Gazzetta n. 286 del 7 dicembre 2017 (vai al sommario) |
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI CONFERENZA UNIFICATA |
ACCORDO 26 ottobre 2017 |
Accordo, ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano e gli enti locali sul documento recante «Piano nazionale per la prevenzione del rischio autolesivo e suicidario nei servizi residenziali minorili del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunita'». (Repertorio n. 129/CU). |
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LA CONFERENZA UNIFICATA
Nell'odierna seduta del 26 ottobre 2017: visto l'art. 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e, in particolare, il comma 2, lettera c), in base al quale questa Conferenza promuove e sancisce accordi tra Governo, Regioni, Province, Comuni e Comunita' montane, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere in collaborazione attivita' di interesse comune; visto l'art. 2, comma 283, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008), il quale prevede che, al fine di dare completa attuazione al riordino della medicina penitenziaria, comprensivo dell'assistenza sanitaria negli istituti penali minorili, nei centri di prima accoglienza, nelle comunita' e degli ospedali psichiatrici giudiziari, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sono definite le modalita' ed i criteri per il trasferimento dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali, in materia di sanita' penitenziaria; visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, emanato in attuazione del menzionato art. 2, comma 283, della legge 244 del 2007, recante «Modalita' e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanita' penitenziaria»; considerato che questa Conferenza, nella seduta del 31 luglio 2008, ha deliberato (Rep. Atti n. 81/CU) la costituzione del «Tavolo di consultazione permanente sulla sanita' penitenziaria» (di seguito: «il Tavolo») di cui all'Allegato A del predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, tra i cui compiti e' previsto anche l'espletamento dell'attivita' istruttoria dei provvedimenti, da sottoporre all'esame di questa medesima Conferenza, attuativi del piu' volte citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008; considerato, inoltre, che al Tavolo e' demandato, in particolare, il compito di predisporre indirizzi per favorire la realizzazione di programmi di interventi nelle realta' territoriali nei confronti dei detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale e quello di definire strumenti volti a favorire il coordinamento fra le Regioni, Provveditorati regionali dell'Amministrazione penitenziaria e Centri della giustizia minorile; considerato che l'Allegato A al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008 recante «Linee di indirizzo per gli interventi del Servizio Sanitario Nazionale a tutela della salute dei detenuti e degli internati negli Istituti penitenziari e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale» riserva, in particolare, una specifica attenzione alla tematica della presa in carico dei nuovi giunti e della prevenzione del rischio suicidario; visto l'Accordo, ai sensi dell'art. 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sul documento proposto dal Tavolo di consultazione permanente sulla sanita' penitenziaria recante «Linee di indirizzo per la riduzione del rischio autolesivo e suicidario dei detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale» (Rep. Atti n. 5/CU del 19 gennaio 2012); considerata la necessita' di superare la fase di sperimentazione prevista dal suddetto Accordo e di aggiornarne e ampliarne i contenuti, allo scopo di costituire una rete integrata di interventi tra il livello nazionale, il livello regionale ed il livello locale delle attivita' di prevenzione del rischio suicidario per i detenuti minori; vista la lettera pervenuta in data 4 ottobre 2016 e trasmessa in pari data ai componenti del Tavolo, con la quale il Ministero della giustizia - Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - ha proposto all'esame del Tavolo medesimo una bozza del documento recante «Piano nazionale per la prevenzione delle condotte suicidarie in ambito penitenziario»; considerato che, nel corso delle riunioni del Tavolo del 18 ottobre e 21 novembre 2016, si e' discusso della suddetta bozza di Piano ritenendo che, ai fini della proficua conduzione dei lavori e la successiva definizione dello stesso, fosse necessario procedere con una modalita' partecipata e condivisa delle Regioni e delle Amministrazioni centrali; vista la nota del 6 marzo 2017, con la quale il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha richiesto la convocazione del Tavolo per la ripresa delle attivita' concernenti la suddetta bozza di documento; vista la nota in data 20 aprile 2017 dell'Ufficio di Segreteria di questa Conferenza, con cui sono stati convocati congiuntamente il Tavolo e il Comitato paritetico interistituzionale (di seguito: «il Comitato») per il 27 aprile 2017; considerato che, nel corso della riunione congiunta del Tavolo e del Comitato del 12 giugno 2017, convocata con nota del 5 giugno 2017, viene data comunicazione dei lavori in corso sulla proposta di «Piano nazionale per la prevenzione delle condotte suicidarie nel sistema penitenziario per adulti» e viene concordato di procedere, viste le peculiarita' che caratterizzano i comportamenti autolesivi dei minori che richiedono programmazioni mirate, con la stesura di uno specifico accordo dedicato alla giustizia minorile; visto l'Accordo, ai sensi dell'art. 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sul documento recante «Piano nazionale per la prevenzione delle condotte suicidarie nel sistema penitenziario per adulti» (Rep. Atti n. 81/CU del 27 luglio 2017); considerato che la formulazione di un apposito documento relativo all'area della giustizia minorile, emersa nel corso della sopraindicata riunione congiunta del Tavolo e del Comitato del 12 giugno 2017, si e' resa necessaria in ragione delle peculiarita' che caratterizzano i comportamenti autolesivi dei minori, che richiedono programmazioni mirate ed interventi specifici; considerato che il sottogruppo minori costituito ad hoc ha elaborato il documento denominato «Piano nazionale per la prevenzione del rischio autolesivo e suicidario nei servizi residenziali minorili del Dipartimento della giustizia minorile e di comunita'», trasmesso all'Ufficio di Segreteria di questa Conferenza dal Coordinamento interregionale sanita' penitenziaria in data 19 settembre 2017 e diramato ai componenti del Tavolo e Comitato con nota del 20 settembre 2017; tenuto conto che nella riunione congiunta dei citati organismi del 26 settembre 2017 la suddetta documentazione, ampiamente esaminata, e' stata oggetto di modifiche ed integrazioni concordate tra le parti; considerato che al termine della suddetta riunione il Tavolo ha approvato la versione definitiva del documento in parola, Allegato sub A, parte integrante del presente atto, che e' stata diramata alle amministrazioni centrali interessate, alle Regioni e Province autonome ed alle Autonomie locali con lettera in data 10 ottobre 2017; acquisito, nel corso dell'odierna seduta di questa Conferenza, l'assenso del Governo, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano e delle Autonomie locali; Il Governo, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e gli enti locali;
Convengono quanto segue
1. di adottare il «Piano nazionale per la prevenzione del rischio autolesivo e suicidario nei servizi residenziali minorili del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunita'», Allegato sub A, parte integrante del presente atto; 2. che dall'applicazione del presente Piano non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Roma, 26 ottobre 2017
Il Presidente Sottosegretario Bressa Il Segretario: Naddeo |
| Allegato Piano nazionale per la prevenzione del rischio autolesivo e suicidario nei servizi residenziali minorili del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunita'.
