Gazzetta n. 141 del 18 giugno 2013 (vai al sommario)
DECRETO 31 gennaio 2013
Adozione del Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2013-2015.


IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE
ALIMENTARI E FORESTALI

Visto il decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154, recante "Modernizzazione del settore della pesca e dell'acquacoltura, a norma dell'art. 1, comma 2, legge 7 marzo 2003, n. 38";
Visto il decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito con modificazioni dalla legge n. 10 del 26 febbraio 2011, recante "Proroga dei termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie";
Visto in particolare l'art. 2, comma 5-decies del sopracitato decreto legge n. 225 del 29 dicembre 2010, che dispone che il Programma nazionale triennale della pesca, contenente gli interventi di esclusiva competenza nazionale indirizzati alla tutela dell'ecosistema marino e della concorrenza e competitivita' delle imprese di pesca nazionali sia adottato con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, sentita la Commissione consultiva centrale per la pesca e l'acquacoltura;
Visto l'art. 29, commi 2 e 2 bis, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, recante "Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale", convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, il quale ha previsto procedure finalizzate alla soppressione e all'accorpamento delle strutture delle Amministrazioni statali;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2007, n. 70, recante "Regolamento per il riordino degli organismi operanti presso il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali a norma dell'art. 29 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248";
Visto l'art. 68 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, rubricato "Riduzione degli organismi collegiali e di duplicazioni di strutture";
Visto il decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 7 agosto 2012, recante "Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini" con il quale la Commissione consultiva centrale per la pesca e l'acquacoltura e' stata definitivamente soppressa;
Preso atto quindi che, ai sensi di tale normativa, le attivita' della Commissione consultiva di cui sopra sono definitivamente trasferite al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;
Vista la legge 8 agosto 1991, n. 267, recante attuazione del terzo Piano triennale della pesca marittima e misure in materia di credito peschereccio, nonche' di riconversione della unita' adibite alla pesca con reti da posta derivante;
Visto in particolare l'art. 2 della sopracitata legge che demanda alla legge finanziaria la determinazione, in apposita tabella, della quota da iscrivere nel bilancio di ciascuno degli anni considerati per il bilancio pluriennale per leggi di spesa permanente di natura corrente ed in conto capitale;
Visto l'art. 9 del decreto legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito con modificazioni dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, con il quale il termine di validita' del Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2007-2009 adottato con D.M. 3 agosto 2007 viene prorogato al 31 dicembre 2012;
Considerate le consultazioni con i soggetti portatori dei diversi interessi del settore in conformita' alle norme del procedimento amministrativo volte ad assicurare la partecipazione diretta degli interessati;
Considerate altresi' le proposte pervenute dai sopramenzionati soggetti a seguito della richiesta formulata dall'Amministrazione;
Ravvisata pertanto l'esigenza di procedere, ai sensi del sopracitato art. 2, comma 5-decies del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, all'adozione del Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura contenente gli interventi di esclusiva competenza nazionale indirizzati alla tutela dell'ecosistema marino e della concorrenza e competitivita' delle imprese di pesca nazionali, nel rispetto dell'art. 117 della Costituzione ed in coerenza con la normativa comunitaria

Decreta:

Articolo unico

1. Al fine di assicurare la tutela dell'ecosistema marino e della concorrenza e garantire la competitivita' del settore ittico, e' adottato il Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2013-2015 allegato al presente decreto di cui costituisce parte integrante.
2. Per l'attuazione del Programma nazionale di cui al precedente comma, sono utilizzati gli stanziamenti iscritti nei pertinenti capitoli dello stato di previsione della spesa del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per gli anni 2013-2015 come indicati dalla tabella allegata al medesimo Programma.
Il presente decreto e' inviato agli Organi di controllo per la registrazione ed e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 31 gennaio 2013

Il Ministro: Catania

Registrato alla Corte dei conti il 2 marzo 2013 Ufficio di controllo Atti MISE - MIPAAF, registro n. 3, foglio n. 142
 
Allegato

PROGRAMMA NAZIONALE TRIENNALE
DELLA PESCA E DELL'ACQUACOLTURA
2013 - 2015
AI SENSI DELL'ART. 2 COMMA 5-DECIES DEL DECRETO-LEGGE 29 DICEMBRE
2010, N. 225, CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI, DALLA LEGGE 26
FEBBRAIO 2011, N. 10
1. INTRODUZIONE

Il Programma nazionale triennale 2013-2015 e' lo strumento di governo della pesca italiana per le competenze di natura nazionale che debbono essere strettamente integrate a quelle dell'Unione europea ed a quelle assegnate alle Regioni. Mai come in questo momento le politiche di governo del settore sono chiamate a scelte decisive, in grado di misurarsi con una crisi straordinaria, ambientale, economica e sociale che segna la fine di un ciclo negativo per il settore ittico italiano.
A conclusione di un decennio difficile per la pesca italiana, che ha registrato il progressivo peggioramento di tutte le principali variabili macroeconomiche, cresce l'aspettativa presso gli imprenditori per un nuovo ed efficace modello di regolazione in grado di rendere piu' competitivo e piu' sostenibile il settore della pesca. La pesca e' un settore capace di creare reddito ed occupazione e come tale attende un segno di attenzione da parte del Governo nella predisposizione della nuova programmazione economica, in corso di definizione sia a livello nazionale che comunitario.
La pesca e' anche uso del mare e gestione attiva degli ecosistemi marini, pertanto ogni prospettiva economica non puo' essere disgiunta dalle politiche di conservazione delle risorse acquatiche viventi e della biodiversita' marina in generale.
La pesca dunque, con i suoi attori che presidiano le coste e le acque territoriali, deve giocare un ruolo attivo nelle nuove politiche europee che mirano ad una conservazione integrata del mare nell'ambito di una strategia marina complessiva.
Proprio in questa direzione la nuova programmazione e' chiamata a rispondere, innanzitutto, alla profonda trasformazione delle politiche europee per la pesca. Mentre e' in atto il gravoso processo di adeguamento alle diverse normative emanate nell'ultimo quinquennio (dal regolamento sulla pesca nel Mediterraneo, al regolamento sulla pesca illegale; dalla riforma del sistema sanzionatorio e dei controlli, fino agli adempimenti del c.d. "pacchetto igiene"), si preannuncia ancora piu' significativo il cambiamento atteso dalla riforma della politica comune della pesca (PCP) e del relativo strumento finanziario, il Fondo europeo affari marittimi e pesca (FEAMP). Un processo che si inserisce nel piu' vasto ambito della Strategia Europa 2020, che punta a rilanciare l'economia dell'Unione europea nel prossimo decennio sotto il segno della "crescita intelligente, sostenibile e inclusiva", ed in cui irrompe come priorita' strategica la Politica marittima integrata (PMI), volta a liberare il potenziale di crescita sostenibile dell'economia del mare. Una strategia che si basa anche sulla definizione del nuovo Quadro strategico comune (QSC), come strumento per ottimizzare l'impatto degli investimenti finanziari europei nel periodo 2014-2020, attraverso una migliore integrazione e coordinamento dei diversi Fondi disponibili, tra cui il FEAMP.
Obiettivo della corretta politica della pesca e' la possibilita' di sostenere la tutela delle risorse biologiche e la redditivita' delle attivita' di impresa, la salvaguardia dell'occupazione e la coesione territoriale nelle realta' costiere. Le politiche comunitarie e nazionali messe in campo nell'ultimo decennio hanno prodotto una profonda razionalizzazione del settore rinnovando in parte le imbarcazioni, ma pagando un prezzo pesante in termini di dismissioni e dunque di fuoriuscita di imprese ed equipaggi. Queste politiche hanno determinato una consistente riduzione dello sforzo di pesca senza peraltro contribuire in maniera decisiva alla ricostituzione degli stock ittici. L'esame degli indicatori di sostenibilita' sociale ed economica dimostra, infine, il perdurare di una crisi settoriale dal lato della produzione che trova nella limitata competitivita' del sistema imprenditoriale il suo punto di maggiore difficolta'.
La persistente fragilita' finanziaria ed economica delle imprese, il controllo dei prezzi da parte del settore distributivo e commerciale che penalizza l'impresa della pesca, l'agguerrita concorrenza da parte di imprese extraeuropee, l'andamento erratico dei costi intermedi ed in particolare del costo del carburante, che non puo' essere traslato sui prezzi, mettono a rischio l'esistenza stessa di una tradizione economica e culturale millenaria come quella della pesca italiana.
Il problema piu' evidente e attuale e' di tipo macroeconomico: la bilancia commerciale italiana e' peggiorata: e' aumentata progressivamente la dipendenza dell'approvvigionamento del prodotto dall'estero; l'acquacoltura e' stata chiamata a compensare la riduzione della produzione tradizionale, ma, per una molteplicita' di motivi, non ha assunto un effettivo ruolo di vicarianza.
L'esame della situazione fa emergere una forte debolezza della programmazione sul piano strategico, sia per quanto riguarda le politiche di sostegno amministrate dallo Stato, sia quelle delle Regioni.
Inoltre, non si sono evidenziate forme di compensazione alle debolezze di natura pubblica da parte del mondo della pesca, infatti permane una forte frammentazione tra sistema delle regole e pesca reale che si e' andata aggravando con la riduzione del sostegno al mondo associativo.
In particolare, si dovrebbe riflettere sull'efficienza e sull'efficacia della passata programmazione e non tanto in termini di finalita' ed obiettivi che la legge fissa in modo generale e che tuttora sembrano validi, quanto su alcuni obiettivi ed azioni specifiche, su alcune priorita' che dovrebbero essere rivedute ed infine sulle modalita' di attuazione alla luce delle trasformazioni del mercato e dell'evoluzione delle tecnologie, in particolare di quelle dell'informazione e della comunicazione.
A partire dalle precedenti considerazioni che rappresentano aspetti preliminari quanto fondanti una strategia per la riorganizzazione della pesca italiana, il Programma nazionale triennale 2013/2015 prevede un insieme di interventi che riguardano le due macroaree attualmente identificate dalla normativa vigente (l'art. 2, commi da 5 novies a 5 duodecies, del DL 29 dicembre 2010, n. 225, convertito con modificazioni, dalla Legge 26 febbraio 2011, n. 10). Si tratta di:
1) tutela dell'ecosistema marino;
2) tutela della concorrenza e competitivita' delle imprese di pesca nazionali.
2. LA SITUAZIONE DEL SETTORE DELLA PESCA E DELL'ACQUACOLTURA
2.1 Analisi dello scenario di riferimento e la competitivita' della
pesca e dell'acquacoltura italiana
Il trend degli ultimi anni evidenzia un calo costante della produzione ittica nazionale che, negli ultimi due anni, e' scesa al di sotto delle 400 mila tonnellate. La contrazione della produzione complessiva e' da attribuire alla pesca in mare, mentre nell'ultimo triennio si e' mantenuta su livelli sostanzialmente stabili la produzione derivante da attivita' di acquacoltura. Nell'ultimo decennio, si e' registrato un calo sensibile dell'importanza assunta dalle attivita' di cattura; basti considerare che nel 2000, circa i due terzi della produzione ittica nazionale proveniva dalla pesca in mare. In termini economici, il ridimensionamento del peso assunto dal comparto della pesca in mare e' stato meno vistoso ma, comunque, sostenuto. Il fatturato derivante da attivita' di cattura e' diminuito del 30% nel periodo 2000-2011, mentre quello derivante da attivita' di allevamento e' diminuito, nello stesso arco temporale, del 5%.
Per quanto riguarda la pesca in mare, la produzione ittica ha subito un drastico ridimensionamento dal 2008. I bassi livelli di fatturato legati alla minore produzione, l'aumento dei costi operativi e la stagnazione della domanda interna hanno fortemente indebolito le imprese ittiche; nel 2011 la produzione lorda vendibile ha raggiunto uno dei livelli piu' bassi dal 2000 e le prime stime relative agli stessi valori per l'anno 2012 mostrano il perdurare, se non l'aggravarsi, della tendenza negativa.
I minori livelli produttivi sono da collegare, in via principale, al ridimensionamento dello sforzo di pesca e in minor misura ad una riduzione della produttivita' giornaliera. Sui bassi livelli di attivita' ha inciso il sostenuto incremento del costo del gasolio che, a partire dal 2008, ha condizionato principalmente i pescherecci di maggiore dimensione che utilizzano attrezzi da traino.
Sebbene il settore della pesca abbia registrato un calo delle catture, i prezzi alla produzione si sono mantenuti su livelli molto bassi, se non addirittura decrescenti; questi ultimi, piuttosto che riflettere gli aumenti dei costi operativi, sono rimasti stazionari se non addirittura in calo, impedendo alle imprese di pesca di riversare gli aumenti dei costi a valle della filiera. L'elevato livello delle importazioni ha certamente contribuito a determinare tali andamenti e, in assenza di iniziative significative in materia di promozione e valorizzazione del pescato, non e' prevedibile alcun cambiamento di rilievo nel breve periodo.
Tab. 1 - La produzione ittica in Italia anni 2008-2011
Parte di provvedimento in formato grafico


