Gazzetta n. 144 del 24 giugno 2015 (vai al sommario) |
|
DECRETO LEGISLATIVO 15 giugno 2015, n. 80 |
Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183. |
|
|
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione; Vista la legge 10 dicembre 2014, n. 183, recante: «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonche' in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell'attivita' ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro», e in particolare l'articolo 1, commi 8 e 9, che conferisce delega al Governo ad adottare uno o piu' decreti legislativi per la revisione e l'aggiornamento delle misure volte a tutelare la maternita' e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; Visto il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151."; Visto il decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119, recante: «Attuazione dell'articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi.»; Vista la legge 8 marzo 2000, n. 53, recante: «Disposizioni per il sostegno della maternita' e della paternita', per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle citta'.»; Vista la legge 5 febbraio 1992, n. 104, recante: «Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.»; Visto il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, recante: «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonche' in tema di protezione civile e di commissariamento delle province.»; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 20 febbraio 2015; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione dell'11 giugno 2015; Sulla proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per la semplificazione e la pubblica amministrazione;
E m a n a il seguente decreto legislativo:
Art. 1
Oggetto e finalita' delle misure
1. Le disposizioni del presente decreto legislativo, in attuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183, recano misure volte a tutelare la maternita' delle lavoratrici e a favorire le opportunita' di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalita' dei lavoratori.
Avvertenza: Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione competente per materia, ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali e' operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti. Note al titolo: - Il testo della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonche' in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell'attivita' ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro) e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 15 dicembre 2014, n. 290. - Si riporta l'art. 1, commi 8 e 9 della citata legge n. 183 del 2014: «8. Allo scopo di garantire adeguato sostegno alle cure parentali, attraverso misure volte a tutelare la maternita' delle lavoratrici e favorire le opportunita' di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalita' dei lavoratori, il Governo e' delegato ad adottare, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto, per i profili di rispettiva competenza, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi per la revisione e l'aggiornamento delle misure volte a tutelare la maternita' e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. 9. Nell'esercizio della delega di cui al comma 8 il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi: a) ricognizione delle categorie di lavoratrici beneficiarie dell'indennita' di maternita', nella prospettiva di estendere, eventualmente anche in modo graduale, tale prestazione a tutte le categorie di donne lavoratrici; b) garanzia, per le lavoratrici madri parasubordinate, del diritto alla prestazione assistenziale anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro; c) introduzione del tax credit, quale incentivo al lavoro femminile, per le donne lavoratrici, anche autonome, con figli minori o disabili non autosufficienti e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo, e armonizzazione del regime delle detrazioni per il coniuge a carico; d) incentivazione di accordi collettivi volti a favorire la flessibilita' dell'orario lavorativo e dell'impiego di premi di produttivita', al fine di favorire la conciliazione tra l'esercizio delle responsabilita' genitoriali e dell'assistenza alle persone non autosufficienti e l'attivita' lavorativa, anche attraverso il ricorso al telelavoro; e) eventuale riconoscimento, compatibilmente con il diritto ai riposi settimanali ed alle ferie annuali retribuite, della possibilita' di cessione fra lavoratori dipendenti dello stesso datore di lavoro di tutti o parte dei giorni di riposo aggiuntivi spettanti in base al contratto collettivo nazionale in favore del lavoratore genitore di figlio minore che necessita di presenza fisica e cure costanti per le particolari condizioni di salute; f) integrazione dell'offerta di servizi per le cure parentali forniti dalle aziende e dai fondi o enti bilaterali nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona in coordinamento con gli enti locali titolari delle funzioni amministrative, anche mediante la promozione dell'utilizzo ottimale di tali servizi da parte dei lavoratori e dei cittadini residenti nel territorio in cui sono attivi; g) ricognizione delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', ai fini di poterne valutare la revisione per garantire una maggiore flessibilita' dei relativi congedi obbligatori e parentali, favorendo le opportunita' di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche tenuto conto della funzionalita' organizzativa all'interno delle imprese; h) introduzione di congedi dedicati alle donne inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza; i) estensione dei principi di cui al presente comma, in quanto compatibili e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, con riferimento al riconoscimento della possibilita' di fruizione dei congedi parentali in modo frazionato e alle misure organizzative finalizzate al rafforzamento degli strumenti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; l) semplificazione e razionalizzazione degli organismi, delle competenze e dei fondi operanti in materia di parita' e pari opportunita' nel lavoro e riordino delle procedure connesse alla promozione di azioni positive di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ferme restando le funzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri in materia di parita' e pari opportunita'.». - Il testo del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53) e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 aprile 2001, n. 96, S.O. - Il testo del decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 (Attuazione dell'art. 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi) e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 luglio 2011, n. 173. - Si riporta l'art. 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonche' misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro): «Art. 23 (Delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi). - 1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa vigente in materia di congedi, aspettative e permessi, comunque denominati, fruibili dai lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, in base ai seguenti principi e criteri direttivi: a) coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti in materia, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo; b) indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l'applicazione dell'art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile; c) riordino delle tipologie di permessi, tenuto conto del loro contenuto e della loro diretta correlazione a posizioni giuridiche costituzionalmente tutelate; d) ridefinizione dei presupposti oggettivi e precisazione dei requisiti soggettivi, nonche' razionalizzazione e semplificazione dei criteri e delle modalita' per la fruizione dei congedi, delle aspettative e dei permessi di cui al presente articolo, al fine di garantire l'applicazione certa ed uniforme della relativa disciplina; e) razionalizzazione e semplificazione dei documenti da presentare, con particolare riferimento alle persone con handicap in situazione di gravita' ai sensi dell'art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o affette da patologie di tipo neuro-degenerativo o oncologico. 2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale e previo parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, che si esprime entro trenta giorni dalla data di trasmissione dei relativi schemi; decorso tale termine, il Governo puo' comunque procedere. Successivamente, gli schemi sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro quaranta giorni dall'assegnazione; decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al presente comma scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l'adozione dei decreti legislativi di cui al comma 1, quest'ultimo e' prorogato di due mesi. 3. L'adozione dei decreti legislativi attuativi della delega di cui al presente articolo non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.». - Il testo della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternita' e della paternita', per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle citta') e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 13 marzo 2000, n. 60. - Il testo della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 17 febbraio 1992, n. 39, S.O. - Il testo del decreto-legge 14 agosto 2013. n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonche' in tema di protezione civile e di commissariamento delle province) e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 16 agosto 2013, n. 191.
Note all'art. 1: - Per il testo dell'art. 1, commi 8 e 9 della citata legge n. 183 del 2014, si vedano le note al titolo. |
| Art. 2 Modifiche all'articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di divieto di adibire al lavoro le donne
1. Al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 16, comma 1, la lettera d) e' sostituita dalla seguente: «d) durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternita' dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi.»; b) dopo l'articolo 16 e' inserito il seguente: «Art. 16-bis (Rinvio e sospensione del congedo di maternita'). - 1. In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternita' per il periodo di cui all'articolo 16, comma 1, lettere c) e d), e di godere del congedo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino. 2. Il diritto di cui al comma 1 puo' essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed e' subordinato alla produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilita' dello stato di salute della donna con la ripresa dell'attivita' lavorativa.».