§ 1 Premessa. La prevenzione del rischio autolesivo e suicidario dei minorenni e giovani adulti sottoposti alla privazione della liberta' personale, assume un particolare rilievo anche alla luce di quanto previsto dall'allegato A del DPCM 01.04.2008 circa «l'adozione di procedure di accoglienza che consentano di attenuare gli effetti potenzialmente traumatici della privazione della liberta', ed esecuzione degli interventi necessari a prevenire atti di autolesionismo» nonche' «l'attivazione di specifici programmi mirati alla riduzione del rischio di suicidio». Quanto sopra, tra l'altro, appare coerente con i contenuti del documento dell'O.M.S. «Prevenzione del suicidio nelle carceri» (2007) ove nello specifico paragrafo dedicato all'area minorile afferma che «l'esperienza dell'incarcerazione puo' risultare particolarmente difficile per i giovani ristretti che vengono separati dalla famiglia e dagli amici. I giovani detenuti con problematiche emotive sono molto dipendenti da relazioni supportive con il personale del carcere. Quindi, la separazione e l'isolamento dei giovani detenuti puo' portare ad un incremento del rischio di atti suicidari, che possono avvenire in qualsiasi momento della detenzione». Con il successivo Accordo sulle «Linee di indirizzo per l'assistenza sanitaria ai minorenni sottoposti a provvedimenti dell'Autorita' Giudiziaria» del 26 novembre 2009, sottoscritto in sede di Conferenza Stato Regioni, si sottolinea la necessita' di integrazione tra gli interventi sanitari, sociali ed educativi e quindi di un programma per la presa in carico multidisciplinare a partire dalla prima fase di ingresso nel circuito penale, per una valutazione complessiva del minorenne che consenta di evidenziare le sue caratteristiche e i suoi bisogni «assistenziali». Nel 2012 la Conferenza Unificata sanciva l'Accordo sul documento relativo a «Linee di indirizzo per la riduzione del rischio autolesivo e suicidario dei detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale» (Repertorio Atti n.5/C.U.), con il quale si prevedeva l'attivazione di programmi operativi da sperimentare in ogni regione e in almeno un istituto penitenziario per adulti ed in uno per minorenni. L'attuazione di tale ultimo Accordo e' stata oggetto di monitoraggio, realizzato nell'ambito delle attivita' del Tavolo di Consultazione Permanente per la sanita' penitenziaria. Tale attivita' ha evidenziato come la sperimentazione non sia stata realizzata in modo uniforme. Sussistono, infatti, realta' dove non sono stati definiti i Programmi operativi, ma vengono adottate prassi operative condivise tra l'Amministrazione della Giustizia ed il Servizio Sanitario. Il monitoraggio, quindi, ha messo in luce una difformita' dell'attuazione dell'Accordo, sia nei contenuti dei programmi che nell'articolazione degli stessi, soprattutto in relazione alle procedure operative. Tra gli elementi osservati si evidenziano: una difficolta' di comunicazione interprofessionale; la presenza di nuovi fattori di rischio che richiedono un presidio di attenzione e, da un punto di vista epidemiologico, una significativa incidenza di atti identificabili come autolesivi piuttosto che come tentativi di suicidio. A tal proposito, coerentemente con quanto indicato nel citato documento dell'O.M.S. (2007), si evidenzia che i comportamenti e le scelte autolesive e suicidarie sono prevalentemente da inquadrare come eventi derivanti dalle comuni condizioni di vita e non necessariamente da condizioni di patologia, rispetto ai quali il Servizio Sanitario e l'Amministrazione della Giustizia Minorile e di Comunita', concorrono in tutte le fasi degli interventi per le rispettive competenze. Purtuttavia, sebbene le condotte autolesive e/o suicidarie, come sottolineato, non sono necessariamente correlate a condizioni psicopatologiche, sono elevati i casi in cui il soggetto con tendenze autolesive e /o suicidarie e' anche portatore di un disagio psichico o di una patologia psichiatrica. E' risultata altresi' poco sviluppata e incostante l'attivita' di monitoraggio del fenomeno e conseguentemente quelle di valutazione delle modalita' operative. Tanto premesso, risulta evidente e necessario ridefinire e/o definire i protocolli operativi locali in modo che ogni IPM, CPA e Comunita' Pubblica adotti specifiche prassi operative, integrate e interistituzionali, di valutazione e monitoraggio del rischio autolesivo e/o suicidario. Il Piano accentua l'esigenza, fin dal primo momento dell'ingresso del minore nel circuito penale, di un intervento supportivo multidisciplinare e interistituzionale al fine di ridurre la messa in atto di comportamenti autolesivi o chiaramente auto-soppressivi. Infatti, accanto all'esigenza e alla necessita' del controllo sociale e della sorveglianza, la restrizione, ancor piu' in ambito minorile, deve caratterizzarsi quale intervento di sostegno e supporto per la specifica fase che il minore e/o giovane adulto si trova a vivere. Appare evidente, quindi, che tale concezione del rapporto con il minore ristretto obbliga ciascuna amministrazione, penitenziaria e sanitaria, a confrontarsi, formarsi e riflettere, per meglio addivenire a delle azioni preventive realmente efficaci. L'equipe multidisciplinare e interistituzionale, dovra' agire in modo integrato coinvolgendo, quando possibile, «anche i familiari e i compagni detenuti». In tale ottica di sostegno si situa, altresi', anche la raccomandazione affinche' venga evitato «ogni forma di isolamento del soggetto a rischio» che risulta, di per se', come evidenziato in letteratura, un ulteriore fattore di rischio. Un intervento di sistema