Per quanto riguarda gli scambi con l'estero di prodotti ittici, negli ultimi anni, si e' registrato un costante peggioramento in valore del saldo della bilancia commerciale ittica; il peggioramento del disavanzo e' da porre in relazione ad un aumento tendenziale delle uscite superiore a quello delle entrate. Nel 2011 il deficit della bilancia commerciale del settore ittico e' stato pari a 831 mila tonnellate, equivalente a circa 3.852 milioni di euro. Nel 2011 la produzione interna e' risultata pari ad appena il 38% delle importazioni (366 mila tonnellate a fronte di 957 mila tonnellate), mentre la propensione all'import ha sfiorato l'80%.
La congiuntura interna particolarmente sfavorevole ha determinato, inoltre, una riduzione generalizzata dei consumi alimentari che ha colpito anche i prodotti ittici; nel 2011, il consumo pro- capite e' sceso a 19,7 kg per anno, uno dei livelli piu' bassi degli ultimi dieci anni (sino al 2007, i consumi pro-capite si erano mantenuti al di sopra dei 20 kg).
Tab. 2 - I principali indicatori economici del settore ittico italiano (2010-2011)
Parte di provvedimento in formato grafico

2.2 Stato delle risorse biologiche
La base informativa oggi disponibile ed appieno utilizzata nelle analisi sullo stato delle risorse nei mari italiani e' rappresentata, principalmente, dalla serie storica dei dati raccolti mediante i trawl-survey Grund e Medits condotti con metodi unificati, stabiliti e coordinati dal Ministero e dai dati sugli sbarchi commerciali e gli scarti acquisiti in particolare con gli ultimi regolamenti europei sulla raccolta dati (Reg.(CE) n. 1543/2000 e n. 199/2008 nell'ambito del Data collection framework - DCF).
Allo stato, i dati raccolti individuano il permanere di una situazione di eccessivo sfruttamento per molte delle specie e per molte delle GSA. Tuttavia, lo stato delle risorse presenti nei mari italiani, pur non presentando situazioni di forte sofferenza, risulta caratterizzato da andamenti differenziati per area e per singola specie a causa delle complesse interrelazioni tra gli organismi e tra questi e l'ambiente. Tali differenze si riflettono sulla variabilita' dei risultati produttivi, specie in relazione alle diverse tipologie di pesca.
Le principali risorse ittiche, di seguito analizzate, sono state divise in tre diverse categorie: demersali, piccoli pelagici e grandi pelagici. Risorse demersali
Appartengono a questo gruppo numerose specie di pesci, molluschi eduli e crostacei, catturate principalmente con la pesca a strascico.
Le attuali valutazioni sullo stato delle risorse demersali condotte nelle diverse aree, sia utilizzando approcci empirici (indicatori, tendenze temporali) che basati sui modelli di dinamica di popolazione, indicano il perdurare di una condizione di impoverimento di molte delle risorse demersali oggetto di sfruttamento. In particolare, come si evince dall'analisi delle serie storiche degli indici di abbondanza/densita' ottenuti con le campagne scientifiche e l'analisi degli altri indicatori biologici, la sensibile diminuzione dello sforzo di pesca registrata negli ultimi anni non ha ancora prodotto gli effetti attesi in termini di miglioramento dei parametri biologici. L'elemento che suggerisce una condizione non ottimale degli stock e' rappresentato dai tassi di sfruttamento, in genere superiori ai reference points e dalle tendenze all'aumento dei tassi di mortalita'. Le analisi scientifiche indicano e confermano come sia sempre piu' necessario rendere maggiormente compatibili le modalita' e l'intensita' del prelievo della pesca con la potenzialita' di rinnovabilita' biologica delle specie e delle comunita' che la sostengono. Si tratta di un percorso la cui inversione di tendenza richiede ancora anni di intervento.
Tuttavia, in alcune aree, in particolare la GSA 16 - Canale di Sicilia, a seguito della riduzione della pressione di pesca determinata dalla forte domanda di arresto definitivo, si registra l'avvio di una lenta, ma progressiva, ricostituzione di alcuni stock. Il successo dell'azione gestionale dipende, tuttavia, dalla successiva azione di difesa degli stock rispetto al riposizionamento delle flotte attirate da rendimenti di pesca crescenti.
In generale si evidenzia come per il nasello, una delle specie maggiormente studiate in tutte le GSA, sussista una condizione di sovrasfruttamento.
Per la triglia di fango elementi di sovrasfruttamento emergono nelle GSA 9 e 10 (Mar Tirreno) e nella GSA 17.
Per lo scampo, la maggior parte degli indicatori indica tendenze negative, in particolare in Adriatico (GSA 17). Tendenze negative di alcuni indicatori dello stock del moscardino si osservano esclusivamente nella GSA 9 (Alto Tirreno).
La condizione degli stock di gambero bianco appare caratterizzata da elementi di sovra sfruttamento in diverse GSA, tuttavia la tendenza positiva di alcuni indicatori di popolazione potrebbe essere il segnale di cambiamenti a livello ambientale che sostengono la produzione di questi stock.
Le popolazioni di gamberi rossi non presentano tendenze negative degli indicatori in nessuna GSA ad eccezione di alcuni indicatori di reclutamento lungo le coste della Sardegna (GSA 11) e del Mar Ligure e Tirreno Settentrionale (GSA 9). Le popolazioni di seppia non presentano tendenze negative degli indicatori. Piccoli pelagici
Le due specie di piccoli pelagici l'acciuga (Engraulis encrasicolus) e la sardina (Sardina pilchardus) che rappresentano la quota piu' cospicua dello sbarcato a livello nazionale sono catturate prevalentemente dai sistemi di pesca a volante ed a circuizione operanti nelle marinerie dell'Adriatico.
Segnali di sovrasfruttamento per lo stock di alici sono evidenziati nello Stretto di Sicilia (GSA 16) mentre in Adriatico (GSA 17 e GSA 18) la situazione mostra tendenze positive. In ogni caso, le valutazioni scientifiche condotte in ambito internazionale consigliano di non incrementare gli attuali livelli di sforzo di pesca.
Segnali di recupero per lo stock di sardine sono evidenziati in Adriatico (GSA 17), dove le stime di biomassa della popolazione in mare indicano una tendenza all'incremento. Sempre per le sardine, la situazione nello Stretto di Sicilia (GSA 16) e nel basso Adriatico (GSA 18) indica la necessita' di non incrementare gli attuali livelli di pressione di pesca. Grandi pelagici
La valutazione sullo stato di queste risorse e' affidata alla Commissione Internazionale per la Conservazione dei Tunnidi Atlantici (l'ICCAT) la cui area di pertinenza include l'intero Atlantico con i mari adiacenti, inclusi il mar Mediterraneo ed il mar Nero.
In base alle analisi ed alle valutazioni condotte dall'ICCAT, lo stock di tonno rosso (Thunnus thynnus) dell'Atlantico orientale risulta ancora sovrasfruttato, seppure in progressivo recupero. La capacita' di pesca potenziale delle flotte interessate appare ancora troppo elevata, ma rispettando il piano di gestione dell'ICCAT dovrebbe essere progressivamente ricondotta entro limiti di sostenibilita'.
Lo stock di pescespada (Xiphias gladius) mediterraneo appare sovrapescato, seppure con percezioni diverse secondo i modelli e le ipotesi. La capacita' di pesca potenziale appare ancora troppo elevata, ma rispettando il piano di gestione dell'ICCAT dovrebbe essere progressivamente ricondotta entro limiti di sostenibilita'.
Al momento non ci sono indicazioni ufficiali sullo stato di sfruttamento dello stock mediterraneo di alalunga (Thunnus alalunga). Anche la flotta addetta appare indefinita. Si ritiene, comunque, che la situazione non abbia finora evidenziato problemi particolari per questo stock, seppure qualunque ipotesi al riguardo debba essere verificata.
Non ci sono indicazioni ufficiali sullo stato di sfruttamento dello stock mediterraneo di palamita (Sarda sarda). Anche in questo caso la flotta addetta appare indefinita e, comunque, la situazione non ha finora evidenziato problemi particolari per questo stock, seppure qualunque ipotesi al riguardo debba essere verificata e lo status resti del tutto indefinito. 2.3 Flotta da pesca e redditivita' delle imprese di pesca
La flotta da pesca nazionale iscritta nell'Archivio Licenze di Pesca ed operativa a dicembre 2011 risulta composta da 13.078 battelli per un tonnellaggio complessivo di 175.523 GT ed una potenza motore di 1.063.052 kW.
Nel periodo 2004-2011, la capacita' di pesca della flotta e' continuata a diminuire, in modo costante, nella misura del 16% in termini di GT e del 14% per quanto riguarda la capacita' espressa in potenza motore (kW); il ridimensionamento della capacita' di pesca e' stato particolarmente consistente tra il 2004 e il 2007, quando la fuoriuscita spontanea di numerosi pescherecci, incentivata dalla misura di arresto definitivo prevista dallo SFOP e relativa al periodo 2000-2006, ha portato a una diminuzione di circa 38 mila tsl, di cui l'85% finanziata con fondi pubblici.
Il processo di ridimensionamento della flotta peschereccia sostenuto dalla misura di arresto definitivo ha avuto un'ulteriore accelerazione negli ultimi due anni; la dismissione ha riguardato barche di dimensioni superiori alla media nazionale, come testimoniato dal GT medio della flotta rimasta in attivita'; quest'ultimo e' passato dai 13,7 GT del 2009 ai 12,9 GT del 2011; analogo andamento ha assunto la potenza motore mediamente installata a bordo (80,2 kW in media nel 2011 a fronte di 82,4 kW del 2009).
Graf. 1 - Andamento della capacita' di pesca, 2004-2011 - anno base 2004=100
Parte di provvedimento in formato grafico