Note all'art. 2: - Si riporta l'art. 16 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal presente decreto: «Art. 16 (Divieto di adibire al lavoro le donne) (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4, comma 1 e 4). - 1. E' vietato adibire al lavoro le donne: a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all'art. 20; b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto; c) durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all'art. 20; d) durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternita' dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi. 1-bis. Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall'inizio della gestazione, nonche' in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternita', le lavoratrici hanno facolta' di riprendere in qualunque momento l'attivita' lavorativa, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla loro salute.». |
| Art. 3 Modifiche all'articolo 24 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di prolungamento del diritto alla corresponsione del trattamento economico
1. All'articolo 24 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, il comma 1 e' sostituito dal seguente: «1. L'indennita' di maternita' e' corrisposta anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dall'articolo 54, comma 3, lettere a), b) e c), che si verifichino durante i periodi di congedo di maternita' previsti dagli articoli 16 e 17».
Note all'art. 3: - Si riporta l'art. 24 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal presente decreto: «Art. 24 (Prolungamento del diritto alla corresponsione del trattamento economico) (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 17; decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, art. 6, comma 3). - 1. L'indennita' di maternita' e' corrisposta anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dall'art. 54, comma 3, lettere a), b) e c), che si verifichino durante i periodi di congedo di maternita' previsti dagli articoli 16 e 17. 2. Le lavoratrici gestanti che si trovino, all'inizio del periodo di congedo di maternita', sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione, ovvero, disoccupate, sono ammesse al godimento dell'indennita' giornaliera di maternita' purche' tra l'inizio della sospensione, dell'assenza o della disoccupazione e quello di detto periodo non siano decorsi piu' di sessanta giorni. 3. Ai fini del computo dei predetti sessanta giorni, non si tiene conto delle assenze dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro, accertate e riconosciute dagli enti gestori delle relative assicurazioni sociali, ne' del periodo di congedo parentale o di congedo per la malattia del figlio fruito per una precedente maternita', ne' del periodo di assenza fruito per accudire minori in affidamento, ne' del periodo di mancata prestazione lavorativa prevista dal contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale. 4. Qualora il congedo di maternita' abbia inizio trascorsi sessanta giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro e la lavoratrice si trovi, all'inizio del periodo di congedo stesso, disoccupata e in godimento dell'indennita' di disoccupazione, ha diritto all'indennita' giornaliera di maternita' anziche' all'indennita' ordinaria di disoccupazione. 5. La lavoratrice, che si trova nelle condizioni indicate nel comma 4, ma che non e' in godimento della indennita' di disoccupazione perche' nell'ultimo biennio ha effettuato lavorazioni alle dipendenze di terzi non soggette all'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione, ha diritto all'indennita' giornaliera di maternita', purche' al momento dell'inizio del congedo di maternita' non siano trascorsi piu' di centottanta giorni dalla data di risoluzione del rapporto e, nell'ultimo biennio che precede il suddetto periodo, risultino a suo favore, nell'assicurazione obbligatoria per le indennita' di maternita', ventisei contributi settimanali. 6. La lavoratrice che, nel caso di congedo di maternita' iniziato dopo sessanta giorni dalla data di sospensione dal lavoro, si trovi, all'inizio del congedo stesso, sospesa e in godimento del trattamento di integrazione salariale a carico della Cassa integrazione guadagni, ha diritto, in luogo di tale trattamento, all'indennita' giornaliera di maternita'. 7. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai casi di fruizione dell'indennita' di mobilita' di cui all'art. 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223.». - Si riporta l'art. 54, comma 3 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001: «Art. 54 (Divieto di licenziamento) (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, commi 1, 2, 3, 5, e art. 31, comma 2; legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, comma 4; decreto legislativo 9 settembre 1994, n. 566, art. 2, comma 2; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 18, comma 1). - (Omissis). 3. Il divieto di licenziamento non si applica nel caso: a) di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro; b) di cessazione dell'attivita' dell'azienda cui essa e' addetta; c) di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice e' stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine; d) di esito negativo della prova; resta fermo il divieto di discriminazione di cui all'art. 4 della legge 10 aprile 1991, n. 125, e successive modificazioni.». - Per il testo dell'art. 16 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, si vedano le note all'art. 2. - Si riporta l'art. 17 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001: «Art. 17 (Estensione del divieto) (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 4, commi 2 e 3, 5, e 30, commi 6, 7, 9 e 10). - 1. Il divieto e' anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all'avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli. Tali lavori sono determinati con propri decreti dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative. Fino all'emanazione del primo decreto ministeriale, l'anticipazione del divieto di lavoro e' disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio. 2. La Direzione territoriale del lavoro e la ASL dispongono, secondo quanto previsto dai commi 3 e 4, l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza fino al periodo di astensione di cui alla lettera a), comma 1, dell'art. 16 o fino ai periodi di astensione di cui all'art. 7, comma 6, e all'art. 12, comma 2, per uno o piu' periodi, la cui durata sara' determinata dalla Direzione territoriale del lavoro o dalla ASL per i seguenti motivi: a) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza; b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino; c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo quanto previsto dagli articoli 7 e 12. 3. L'astensione dal lavoro di cui alla lettera a) del comma 2 e' disposta dall'azienda sanitaria locale, con modalita' definite con Accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, secondo le risultanze dell'accertamento medico ivi previsto. In ogni caso il provvedimento dovra' essere emanato entro sette giorni dalla ricezione dell'istanza della lavoratrice. 4. L'astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c) del comma 2 e' disposta dalla Direzione territoriale del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice, qualora nel corso della propria attivita' di vigilanza emerga l'esistenza delle condizioni che danno luogo all'astensione medesima. 5. I provvedimenti previsti dal presente articolo sono definitivi.». |
| Art. 4 Modifiche all'articolo 26 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di congedo di maternita' nei casi di adozione e affidamento
1. All'articolo 26 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 6 e' inserito il seguente: «6-bis. La disposizione di cui all'articolo 16-bis trova applicazione anche al congedo di maternita' disciplinato dal presente articolo.».
Note all'art. 4: - Si riporta l'art. 26 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal presente decreto: «Art. 26 (Adozioni e affidamenti) (legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 1). - 1. Il congedo di maternita' come regolato dal presente Capo spetta, per un periodo massimo di cinque mesi, anche alle lavoratrici che abbiano adottato un minore. 2. In caso di adozione nazionale, il congedo deve essere fruito durante i primi cinque mesi successivi all'effettivo ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice. 3. In caso di adozione internazionale, il congedo puo' essere fruito prima dell'ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all'estero richiesto per l'incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva. Ferma restando la durata complessiva del congedo, questo puo' essere fruito entro i cinque mesi successivi all'ingresso del minore in Italia. 4. La lavoratrice che, per il periodo di permanenza all'estero di cui al comma 3, non richieda o richieda solo in parte il congedo di maternita', puo' fruire di un congedo non retribuito, senza diritto ad indennita'. 5. L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all'estero della lavoratrice. 6. Nel caso di affidamento di minore, il congedo puo' essere fruito entro cinque mesi dall'affidamento, per un periodo massimo di tre mesi. 6-bis. La disposizione di cui all'art. 16-bis trova applicazione anche al congedo di maternita' disciplinato dal presente articolo.». |
| Art. 5
Modifiche all'articolo 28 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di congedo di paternita'
1. All'articolo 28 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche: a) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti: «1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1, si applicano anche qualora la madre sia lavoratrice autonoma avente diritto all'indennita' di cui all'articolo 66». 1-ter. L'indennita' di cui all'articolo 66 spetta al padre lavoratore autonomo, previa domanda all'INPS, per tutta la durata del congedo di maternita' o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice in caso di morte o di grave infermita' della madre ovvero di abbandono, nonche' in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre»; b) il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. Il padre lavoratore che intende avvalersi del diritto di cui ai commi 1 e 1-bis presenta al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore ne rende dichiarazione ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. L'INPS provvede d'ufficio agli accertamenti amministrativi necessari all'erogazione dell'indennita' di cui al comma 1-ter, con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.».