sul tema della prevenzione del rischio suicidario deve inevitabilmente essere calibrato sulla specifica realta' locale in funzione di diverse variabili: tipologia dell'utenza presente (patologie, posizioni giuridiche, tempi di permanenza, etnia, genere, condizioni socio culturali, ecc.) e contesto ambientale. In ogni caso sara' importante che il sistema, inteso nella globalita', anche grazie alla individuazione di referenti per la specifica linea di attivita', sviluppi capacita' di intercettare e trattare con tempestivita' stati di dis-agio, sofferenza psicologica, disturbo psichico o altri tipi di fragilita', attivando un coordinamento funzionale, integrato e interistituzionale, delle diverse figure professionali presenti, a prescindere dal loro rapporto di dipendenza istituzionale con l'obiettivo di porre in essere misure di contenimento del rischio autolesivo e/o suicidario e pervenire ad una reale diminuzione dell'incidenza dei comportamenti autolesivi e dei suicidi dei minorenni privati della liberta'. Momento centrale del citato piano e' la fase di valutazione del rischio, il cui scopo e' quello di pervenire tempestivamente ad una visione congiunta, multidisciplinare e interistituzionale. A tal fine, saranno definiti o ridefiniti i protocolli operativi locali, in modo che quest'ultima prenda in considerazione anche gli aspetti socio-familiari, culturali e di provenienza dei minori/giovani adulti, comprensivi di strumenti standardizzati al fine di ridurre al minimo l'elemento valutativo soggettivo. Altro elemento determinante per la proficua applicazione del Piano sara' la formazione congiunta del personale al fine di fornire agli operatori strumenti utili sia all'intercettazione dei segnali critici che alla corretta interpretazione degli eventi, per un'adeguata gestione dell'intervento conseguente all'evento stesso. Il presente Piano, quindi, intende consolidare il processo di integrazione tra i Servizi Minorili ed i Servizi del S.S.N., cosi' come contemplato dall'Allegato A del DPCM 01 aprile 2008 e dall'esito delle sperimentazioni realizzate in sede territoriale negli II.PP.MM, previste dall'Accordo della Conferenza Unificata del 19 gennaio 2012, delineando l'assetto generale di un modello operativo e organizzativo condiviso tra le Amministrazione della Giustizia Minorile e di Comunita' e quella Sanitaria. Il Piano sostiene, altresi', l'attuazione di un modello interistituzionale, nel quale gli interventi di prevenzione del rischio autolesivo e suicidario siano sempre piu' orientati al sostegno ed al supporto individualizzato ai fini della presa in carico dell'adolescente. Appare evidente, pertanto, che al fine di pervenire ad un efficace intervento preventivo, risulta necessario che il personale tutto, che a vario titolo entra in contatto col minorenne o giovane adulto privato della liberta', previa adeguata e specifica formazione, valorizzi la relazione, per meglio accogliere il disorientamento, il disagio, la sofferenza e l'angoscia che sono alla base di agiti autolesivi o piu' francamente auto-soppressivi. Ogni azione prevista dal Piano verra' espletata nel rispetto della normativa a tutela della privacy dell'individuo (D. lgs. 30 giugno 2003 n. 196). § 2 I comportamenti autolesivi e suicidari nel contesto penale minorile. I fenomeni autolesivi e suicidari presentano molteplici complessita' e necessitano di analisi e interventi multidisciplinari e interistituzionali che considerino in maniera globale la persona sotto i vari aspetti intrapsichici e relazionali. Appare necessario, preliminarmente, evidenziare che la prevenzione del rischio autolesivo e/o suicidario non opera seguendo logiche deterministiche, bensi' prognostico-probabilistiche allo scopo di identificare i fattori di rischio, al fine di pervenire alla loro rimozione e attivando nell'individuo e nel contesto di appartenenza alcuni consequenziali fattori protettivi. Attualmente, l'utenza penale minorile abbraccia l'arco della vita che va dai 14 ai 25 anni (ex L.117/2012). Dal punto di vista epidemiologico va rilevato che, diversamente dalla popolazione detenuta adulta, quella minorile si caratterizza per una maggiore frequenza di agiti autolesivi. I minorenni e giovani adulti, che fanno ingresso nel circuito penale, attraversano la peculiare e delicata fase adolescenziale che puo' essere caratterizzata, tra l'altro, da comportamenti oppositivi e provocatori ove la sfida del limite e la trasgressione rappresentano una fisiologica modalita' di strutturazione della propria identita' in divenire. L'adolescente, quindi, si trova a vivere una modalita' di funzionamento psichico caratterizzato dalla oscillazione tra il bisogno di dipendenza infantile e quello, invece, di differenziazione ed autonomia che lo traghettera', poi, nel mondo adulto. E' bene precisare che quando oggi si parla di adolescenza si fa riferimento ad una fascia di eta' molto piu' ampia di un tempo e cio', come e' noto, e' determinato anche dai mutamenti socio-culturali in atto. La privazione della liberta' ma soprattutto l'esperienza detentiva, seppur extrema ratio nel nostro sistema, rappresenta per questi soggetti, un'esperienza forte e molto impegnativa dal punto di vista emotivo. La carcerazione, per ogni individuo ed ancor piu' per un minorenne o giovane adulto, si caratterizza come esperienza che coincide con la perdita della liberta' individuale e della propria autonomia nonche' con la frattura della propria continuita' esistenziale, attraverso la sottrazione del soggetto al normale corso della propria vita e alla sua rete affettiva e relazionale. L'impatto psicologico