La contrazione dello sforzo di pesca registrata negli ultimi anni si e' tradotta in una flessione della produzione nazionale: i risultati complessivamente raggiunti dalla flotta, sia in termini di quantita' sia di valore, hanno mostrato una riduzione pari rispettivamente al 27% e al 21% nel periodo 2004-2011.
Negli ultimi anni, l'incremento del costo del gasolio ha compromesso la profittabilita' del settore peschereccio, ponendo gli operatori in una situazione di incertezza per lo svolgimento futuro delle attivita' di pesca; nel 2011 il prezzo del carburante e' salito su una media di oltre 0,70 €/litro. Nel complesso, nel 2011, la spesa per il carburante e' ammontata a 301 milioni di euro contro i 237 del 2010 e i 201 milioni di euro del 2009; in termini unitari, il livello della spesa media sostenuta da un battello per l'acquisto del carburante e' aumentata di circa il 30% e l'incidenza di tale voce sui costi totali e' passata dal 46% del 2009 al 58% del 2011.
Negli ultimi sei anni, dunque, si sono innescati meccanismi che hanno ridotto notevolmente i margini di profitto delle imprese pescherecce; la forte crescita dei costi complessivi sta erodendo i redditi dei pescatori come dimostrato dall'incidenza del profitto lordo sui ricavi; nel 2011, il 27% dei ricavi costituiva il profitto lordo per l'armatore, con una perdita di circa 7 punti percentuali rispetto al 2006. Tale trend va inoltre, associato al ridimensionamento dei ricavi che hanno portato a un calo dei profitti generati dall'intero comparto di oltre il 40% dal 2006 ad oggi.
In conclusione, il trend appena descritto dagli indicatori presentati testimonia una situazione di crisi dell'intero comparto ittico, dovuta sia allo stato di depauperamento delle risorse sia alla sempre minore efficienza gestionale delle strutture produttive sia a fattori esogeni al sistema quali l'aumento dei costi operativi e il rallentamento della domanda di prodotti ittici. Se a tali elementi si associa la profonda ristrutturazione del comparto imposta dalle normative comunitarie in materia di riduzione dello sforzo e di misure tecniche, si comprende con maggiore chiarezza la complessita' che caratterizza l'attivita' gestionale del segmento e la necessita' di imporre nuovi scenari di sviluppo.
3. OBIETTIVI DEL PROGRAMMA NAZIONALE
3.1 Durabilita' e sostenibilita' delle risorse ittiche
Lo stato delle risorse biologiche dei mari italiani, pur in un quadro di variabilita' della consistenza degli stock interessati, dimostra il perdurare di una crisi che non risulta adeguatamente contrastata attraverso le misure di gestione finora messe in campo e che si basano largamente sulla regolazione dello sforzo di pesca in un contesto gestionale di "command and control". I effetti la regolazione dello sforzo di pesca si sostanzia nella variazione della capacita' e dell'attivita' di pesca.
Va sottolineato che nel corso degli ultimi anni l'Amministrazione, coerentemente con gli indirizzi comunitari, ha perseguito con decisione l'obiettivo della regolazione dello sforzo di pesca sia nella sua componente di capacita' che di attivita'. Nel quadro del Programma operativo del FEP e con il sostegno finanziario comunitario sono stati eseguiti i piani di disarmo previsti e, per ogni annualita', e' stato attuato il periodo di fermo temporaneo nazionale come previsto dai piani di gestione nazionali adottati in esecuzione del regolamento "Mediterraneo".
L'impegno finanziario e di risorse umane utilizzate ha consentito di raggiungere solo parzialmente gli obiettivi prefigurati. Peraltro, laddove l'azione gestionale ha determinato risposte positive in relazione all'andamento delle biomasse ittiche obiettivo delle misure di gestione, le imprese di pesca hanno riposizionato le proprie flotte e sono state registrate redistribuzioni dello sforzo di pesca tali da limitare i benefici associati con l'azione gestionale. E' questo il caso degli stock di gamberi del Canale di Sicilia che a seguito del miglioramento delle biomasse hanno subito un incremento della mortalita' da pesca a causa di una maggiore concentrazione dello sforzo nelle stesse aree. E' tuttavia vero che a tale risultato, come in altre aree di pesca in cui operano le flotte italiane, la mortalita' da pesca e' aumentata anche a seguito della maggiore consistenza delle flotte che battono bandiera di Stati rivieraschi nostri competitori in materia di sfruttamento delle risorse biologiche del mare.
In altri casi, il miglioramento degli stock ittici e' stato rimesso in discussione attraverso l'impiego di tecniche di pesca piu' efficaci come, ad esempio, e' il caso di alcuni tipi di reti da qualche tempo introdotte in Adriatico. In altri casi ancora, i benefici connessi con l'arresto temporaneo sono stati parzialmente limitati a causa delle difficolta' connesse con la tutela dei giovanili alla ripresa della pesca.
E' quindi del tutto evidente che le strategie adottate e condivise con le parti sociali ed economiche del settore sono risultate solo parzialmente efficaci e non hanno consentito di raggiungere un migliore equilibrio fra sforzo di pesca e risorse disponibili.
Occorre, di conseguenza, individuare altre ipotesi di intervento che possano risultare piu' incisive in termini di recupero delle risorse biologiche del mare. In tal senso, e' emerso un dibattito sulla nuova PCP e sui contributi emergenti in sede di parlamento europeo, che consente di avviare un percorso innovativo che avvii una piu' efficace azione gestionale attraverso:
- politiche europee della pesca decentrate a livello locale e definizione degli organi gestionali,
- una maggiore responsabilita' dei pescatori attraverso un approccio basato sui risultati,
- un regime di pesca differenziato e centrato sulla salvaguardia della piccola pesca costiera,
- l'utilizzo di strumenti di gestione basati sui piani di gestione, nazionali e locali, per singolo areale di pesca e non solo mutuati dall'esperienza nord europea dove sono elaborati per la tutela di un singolo stock ittico.
Cio' implica l'adozione di una strategia che:
- differenzi e delimiti aree omogenee di intervento per gruppi di specie e per sistema di pesca la cui dimensione risulti funzionale agli obiettivi da perseguire ed agli strumenti da utilizzare,
- tenga conto della multispecificita' degli stock e della presenza di segmenti di pesca diversi che incidono sulle stesse risorse,
- individui misure di intervento appropriate e coerenti con la nuova PCP.
In questo senso, va ricordato che lo stato delle conoscenze sulla struttura delle popolazioni ittiche - oltre che delle dinamiche sociali ed economiche che sempre devono considerarsi correlate - consente la predisposizione di specifici piani di gestione, con il supporto e la partecipazione attiva delle realta' produttive locali associate nei comitati di gestione e rapportate alle singole aree geografiche. In tal senso, l'obiettivo di tutela delle risorse biologiche del mare va individuato nella definizione di un progressivo ed articolato insieme di misure dirette al recupero e all'incremento degli stock presenti nelle diverse realta' produttive del paese.
Inoltre, nel quadro degli obiettivi e delle linee programmatiche che contribuiscono alla definizione del programma triennale, non possono essere trascurate le novita' di carattere istituzionale che andranno a modificare il quadro geo politico dell'area europea. In particolare, a seguito della formalizzazione dell'adesione della Croazia all'Unione europea, saranno certamente attivati nuovi strumenti di gestione e, di conseguenza, tra gli obiettivi da inserire nell'azione programmatica dello Stato italiano vi sono certamente quelli relativi alla condivisione di strumenti di gestione validi in un quadro di regionalizzazione Mediterranea quale e' la GSA 17. In questo caso, l'obiettivo del Programma nazionale triennale dovra' essere individuato nella predeterminazione di misure di gestione tali da consentire un confronto costruttivo con le diverse parti in causa. L'approvazione di piani di gestione nazionali propedeutici alla adozione di piani di gestione comunitari, rappresenta di per se' un obiettivo che lo Stato italiano deve perseguire con determinazione.
Infine, per garantire la durabilita' delle risorse ittiche sara' confermata l'attivita' di contrasto a qualsiasi tipo di pesca illegale anche attraverso forme di responsabilizzazione e coinvolgimento delle associazioni di categoria. 3.2 Tutela della concorrenza e competitivita' delle imprese di pesca
e di acquacoltura italiana
L'analisi dello scenario che evidenzia il perdurare della crisi di competitivita' della pesca italiana, richiede l'individuazione di obiettivi strategici ben definiti che, in aggiunta alla azione di conservazione delle risorse, consentano il recupero di una adeguata redditivita' ed il recupero di una concorrenzialita' nazionale ed internazionale delle imprese di pesca.
Gli obiettivi strategici sono di seguito sintetizzati:
1) Il rafforzamento dell'impresa ittica e dell'acquacoltura tramite l'espansione della multifunzionalita', sia attraverso una maggiore integrazione con la filiera della distribuzione e commercializzazione, sia attraverso la sinergia con altri settori produttivi come il turismo, il catering e la ristorazione e l'affidamento all'impresa ittica di servizi ambientali, come funzioni pubbliche collettive, per la tutela attiva dell'ambiente marino e il presidio sulle coste.
2) La valorizzazione del pescato attraverso processi di ammodernamento ed innovazione del sistema commerciale.
3) Riqualificazione dei programmi di comunicazione per il miglioramento dell'immagine del settore e della tutela dei consumatori attraverso un'informazione efficace e trasparente.
4) Il rilancio dei processi di investimento e dell'innovazione tecnologica, mediante forme agevolate di accesso al credito ed ai meccanismi assicurativi. Tale obiettivo ha assunto una crescente importanza alla luce della scarsa patrimonializzazione delle imprese del settore e dei criteri sempre piu' stringenti per il calcolo del rating del rischio.
5) La ricerca di una maggiore semplificazione delle procedure amministrative che oggi impegnano le imprese della pesca e di acquacoltura in adempimenti particolarmente impegnativi per lo svolgimento di ordinarie attivita' produttive, costituendo fattore di crisi della competitivita' del sistema.
6) Lo sviluppo dei processi di aggregazione fra consorzi, cooperative, organizzazioni di produttori, ecc. per promuovere il loro riposizionamento competitivo sui mercati. In particolare, nell'ambito delle O.P. e' necessario avviare un processo di razionalizzazione delle numerose ma scarsamente attive, organizzazioni di produttori che comporti sostanziali modifiche delle regole e norme nazionali di riconoscimento. E' auspicabile, peraltro, che nel corso di esecuzione del presente Programma nazionale triennale si proceda anche alla verifica delle condizioni e dei requisiti delle organizzazioni esistenti in modo da migliorare l'immagine e l'efficienza di quelle operanti nel rispetto delle norme.
7) Tenuto conto del fatto che alcune produzioni tipiche della pesca mediterranea e nazionale, oggetto di cattura da parte delle nostre flotte in forma massiva (moscardini, vongole, telline, etc.) non rientrano tra le specie oggetto di gestione delle O.P. (allegato Reg. CE 104/00 e succ. modif.) viene ad essere fortemente limitato il ruolo delle stesse Organizzazioni produttori nazionali sul controllo di importanti prodotti strategici nel mercato dell'ittico nazionale. Si ritiene necessario, di conseguenza, avviare un negoziato con la Commissione europea nel quadro delle procedure per l'approvazione della nuova OCM.
8) Il rafforzamento dell'assistenza tecnica e di servizi alle imprese e lo sviluppo della conoscenza da attuare anche attraverso una delega di funzioni di competenza dello Stato a favore di enti ed associazioni di rappresentanza del settore della pesca e dell'acquacoltura.
9) La revisione delle strategie e degli strumenti della comunicazione e dell'informazione istituzionale come leva per promuovere l'adattamento del settore ai nuovi scenari nonche' la nuova identita' della filiera come risorsa multifunzionale del Paese.
10) Il rafforzamento dei programmi di ricerca volti a garantire la sostenibilita' ecologica, economica e sociale delle attivita' di pesca e di acquacoltura.
Questi indirizzi strategici costituiscono le componenti di una strategia programmatica che intendono garantire il rafforzamento dell'impresa ittica e dell'acquacoltura quale elemento fondante dell'azione di recupero della competitivita' del settore da non disgiungere dalle misure che mirano a garantire la rinnovabilita' delle risorse biologiche del mare ed alla conservazione degli ecosistemi.
Fra gli obiettivi del Programma occorre privilegiare, quindi, quello di creare le condizioni per consentire alle imprese di pesca il recupero della necessaria redditivita', con una nuova attenzione alle esigenze di riposizionamento strategico dell'impresa ittica in un disegno di programmazione economica e di politica industriale che tenga conto del ruolo e dei valori del modello cooperativo di impresa e del mondo del lavoro.
Per centrare l'obiettivo di un recupero della redditivita' sono di seguito individuate quelle misure che hanno come effetto l'aumento della redditivita' del capitale investito che passa attraverso l'aumento dei margini unitari dei prodotti; la riduzione dei prezzi/costo unitario del fattore lavoro; l'aumento del tasso di rotazione del capitale investito e dall'altra, la diminuzione del costo dei finanziamenti di terzi (attraverso il cambiamento del mix delle fonti finanziarie, anche mediante l'aumento dei mezzi propri e la maggiore efficienza nella gestione aziendale). Cio' potra' consentire di attirare nuovamente investimenti e risorse umane qualificate e di rendere la filiera ittica una parte non marginale dell'economia italiana superando l'attuale fase di crisi.
E' del tutto evidente che il recupero della redditivita' di impresa, soprattutto in considerazione delle crescenti limitazioni delle attivita' di prelievo imposte nel quadro comunitario degli interventi di gestione delle risorse, deve passare necessariamente attraverso un riposizionamento delle attivita' di impresa volte sia ad una maggiore integrazione delle attivita' di filiera, dalla produzione alla distribuzione e commercializzazione dei prodotti, sia attraverso lo sviluppo multifunzionale delle attivita' di impresa (turismo, ristorazione, prima lavorazione e trasformazione dei prodotti, servizi ambientali, etc.) che possono concorrere a fornire significative occasioni di integrazione del reddito derivante dalle attivita' di cattura, contribuendo nel contempo a ridurre lo sforzo di pesca.
Dare adeguato sostegno allo sviluppo della multifunzionalita' dell'impresa ittica riveste un rilievo strategico per garantire, in prospettiva, una forte spinta all'innovazione nella gestione dell'impresa in funzione del rafforzamento della competitivita' sui mercati, insieme allo sviluppo di nuove opportunita' occupazionali e all'avvio di iniziative di imprenditoria femminile e giovanile nelle aree costiere e salmastre, specialmente nelle zone poco sviluppate. La multifunzionalita' concorre inoltre ad accrescere la consapevolezza delle imprese di essere motore dello sviluppo locale, in raccordo con i piu' recenti orientamenti comunitari sulla "Crescita Blu". Orientamenti che inseriscono pesca e acquacoltura nella gestione integrata della fascia costiera, nella pianificazione dello spazio marittimo e che prevedono nello stesso tempo l'integrazione con gli altri settori strettamente interconnessi con competenze comuni e infrastrutture condivise (porti, reti di distribuzione dell'energia elettrica, etc.).
La multifunzionalita' dell'impresa ittica risulta determinante per portare non solo ad uno sviluppo dell'economia ittica nazionale in linea con gli altri settori produttivi, ma contribuisce ad arginare l'esodo di addetti dal settore; a mantenere vivi usi e tradizioni legati alla tipicita' dei territori; ad arginare lo spopolamento di alcune zone costiere; a preservare e conservare l'ambiente marino ed il paesaggio in generale.