Note all'art. 5: - Si riporta l'art. 28 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal presente decreto: «Art. 28 (Congedo di paternita') (legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, commi 1 e 2). - 1. Il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternita' o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermita' della madre ovvero di abbandono, nonche' in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. 1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1, si applicano anche qualora la madre sia lavoratrice autonoma avente diritto all'indennita' di cui all'art. 66. 1-ter. L'indennita' di cui all'art. 66 spetta al padre lavoratore autonomo, previa domanda all'INPS, per tutta la durata del congedo di maternita' o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice in caso di morte o di grave infermita' della madre ovvero di abbandono, nonche' in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. 2. Il padre lavoratore che intende avvalersi del diritto di cui ai commi 1 e 1-bis presenta al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore ne rende dichiarazione ai sensi dell'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. L'INPS provvede d'ufficio agli accertamenti amministrativi necessari all'erogazione dell'indennita' di cui al comma 1-ter, con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.». - Per il testo dell'art. 26 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, si vedano le note all'art. 4. |
| Art. 6 Modifiche all'articolo 31 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di congedo di paternita' nei casi di adozione e affidamento
1. All'articolo 31 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. Il congedo di cui all'articolo 26, comma 4, spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore anche qualora la madre non sia lavoratrice. L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all'estero del lavoratore.».
Note all'art. 6: - Si riporta l'art. 31 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal presente decreto: «Art. 31 (Adozioni e affidamenti). - 1. Il congedo di cui all'art. 26, commi 1, 2 e 3, che non sia stato chiesto dalla lavoratrice spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore. 2. Il congedo di cui all'art. 26, comma 4, spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore anche qualora la madre non sia lavoratrice. L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all'estero del lavoratore.». |
| Art. 7 Modifiche all'articolo 32 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di congedo parentale
1. All'articolo 32 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 1 le parole: «nei primi suoi otto anni di vita» sono sostituite dalle seguenti: «nei primi suoi dodici anni di vita»; b) dopo il comma 1-bis e' inserito il seguente: «1-ter. In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, delle modalita' di fruizione del congedo parentale su base oraria, ciascun genitore puo' scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria e' consentita in misura pari alla meta' dell'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. Nei casi di cui al presente comma e' esclusa la cumulabilita' della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi di cui al presente decreto legislativo. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano al personale del comparto sicurezza e difesa e a quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico.»; c) il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore e' tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilita', a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalita' e i criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni indicando l'inizio e la fine del periodo di congedo. Il termine di preavviso e' pari a 2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria.».
Note all'art. 7: - Si riporta l'art. 32 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal presente decreto: «Art. 32 (Congedo parentale) (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 4, e 7, commi 1, 2 e 3). - a) 1. Per ogni bambino, nei primi suoi dodici anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalita' stabilite dal presente articolo. I relativi congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2 del presente articolo. Nell'ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete: a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternita' di cui al Capo III, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi; b) al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso di cui al comma 2; c) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi. 1-bis. La contrattazione collettiva di settore stabilisce le modalita' di fruizione del congedo di cui al comma 1 su base oraria, nonche' i criteri di calcolo della base oraria e l'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa. Per il personale del comparto sicurezza e difesa di quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico, la disciplina collettiva prevede, altresi', al fine di tenere conto delle peculiari esigenze di funzionalita' connesse all'espletamento dei relativi servizi istituzionali, specifiche e diverse modalita' di fruizione e di differimento del congedo. 1-ter. In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, delle modalita' di fruizione del congedo parentale su base oraria, ciascun genitore puo' scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria e' consentita in misura pari alla meta' dell'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. Nei casi di cui al presente comma e' esclusa la cumulabilita' della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi di cui al presente decreto legislativo. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano al personale del comparto sicurezza e difesa e a quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico. 2. Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi, il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori e' elevato a undici mesi. 3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore e' tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilita', a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalita' e i criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni indicando l'inizio e la fine del periodo di congedo. Il termine di preavviso e' pari a 2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria. 4. Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto. 4-bis. Durante il periodo di congedo, il lavoratore e il datore di lavoro concordano, ove necessario, adeguate misure di ripresa dell'attivita' lavorativa, tenendo conto di quanto eventualmente previsto dalla contrattazione collettiva.». |
| Art. 8 Modifiche all'articolo 33 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di prolungamento del congedo parentale
1. All'articolo 33, comma 1, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, le parole: «entro il compimento dell'ottavo anno di vita del bambino» sono sostituite dalle seguenti: «entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino».
Note all'art. 8: - Si riporta l'art. 33 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal presente decreto: «Art. 33 (Prolungamento del congedo). - 1. Per ogni minore con handicap in situazione di gravita' accertata ai sensi dell'art. 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino; al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di cui all'art. 32, non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore.». |
| Art. 9 Modifiche all'articolo 34 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di trattamento economico e normativo
1. All'articolo 34 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, le parole: «fino al terzo anno» sono sostituite dalle seguenti: «fino al sesto anno»; b) al comma 3 dopo le parole: «e' dovuta» sono inserite le seguenti: «, fino all'ottavo anno di vita del bambino,».
Note all'art. 9: - Si riporta l'art. 34 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal presente decreto: «Art. 34 (Trattamento economico e normativo). - 1.Per i periodi di congedo parentale di cui all'art. 32 alle lavoratrici e ai lavoratori e' dovuta fino al sesto anno di vita del bambino, un'indennita' pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi. L'indennita' e' calcolata secondo quanto previsto all'art. 23, ad esclusione del comma 2 dello stesso. (Omissis). 3. Per i periodi di congedo parentale di cui all'art. 32 ulteriori rispetto a quanto previsto ai commi 1 e 2 e' dovuta, fino all'ottavo anno di vita del bambino, un'indennita' pari al 30 per cento della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria. Il reddito e' determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddituali per l'integrazione al minimo.». |
| Art. 10 Modifiche all'articolo 36 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di congedo parentale nei casi di adozione e affidamento
1. All'articolo 36 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 2 le parole: «entro otto anni dall'ingresso del minore in famiglia» sono sostituite dalle seguenti: «entro dodici anni dall'ingresso del minore in famiglia; b) il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3. L'indennita' di cui all'articolo 34, comma 1, e' dovuta, per il periodo massimo complessivo ivi previsto, entro i sei anni dall'ingresso del minore in famiglia.».