dell'arresto e della carcerazione, la paura dell'abbandono e della riprovazione da parte dei familiari e del contesto di appartenenza, lo stress quotidiano della vita ristretta, sono tutti elementi che inducono una particolare fragilita' cui non sempre la fisiologica resilienza pone un argine. Ed e' proprio nell'immediatezza dell'ingresso nel circuito restrittivo o in occasione di cambiamenti significativi delle condizioni detentive o, comunque, limitative della liberta', che si rileva un rischio maggiore di condotte autolesive e/o suicidarie. Infatti, anche misure meno afflittive come ad esempio il collocamento in comunita', in quanto limitative della liberta' personale, possono essere considerate fattori di rischio predisponenti alla elicitazione di agiti autolesivi e suicidari. Relativamente al complesso fenomeno dell'autolesionismo giovanile, e' giusto rilevare che esso puo' assumere innumerevoli manifestazioni con fini talvolta unicamente esibitivi/manipolativi/provocatori, ma altrettanto spesso con l'obiettivo di scaricare, sul corpo e con il corpo, profonde angosce destrutturanti, non elaborabili altrimenti. Ovviamente, tali modalita', in situazioni estreme possono pervenire ad agiti' autolesivi autodiretti come espressione di negazione del se'. In ogni caso, anche gli agiti interpretabili quali modalita' esibitive e/o manipolative/provocatorie, vanno, comunque, letti all'interno di una cornice comunicativa di disagio e/o di collasso della propria capacita' autocontenitiva, e, pertanto, in sintesi, di difficolta' ad intravedere e praticare altre modalita' di relazione/comunicazione, maggiormente efficaci e funzionali. Va altresi' evidenziato che il suddetto fenomeno puo' essere influenzato da fattori correlati alle culture dei paesi di provenienza e dall'elevato stress vissuto durante l'esperienza migratoria. Appare pertanto evidente la necessita' di una sempre piu' elevata e qualificata attenzione nei confronti del rischio autolesivo e suicidario nei servizi minorili, anche in considerazione del fatto che il fenomeno presenta un andamento in progressivo aumento, ed e' di primaria importanza la conoscenza esatta ed il riconoscimento, da parte di tutti gli operatori che a vario titolo entrano in contatto con i minorenni e giovani/adulti in carico ai servizi minorili, dei fattori predisponenti al rischio e dei fattori scatenanti che portano dall'ideazione all'atto violento auto-diretto. Parimenti fondamentale appare il rafforzamento dei fattori protettivi che possono contribuire anche ad un aumento della resilienza e dell'autostima. Per dare sistematicita' agli interventi in materia, quindi, e' fondamentale l'adozione di procedure formali integrate ed interistituzionali che agevolino l'identificazione e la gestione delle situazioni a rischio, comunque di forte valenza comunicativa. § 3 La struttura organizzativa: livelli di attuazione del Piano, funzioni e compiti. Gli interventi finalizzati alla prevenzione del rischio autolesivo e suicidario nei servizi minorili residenziali prevedono i seguenti livelli organizzativi: il livello centrale, costituito dal Tavolo di Consultazione permanente, che puo' avvalersi del contributo del Sottogruppo tecnico minorile, e' deputato a: fornire ed aggiornare gli indirizzi generali per gli interventi integrati di prevenzione e riduzione del rischio autolesivo e/o suicidario; proporre gli indirizzi generali per la formazione congiunta (DGMC, Ministero della Salute e Regioni e PP.AA.) del personale; monitorare e valutare la piena applicazione degli indirizzi di cui al presente documento; curare la raccolta ed il monitoraggio dei dati trasmessi sia dal Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunita' ove, a tal fine, si costituira' una specifica Unita' organizzativa, sia dalle Regioni, per quanto di competenza; diffondere i dati raccolti, attraverso report periodici e definire linee di indirizzo formative meglio calibrate sulla realta' emergente; il livello regionale, costituito dall'Osservatorio Regionale Permanente sulla Sanita' Penitenziaria, che potra' avvalersi anche dell'ausilio di uno specifico sotto-gruppo per l'area minorile, e' finalizzato alla: individuazione dei referenti regionali; predisposizione e o aggiornamento di un modello di protocollo operativo regionale per la prevenzione dei comportamenti autolesivi e/o suicidari; declinazione degli specifici indirizzi formativi sulla scorta delle indicazioni del livello centrale; verifica della definizione e sottoscrizione dei protocolli operativi locali; aggiornamento e monitoraggio degli stessi il cui esito sara' trasmesso a livello centrale; raccolta e trasmissione a livello centrale dei dati epidemiologici e delle buone prassi locali; il livello locale, costituito dalle Direzioni degli Istituti Penitenziari minorili (IPM), dei Centri di Prima Accoglienza (CPA) e delle Comunita' Pubbliche dell'Amministrazione della Giustizia nonche' dalle Direzioni delle Aziende Sanitarie Locali sul cui territorio insistono i suindicati servizi minorili. Ad esso viene chiesto di redigere, aggiornare, implementare e monitorare - conformemente alle direttive del livello centrale e regionale - il Piano Locale di Prevenzione. Individua, inoltre, i referenti per l'attuazione del Piano per la prevenzione del rischio autolesivo e/o suicidario, per ciascuna Amministrazione; organizza e/o facilita la formazione congiunta, di tipo interistituzionale, del personale operante; comunica gli esiti al livello regionale. Al fine di costituire una rete efficace ed efficiente, appare opportuno che ciascuna Amministrazione, nell'ambito della