Infatti, la moderna impresa ittica e' chiamata sempre piu' a favorire la diversificazione delle attivita' coordinandole e raccordandole con le esigenze di uno sviluppo compatibile con l'ambiente e l'ecosistema in generale, con le richieste dei mercati e con l'esigenza del raggiungimento di una redditivita' sostenibile. La tradizionale figura del pescatore deve essere messa in grado di svolgere attivita' connesse e collaterali quali attivita' di ripopolamento dei territori costieri ed acquatici, servizi di presidio e monitoraggio, pulizia dei fondali e dei litorali.
Analogamente, a partire dall'assunto che i servizi ambientali rappresentano una esternalita' positiva di cui beneficia l'intera collettivita' e come tale deve essere riconosciuta, favorita e sostenuta, con un impegno pubblico aggiuntivo e straordinario.
4. STRUMENTI DI INTERVENTO DEL PROGRAMMA NAZIONALE
4.1 Tutela e ricostituzione delle risorse biologiche
La tutela e la ricostituzione delle risorse biologiche e' certamente l'obiettivo di interesse collettivo primario nelle politiche della pesca. Le competenze in tale materia sono sostanzialmente assegnate all'UE in coerenza con Trattati e Regolamenti.
L'aggravarsi dello stato di sfruttamento delle risorse e la percezione collettiva della rilevanza dello stato di integrita' degli ecosistemi (valori utili ed etici della biodiversita' alle differenti scale della organizzazione biologica, dai geni agli ecosistemi) hanno dato crescente centralita', nelle politiche internazionali della pesca, alla conservazione delle risorse biologiche. Questo ha generato spesso una percezione di marginalita' da parte del mondo della pesca nel caso in cui al divieto di accesso alle risorse non siano state predisposte proporzionali misure di accompagnamento sociale a beneficio delle imprese e dei lavoratori.
Le misure di conservazione e ricostituzione (controllo dell'accesso alle risorse nello spazio e nel tempo, riduzione della capacita' di pesca, contrasto alla pesca illegale, riduzione della mortalita' da pesca, riduzione degli scarti, raggiungimento di MSY, ecc.), sono alla base della riforma della PCP 2014-2020 e verranno inserite nel Programma nazionale triennale finalizzato a predisporre le misure nazionali soprattutto orientate alla costruzione di un sistema di imprese capaci di superare l'impatto delle nuove politiche i cui benefici dovrebbero essere attesi in una fase successiva.
La pesca italiana ha definito da molti anni una "via italiana" alla conservazione attuando periodi di fermo temporaneo che di fatto hanno generato una diffusa riduzione della mortalita' da pesca in fasi critiche del ciclo biologico di molte specie bersaglio della nostra pesca a traino. Il fermo temporaneo all'italiana si e' basato sul principio di arrestare totalmente le barche nelle aree e nei periodi definiti, consentendo in tal mondo il controllo completo. Tale strumento, con le opportune ottimizzazioni ed adattamenti alle realta' locali verra' applicato con logiche di integrazione rispetto alle misure che saranno applicate nella nuova PCP. Saranno inoltre predisposti i programmi di monitoraggio per valutare gli effetti del fermo temporaneo ed ottimizzarne la definizione spazio temporale. 4.1.1 Nuovi modelli di gestione delle attivita' di pesca
Dall'analisi settoriale emerge la debolezza degli attuali strumenti di gestione rispetto alle esigenze di tutela e recupero delle risorse biologiche. D'altra parte lo sviluppo della attuale struttura produttiva, prevalentemente centrata sul sistema a strascico ad elevato consumo energetico, e' limitato dall'incremento progressivo dei costi di gestione da un lato e dalla stagnazione dei prezzi alla produzione dall'altro, in un quadro di risorse biologiche in declino in ecosistemi marini soggetti ad impatti multipli per la debolezza delle politiche di conservazione del mare. Andamenti congiunturali che hanno assunto da tempo carattere strutturale e non e' prevedibile un'inversione delle tendenze in atto in tempi brevi. Si pone quindi la necessita' di adottare strumenti di intervento piu' efficaci e che, soprattutto, risultino coerenti con le tendenze della nuova PCP.
Cio' rappresenta la conferma della necessita' che tali strumenti dovranno essere declinati all'interno di specifici piani di gestione nazionali o locali, ciascuno dei quali redatto in funzione delle esigenze dei diversi sistemi di pesca e degli operatori e che siano in grado di disegnare nuovi scenari strutturali a sostegno delle flotte nazionali.
I piani di gestione saranno articolati in funzione delle diverse tipologie di pesca:
1. piccola pesca costiera cui appartengono imbarcazioni che utilizzano una molteplicita' di attrezzi per la cattura di un elevato numero di specie e che svolgono l'attivita' di pesca prevalentemente nella fascia compresa fra 0 e 6 miglia dalla costa;
2. sistemi di pesca che svolgono l'attivita' di sfruttamento in acque territoriali e non territoriali impegnati nello sfruttamento di stock non condivisi con altre flotte;
3. sistemi di pesca che svolgono l'attivita' di sfruttamento in acque territoriali e non territoriali impegnati nello sfruttamento di stock condivisi con altre flotte di paesi aderenti all'UE.
Una particolare attenzione sara' destinata a quei sistemi di pesca che svolgono attivita' di pesca specifiche in zone che si estendono al di fuori delle acque territoriali degli Stati membri e per le quali e' prevedibile l'avvio di piani di gestione sotto l'egida della CGPM, con condivisione delle strategie gestionali con i Paesi terzi che condividono spazi, risorse e mercati con i Paesi membri dell'Unione europea.
In ogni caso, a monte del perseguimento dei singoli obiettivi, da inserire in una strategia globale che affronti nelle scale appropriate i criteri ed i modelli che informano le attivita' del settore, si pone la necessita' di valorizzare ed affinare l'innovazione rappresentata dai piani di gestione previsti dalla normativa comunitaria. Una normativa che, peraltro, nel dibattito in corso sulla riforma della PCP porta a considerare diverse soluzioni e meccanismi di gestione (definizione di quote di sforzo, quote di cattura multispecifiche, sistemi misti, concessioni di pesca trasferibili, riduzione delle capacita' di pesca con o senza contributi ai ritiri definitivi) su cui nel periodo di programmazione sara' opportuno sviluppare un percorso di consultazione ampiamente partecipativo ed azioni pilota, anche in relazione alla problematica del possibile bando dei rigetti o della istituzione di "recovery areas" nei tempi e termini che saranno definiti al termine della procedura comunitaria di codecisione.
Nel caso della piccola pesca costiera ed in funzione delle specifiche esigenze dell'area, sara' ulteriormente promossa la predisposizione di piani di gestione locali. In tale contesto, si procedera' alla definizione di puntuali procedure che favoriscano la effettiva attuazione delle misure ritenute piu' appropriate. Cio' in quanto l'attuale base giuridica che formalmente prevede la redazione di piani di gestione locali e' l'art. 37, lett. m) del Fondo europeo per la pesca (FEP) relativo alla esecuzione di azioni collettive. Va riconosciuto che tale strumento non costituisce un quadro giuridicamente e sostanzialmente robusto come e' il caso di altre tipologie di piani di gestione e di conseguenza, occorre prevedere una regolamentazione piu' appropriata alla luce dell'importanza che i piani gestionali locali possono assumere a fini gestionali.
La seconda tipologia individuata definisce i sistemi di pesca in cui l'attivita' delle imprese e' svolta in acque territoriali e non territoriali, ma comunque in assenza di competizione con flotte di Paesi terzi. In questo caso, attraverso l'adozione di specifici piani di gestione nazionali per sistema di pesca e gruppi di specie, saranno individuate le regole di sfruttamento nell'area compatibili con i reference point associati con livelli di sfruttamento sostenibili sia sotto l'aspetto biologico che sociale ed economico. In funzione della regolamentazione comunitaria vigente e delle esigenze dello specifico sistema di pesca e dell'area delimitata, il meccanismo gestionale, in aggiunta ad eventuali restrizioni geografiche e misure tecniche previste dalla normativa comunitaria, potra' introdurre riduzioni di sforzo, quote di sforzo nel caso di stock multispecifici e quote di cattura o combinazione delle due nel caso di stock monospecifici.
La terza tipologia individuata e' di competenza comunitaria ed i relativi piani di gestione potranno essere predisposti su iniziativa della stessa Commissione europea. Tuttavia, specifici piani di interesse nazionale per le flotte che operano in acque territoriali italiane ed internazionali risultano prioritari e dovranno essere adottati fin dall'avvio del Programma nazionale triennale. L'area di maggior interesse in questo caso, e' quella adriatica ed in particolare la GSA 17, relativamente allo sfruttamento delle risorse pelagiche. Anche in questo caso gli strumenti di intervento non sono dissimili da quelli prima citati.
Relativamente ai sistemi di pesca che svolgono la propria attivita' in acque internazionali e sfruttano risorse condivise con altri paesi non comunitari e' previsto l'avvio delle attivita' preliminari alla redazione dei relativi piani di gestione nel quadro dei progetti ADRIAMED e MedSudMed attivi sotto l'egida della FAO. E' solo il caso di osservare che si tratta di piani di gestione che hanno per oggetto lo sfruttamento di risorse demersali e bentoniche da parte di flotte d'altura registrate in Paesi diversi e prevalentemente localizzate nel Canale di Sicilia e nel Basso Adriatico. In molti casi si tratta di attivita' di sfruttamento concentrate sul gambero rosso e sul gambero rosa, quindi pesca prevalentemente monospecifica. Un'altra parte e' concentrata sulla pesca dei pesci ossei, merluzzo e triglie in particolare.
In conclusione, le precedenti considerazioni rimandano alla necessita' di adottare un'architettura gestionale flessibile e funzionale alle diverse esigenze che caratterizzano ciascuna area e ciascun sistema di pesca. La costruzione di piani di gestione specifici che prevedano l'utilizzo dell'insieme degli strumenti disponibili in aree delimitate rappresenta un'importante innovazione nel panorama gestionale mediterraneo ed italiano in particolare. 4.1.2 Attuazione aree di tutela biologica
Nel corso di vigenza del presente programma sara' confermato il ruolo strategico assegnato alla definizione delle regole di gestione relativamente alle 11 aree di tutela biologica identificate nel quadro del piani di protezione delle risorse.
Considerando la tendenza comunitaria a definire, tra gli strumenti della riforma della PCP, percentuali di acque territoriali dei Paesi Membri temporaneamente escluse alla attivita' di pesca, il Programma nazionale triennale prevede la possibilita' di aggiornare la identificazione delle aree da destinare a sospensione temporanea delle attivita' di pesca, di prevedere le integrazioni con la rete delle Aree marine protette (AMP) italiane, di definire aree di transizione, naturalmente individuando tutti gli strumenti di concertazione e partecipazione attiva del mondo della pesca e predisponendo gli appropriati strumenti di compensazione e controllo a valere sulle dotazioni comunitarie del prossimo FEAMP.
Il Programma prevede di integrare le misure di protezione attualmente applicate a ben definiti spazi marini al fine di ottimizzarne le funzioni, ad esempio con scelte appropriate per le aree destinate a concessioni demaniali in cui e' consentito l'allevamento e non la pesca. 4.1.3 Misure di controllo
Il Centro Nazionale Controllo Pesca sara' potenziato e si procedera' a intensificare l'attivita' di controllo a mare ed a terra in stretto collegamento, anche funzionale, con l'Agenzia di controllo comunitaria.
In particolare, saranno intensificate le azioni di controllo sul commercio dei prodotti ittici e presso la ristorazione, anche in relazione alle vigenti normative in materia di tracciabilita' e rintracciabilita'.
In particolare, in armonia con le disposizioni previste dal Piano di Azione Internazionale sulla pesca illegale non riportata e non regolata (IUU) e delle convenzioni internazionali vigenti, sara' sviluppata un'azione di controllo e monitoraggio nei confronti delle flotte operanti nelle acque internazionali prospicienti la piattaforma continentale italiana.
Allo stesso tempo, sara' dato impulso ad iniziative dirette alla eradicazione della pesca IUU. In tal senso sara' intensificata l'azione di controllo sulle unita' da pesca nazionali in modo da promuovere il rispetto delle norme nazionali e comunitarie e garantire un piu' agevole percorso di ricostituzione delle risorse biologiche. 4.2 Tutela della concorrenza e competitivita' delle imprese di pesca
e dell'acquacoltura 4.2.1 Sviluppo della produzione e dell'occupazione
La caduta dei livelli occupazionali e la tendenza negativa che caratterizza l'evoluzione dei margini di profitto e dei redditi degli addetti al settore, a compendio di un sistema maggiormente flessibile delle attivita' di pesca, richiede l'impegno alla introduzione di un sistema di ammortizzatori sociali per i lavoratori dipendenti delle imprese di pesca, nonche' per i soci lavoratori delle cooperative del settore che beneficiano di un sistema con minimo monetario garantito, relativamente ai casi di inattivita' dovuta a causa di forza maggiore, analogamente a quanto e' gia' in uso presso tutti i settori industriali e dell'agricoltura oltre che, ovviamente, per il settore dell'edilizia. Cio' contribuirebbe a determinare positive condizioni per la stabilita' del lavoro atte non solo a frenare l'incessante fuoriuscita di manodopera dal settore pesca, ma anche ad intercettare e conservare nuova forza-lavoro, grazie all'effetto attrattivo che possono produrre solamente sistemi produttivi organizzati capaci di offrire agli addetti prospettive di sicurezza sociale e sviluppo.
Un secondo livello di intervento riguarda la realizzazione di iniziative volte all'integrazione del reddito mediante lo sviluppo di attivita' connesse alla pesca e all'acquacoltura di cui all'art. 2 del D.Lgs 4/2012. In particolare, lo sviluppo del pescaturismo e dell'ittiturismo e delle imprese di servizio (1) rientrano in questo ambito le applicazioni di tipo sperimentale sono demandate ad appositi progetti da finanziare nell'ambito dei programmi predisposti dalle associazioni nazionali e dai sindacati.
In questo contesto si collocano le iniziative dirette a promuovere la multifunzionalita', sia attraverso una maggiore integrazione con la filiera della distribuzione e commercializzazione, sia attraverso la sinergia con altri settori produttivi, come il turismo, il catering e la ristorazione, la integrazione dell'attivita' con la utilizzazione e produzione di fonti energetiche alternative e l'affidamento all'impresa ittica di servizi ambientali, come funzioni pubbliche collettive, per la tutela attiva dell'ambiente marino e il presidio sulle coste.
In attesa dell'identificazione delle figure professionali per le attivita' definite multifunzionali di cui al paragrafo 3.2 (punto 1) all'interno dei CCNL di riferimento della pesca, ai lavoratori che svolgeranno le attivita' descritte in quelle definite multifunzionali saranno applicati CCNL riferiti alle attivita' stesse.
Un terzo importante livello di intervento riguarda le attivita' in cui la professionalita' acquisita nel settore della pesca puo' essere utilizzata nell'ambito di settori collegati, tramite riqualificazione professionale. E' questo il caso dei servizi in favore degli operatori del settore, nel quadro di deleghe da parte dell'Amministrazione.
Fra le possibili iniziative dirette a favorire lo sviluppo di attivita' in grado di garantire un'integrazione del reddito in favore degli addetti alla pesca o che identifichino una loro ricollocazione, il presente Programma individua, tra l'altro, attivita' svolte nell'ambito delle aree marine protette o delle aree di tutela biologica e di assistenza.
Allo scopo di valorizzare le esperienze finora acquisite, le attivita' di cui ai due punti precedenti potranno essere affidate ai consorzi unitari promossi dalle associazioni nazionali cooperative ed armatoriali.
(1) Per citare solo alcuni esempi di tale tipologia: attivita' di riparazione reti, lavori di bordo, di meccanica, depositi di materiali per la pesca, imprese di gestione del pescato. Per quanto riguarda il settore dell'acquacoltura dovra' essere analizzata la possibilita' di riconvertire le aziende marginali con fattorie didattiche di acquacoltura.