Note all'art. 10: - Si riporta l'art. 36 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal presente decreto: «Art. 36 (Adozioni e affidamenti). - (Omissis). 2. Il congedo parentale puo' essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l'eta' del minore, entro dodici anni dall'ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore eta'. 3. L'indennita' di cui all'art. 34, comma 1, e' dovuta, per il periodo massimo complessivo ivi previsto, entro i sei anni dall'ingresso del minore in famiglia.». |
| Art. 11 Modifiche all'articolo 53 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di lavoro notturno
1. All'articolo 53, comma 2, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo la lettera b), e' aggiunta la seguente: «b-bis) la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall'ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di eta' o, in alternativa ed alle stesse condizioni, il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa.».
Note all'art. 11: - Si riporta l'art. 53 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal presente decreto: «Art. 53 (Lavoro notturno). - (Omissis). 2. Non sono obbligati a prestare lavoro notturno: a) la lavoratrice madre di un figlio di eta' inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa; b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di eta' inferiore a dodici anni; b-bis) la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall'ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di eta' o, in alternativa ed alle stesse condizioni, il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa.». |
| Art. 12 Modifiche all'articolo 55 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di dimissioni
1. All'articolo 55 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 1 e' sostituito dal seguente: «1. In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui e' previsto, a norma dell'articolo 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennita' previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. La lavoratrice e il lavoratore che si dimettono nel predetto periodo non sono tenuti al preavviso.»; b) il comma 5 e' abrogato.
Note all'art. 12: - Si riporta l'art. 55 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal presente decreto: «Art. 55 (Dimissioni). - 1. In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui e' previsto, a norma dell'art. 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennita' previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. La lavoratrice e il lavoratore che si dimettono nel predetto periodo non sono tenuti al preavviso. 2. La disposizione di cui al comma 1 si applica al padre lavoratore che ha fruito del congedo di paternita'. 3. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche nel caso di adozione e di affidamento, entro un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare. 4. La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all'art. 54, comma 9, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida e' sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro. 5. (Abrogato).». |
| Art. 13 Modifiche all'articolo 64 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335
1. Dopo l'articolo 64 sono inseriti i seguenti: «Art. 64-bis (Adozioni e affidamenti). - 1. In caso di adozione, nazionale o internazionale, alle lavoratrici di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritte ad altre forme obbligatorie, spetta, sulla base di idonea documentazione, un'indennita' per i cinque mesi successivi all'effettivo ingresso del minore in famiglia, alle condizioni e secondo le modalita' di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato ai sensi dell'articolo 59, comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Art. 64-ter (Automaticita' delle prestazioni). - 1. I lavoratori e le lavoratrici iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritti ad altre forme obbligatorie, hanno diritto all'indennita' di maternita' anche in caso di mancato versamento alla gestione dei relativi contributi previdenziali da parte del committente.». |
| Art. 14
Modifica del capo XI del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151
1. La rubrica del capo XI e' sostituita dalla seguente: «Lavoratori autonomi». |
| Art. 15 Modifiche all'articolo 66 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di indennita' di maternita' per le lavoratrici autonome e le imprenditrici agricole
1. All'articolo 66 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 1, e' aggiunto il seguente: «1-bis. L'indennita' di cui al comma 1 spetta al padre lavoratore autonomo, per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre lavoratrice autonoma o per la parte residua, in caso di morte o di grave infermita' della madre ovvero di abbandono, nonche' in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.».
Note all'art. 15: - Si riporta l'art. 66 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal presente decreto: «Art. 66 (Indennita' di maternita' per le lavoratrici autonome e le imprenditrici agricole) (legge 29 dicembre 1987, n. 546, art. 1). - 1. Alle lavoratrici autonome, coltivatrici dirette, mezzadre e colone, artigiane ed esercenti attivita' commerciali di cui alle leggi 26 ottobre 1957, n. 1047, 4 luglio 1959, n. 463, e 22 luglio 1966, n. 613, alle imprenditrici agricole a titolo principale, nonche' alle pescatrici autonome della piccola pesca marittima e delle acque interne, di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, e successive modificazioni, e' corrisposta una indennita' giornaliera per il periodo di gravidanza e per quello successivo al parto calcolata ai sensi dell'art. 68. 1-bis. L'indennita' di cui al comma 1 spetta al padre lavoratore autonomo, per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre lavoratrice autonoma o per la parte residua, in caso di morte o di grave infermita' della madre ovvero di abbandono, nonche' in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.». |
| Art. 16 Modifiche all'articolo 67 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di modalita' di erogazione dell'indennita' di maternita' per le lavoratrici autonome e le imprenditrici agricole
1. All'articolo 67 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche: a) dopo il comma 1 e' inserito il seguente: «1-bis. L'indennita' di cui all'articolo 66, comma 1-bis, e' erogata previa domanda all'INPS, corredata dalla certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono il padre lavoratore autonomo ne rende dichiarazione ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.»; b) il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. In caso di adozione o di affidamento, l'indennita' di maternita' di cui all'articolo 66 spetta, sulla base di idonea documentazione, per i periodi e secondo quanto previsto all'articolo 26.».
Note all'art. 16: - Si riporta l'art. 67 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal presente decreto: «Art. 67 (Modalita' di erogazione) (legge 29 dicembre 1987, n. 546, art. 2). - 1. L'indennita' di cui all'art. 66 viene erogata dall'INPS a seguito di apposita domanda in carta libera, corredata da un certificato medico rilasciato dall'azienda sanitaria locale competente per territorio, attestante la data di inizio della gravidanza e quella presunta del parto ovvero dell'interruzione della gravidanza spontanea o volontaria ai sensi della legge 22 maggio 1978, n. 194. 1-bis. L'indennita' di cui all'art. 66, comma 1-bis, e' erogata previa domanda all'INPS, corredata dalla certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono il padre lavoratore autonomo ne rende dichiarazione ai sensi dell'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. 2. In caso di adozione o di affidamento, l'indennita' di maternita' di cui all'art. 66 spetta, sulla base di idonea documentazione, per i periodi e secondo quanto previsto all'art. 26. 3. L'INPS provvede d'ufficio agli accertamenti amministrativi necessari.». - Per il testo dell'art. 66 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, si vedano note all'art. 15. - Per il testo dell'art. 26 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, si vedano le note all'art. 4. |
| Art. 17
Modifica del capo XII del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151
1. La rubrica del capo XII e' sostituita dalla seguente: «Liberi professionisti». |
| Art. 18 Modifiche all'articolo 70 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di indennita' di maternita' per le libere professioniste
1. All'articolo 70 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 3-bis e' aggiunto il seguente: «3-ter. L'indennita' di cui al comma 1 spetta al padre libero professionista per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre libera professionista o per la parte residua, in caso di morte o di grave infermita' della madre ovvero di abbandono, nonche' in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.».