propria autonomia funzionale e organizzativa, nel rispetto della leale e piena collaborazione interistituzionale, individui un proprio referente, per la specifica linea di attivita', anche al fine di fronteggiare adeguatamente le situazioni critiche che verranno a determinarsi. Pertanto, a livello locale, ciascuna ASL e Servizio Minorile, individuera', con specifico mandato formale, un referente per l'attuazione del Piano per la prevenzione del rischio autolesivo e/o suicidario anche per strutturare una reale presa in carico integrata da parte dei Servizi Sanitari e Sociali territorialmente competenti. Ogni Regione e CGM, territorialmente competenti, nominera' un proprio referente per la specifica linea di attivita', nell'Osservatorio Regionale permanente di Sanita' Penitenziaria, eventualmente anche attraverso la costituzione di uno specifico sottogruppo minorile. I livelli regionali avranno cura: - di trasmettere al Tavolo di Consultazione Permanente gli atti relativi alla costituzione formale della rete, con i nominativi dei referenti regionali e locali, nonche' le eventuali modifiche che avverranno nel tempo; - di informare il Tavolo dell'avvio dei lavori di definizione e/o ridefinizione dei piani di prevenzione regionali e locali. Al fine di semplificare quanto detto, si riporta un quadro sinottico:
Parte di provvedimento in formato grafico
§ 4 I Piani Locali di Prevenzione. Il Piano Nazionale, elaborato anche alla luce del monitoraggio effettuato dal Tavolo di Consultazione Permanente sulla Sanita' Penitenziaria sui protocolli e le prassi operative attive presso gli IPM e i CPA in materia di prevenzione del rischio autolesivo e/o suicidario, fornisce le linee direttrici per la definizione dei Piani regionali e locali di prevenzione, che dovranno essere redatti in piena sintonia con le indicazioni del documento «La prevenzione del suicidio nelle carceri» stilato dall'O.M.S. (2007). Alla luce delle predette indicazioni di carattere generale, le regioni - con il necessario coinvolgimento degli Osservatori regionali di sanita' penitenziaria - avranno cura di avviare una analisi per una revisione dei protocolli locali gia' attivati - se non conformi al Piano - o provvederanno alla definizione degli stessi, laddove non siano ancora stati predisposti e sottoscritti. Nell'elaborazione dei Piani Locali in materia di prevenzione del rischio autolesivo e/o suicidario, si avra' cura di porre in essere il massimo coinvolgimento di tutti gli attori del sistema penitenziario e sanitario, compresa la componente detenuta, al fine di attivare una rete di attenzione e collaborazione multidisciplinare e interistituzionale il piu' possibile estesa e capillare, che consenta una effettiva prevenzione dei rischi attraverso la precoce rilevazione di eventuali segnali di allarme riguardo a possibili azioni autolesive e/o suicidarie. Relativamente all'attivazione di una rete di attenzione ai segnali ed alle richieste e di una collaborazione strutturata possono distinguersi diverse aree operative: Area direttiva Costituita da chi svolge le funzioni di governo della struttura e a cui spettano le decisioni operative da intraprendere, in base agli elementi di conoscenza che la rete multidisciplinare e interistituzionale pone alla sua attenzione. Area dell'attenzione e del sostegno tecnico-clinico Costituita da figure clinico-professionali che operano a diretto contatto con i detenuti e possono cogliere sintomi e/o richieste di attenzione e cura: personale sanitario che attivera', secondo le specifiche professionalita', un primo sostegno e procedera' alla segnalazione del caso alla rete multidisciplinare e interistituzionale. Area dell'attenzione e del sostegno tecnico-pedagogico Costituita dal personale dell'area pedagogica, deputata alle relazioni educative significative con i minorenni e giovani adulti detenuti nonche' alla rilevazione ed al primo sostegno di situazioni di fragilita', sofferenza e/o regressione comportamentale. Detto personale provvedera' all'immediata segnalazione alla rete multidisciplinare/interstituzionale. Area dell'attenzione e del sostegno specialistico della sicurezza Costituita dal personale di Polizia Penitenziaria che, in piu' costante e continuativo contatto con i giovani ristretti, puo' cogliere, talvolta piu' tempestivamente, eventuali segnali di sofferenza e di disagio che possono evolvere in comportamenti autolesivi e/o suicidari. I suddetti operatori, oltre ad un primo sostegno, secondo la specifica professionalita', avranno cura di segnalare alla rete multidisciplinare/interistituzionale quanto da loro osservato. Sono, inoltre, da considerare risorse indispensabili all'efficacia della rete multidisciplinare: i volontari, i ministri di culto e gli operatori di enti ed associazioni esterne che a vario titolo entrano in contatto con i ragazzi, i quali possono intercettare casi di fragilita' e segnalarli agli operatori sanitari e/o dell'Area tecnica; i compagni alloggiati nella stessa stanza detentiva, che come evidenziato dall'OMS, possono raccogliere manifestazioni di sofferenza ed allertare il personale penitenziario e/o sanitario. Ogni segnalazione dovra' pervenire alla Direzione dell'Istituto/Servizio che provvedera' all'immediata convocazione dell'equipe multidisciplinare ed interistituzionale per l'analisi del caso e l'attivazione di un programma operativo. L'attivazione dell'equipe sara' immediatamente comunicata ai referenti locali per il rischio autolesivo e suicidario sia dell'area penitenziaria che sanitaria. Naturalmente, i Piani locali redatti dai CPA, dalle Comunita' e dal competente Servizio