4.2.2 Partecipazione del mondo cooperativo, associativo e sindacale.
Creazione rete di progetti finalizzati e attribuzione di deleghe
Per tutte le attivita' considerate il presente Programma pone l'esigenza di promuovere un rapporto di integrazione piu' stretto con le componenti rappresentative riconosciute del settore al fine della realizzazione di programmi di cui agli art. 16, 17 e 18 del decreto legislativo 154/04, anche mediante l'attribuzione di deleghe specifiche e funzionali alla modernizzazione del settore.
Responsabilita', trasparenza e rigore nella assunzione di nuove deleghe e funzioni dovranno essere gli elementi caratterizzanti dei soggetti associativi attori del Programma, che dovranno essere valutati nella loro rappresentativita' e monitorati nello svolgimento dei compiti assegnati, che potranno spaziare da attivita' di valutazione e monitoraggio, alla promozione, ai servizi ed assistenza tecnica, alla prevenzione nella lotta alla pesca illegale.
In particolare, nel corso di esecuzione del Programma saranno assegnate deleghe nelle seguenti materie: 1. Valutazioni e monitoraggi.
- Fermo temporaneo di pesca: monitoraggio degli effetti e individuazione dei tempi e degli areali di applicazione.
- Piani di campionamento e controllo di cui al Reg. CE 1224/09 e Reg. UE 404/11.
- Valutazione degli effetti sulle imprese dell'applicazione dei Piani di gestione nazionali e locali.
- Valutazione degli effetti socio-economici e produttivi dell'applicazione delle recenti normative comunitarie sulla gestione delle attivita' di pesca.
- Individuazione delle necessita' e delle criticita' nazionali o locali dei diversi segmenti di pesca ed indicazione delle misure necessarie alla loro soluzione in un'ottica di coesione sociale ed economica dei territori per uno sviluppo multifunzionale delle attivita' di pesca.
- Definizione di nuovi set di indicatori in materia di coesione sociale, economica e territoriale volti a fornire dati socioeconomici, scientifici ed ambientali, anche nell'ottica della politica marittima integrata che tengano conto della diversificazione geografica, ambientale e socioeconomica della pesca, nonche' individuazione e quantificazione delle esternalita' positive, sociali ed ambientali ad essa associate. 2. Promozione
- Azioni volte a promuovere il Sistema Pesca Italia, ricorrendo alle leve del marketing, della comunicazione, della finanza, dell'internazionalizzazione, delle nuove tecnologie.
- Favorire integrazione di filiera e multifunzionalita' dell'attivita', nonche' l'occupazione giovanile e femminile del settore. Promozione di reti di imprese per il raggiungimento di economie di scala e formulazione di progetti innovativi. 3. Servizi ed assistenza tecnica
- Misure di divulgazione delle informazioni, organizzazione in rete, sensibilizzazione, misure destinate a promuovere la cooperazione e lo scambio di esperienze fra Stati membri dell'Unione Europea ed altri operanti nel bacino mediterraneo.
- Divulgazione ed informazione della legislazione in materia.
- Formazione dei formatori.
- Istituzione di reti nazionali e transnazionali tra soggetti che operano nel campo dello sviluppo sostenibile delle zone di pesca, al fine di favorire lo scambio di "best practices" ed esperienze (rete nazionale GAC e progetti transnazionali).
- Misure di sostegno al settore - investimenti - verifiche amministrative delle istanze e gestione pratiche.
- A seguito di una attivita' capillare di informazione e divulgazione le Associazioni di categoria potranno svolgere un'azione diretta finalizzata all'applicazione delle norme e potranno individuare misure da adottare affinche' queste vengano rispettate da tutti gli operatori, con particolare riferimento alla prevenzione e lotta a qualsiasi forma di pesca illegale. Le misure, individuate ed adottate da un Comitato (Comitato etico) nominato dalle Associazioni del quale faranno parte anche membri delle Amministrazioni competenti, avranno lo scopo di incrementare il rispetto delle regole. Permetteranno inoltre di rafforzare il ruolo delle Associazioni di rappresentanza nella gestione delle attivita', a partire dall'intervento diretto verso chi non rispetta le regole comuni fino alla definizione di incentivi per attivita' "virtuose" e saranno la base per avviare quelle forme di autogestione tante volte auspicate ma mai effettivamente applicate. Le Associazioni potranno inoltre individuare aree omogenee e misure specifiche da applicare alle attivita' di pesca nell'ambito di Piani di gestione locali. Si occuperanno, nella fase di applicazione, della verifica dei risultati, in collaborazione con un Istituto scientifico riconosciuto, e delle eventuali modifiche della regolazione per una maggiore efficacia.
- Assistenza alle imprese per semplificazione adempimenti (sportelli) anche in relazione a processi di aggregazione, assistenza a programmi di integrazione di filiera (rete di imprese).
- Coordinamento azioni propedeutiche alla redazione dei Piani di Gestione e loro applicazione. 4. Credito: sviluppo azione confidi (progetti investimento, misure di sostegno). Pertanto e' in questa cornice che debbono inserirsi i programmi di sviluppo associativo delle imprese di pesca e dei lavori dipendenti, anche sviluppando procedure e modalita' idonee a consolidare il ruolo e le funzioni delle associazioni imprenditoriali e dei lavoratori dipendenti come veicolo d'interfaccia per snellire le attivita' dell'Amministrazione centrale.
In questo contesto i programmi di cui agli articoli 16, 17 e 18 del d.lgs. 154/2004 saranno finanziati nell'ambito del Programma nazionale triennale e si articoleranno in modo da:
- concorrere al perseguimento degli obiettivi del presente Programma;
- assicurare la ricaduta territoriale delle iniziative;
- consentire la misurabilita' degli impatti e dei risultati delle specifiche iniziative mediante idonei indicatori. 4.2.3 Promozione della cooperazione
I programmi predisposti dalla cooperazione, in continuita' con i piani nazionali precedenti e con le relative azioni ed in attuazione dell'art. 16 del decreto legislativo n. 154/04, saranno articolati in modo da prevedere le seguenti attivita':
- corsi di aggiornamento e riqualificazione per i soci e i dipendenti delle cooperative della pesca e dell'acquacoltura e loro consorzi, organizzati dalle associazioni nazionali delle cooperative della pesca e dell'acquacoltura, riconosciute ai sensi delle leggi vigenti;
- iniziative volte a favorire la cooperazione tra i pescatori, gli acquacoltori, i consorzi tra cooperative della pesca e dell'acquacoltura;
- contratti di programma, progetti sperimentali, convenzioni per la fornitura di servizi al settore.
Tutto cio' finalizzato al rafforzamento del ruolo della cooperazione nel piu' ampio contesto del processo di sviluppo dell'economia ittica.
Relativamente alle azioni di servizio, le organizzazioni cooperative garantiranno la loro azione sul territorio attraverso centri di assistenza e promozione finalizzati a fornire la necessaria assistenza agli operatori relativamente agli adempimenti burocratico - amministrativi, al supporto per le pratiche assicurative e finanziarie e per progetti di sviluppo imprenditoriale, anche attraverso azioni di tutoraggio e di formazione professionale. Inoltre, nell'ambito dei previsti programmi di attivita', i centri di assistenza contribuiranno alla predisposizione di piani di gestione delle risorse ittiche e dei programmi di sviluppo della pesca e dell'acquacoltura. 4.2.4 Promozione dell'associazionismo
I programmi predisposti dalle associazioni nazionali riconosciute, in continuita' con i piani nazionali precedenti e le relative azioni ivi descritte, in attuazione dell'art. 17 del decreto legislativo n. 154/04, saranno articolati in modo da prevedere le seguenti attivita':
- iniziative volte a favorire l'associazionismo delle imprese di pesca, dell'acquacoltura e dei loro consorzi;
- contratti di programma;
- progetti sperimentali;
- convenzioni per la fornitura di servizi al settore.
Tutto cio' sulla base di programmi annuali o pluriennali predisposti dalle associazioni nazionali riconosciute delle imprese di pesca e delle imprese di acquacoltura.
Relativamente alle azioni di servizio le associazioni nazionali riconosciute garantiranno la loro azione sul territorio attraverso centri di assistenza e promozione finalizzati a fornire la necessaria assistenza agli operatori relativamente agli adempimenti burocratico - amministrativi, al supporto per le pratiche assicurative e finanziarie e per progetti di sviluppo imprenditoriale, anche attraverso azioni di tutoraggio e di formazione professionale. Inoltre, nell'ambito dei previsti programmi di attivita', i centri di assistenza contribuiranno alla predisposizione di piani di gestione delle risorse ittiche e dei programmi di sviluppo della pesca e dell'acquacoltura. 4.2.5 Promozione delle attivita' a favore dei lavoratori dipendenti
I programmi predisposti dalle organizzazioni sindacali nazionali stipulanti il Contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento nel settore della pesca, in continuita' con i piani nazionali precedenti e, in attuazione dell'art. 18 del decreto legislativo n. 154/04, saranno articolati in modo da prevedere le seguenti attivita':
- iniziative di aggiornamento e riqualificazione rivolte al personale dei costituendi centri di servizio;
- azioni finalizzate al coordinamento ed al controllo delle iniziative sviluppate sul territorio in favore dei lavoratori dipendenti;
- apertura e/o consolidamento sul territorio di centri di servizio per i lavoratori dipendenti del settore della pesca e dell'acquacoltura;
- tutto cio' sulla base di programmi annuali o pluriennali predisposti dalle medesime organizzazioni;
- regionalizzazione degli interventi a sostegno della formazione e dell'informazione per i lavoratori dipendenti. 4.2.6 Comunicazione di settore e tutela del consumatore
Un obiettivo prioritario del nuovo Programma nazionale triennale consiste nel riposizionamento della filiera. Cio' rende opportuno ampliare e valorizzare gli obiettivi della tradizionale strategia di comunicazione in funzione della forte esigenza di adattamento del mondo della pesca italiano ai nuovi scenari. La comunicazione istituzionale e' chiamata a sostenere questo processo rafforzando in particolare le azioni di comunicazione rivolte agli operatori e chiamando le Associazioni ad un ruolo attivo nel sostenere questo sforzo di coinvolgimento della categoria su nuovi assetti, principi e obiettivi. La complessita' dell'evoluzione normativa in atto e le forti criticita' di scenario del momento attuale suggeriscono di valorizzare la specializzazione ed il radicamento delle Associazioni di categoria a sostegno delle azioni di comunicazione svolte dall'Amministrazione per indirizzare, in linea con gli obiettivi del Programma, le strategie di riposizionamento del settore.
In linea con quanto previsto dall'art. 15 del d.lgs. 154/04, e con i principi dettati dalla legge 7 giugno 2000, n. 150, sara' necessaria l'attivazione di un nuovo Programma di Comunicazione del Sistema Pesca Italia, articolato in due modalita' di intervento:
1. comunicazione istituzionale in senso stretto, ovvero quella propria dell'organismo pubblico;
2. comunicazione convenzionata, ovvero quella effettuata dall'organismo pubblico in Convenzione con i soggetti associativi destinatari degli interventi del Programma triennale, valorizzando anche le esperienze e competenze delle strutture unitarie attive nel campo della promozione.
Nell'ambito dell'attivita' di comunicazione istituzionale dovranno essere rafforzati gli interventi volti a valorizzare le produzioni, con particolare attenzione alle specie eccedentarie, e sostenere l'immagine del settore, al fine di dare una "Nuova identita' del Sistema Pesca Italia". Oltre al rafforzamento degli strumenti tradizionali della comunicazione istituzionale, e' opportuno avvalersi delle potenzialita' offerte dallo sviluppo tecnologico delle piattaforme digitali multimediali e multicanale, che con una maggiore economicita' di produzione e gestione rispetto ai media tradizionali, consente strategie di comunicazione integrata, capaci di ottimizzare e utilizzare al meglio le piattaforme disponibili e di articolare l'offerta di contenuti nel rispetto dei contesti di fruizione e dei differenti pubblici potenziali, virtualmente illimitati. 4.2.7 Tutela della concorrenza e nuovi strumenti assicurativo -
finanziari
La pesca e l'acquacoltura italiana - nonostante il processo di modernizzazione che ne ha caratterizzato lo sviluppo nel corso degli ultimi anni - risente della carenza di strumenti creditizi, assicurativi e finanziari in grado di sostenerne il consolidamento.
L'intero sistema richiede, in questo senso ed in maggior misura con il progressivo venir meno degli strumenti d'aiuto comunitari, una forte azione di modernizzazione degli strumenti a sostegno delle imprese per il superamento degli ostacoli che ancora impediscono il raggiungimento di un livello di operativita' analogo a quello di cui godono altri settori. 4.2.7.1 Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria ittica
La politica di rilancio, per essere incisiva, deve basarsi su precise e selezionate linee d'azione. Per guidare il cambiamento e riposizionare il sistema imprenditoriale in linea con gli indirizzi gestionali e le opportunita' delineate e' necessaria la definizione di nuove politiche di incentivazione e di nuovi strumenti per la loro attuazione.
Per raggiungere una sufficiente redditivita' sono indispensabili crescita e aumento della dimensione operativa, attraverso la crescita interna o processi di concentrazione e fusione; investimenti in sviluppo di reti di vendita e di assistenza; investimenti in sistemi di formazione; capacita' di ricerca e selezione di fonti alternative di finanziamento.
E' in questo scenario che si colloca l'ipotesi del varo di uno specifico Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria ittica, i cui inizi potranno essere reperiti nel corso di attuazione del presente Programma. Il Fondo, quale strumento di rilancio delle politiche di impresa, potrebbe concorrere alle ristrutturazioni finanziarie, creazione di joint venture, operazioni di fusione e concentrazione, tutoraggio di start up, prestiti partecipativi e concessioni di garanzie per operazioni di reperimento di capitale di rischio e di capitale finanziario. L'operativita', dunque, dovrebbe toccare tutte le variabili sensibili al rafforzamento dell'impresa ittica e al miglioramento delle condizioni di filiera, agendo sul processo complessivo di allocazione ottimale delle risorse a disposizione e cercando di creare le condizioni per attrarre nuovi investimenti privati, premiando i progetti che maggiormente consentano forme di integrazione orizzontale e verticale che garantiscano l'innalzamento delle capacita' imprenditoriali e manageriali del settore. Elemento fondamentale per il recupero della competitivita' delle imprese di pesca riguarda specificamente l'accesso al credito, che l'attuale crisi economico-finanziaria ha reso ancora piu' drammatico. Il combinato disposto dell'attuazione degli accordi cosiddetti di Basilea 2 e 3 e della situazione attuale di razionamento del credito, viste le condizioni di sottocapitalizzazione e di indebitamento gia' descritte, insiste sulle imprese di pesca in un modo pesantissimo. Oltre all'azione del Fondo, anche l'attivita' svolta dai Confidi di settore e dagli strumenti unitari, che vantano competenza specializzata, potra' garantire una maggiore facilita' per il reperimento del capitale di credito ed una riduzione del suo costo. 4.2.7.2 Fondo interbancario di garanzia
Al fine di favorire l'accesso al credito delle imprese di pesca e dell'acquacoltura, l'altro ambito di intervento pubblico previsto dal presente Programma interessa il rilascio di fideiussioni a beneficio delle imprese del settore ed in particolare di quelle con limitata capacita' di prestare autonomamente sufficienti garanzie per ottenere la concessione di prestiti bancari.
E' noto che nel rapporto tra imprese e sistema creditizio, i fondi di garanzia svolgono un delicato ruolo di intermediazione.
Infatti, se da un lato mitigano i rischi di esposizione delle banche e le assistono nel processo di valutazione della sostenibilita' delle iniziative imprenditoriali, dall'altro perseguono il miglioramento delle condizioni dei prestiti concessi alle imprese.
La Sezione speciale del Fondo interbancario di garanzia - istituita con la L.153/1975, contenente al proprio interno la nozione di credito peschereccio (art. 43 del d.lgs. 1 settembre 1993 n. 385) e di fatto non operante dal 1992 - e' stata riavviata ed estesa alla pesca con il trasferimento all'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea) dall'art. 17 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102.
Secondo tale norma, l'Ismea puo' concedere la propria fideiussione a fronte di finanziamenti bancari a medio e lungo termine in favore delle imprese agricole e della pesca.
Inoltre, con la stessa norma l'operativita' della Sezione speciale e' stata estesa:
- All'erogazione di garanzie dirette alle banche e agli intermediari finanziari a fronte di prestiti partecipativi e di partecipazione nel capitale delle imprese assunte da banche, intermediari finanziari e fondi chiusi di investimento mobiliari.
- Al rilascio di controgaranzie e garanzie in collaborazione con Confidi e altri fondi di garanzia pubblici e privati.
Sebbene, ad oggi, ancora inattuate, queste previsioni normative hanno consentito di allargare l'azione della Sezione speciale, rispondendo piu' efficacemente alle esigenze delle imprese e sviluppando sinergie con gli altri strumenti di finanza e di garanzia d'impresa.
Inoltre come gia' detto, la garanzia rilasciata dalla Sezione speciale, in quanto garanzia di tipo primario, e' coerente con i principi di Basilea 2 e 3.
I finanziamenti che beneficeranno del concorso delle garanzie della Sezione speciale dovranno essere destinati in particolare a sostenere l'attivita' di filiera e gli interventi per la ricerca, la sperimentazione, l'innovazione tecnologica e la valorizzazione commerciale dei prodotti, per finanziare la costruzione, l'acquisizione o il miglioramento di beni immobili, o per l'acquisto di attrezzature per lo svolgimento delle attivita' produttive e di quelle connesse. 4.2.7.3 Innovazione del Fondo di solidarieta' nazionale
Ai precedenti strumenti di tipo finanziario, il presente Programma prevede uno strumento finalizzato alla promozione di un ulteriore strumento di tipo assicurativo che intende integrare gli eventuali interventi previsti dal Fondo di solidarieta' nazionale per la pesca e dell'acquacoltura. Gli strumenti assicurativi-riassicurativi, qui previsti e che sono da tempo attivi nel comparto agricolo, rientrano tra le forme di coinvolgimento pubblico finalizzate ad ottenere un graduale passaggio degli interventi dal versante compensativo a forme d'assicurazione preventiva (spostamento dell'ottica dall'ex-post all'ex-ante) allargando la platea dei rischi assicurabili nel settore della pesca e dell'acquacoltura.
Il presente Programma tende quindi a favorire lo sviluppo di forme assicurative che possano coprire le attivita' di pesca e di acquacoltura dai principali rischi meteorologici (polizze pluririschio) e lo stesso risultato produttivo (polizze multirischio).
L'intervento pubblico si concretizzera' attraverso la previsione di un contributo pubblico sui premi assicurativi e di un intervento di riassicurazione pubblica per permettere l'assunzione dei rischi che, allo stato, non possono ancora trovare adeguata copertura da parte del mercato. 4.2.8. Semplificazione delle procedure amministrative
Una maggiore concorrenzialita' delle imprese ittiche e di acquacoltura passa obbligatoriamente attraverso la strada della semplificazione.
Il Programma nazionale triennale prevede, oltre a quelle gia' messe in campo dall'Amministrazione, ulteriori misure dirette a favorire la semplificazione delle procedure amministrative in modo da ridurre, qualitativamente e quantitativamente, la dimensione delle incombenze delle imprese di pesca nello svolgimento delle loro attivita' produttive.
L'intersettorialita' delle competenze, insieme alla profonda revisione normativa in atto, sia a livello internazionale che europeo, ha determinato nel caso della filiera ittica una crescita ipertrofica del numero delle leggi e dei regolamenti, con carichi regolativi che gravano non solo sulle attivita' delle imprese, ma anche delle Amministrazioni pubbliche, per la complessita' degli adempimenti burocratici imposti per assicurare e verificare il rispetto di tali regolazioni.
L'iperregolazione costituisce uno dei fattori della crisi di competitivita' della filiera ittica come sistema economico, anche in termini di capacita' di spesa dei finanziamenti europei, oltre che come ostacolo per l'affermarsi di una piena cultura della legalita' e del rispetto delle regole.
Gli strumenti per il raggiungimento degli obiettivi di semplificazione e sburocratizzazione sono interventi normativi mirati: alla riduzione degli oneri amministrativi e adempimenti burocratici a carico delle imprese, alla riduzione dei tempi di attesa, oggi lunghi ed incerti, delle procedure amministrative, alla introduzione di una maggiore proporzionalita' tra oneri amministrativi e dimensioni delle imprese, alla prevenzione, in sede di recepimento, di sovraccarichi di regolazione rispetto a quella minima delle fonti comunitarie.
Al fine di agevolare l'operato delle imprese e diminuire i costi indiretti sul sistema produttivo della pesca e dell'acquacoltura, e' previsto l'avvio di esperimenti di decentramento funzionale delle attivita' amministrative attraverso front-office per la gestione degli adempimenti burocratici e di routine presso le strutture periferiche quali, ad esempio, gli Uffici delle Capitanerie, servizi ora concentrati a livello centrale presso vari Ministeri.
Sempre nell'ambito dell' approccio volto alla semplificazione amministrativa, sara' dato seguito a quanto disposto dagli obblighi comunitari e dalla normativa nazionale finalizzati all'attivazione di tutti gli strumenti utili ai fini di una completa conoscenza dell'azienda, della sua storia e del cumulo dei contributi ottenuti anche per una corretta valutazione sull'insieme dei premi "de minimis".
Per supportare la Pubblica Amministrazione negli adempimenti di competenza, sara' predisposto uno specifico programma di deleghe alle Organizzazioni di rappresentanza, secondo i principi dello "Stato leggero". 4.2.9.1 Aggiornamento e riqualificazione professionale e divulgazione
dei fabbisogni formativi
Il raggiungimento degli obiettivi previsti comporta la definizione e la qualificazione dell'offerta formativa continua e permanente secondo i principi e le metodologie relative all'apprendimento monitorabile delle persone adulte, rifiutando l'uso di approcci generici, non misurabili e privi di finalizzazione.
Il Presente programma prevede pertanto:
- La promozione di studi di settore, il monitoraggio del mercato del lavoro, il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di lavoro a bordo e a terra.
- L'individuazione delle deleghe nel campo dell'assistenza agli operatori del settore, con particolare riguardo all'evoluzione degli strumenti e delle tecnologie di navigazione e di pesca che comportano significativi cambiamenti sulle modalita' di organizzazione e gestione del lavoro ed alle norme sempre in evoluzione riguardanti la sicurezza marittima, la sicurezza e salute degli operatori della pesca e la salubrita' e qualita' dei prodotti e dei processi.
- L'organizzazione di un sistema informativo/divulgativo specifico per la filiera ittica, anche attraverso uno specifico "portale della pesca", con banche dati sui contratti, consuetudini locali e altri aspetti di interesse specifico della filiera.
A questo scopo il presente Programma prevede la continuazione delle attivita' da parte del competente Osservatorio nazionale del settore.
5. L'ACQUACOLTURA