Note all'art. 18: - Si riporta l'art. 70 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal presente decreto: «Art. 70 (Indennita' di maternita' per le libere professioniste). - 1. Alle libere professioniste, iscritte ad un ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza di cui alla tabella D allegata al presente testo unico, e' corrisposta un'indennita' di maternita' per i due mesi antecedenti la data del parto e i tre mesi successivi alla stessa. 2. L'indennita' di cui al comma 1 viene corrisposta in misura pari all'80 per cento di cinque dodicesimi del solo reddito professionale percepito e denunciato ai fini fiscali come reddito da lavoro autonomo dalla libera professionista nel secondo anno precedente a quello dell'evento. 3. In ogni caso l'indennita' di cui al comma 1 non puo' essere inferiore a cinque mensilita' di retribuzione calcolata nella misura pari all'80 per cento del salario minimo giornaliero stabilito dall'art. 1 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, e successive modificazioni, nella misura risultante, per la qualifica di impiegato, dalla tabella A e dai successivi decreti ministeriali di cui al secondo comma del medesimo articolo. 3-bis. L'indennita' di cui al comma 1 non puo' essere superiore a cinque volte l'importo minimo derivante dall'applicazione del comma 3, ferma restando la potesta' di ogni singola cassa di stabilire, con delibera del consiglio di amministrazione, soggetta ad approvazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un importo massimo piu' elevato, tenuto conto delle capacita' reddituali e contributive della categoria professionale e della compatibilita' con gli equilibri finanziari dell'ente. 3-ter. L'indennita' di cui al comma 1 spetta al padre libero professionista per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre libera professionista o per la parte residua, in caso di morte o di grave infermita' della madre ovvero di abbandono, nonche' in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.». |
| Art. 19 Modifiche all'articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di termini e modalita' della domanda per l'indennita' di maternita' per le libere professioniste
1. All'articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 3 e' inserito il seguente: «3-bis. L'indennita' di cui all'articolo 70, comma 3-ter e' erogata previa domanda al competente ente previdenziale, corredata dalla certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono il padre libero professionista ne rende dichiarazione ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.».
Note all'art. 19: - Si riporta l'art. 71 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal presente decreto: «Art. 71 (Termini e modalita' della domanda). - 1. L'indennita' di cui all'art. 70 e' corrisposta, indipendentemente dall'effettiva astensione dall'attivita', dal competente ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza in favore dei liberi professionisti, a seguito di apposita domanda presentata dall'interessata a partire dal compimento del sesto mese di gravidanza ed entro il termine perentorio di centottanta giorni dal parto. 2. La domanda, in carta libera, deve essere corredata da certificato medico comprovante la data di inizio della gravidanza e quella presunta del parto, nonche' dalla dichiarazione redatta ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante l'inesistenza del diritto alle indennita' di maternita' di cui al Capo III, al Capo X e al Capo XI. 3. L'indennita' di maternita' spetta in misura intera anche nel caso in cui, dopo il compimento del sesto mese di gravidanza, questa sia interrotta per motivi spontanei o volontari, nei casi previsti dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194. 3-bis. L'indennita' di cui all'art. 70, comma 3-ter e' erogata previa domanda al competente ente previdenziale, corredata dalla certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono il padre libero professionista ne rende dichiarazione ai sensi dell'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. 4. I competenti enti che gestiscono forme obbligatorie di previdenza in favore dei liberi professionisti provvedono d'ufficio agli accertamenti amministrativi necessari.». - Per il testo dell'art. 47 del citato decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, si vedano le note all'art. 16. |
| Art. 20 Modifiche all'articolo 72 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di indennita' di maternita' per le libere professioniste nei casi di adozione e affidamento
1. All'articolo 72 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche: a) il comma 1 e' sostituito dal seguente: «1. In caso di adozione o di affidamento, l'indennita' di maternita' di cui all'articolo 70 spetta, sulla base di idonea documentazione, per i periodi e secondo quanto previsto all'articolo 26.»; b) il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. La domanda deve essere presentata dalla madre al competente ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza in favore dei liberi professionisti entro il termine perentorio di centottanta giorni dall'ingresso del minore e deve essere corredata da idonee dichiarazioni, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestanti l'inesistenza del diritto a indennita' di maternita' per qualsiasi altro titolo e la data di effettivo ingresso del minore nella famiglia.».
Note all'art. 20: - Si riporta l'art. 72 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal presente decreto: «Art. 72 (Adozioni e affidamenti). - 1. In caso di adozione o di affidamento, l'indennita' di maternita' di cui all'art. 70 spetta, sulla base di idonea documentazione, per i periodi e secondo quanto previsto all'art. 26. 2. La domanda deve essere presentata dalla madre al competente ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza in favore dei liberi professionisti entro il termine perentorio di centottanta giorni dall'ingresso del minore e deve essere corredata da idonee dichiarazioni, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestanti l'inesistenza del diritto a indennita' di maternita' per qualsiasi altro titolo e la data di effettivo ingresso del minore nella famiglia. 3. Alla domanda di cui al comma 2 va allegata copia autentica del provvedimento di adozione o di affidamento.». - Per il testo dell'art. 26 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, si vedano le note all'art. 4. - Il testo del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 20 febbraio 2001, n. 42, S.O. |
| Art. 21 Modifiche all'articolo 85 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, recante disposizioni in vigore
1. All'articolo 85 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1 sono soppresse le lettere m) e z); b) al comma 2, la lettera h) e' sostituita dalla seguente: «h) il decreto del Ministro della sanita' 10 settembre 1998;».