Sanitario dovranno tener conto della diversa natura del contesto di riferimento. Per i CPA sara' fondamentale tener conto dei tempi limitati di permanenza del soggetto, oltre che della particolare condizione dei minorenni al loro primo ingresso. Per le Comunita' Ministeriali, la gestione del rischio, pur nel rispetto dei principi indicati nel Piano, dovra' prevedere specifiche modalita' calibrate sulla condizione di minor restrizione a cui sono sottoposti i minori e giovani adulti ospitati. § 4.1 Indicazioni operative per la definizione dei Piani operativi locali. I Piani Locali dovranno prevedere necessariamente, ma non esclusivamente, un adeguato modello gestionale del caso a rischio, mediante: una valutazione iniziale; l'attivazione della presa in carico integrata; strumenti di rivalutazione in itinere dei soggetti a rischio autolesivo e/o suicidario e conseguente ridefinizione dei programmi individualizzati; una chiara modalita' di comunicazione e collaborazione della rete di attenzione e sostegno. Valutazione del rischio all'ingresso Alla luce di quanto contemplato dall'Accordo della Conferenza Unificata del 19 gennaio 2012 e considerati gli esiti del monitoraggio effettuato dal sottogruppo tecnico minorile del Tavolo di Consultazione permanente sulla Sanita' Penitenziaria, appare indispensabile che ogni IPM e CPA e Comunita' Pubblica adottino una specifica valutazione individuale del rischio autolesivo e/o suicidiario, da espletarsi al massimo entro 24 ore dall'ingresso (dalla liberta', per trasferimento o altro) ed in itinere. Per i CPA il termine temporale dovra' essere necessariamente piu' breve in relazione alla permanenza del soggetto nel servizio. L'attivita' di valutazione inziale, ampiamente articolata e puntualmente definita, oltre agli aspetti psicologici, deve tenere in debita considerazione gli aspetti socio-familiari, culturali ed etnici dei minorenni/giovani adulti, eventualmente, anche attraverso l'utilizzo di reattivi standardizzati, al fine di ridurre al minimo il fattore soggettivo di valutazione del rischio. La suddetta valutazione, ampiamente illustrata dall'OMS nel documento di prevenzione del suicidio nelle carceri, deve intendersi come strumento integrato multidisciplinare e interistituzionale. I livelli di valutazione del rischio dovranno essere stabiliti anche sulla base di modelli condivisi dalla letteratura scientifica. Oltre agli indicatori enunciati dall'OMS (fattori comuni, situazionali e psicosociali - OMS 2007), sono stati individuati, attraverso il Monitoraggio effettuato dal sottogruppo tecnico minorile del Tavolo Permanente, altresi' i seguenti fattori di rischio che dovranno essere presi in considerazione nella strutturazione del modello di valutazione iniziale e nei successivi interventi sanitari e penitenziari: disagio psichico; stato di abuso o dipendenza patologica (ex D.P.C.M. 12.01.2017); la condizione di minore straniero non accompagnato (abbandono forzato del paese di origine, essere vissuti in situazioni di conflitto armato/guerra ecc.); eventi critici familiari (abbandoni, separazioni, lutti); violenze subite (maltrattamenti e abusi intesi sia in termini di trascuratezza, incuria, ipercura e abusi psicologici e/o sessuali); la presenza nel funzionamento psicologico della tendenza a comportamenti antisociali, eterolesivi di tipo proattivo e premeditato. Tale strumento sara' utilizzato all'interno della specifica equipe multidisciplinare e interistituzionale per definire gli opportuni interventi e sara' parte integrante del fascicolo personale del detenuto. Segnalazione allarme e/o evento critico Il personale che opera all'interno della struttura ed il personale sanitario, rileveranno e riporteranno, attraverso adeguate procedure contemplate dal protocollo locale, le eventuali condizioni di fragilita' e sofferenza, identificabili come fattori di rischio e i segnali di allarme di possibili agiti violenti autodiretti. Provvederanno, altresi', a segnalare gli eventi critici, sia in fase iniziale di ingresso che nel corso della permanenza nella struttura minorile. Tale segnalazione sara' finalizzata, in caso di necessita', all'attivazione dell'equipe multidisciplinare e interistituzionale. Nei Piani di prevenzione locale sara' posta in evidenza, alla rete di attenzione e sostegno degli operatori sopra descritta, la necessita' di vigilare i seguenti momenti/aspetti della vita istituzionale: Colloqui e corrispondenza L'assenza di colloqui visivi e telefonici, nonche' contatti epistolari, con la famiglia o figure di riferimento significative, puo' essere considerato un fattore di rischio e pertanto va tenuto in debita attenzione. Sara' necessario monitorare anche l'impatto del colloquio con il familiare sul minore e giovane adulto, al fine di rilevare eventuali criticita' familiari. Grande importanza assume pertanto l'instaurazione di un buon livello di comunicazione degli operatori dell'Area tecnica con i familiari dei detenuti, ai quali vanno dedicati momenti specifici di ascolto. Per i minorenni e i giovani adulti, per i quali non e' possibile effettuare i colloqui a causa della lontananza della famiglia, sara' indispensabile garantire diverse e soddisfacenti forme di comunicazione quali ad esempio le video-chiamate. Processi e notifiche Gli interventi educativi e sanitari non possono prescindere dall'iter processuale che sta vivendo il minore/giovane adulto e che rende indispensabile un costante scambio di comunicazioni tra l'Ufficio Matricola, l'Area tecnica e l'Area Sanitaria. Particolare attenzione da parte del personale dell'area educativa, sanitaria e di sicurezza