L'acquacoltura nelle acque interne e' materia di competenza regionale. Il Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura fa comunque riferimento a quegli aspetti che si integrano con le politiche della pesca nell'ambito delle politiche del mare. L'acquacoltura sta assumendo un ruolo crescente nelle produzioni ittiche coerentemente alla tendenza che vede stabili o decrescenti le produzioni da cattura ed in crescita quelle da allevamento. L'acquacoltura marina italiana ha seguito un processo evolutivo ben definito perdendo, per quanto concerne le produzioni da piscicoltura estensiva, le caratteristiche tecniche tradizionali sviluppate nelle lagune costiere e nelle Valli salse da pesca del Nord Adriatico. La tendenza della piscicoltura marina italiana, inizialmente proiettata verso l'integrazione tra intensivi ed estensivi, con notevoli benefici ambientali, ha poi subito un processo di concentrazione sulle attivita' intensive per l'eccessiva presenza di specie protette di uccelli ittiofagi che hanno reso impraticabili le produzioni basate sul ripopolamento di ampie superfici non controllate da reti antiuccello.
Attualmente lo sviluppo delle attivita' di ingrasso in mare in gabbie galleggianti si sta dimostrando competitivo con gli impianti di ingrasso situati a terra, per costi energetici e per natura localizzata degli impatti ambientali che generano.
La molluschicoltura italiana, mitilicoltura e venericoltura si e' strutturata attraverso una continua evoluzione delle tecnologie di coltivazione e nel caso della mitilicoltura con la tendenza ad operare in mare aperto ed in ambienti sempre piu' salubri.
La valenza strategica della molluschicoltura e' considerata centrale dal Programma nazionale triennale in considerazione della potenzialita' di crescita di questo comparto che non richiede robusti input energetici; che dispone di spazi; che sul piano sociale si presta a modelli di riconversione della piccola pesca, come gia' dimostrato in varie aree della penisola italiana.
La dipendenza della Molluschicoltura dalle buone politiche di programmazione del territorio e' altrettanto evidente. Infatti l'allocazione degli spazi per queste attivita' , la loro integrazione alla definizione spaziale di aree di tutela biologica, la necessita' di definire canoni equi, la buona qualita' delle acque di allevamento ed infine una rete efficiente dei controlli igienico sanitari, sono tutti aspetti che vanno considerati con attenzione istituzionale per dare a questo settore una spinta sostanziale.
Piscicoltura e molluschicoltura italiana contribuiscono alla disponibilita' di prodotti alimentari dal mare, ma la crescita interna non ha segnato una risposta consistente alla crescita della domanda ormai soddisfatta in larga parte dalle importazioni e dagli scambi all'interno dell'UE.
Le ragioni di una crescita limitata sono molteplici, ma possono essere sintetizzate in quattro aspetti:
- Complessita' delle procedure relativamente alla creazione ed alla gestione dell' attivita' di allevamento ed, in particolare, le difficolta' per gli operatori di ottenere concessioni in mare con procedure snelle e garanti della tutela ambientale attraverso una corretta scelta dei siti.
- Costo delle concessioni demaniali.
- Mortalita' dei progetti che hanno avuto accesso a finanziamenti pubblici per una cattiva selezione dei siti e per la bassa qualita' delle scelte progettuali.
- Mancanza di politiche a sostegno delle imprese dal punto di vista finanziario ed assicurativo, considerato il ruolo di questo aspetto in acquacoltura che prevede cicli produttivi comunque lunghi e soggetti a notevoli rischi biologici ed ambientali.
In particolare si indicano alcune questioni rilevanti che il periodo di programmazione triennale dovra' affrontare per restituire certezze ad un settore che stenta a decollare:
a) canoni demaniali marittimi per l'acquacoltura per le questioni collegate alla forma societaria diversa dai consorzi o loro cooperative;
b) la disciplina del lavoro subacqueo per i lavoratori dipendenti delle societa' di maricoltura va rivista ed adeguata alle esigenze settoriali;
e) trasparenza nella produzione di mangimi per acquacoltura; in particolare il controllo dei prezzi e le condizioni di pagamento in modo allineato che costituiscono problemi di rilevante spessore. Tale situazione condiziona gli stessi produttori cui viene imposto l'inserimento della composizione dettagliata del mangime (tracciabilita' obbligatoria) in etichetta. Le diverse percentuali di materie prime incidono infatti in modo rilevante sul costo di produzione del mangime laddove le imprese produttrici sono in grado di sostituire le proteine ottenute dalle farine di pesce, che sono molto costose, con le piu' economiche farine di vegetali.
Il Programma nazionale triennale dovra' supportare il superamento di tali limiti in un quadro di leale collaborazione e di sussidiarieta' con le Regioni. Nell'ambito della nuova politica comune della pesca nella quale l'acquacoltura assume crescente centralita' dovranno essere debitamente rappresentate le istanze dei nostri territori lavorando per una reale semplificazione delle procedure per il rilascio delle concessioni.
Lo Stato dovra' facilitare la programmazione nell'uso del mare, generando collaborazione tra le amministrazioni competenti, la definizione di zone allocate all'acquacoltura, utilizzando al meglio il sistema GIS Pesca promosso dalla Direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura.
Il Programma triennale, fin da questa fase di definizione degli obiettivi comuni della PCP, dovra' quindi porre nei confronti dell'acquacoltura una rinnovata attenzione. L'obiettivo ambizioso fin qui identificato e' quello di sopperire almeno in parte alle importazioni da parte di Paesi terzi nella considerazione che il mercato ittico europeo e' approvvigionato per il 25% dalla pesca europea, per il 65% dalle importazioni e per il 10% dall'acquacoltura.
In questo quadro l'Italia dovra' disporre di strumenti efficaci per affrontare le politiche strutturali europee con un pacchetto di strumenti pianificatori che consentano di intercettare i benefici degli aiuti comunitari e nazionali destinati al settore.
Il dibattito tra le parti sulla riforma a livello europeo ha individuato una serie di obiettivi strategici coincidenti con l'identificazione e l'analisi delle priorita' identificate per il Programma triennale:
- semplificazione amministrativa, soprattutto per le autorizzazioni;
- programmazione degli spazi da allocare all'acquacoltura;
- diversificazione strategica ed organizzativa delle attivita' di acquacoltura;
- utilizzare tutte le opportunita' competitive.
Tutto cio' significa ridurre la frammentazione dei riferimenti e dei servizi pubblici per il settore e dal punto di vista delle imprese cercare nuove forme organizzative, nuove strategie di mercato, nuove fonti energetiche, aggregazioni per lanciare nuovi programmi per l'innovazione scientifica e tecnologica.
L'acquacoltura italiana ha segnato il passo nella capacita' di incidere sulle politiche dell'UE dato che i Paesi mediterranei dell'Unione europea non sono sede di forti gruppi economici e che fin qui, prima della codecisione del Parlamento europeo, hanno di fatto determinato le direzioni delle scelte. Questo sia sulla ricerca scientifica sia sul processo di partecipazione del mondo associativo. Solo una forte riorganizzazione della acquacoltura nazionale, oggi frammentata in politiche locali non coordinate, con un recupero di linee strategiche ben definite e comuni potra' riposizionarla secondo quanto auspicato dal mondo produttivo e dai mercati, con effetti positivi sulla sostenibilita' ambientale ed economica del settore.
6. LA PESCA RICREATIVA E SPORTIVA