Note all'art. 21: - Si riporta l'art. 85 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dal presente decreto: «Art. 85 (Disposizioni in vigore). - 1. Restano in vigore, in particolare, le seguenti disposizioni legislative, fatte salve le disapplicazioni disposte dai contratti collettivi ai sensi dell'art. 72, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29: a) l'art. 41 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3; b) l'art. 157-sexies del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, come sostituito dall'art. 1 del decreto legislativo 7 aprile 2000, n. 103; c) l'art. 3 della legge 8 agosto 1972, n. 457; d) l'art. 10 della legge 18 maggio 1973, n. 304; e) la lettera c) del comma 2 dell'art. 5 della legge 9 dicembre 1977, n. 903; f) l'art. 74 della legge 23 dicembre 1978, n. 833; g) l'art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33; h) il comma 2 dell'art. 54 della legge 1° aprile 1981, n. 121; i) l'art. 12 della legge 23 aprile 1981, n. 155; j) l'art. 8-bis del decreto-legge 30 aprile 1981, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 giugno 1981, n. 33; k) l'art. 14 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54; l) l'art. 7 della legge 26 aprile 1985, n. 162; m) (soppressa); n) il comma 1-bis dell'art. 3 del decreto-legge 22 gennaio 1990, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1990, n. 58; o) il comma 8 dell'art. 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223; p) il comma 2 dell'art. 7, il comma 2 dell'art. 18 e il comma 2 dell'art. 27 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443; q) il comma 4 dell'art. 2 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 197; r) il comma 2, seconda parte, dell'art. 5 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 201; s) il comma 40 dell'art. 1 della legge 8 agosto 1995, n. 335; t) gli articoli 5, 7 e 8 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564; u) l'art. 23 della legge 4 marzo 1997, n. 62; v) il comma 16 dell'art. 59 della legge 27 dicembre 1991, n. 449; w) il comma 2 dell'art. 2 del decreto-legge 20 gennaio 1998, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 1998, n. 52; x) il comma 1 dell'art. 25 e il comma 3 dell'art. 34 e il comma 3 dell'art. 35 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286; y) la lettera a) del comma 5 dell'art. 1 del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124; z) (soppressa); aa) la lettera e) del comma 2, dell'art. 1 del decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230; bb) l'art. 65 della legge 2 agosto 1999, n. 302; cc) il comma 1 dell'art. 41 della legge 23 dicembre 1999, n. 488; dd) i commi 2 e 3 dell'art. 12 della legge 8 marzo 2000, n. 53, limitatamente alla previsione del termine di sei mesi ivi previsto; ee) il comma 2 dell'art. 10 e il comma 2 dell'art. 23 del decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146; ff) gli articoli 5 e 18, il comma 3 dell'art. 25, il comma 3 dell'art. 32, il comma 6 dell'art. 41 e il comma 3 dell'art. 47 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334; gg) il comma 12 dell'art. 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. 2. Restano in vigore, in particolare, le seguenti disposizioni regolamentari: a) il decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1403; b) il decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026, ad eccezione degli articoli 1, 11 e 21; c) il comma 4 dell'art. 58 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382; d) il comma 2, dell'art. 20-quinquies e il comma 2 dell'art. 25-quater del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 337; e) il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 2 giugno 1982; f) il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 23 maggio 1991; g) l'art. 14 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 aprile 1994, n. 439, fino al momento della sua abrogazione cosi' come prevista dalla lettera c) del comma 1 dell'art. 10 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 287; h) il decreto del Ministro della sanita' 10 settembre 1998; i) il comma 4 dell'art. 8 e il comma 3 dell'art. 19 del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465; j) il comma 2 dell'art. 7 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 25 marzo 1998, n. 142; k) il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 4 aprile 2002; l) il comma 1 dell'art. 1 del decreto del Ministro della sanita' 10 settembre 1998; m) gli articoli 1 e 3 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 12 febbraio 1999; n) il comma 2 dell'art. 6 del decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica 30 aprile 1999, n. 224; o) il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 4 agosto 1999; p) il comma 6 dell'art. 42 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394; q) il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 20 dicembre 1999, n. 553; r) il decreto del Ministro della sanita' 24 aprile 2000; r-bis) il decreto del Ministro per la solidarieta' sociale 21 dicembre 2000, n. 452, e successive modificazioni.». |
| Art. 22 Modifiche agli articoli 11 e 18-bis del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, in materia di lavoro notturno
1. Al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 11, comma 2, dopo la lettera b), e' inserita la seguente: «b-bis) la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall'ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di eta' o, in alternativa ed alle stesse condizioni, il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa;»; b) all'articolo 18-bis, comma 1, secondo periodo, dopo le parole: «lettere a), b)» sono inserite le seguenti: «b-bis) e».
Note all'art. 22: - Si riportano gli articoli 11 e 18-bis del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro), come modificato dal presente decreto: «Art. 11 (Limitazioni al lavoro notturno). - 1. L'inidoneita' al lavoro notturno puo' essere accertata attraverso le competenti strutture sanitarie pubbliche. 2. I contratti collettivi stabiliscono i requisiti dei lavoratori che possono essere esclusi dall'obbligo di effettuare lavoro notturno. E' in ogni caso vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di eta' del bambino. Non sono inoltre obbligati a prestare lavoro notturno: a) la lavoratrice madre di un figlio di eta' minore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa; b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di eta' inferiore a dodici anni; b-bis) la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall'ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di eta' o, in alternativa ed alle stesse condizioni, il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa; c) la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.». «Art. 18-bis (Sanzioni). - 1. La violazione del divieto di adibire le donne al lavoro, dalle 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di eta' del bambino, e' punita con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 516 euro a 2.582 euro. La stessa sanzione si applica nel caso in cui le categorie di lavoratrici e lavoratori di cui alle lettere a), b), b-bis) e c), dell'art. 11, comma 2, sono adibite al lavoro notturno nonostante il loro dissenso espresso in forma scritta e comunicato al datore di lavoro entro 24 ore anteriori al previsto inizio della prestazione.». |
| Art. 23
Disposizioni in materia di telelavoro
1. I datori di lavoro privati che facciano ricorso all'istituto del telelavoro per motivi legati ad esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro in forza di accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale, possono escludere i lavoratori ammessi al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l'applicazione di particolari normative e istituti. |
| Art. 24
Congedo per le donne vittime di violenza di genere
1. La dipendente di datore di lavoro pubblico o privato, con esclusione del lavoro domestico, inserita nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza o dai centri antiviolenza o dalle case rifugio di cui all'articolo 5-bis decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, ha il diritto di astenersi dal lavoro per motivi connessi al suddetto percorso di protezione per un periodo massimo di tre mesi. 2. Le lavoratrici titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del Comune di residenza o dai Centri antiviolenza o dalle Case rifugio di cui all'articolo 5-bis, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, hanno diritto alla sospensione del rapporto contrattuale per motivi connessi allo svolgimento del percorso di protezione, per il periodo corrispondente all'astensione, la cui durata non puo' essere superiore a tre mesi. 3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al presente articolo, la lavoratrice, salvo casi di oggettiva impossibilita', e' tenuta a preavvisare il datore di lavoro o il committente con un termine di preavviso non inferiore a sette giorni, con l'indicazione dell'inizio e della fine del periodo di congedo e a produrre la certificazione di cui ai commi 1 e 2. 4. Durante il periodo di congedo, la lavoratrice ha diritto a percepire un'indennita' corrispondente all'ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo e' coperto da contribuzione figurativa. L'indennita' e' corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalita' previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternita'. I datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva, detraggono l'importo dell'indennita' dall'ammontare dei contributi previdenziali dovuti all'ente previdenziale competente. Per i dipendenti dei predetti datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non e' prevista l'assicurazione per le prestazioni di maternita', l'indennita' di cui al presente comma e' corrisposta con le modalita' di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33. Tale periodo e' computato ai fini dell'anzianita' di servizio a tutti gli effetti, nonche' ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilita' e del trattamento di fine rapporto. 5. Il congedo di cui al comma 1 puo' essere usufruito su base oraria o giornaliera nell'arco temporale di tre anni secondo quanto previsto da successivi accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, delle modalita' di fruizione del congedo, la dipendente puo' scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria e' consentita in misura pari alla meta' dell'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo. 6. La lavoratrice di cui al comma 1 ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale, ove disponibili in organico. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno. 7. Restano in ogni caso salve disposizioni piu' favorevoli previste dalla contrattazione collettiva.