sara' posta al momento della notifica degli atti giudiziari a forte valenza emotiva che, inevitabilmente, determinano una condizione di stress con possibile, consequenziale, agito autolesivo. Il personale di scorta che accompagna il detenuto all'udienza, adeguatamente formato, riferira' all'educatore ed allo psicologo di riferimento, se non presenti all'udienza, le eventuali reazioni e comportamenti disfunzionali che possono costituire un segnale di allarme, offrendo nel contempo un primo intervento di sostegno e di supporto. Dinamiche di gruppo Tutte le aree operative (educativa, sanitaria e di sicurezza) dovranno porre attenzione alle dinamiche di gruppo segnalando eventuali situazioni di allarme al fine di attivare interventi integrati e interprofessionali sia sul singolo che sul gruppo stesso. Si segnala al riguardo che una condizione di rischio potrebbe essere identificata nelle dinamiche di espulsione/prevaricazione/isolamento da parte di altri detenuti. Dimissioni Il momento della remissione in liberta' del giovane o comunque della modifica della misura e' particolarmente delicato. Appare evidente che un adeguato programma di reinserimento sociale, in vista dell'uscita, debba contemplare un potenziamento della collaborazione con l'Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni, la presa in carico da parte del Servizio sociale territoriale e, ove necessario, da parte dei Servizi Sanitari territorialmente competenti, sia del soggetto interessato che della famiglia. § 4.2 Anamnesi e gestione del soggetto a rischio. Alla rilevazione della presenza di un rischio autolesivo e/o suicidario deve corrispondere necessariamente un programma di gestione, oltre che trattamentale, del caso. Le fasi del programma di gestione devono prevedere: collocazione del soggetto nella stanza; osservazione interprofessionale del soggetto; verifica dell'eventuale possesso o disponibilita' di oggetti pericolosi; interventi sanitari; interventi educativi; interventi di supporto da parte di peer supporter. Appare indispensabile declinare, piu' ampiamente, alcuni dei suddetti aspetti. In ogni caso di rilevazione del rischio autolesivo e/o suicidario, sara' immediatamente attivata la procedura gestionale integrata prevista nel piano locale di prevenzione, con le indicazioni relative ai primi interventi di allocazione, sostegno e controllo e all'individuazione delle figure professionali a tal fine preposte. L'equipe interdisciplinare integrata, composta da personale educativo, sanitario e di sicurezza, predisporra', nel piu' breve tempo possibile e comunque non oltre le 48 ore (il termine temporale dovra' essere valutato in base alla permanenza del soggetto nel servizio), il piano di trattamento specifico che riduca il rischio di agiti violenti autodiretti, lenendo il senso di sofferenza e disagio del soggetto. Appare necessario sottolineare che, attraverso il Monitoraggio effettuato sulla base delle sperimentazioni realizzate, sono stati individuati una serie di elementi protettivi che contribuiscono ad arginare i fattori stressogeni e quindi a ridurre il rischio autolesivo. L'equipe, pertanto, in ogni caso di rilevazione del rischio autolesivo e suicidario nel definire il piano di trattamento specifico, dovra' porre particolare attenzione ai seguenti aspetti: all'instaurarsi di relazioni significative con gli operatori che hanno in carico il minore/giovane adulto in assenza di validi legami familiari; alla qualita' dell'integrazione nel gruppo dei pari; alla partecipazione alle attivita' trattamentali, sia individuali che di gruppo e con l'incremento, laddove possibile, di quelle sportive nonche' a gruppi esperienziali con tecniche di rilassamento utili alla gestione dei conflitti; all'accesso al servizio di mediazione culturale e, ove possibile, di etnopsichiatria per i detenuti stranieri; alla rapida attivazione dei servizi di salute mentale, ove necessario, al fine di ridurre i tempi di ruminazione sulla motivazione autolesiva e/o intenzionalita' anticonservativa; all'accompagnamento al culto, laddove emerge un sentimento religioso; al collegamento e all'integrazione con la rete sanitaria territoriale ed ospedaliera territoriale per rispondere tempestivamente alle esigenze di presa in carico dei soggetti portatori di problematiche psichiche associate a rischio autolesivo e suicidario; alla consulenza e sostegno alle dinamiche familiari; al controllo ambientale sotteso talvolta al gesto autolesivo. Quanto fin qui evidenziato, debitamente recepito dalle singole realta' Regionali, sara' declinato, quindi, negli specifici Protocolli Operativi Locali, con eventuali integrazioni, al fine di meglio contestualizzare gli interventi. § 5 Collocazione nella stanza detentiva. Riguardo ai fattori di rischio autolesivo e/o suicidario l'OMS (2007) ha rilevato che «Esiste una forte associazione tra suicidio dei detenuti e tipo di alloggio assegnato. Nello specifico, un detenuto posto in isolamento, o sottoposto a particolari regimi di detenzione (specialmente in cella singola) e incapace di adattarvisi, e' ad alto rischio di suicidio.» E ancora «l'alloggio in isolamento, seppure per ragioni necessarie, puo' comunque incrementare il livello di rischio». L'isolamento del detenuto a rischio autolesivo e/o suicidario e la sua ubicazione in cella singola, con sorveglianza a vista, deve rappresentare una condizione straordinaria, salvo i casi in cui, come indicato anche dall'OMS, il soggetto non sia isolato per motivi giudiziari, sanitari o di tutela. L'ubicazione in camere detentive ordinarie, in compagnia di altri detenuti, consente alla persona