In Italia, circa un milione di persone praticano la pesca ricreativa in mare. Se si escludono coloro i quali si dedicano occasionalmente a questa attivita' del tempo libero, gran parte dei pescatori ricreativi in Italia sono attivi frequentatori dei nostri mari, operando da terra e da natante.
Molti di loro sono attratti dalla pesca sportiva e dunque dall'agonismo organizzato che oggi si rappresenta in una rete di relazioni ed organizzazioni internazionali, coerentemente con il carattere dello sport moderno come strumento di coesione.
Nel 2010, con decreto del 6 dicembre, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha provveduto all'assentimento di un permesso di pesca gratuito, attraverso l'iscrizione del richiedente su un registro.
Questa scelta ministeriale ha avuto un significato pilota per conoscere la consistenza della pesca ricreativa in mare, essendo nota quella nelle acque interne che prevede il rilascio di una licenza da parte delle Amministrazioni locali competenti.
Il decreto ha avuto il consenso della maggioranza delle associazioni della pesca sportiva e ricreativa piu' rappresentative, nella consapevolezza delle difficolta' di collocare una pesca ricreativa in mare non conosciuta e non regolata nell'ambito della pesca responsabile, dato che molta della piccola pesca illegale o del commercio illegale di prodotti della pesca si cela nell'ambito ricreativo.
Nel corso del Programma, in attuazione dell'art. 55 del Reg.(CE) 1224/09, saranno definite le norme finalizzate a garantire che la pesca ricreativa sia effettuata in maniera compatibile con gli obiettivi e le norme della politica comune della pesca. Cio' anche in considerazione del fatto che la pesca ricreativa rappresenta:
- un'attivita' di prelievo che incide sulla mortalita' da pesca
- un segmento economico rilevante
- un valore per la qualita' della vita dei cittadini come attivita' del tempo libero ed occasione di educazione ambientale
- una possibile area di conflittualita' o di collaborazione con il mondo della pesca professionale.
La pesca ricreativa in mare deve essere, dunque, materia di programmazione e di sviluppo nell'ambito del Programma sia per garantire un prelievo sostenibile, sia per armonizzare le relazioni con il mondo professionale sull'uso degli spazi e dei mercati.
In questo senso, il Programma nazionale triennale intende consolidare la recente strategia di raccordo fra la pesca professionale e quella sportiva e ricreativa anche avviando una seconda fase del censimento dei pescatori in mare. L'obiettivo e' quello di superare la fase della semplice rilevazione statistica censitaria e giungere ad un sistema dinamico di raccolta delle informazioni, coerente con le norme comunitarie che chiedono un monitoraggio anche della pesca sportiva e ricreativa per una corretta gestione delle risorse ittiche.
Un secondo obiettivo del Programma riguarda gli aspetti connessi con il contrasto alla pesca IUU che riguarda sia la pesca professionale che sportiva e ricreativa. Da questo punto di vista si provvedera' alla predisposizione di una strategia diretta al miglioramento dei controlli e all'eventuale adeguamento e rafforzamento dell'apparato sanzionatorio soprattutto per prevenire il commercio dei pesci catturati dalla pesca ricreativa.
7. LA RICERCA SCIENTIFICA