Note all'art. 24: - Si riporta l'art. 5-bis del citato decreto-legge, n. 93 del 2013: «Art. 5-bis (Azioni per i centri antiviolenza e le case-rifugio). - 1. Al fine di dare attuazione a quanto previsto dall'art. 5, comma 2, lettera d), del presente decreto, il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunita', di cui all'art. 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e' incrementato di 10 milioni di euro per l'anno 2013, di 7 milioni di euro per l'anno 2014 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015. Al relativo onere si provvede, quanto a 10 milioni di euro per l'anno 2013, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 61, comma 22, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, e, quanto a 7 milioni di euro per l'anno 2014 e a 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 2. Il Ministro delegato per le pari opportunita', previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvede annualmente a ripartire tra le regioni le risorse di cui al comma 1 tenendo conto: a) della programmazione regionale e degli interventi gia' operativi per contrastare la violenza nei confronti delle donne; b) del numero dei centri antiviolenza pubblici e privati gia' esistenti in ogni regione; c) del numero delle case-rifugio pubbliche e private gia' esistenti in ogni regione; d) della necessita' di riequilibrare la presenza dei centri antiviolenza e delle case-rifugio in ogni regione, riservando un terzo dei fondi disponibili all'istituzione di nuovi centri e di nuove case-rifugio al fine di raggiungere l'obiettivo previsto dalla raccomandazione Expert Meeting sulla violenza contro le donne - Finlandia, 8-10 novembre 1999. 3. I centri antiviolenza e le case-rifugio, alle quali e' garantito l'anonimato, sono promossi da: a) enti locali, in forma singola o associata; b) associazioni e organizzazioni operanti nel settore del sostegno e dell'aiuto alle donne vittime di violenza, che abbiano maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne, che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, con personale specificamente formato; c) soggetti di cui alle lettere a) e b), di concerto, d'intesa o in forma consorziata. 4. I centri antiviolenza e le case-rifugio operano in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, tenendo conto delle necessita' fondamentali per la protezione delle persone che subiscono violenza, anche qualora svolgano funzioni di servizi specialistici. 5. Indipendentemente dalle metodologie di intervento adottate e dagli specifici profili professionali degli operatori coinvolti, la formazione delle figure professionali dei centri antiviolenza e delle case-rifugio promuove un approccio integrato alle fenomenologie della violenza, al fine di garantire il riconoscimento delle diverse dimensioni della violenza subita dalle persone, a livello relazionale, fisico, psicologico, sociale, culturale ed economico. Fa altresi' parte della formazione degli operatori dei centri antiviolenza e delle case-rifugio il riconoscimento delle dimensioni della violenza riconducibili alle diseguaglianze di genere. 6. Le regioni destinatarie delle risorse oggetto di riparto presentano al Ministro delegato per le pari opportunita', entro il 30 marzo di ogni anno, una relazione concernente le iniziative adottate nell'anno precedente a valere sulle risorse medesime. 7. Sulla base delle informazioni fornite dalle regioni, il Ministro delegato per le pari opportunita' presenta alle Camere, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione sullo stato di utilizzo delle risorse stanziate ai sensi del presente articolo.». - Si riporta l'art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33 (Finanziamento del Servizio sanitario nazionale nonche' proroga dei contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni in base alla legge 1° giugno 1977, n. 285, sulla occupazione giovanile): «Art. 1. - A decorrere dal 1° gennaio 1980, per i lavoratori dipendenti, salvo quanto previsto dal successivo sesto comma, le indennita' di malattia e di maternita' di cui all'art. 74, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, sono corrisposte agli aventi diritto a cura dei datori di lavoro all'atto della corresponsione della retribuzione per il periodo di paga durante il quale il lavoratore ha ripreso l'attivita' lavorativa, fermo restando l'obbligo del datore di lavoro di corrispondere anticipazioni a norma dei contratti collettivi e, in ogni caso, non inferiori al 50 per cento della retribuzione del mese precedente, salvo conguaglio. Il datore di lavoro deve comunicare nella denuncia contributiva, con le modalita' che saranno stabilite dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, i dati relativi alle prestazioni economiche di malattia e di maternita', nonche' alla prestazione ai donatori di sangue di cui alla legge 13 luglio 1967, n. 584, e all'indennita' per riposi giornalieri alle lavoratrici madri di cui all'art. 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, erogate nei periodi di paga, scaduti nel mese al quale si riferisce la denuncia stessa, ponendo a conguaglio l'importo complessivo di detti trattamenti con quelli dei contributi e delle altre somme dovute dall'Istituto predetto secondo le disposizioni previste in materia di assegni familiari, in quanto compatibili. Le prestazioni di cui al primo comma, indebitamente erogate al lavoratore e poste a conguaglio, sono recuperate dal datore di lavoro sulle somme dovute a qualsiasi titolo in dipendenza del rapporto di lavoro e restituite all'Istituto nazionale della previdenza sociale. Qualora il datore di lavoro non possa recuperare le somme stesse, e' tenuto a darne comunicazione all'Istituto, che provvedera' direttamente al relativo recupero. Nel caso che dalla denuncia contributiva risulti un saldo attivo a favore del datore di lavoro, l'INPS e' tenuto a rimborsare l'importo del saldo a credito del datore di lavoro entro novanta giorni dalla presentazione della denuncia stessa; scaduto il predetto termine, l'Istituto e' tenuto a corrispondere sulla somma risultante a credito gli interessi legali a decorrere dal novantesimo giorno, e gli interessi legali maggiorati di 5 punti, a decorrere dal centottantesimo giorno. Qualora la denuncia contributiva risulti inesatta o incompleta, il termine di novanta giorni decorre dalla data in cui il datore di lavoro abbia provveduto a rettificare o integrare la denuncia stessa. L'Istituto nazionale della previdenza sociale provvede direttamente al pagamento agli aventi diritto delle prestazioni di malattia e maternita' per i lavoratori agricoli, esclusi i dirigenti e gli impiegati; per i lavoratori assunti a tempo determinato per i lavori stagionali; per gli addetti ai servizi domestici e familiari; per i lavoratori disoccupati o sospesi dal lavoro che non usufruiscono del trattamento di Cassa integrazione guadagni. Si applicano comunque le modalita' disciplinate dai primi cinque commi del presente articolo, nei casi in cui esse siano previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria. Ai soci delle compagnie del danno industriale e carenanti di Genova vengono assicurate le prestazioni di cui all'art. 3, punto e), della legge 22 marzo 1967, n. 161, che sono poste a carico del fondo assistenza sociale lavoratori portuali di cui alla suddetta legge attraverso appositi accordi e convenzioni da stipularsi tra gli organismi interessati. Il datore di lavoro e' tenuto a comunicare all'Istituto nazionale della previdenza sociale i dati retributivi ed ogni altra notizia necessaria per la determinazione delle prestazioni. Il Ministro del lavoro della previdenza sociale, sentito il consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, in relazione a particolari situazioni e tenuto conto delle esigenze dei lavoratori e dell'organizzazione aziendale, puo' con proprio decreto stabilire sistemi diversi per la corresponsione delle prestazioni di cui al presente articolo. Chiunque compia atti preordinati a procurare a se' o ad altri le prestazioni economiche per malattia e per maternita' non spettanti, ovvero per periodi ed in misura superiore a quelli spettanti, e' punito con la multa da lire 200.000 a lire 1.000.000, salvo che il fatto costituisce reato piu' grave, relativamente a ciascun soggetto cui riferisce l'infrazione. Il datore di lavoro che non provveda, entro i termini di cui al primo comma, all'erogazione dell'indennita' giornaliera di malattia e di maternita' dovuta e' punito con una sanzione amministrativa di lire 50.000 per ciascun dipendente cui si riferisce l'infrazione. Fino alla data di entrata in vigore della legge di riordinamento della materia concernente le prestazioni economiche per maternita', malattia ed infortunio di cui all'art. 74, ultimo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, l'accertamento, la riscossione dei contributi sociali di malattia - stabiliti, per i marittimi, in misura pari all'aliquota vigente nell'anno 1979 per gli operai dell'industria - e il pagamento delle prestazioni economiche di malattia e maternita' per gli iscritti alle casse marittime per gli infortuni sul lavoro e le malattie restano affidati, con l'osservanza delle norme gia' in vigore, alle gestioni previdenziali delle casse stesse mediante convenzione con l'Istituto nazionale della previdenza sociale, che rimborsera' gli oneri relativi al servizio prestato per suo conto.». |