a rischio, di trarre benefici dalla presenza e sostegno dei compagni. Allo stesso tempo, la partecipazione ad attivita' in comune o, ove questo non si ritiene opportuno, la realizzazione di attivita' individualizzate, potra' contribuire ad attenuare condizioni di fragilita' e sofferenza. § 6 Peer supporter. L'esperienza ha dimostrato che spesso i compagni di stanza sono coloro che per primi intervengono, allertando il personale di sorveglianza ed evitando che gli agiti autolesivi possano esitare in veri e propri tentati suicidi. Pertanto, appare indispensabile valutare, con la dovuta attenzione, i detenuti da allocare in stanza con chi manifesta segnali di allarme rispetto ad eventuali agiti autolesivi e/o suicidari. Sara' l'equipe interprofessionale ed interistituzionale a fornire alla Direzione ed al Comandante le informazioni e le valutazioni utili ad individuare le persone idonee ad essere alloggiate nella stanza con il giovane a rischio. I compagni, pertanto, rappresentano un'importante risorsa per la rete di attenzione e di supporto. Ad essi e' auspicabile che sia riservata, su base volontaria, la possibilita' di partecipare a incontri formativi per lo sviluppo delle capacita' di ascolto e collaborazione nei confronti dei soggetti a rischio. § 7 Azioni immediate a seguito dell'evento. Per fronteggiare l'evento critico e' indispensabile che i Piani Operativi Locali prevedano una attenta codifica delle modalita' di comunicazione dell'evento, sia all'interno della struttura che all'esterno, al fine di ridurre al minimo i tempi per un primo pronto intervento. In caso di tentato suicidio o di importanti agiti autolesivi, cosi' come espressamente previsto dall'OMS, dovranno essere disponibili e funzionanti le attrezzature per l'intervento di salvataggio/cura di emergenza. In tal senso, ogni Servizio residenziale minorile del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunita', sara' dotato della presenza di un defibrillatore con specifica formazione del personale per il corretto e tempestivo utilizzo. § 8 Debriefing post evento Nei Piani locali e' necessario prevedere un Debriefing post-evento, allorquando si verifica un suicidio o un grave evento critico. L'equipe interprofessionale e interistituzionale, unitamente ai referenti della prevenzione del Servizio minorile e della ASL, dovra' avviare uno spazio di riflessione e rielaborazione finalizzato a: indentificare i fattori di rischio e gli elementi stressanti che possono aver portato all'agito; considerare l'incidenza delle variabili e l'interazione degli interventi; identificare i cambiamenti da attuare per migliorare la presa in carico e la prevenzione degli agiti autolesivi o suicidari. Deve essere previsto, altresi', uno spazio che consenta al personale coinvolto, nel pieno rispetto della riservatezza, di rielaborare emotivamente l'evento; affrontare il senso di impotenza; programmare e realizzare attivita' di sostegno in favore dei peer supporter ed anche degli altri detenuti. § 9 Monitoraggio. I livelli locale, regionale e centrale, ciascuno nell'ambito di competenza, provvederanno alla rilevazione dei dati relativi al fenomeno autolesivo e suicidario. I dati raccolti a livello locale, verranno trasmessi, con cadenza semestrale, per via gerarchica, al livello centrale che definira' una griglia omogenea di rilevazione e individuera' modalita' uniformi di raccolta e analisi. I Servizi Minorili avranno cura di aggiornare costantemente la Banca dati del Sistema Minorile, riguardo agli eventi autolesivi ed ai tentativi di suicidio con conseguente miglioramento della conoscenza del caso, anche in termini di agevolazione degli interventi operativi necessari a livello locale. § 10 Formazione integrata. Con il D.P.C.M. 84/2015, «Regolamento di organizzazione del Ministero della giustizia e riduzione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche», la Direzione Generale della Formazione del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria e' competente anche per la formazione del personale afferente al Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunita'. Pertanto, nella premessa del «Piano Nazionale per la prevenzione delle condotte suicidarie nel sistema penitenziario per adulti» (Repertorio Atti n. 81/CU del 27.07.2017) si afferma che quanto previsto riguardo la formazione, attiene anche al personale del DGMC, tenendo conto della specificita' del contesto e delle esigenze rappresentate dall'utenza penale minorile. Tra le aree oggetto di approfondimento, si riportano quelle gia' indicate nel succitato Piano Nazionale, ossia: Struttura del Piano Nazionale per la Prevenzione delle Condotte Suicidarie in Ambito Penitenziario. Elementi fenomenologici del suicidio e degli eventi autolesivi. Le indicazioni dell'O.M.S. Modello operativo generale. Laboratorio di progettazione. Fattori ambientali, psicologici e comportamentali specifici predisponenti ai comportamenti suicidari. Benessere organizzativo e ricadute sugli operatori. Temi inerenti strategie di comunicazione e relazione. Vista la specificita' del contesto, la formazione del personale minorile dovra' prevedere anche le seguenti tematiche: Il comportamento autolesivo in adolescenza; Elementi di etnopsichiatria e di antropologia culturale; Autolesionismo e psicopatologia; Tutto il personale costantemente a contatto con i detenuti deve essere formato anche al primo soccorso ed alle fondamentali tecniche di rianimazione cardio-polmonare, nonche' addestrato all'utilizzo delle attrezzature di emergenza collocate nell'Istituto/Servizio. |
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