Le attivita' di ricerca scientifica nel settore delle pesca marittima e dell'acquacoltura e sulle risorse marine viventi sono state caratterizzate da un intenso sviluppo nel corso degli ultimi anni attraverso l'impegno di una molteplicita' di enti ed istituti di ricerca pubblici (CNR, universita', ISPRA ex ICRAM, ecc.) e privati, alcuni dei quali organismi di ricerca del settore della cooperazione.
Negli ultimi anni l'Amministrazione ha incentivato la costituzione di una rete di istituti di ricerca che, favorendo lo scambio di informazioni, nell'ottica della valorizzazione della diversita' delle competenze e delle peculiarita' dal punto di vista geografico, si e' progressivamente affermata come centro di riferimento per un adeguato supporto scientifico per le scelte gestionali e per l'acquisizione di pareri di esperti.
Inoltre, significative attivita' di ricerca in materia di risorse biologiche del mare negli anni di vigenza del precedente Programma nazionale triennale hanno riguardato la costituzione di un sistema GIS con la copertura di tutte le coste italiane, la valutazione delle catture accessorie con il traino pelagico, la valutazione dello stock di Anguilla anguilla nell'ottica dell'attuazione del Reg. (CE) n. 1100/2007, l'identificazione spazio-temporale delle aree di nursery nei mari italiani. Sono stati realizzati studi sugli effetti degli inquinanti sulla pesca marittima, mentre e' stato studiato lo sviluppo di linee guida per l'adozione di misure tecniche e per la gestione delle zone di tutela biologica. Altre ricerche che hanno apportato significative nuove conoscenze utilissime ai fini gestionali riguardano i modelli bioeconomici, aspetti di qualita' e di sicurezza alimentare dei prodotti ittici, sviluppo di sistemi di telemetria per la misurazione delle taglie del tonno rosso. Sul piano internazionale si sono anche approfondite le possibilita' dello sviluppo della cooperazione nel Mediterraneo.
Il monitoraggio scientifico della pesca italiana e' realizzato nel quadro del Programma italiano per la raccolta dei dati alieutici in accordo con il Reg. (CE) n. 199/2008 e relativi regolamenti applicativi. In quest'ambito, attualmente il modulo per la valutazione del settore della pesca prevede alcune sezioni rispettivamente per la raccolta delle variabili economiche, biologiche e trasversali, piu' una sezione dedicata alle campagne di ricerca in mare (MEDITS per le risorse demersali e MEDIAS per i piccoli pelagici con metodi acustici). Un secondo modulo del suddetto programma comprende la valutazione della situazione economica del settore acquacoltura e dell'industria di trasformazione, un terzo e' relativo alla valutazione degli effetti del settore della pesca sugli ecosistemi marini. Un modulo e' infine dedicato alla gestione e all'utilizzo dei dati. Particolare rilievo in questo contesto assume l'approccio regionale che viene realizzato nell'ambito di un comitato di coordinamento per il Mediterraneo e il Mar Nero. L'approccio complessivo del sistema di raccolta dati alieutici e' per "metiers", "mestieri di pesca", il che richiede una particolare intensita' di campionamento.
In tal senso e' stato possibile accumulare un'ingente mole di informazioni finalizzate alla definizione delle politiche della pesca che, per loro natura, necessitano di una consistente ed aggiornata base conoscitiva. Infatti, la ricerca deve prioritariamente identificare lo stato delle risorse biologiche dei mari per definire i livelli di prelievo. Le relazioni tra pesca ed ambiente debbono essere ben conosciute sia per determinare il livello degli impatti generati sulle popolazioni e sugli ecosistemi dall'attivita' di prelievo, sia per valutare gli impatti delle azioni umane sugli ecosistemi acquatici e dunque sulle risorse della pesca.
Nell'evoluzione del sistema ricerca in pesca negli ultimi anni si e' osservata una crescente tendenza a considerare in maniera integrata risorse pescabili ed ambienti marini, nella logica di un approccio eco sistemico alla pesca che di fatto coinvolga piu' dimensioni, come quella sociale, economica e giuridica.
Il presente Programma, in una logica di continuita' con le precedenti edizioni, mira a garantire e potenziare i ruoli della ricerca in pesca al fine di perseguire gli obiettivi di sostenibilita', anche in ottemperanza a tutte le indicazioni comunitarie che richiedono supporto scientifico e programmazione (Piani di gestione) impossibili da predisporre senza delle basi scientifiche formalmente riconosciute dagli organi consultivi europei (ICES e STECF).
In tal senso, i programmi triennali della pesca e dell'acquacoltura hanno consentito la costituzione di una rete della ricerca in pesca italiana che nel tempo si e' consolidata ed ha consentito il raggiungimento di standard internazionali comparabili con quelli del sistema nord europeo preso a modello dalla UE.
La disponibilita' di una solida ricerca in pesca, che negli anni e' stata finalizzata a temi prioritari, riducendo dispersione e costi pubblici, ha consentito di svolgere un ruolo rilevante nell'azione di proposizione e in molti casi di guida scientifica in sede Mediterranea e nel contesto delle Organizzazioni internazionali (RAC, CGPM, ICCAT, FAO, OCSE).
Il Programma intende proseguire su questa azione tendente a rafforzare gli standard europei della ricerca in pesca e di presenza attiva nelle sedi internazionali, con priorita' ai temi della gestione e della regolazione e del controllo.
In questo quadro si ritiene prioritario migliorare l'efficienza dell'azione pubblica relativamente alla esecuzione del Programma annuale nazionale di cui al Reg. 199/08 in materia di raccolta dati, garantendone la correntezza, anche attraverso l'utilizzo di stanziamenti recati dal capitolo per la ricerca scientifica e tecnologica integrandone appositamente la denominazione.
Le aree di ricerca che risultano prioritarie nel corso di validita' del presente Programma sono di seguito individuate:
- metodi scientifici per l'ottimizzazione dei piani di gestione;
- rafforzamento delle reti della ricerca in pesca a livello nazionale e Mediterraneo;
- coinvolgimento del mondo della pesca nelle attivita' di ricerca;
- valorizzazione delle conoscenze locali e tradizionali e delle problematiche del lavoro;
- partecipazione nazionale al sistema comunitario della raccolta dati.
Risulta prioritario l'aggiornamento continuo dello stato della pesca e della acquacoltura nei mari italiani comprensivo degli Annuari sullo stato delle risorse e sulle strutture produttive dei mari italiani articolati per GSA, al fine di disporre di un quadro di riferimento unico ed affidabile per tutte le funzioni di natura decisionale e gestionale.
Per l'acquacoltura il presente Programma prescrive che la ricerca in acquacoltura - per le competenze di indirizzo in pesca dello Stato - consideri prioritariamente:
- gli studi a supporto della programmazione delle aree allocate all'acquacoltura, nell'ambito della Gestione integrata delle zone costiere;
- lo sviluppo del sistema GIS pesca nazionale verso la maricoltura;
- la ricerca per le nuove specie candidate per ampliare la gamma produttiva della acquacoltura marina italiana.

STATO DI PREVISIONE DELLA SPESA PER GLI ANNI 2013 - 2015
Parte di provvedimento in formato grafico


 
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