| Art. 25
Destinazione di risorse alle misure di conciliazione tra vita professionale e vita privata
1. In via sperimentale, per il triennio 2016-2018, una quota pari al 10 per cento delle risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, di cui all'articolo 1, comma 68, ultimo periodo, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, e successive modificazioni, e' destinata alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata, secondo i criteri indicati al comma 2. 2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definiti criteri e modalita' per l'utilizzo delle risorse di cui al comma 1 sulla base delle linee guida elaborate ai sensi del comma 3, attraverso l'adozione di modelli finalizzati a favorire la stipula di contratti collettivi aziendali. Il medesimo decreto definisce ulteriori azioni e modalita' di intervento in materia di conciliazione tra vita professionale e vita privata, anche attraverso l'adozione di linee guida e modelli finalizzati a favorire la stipula di contratti collettivi aziendali. 3. All'elaborazione delle linee guida ed al coordinamento delle connesse attivita' di monitoraggio degli interventi di cui al comma 2 provvede una cabina di regia di cui fanno parte tre rappresentanti designati dal Presidente del Consiglio dei ministri o, rispettivamente, ove nominati, dal Ministro delegato per le politiche della famiglia, dal Ministro delegato per le pari opportunita' e dal Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, da un rappresentante designato dal Ministro dell'economia e delle finanze, e da un rappresentante designato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali che la presiede. Ai componenti della cabina di regia non spetta alcun compenso, indennita', gettone di presenza, rimborso spese o emolumento comunque denominato. All'attuazione di quanto previsto dal presente comma si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Note all'art. 25: - Si riporta l'art. 1, comma 68 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, e successive modificazioni (Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitivita' per favorire l'equita' e la crescita sostenibili, nonche' ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale): «68. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le modalita' di attuazione del comma 67, anche con riferimento all'individuazione dei criteri di priorita' sulla base dei quali debba essere concessa, nel rigoroso rispetto dei limiti finanziari previsti, l'ammissione al beneficio contributivo, e con particolare riguardo al monitoraggio dell'attuazione, al controllo del flusso di erogazioni e al rispetto dei tetti di spesa. A decorrere dall'anno 2012 lo sgravio dei contributi dovuti dal lavoratore e dal datore di lavoro e' concesso secondo i criteri di cui al comma 67 e con la modalita' di cui al primo periodo del presente comma, a valere sulle risorse, pari a 650 milioni di euro annui, gia' presenti nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, relative al Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello.». |
| Art. 26
Disposizioni finanziare
1. Agli oneri derivanti dagli articoli da 2 a 24 valutati in 104 milioni di euro per l'anno 2015 si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 107, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. 2. Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15, 16 e 24 si applicano in via sperimentale esclusivamente per il solo anno 2015 e per le sole giornate di astensione riconosciute nell'anno 2015 medesimo. 3. Il riconoscimento dei benefici per gli anni successivi al 2015 e' condizionato alla entrata in vigore di decreti legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla legge 10 dicembre 2014, n. 183, che individuino adeguata copertura finanziaria. 4. Nel caso in cui non entrino in vigore i provvedimenti di cui al comma 3, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e con riferimento alle giornate di astensione riconosciute a decorrere dall'anno 2016, le disposizioni modificate dagli articoli 2, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15 e 16 si applicano nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del presente decreto.
Note all'art. 26: - Si riporta l'art. 1, comma 107, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2015): «107. Per fare fronte agli oneri derivanti dall'attuazione dei provvedimenti normativi di riforma degli ammortizzatori sociali, ivi inclusi gli ammortizzatori sociali in deroga, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, di quelli in materia di riordino dei rapporti di lavoro e dell'attivita' ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, nonche' per fare fronte agli oneri derivanti dall'attuazione dei provvedimenti normativi volti a favorire la stipula di contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti, al fine di consentire la relativa riduzione di oneri diretti e indiretti, e' istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali un apposito fondo, con una dotazione di 2.200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 e di 2.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017.». - Per il testo della citata legge n. 183 del 2014, si vedano le note alle premesse. |
| Art. 27
Clausola di salvaguardia
1. Ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche avvalendosi del sistema permanente di monitoraggio e valutazione istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, provvedono al monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni introdotte dal presente decreto. Nel caso in cui si verifichino, o siano in procinto di verificarsi, scostamenti rispetto alle previsioni di spesa di cui all'articolo 26, il Ministro dell'economia e delle finanze provvede, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto alla rideterminazione dei benefici previsti dai precedenti articoli, avuto riguardo, in particolare, a quanto previsto dagli articoli da 7 a 10. In tal caso, il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce alle Camere con apposita relazione ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della citata legge di contabilita' e finanza pubblica.
Note all'art. 27: - Si riporta l'art. 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilita' e finanza pubblica): «Art. 17 (Copertura finanziaria delle leggi). - (Omissis). 12. La clausola di salvaguardia di cui al comma 1 deve essere effettiva e automatica. Essa deve indicare le misure di riduzione delle spese o di aumenti di entrata, con esclusione del ricorso ai fondi di riserva, nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni indicate dalle leggi al fine della copertura finanziaria. In tal caso, sulla base di apposito monitoraggio, il Ministro dell'economia e delle finanze adotta, sentito il Ministro competente, le misure indicate nella clausola di salvaguardia e riferisce alle Camere con apposita relazione. La relazione espone le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione degli oneri autorizzati dalle predette leggi.». - Si riporta l'art. 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita.): «Art. 1 (Disposizioni generali, tipologie contrattuali e disciplina in tema di flessibilita' in uscita e tutele del lavoratore). - (Omissis). 2. Al fine di monitorare lo stato di attuazione degli interventi e delle misure di cui alla presente legge e di valutarne gli effetti sull'efficienza del mercato del lavoro, sull'occupabilita' dei cittadini, sulle modalita' di entrata e di uscita nell'impiego, e' istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in collaborazione con le altre istituzioni competenti, un sistema permanente di monitoraggio e valutazione basato su dati forniti dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e da altri soggetti del Sistema statistico nazionale (Sistan). Al sistema concorrono altresi' le parti sociali attraverso la partecipazione delle organizzazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale dei datori di lavoro e dei lavoratori.». |
| Art. 28
Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma, addi' 15 giugno 2015
MATTARELLA
Renzi, Presidente del Consiglio dei ministri
Poletti, Ministro del lavoro e delle politiche sociali
Padoan, Ministro dell'economia e delle finanze
Madia, Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione
Visto, il Guardasigilli: Orlando |
|
|
|