclo;
b) gli allievi e gli agenti in prova che non siano
riconosciuti idonei al servizio nel Corpo di polizia
penitenziaria;
c) gli allievi e gli agenti in prova che dichiarino
di rinunciare al corso;
d) gli allievi e gli allievi agenti in prova che per
qualsiasi motivo, salvo che l'assenza sia determinata
dall'adempimento di un dovere, siano stati assenti dal
corso per un periodo stabilito con decreto del Ministro
della giustizia, il quale deve comunque prevedere un
periodo maggiore in caso di assenza determinata da
infermita' contratta durante il corso e, in quest'ultimo
caso, la possibilita' per l'allievo o l'agente in prova di
essere ammesso a partecipare al primo corso successivo alla
riacquistata idoneita' psico-fisica;
e) gli agenti in prova di cui comma 4 dell'art. 6.
2. Gli allievi e gli agenti in prova di sesso
femminile, la cui assenza oltre sessanta giorni sia stata
determinata da maternita', sono ammessi a partecipare al
primo corso successivo ai periodi di assenza dal lavoro
previsti dalle disposizioni sulla tutela delle lavoratrici
madri.
3. Sono espulsi dal corso gli allievi e gli agenti in
prova responsabili di mancanze punibili con sanzioni
disciplinari piu' gravi della deplorazione.
4. I provvedimenti di dimissione e di espulsione dal
corso sono adottati con decreto del direttore generale
dell'Amministrazione penitenziaria, su proposta del
direttore della scuola.
5. La dimissione dal corso comporta la cessazione di
ogni rapporto con l'Amministrazione.».



 
Art. 5
Relazione alle Camere

1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia, sentiti i Ministri dell'interno e per la pubblica amministrazione e l'innovazione, riferisce alle competenti Commissioni parlamentari in merito alle necessita' di adeguamento numerico e professionale della pianta organica del Corpo di polizia penitenziaria e del personale civile del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, anche in relazione all'entita' numerica della popolazione carceraria e al numero dei posti esistenti e programmati nonche' al numero dei condannati in esecuzione penale esterna.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 26 novembre 2010

NAPOLITANO

Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Alfano, Ministro della giustizia
Visto, il Guardasigilli: Alfano


LAVORI PREPARATORI
Camera dei deputati (atto n. 3291-bis):
Disegno di legge risultante dallo stralcio deliberato dall'aula in data 12 maggio 2010 degli articoli 1, 2 e 10 del disegno di legge n. 3291 d'iniziativa del Ministro della giustizia (Alfano).
Assegnato alla II Commissione (giustizia), in sede referente, il 12 maggio 2010 con pareri delle Commissioni I, V e XII.
Esaminato dalla II Commissione, in sede referente, il 12, 18 e 27 maggio 2010; l'8, 9, 10 e 17 giugno 2010.
Esaminato in aula il 5 e 6 luglio 2010.
Assegnato nuovamente alla II Commissione (giustizia), in sede legislativa, il 7 luglio 2010 con pareri delle Commissioni I, V e XII.
Esaminato dalla II Commissione, in sede legislativa, il 13 e 29 luglio 2010 ed approvato il 30 luglio 2010. Senato della Repubblica (atto n. 2313):
Assegnato alla 2ª Commissione (giustizia), in sede referente, il 4 agosto 2010 con pareri delle Commissioni 1 ª, 5 ª e 12 ª.
Esaminato dalla 2 ª Commissione, in sede referente, il 21, 22, 23 e 29 settembre 2010; il 5, 6 e 20 ottobre 2010.
Esaminato in aula il 28 ottobre 2010 ed il 2 novembre 2010 ed approvato il 17 novembre 2010.
 
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