Gazzetta n. 291 del 14 dicembre 2017 (vai al sommario)
LEGGE 30 novembre 2017, n. 179
Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarita' di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato.


La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Promulga
la seguente legge:
Art. 1
Modifica dell'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165, in materia di tutela del dipendente o collaboratore che
segnala illeciti

1. L'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e' sostituito dal seguente:
«Art. 54-bis (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti). - 1. Il pubblico dipendente che, nell'interesse dell'integrita' della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all'Autorita' nazionale anticorruzione (ANAC), o denuncia all'autorita' giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui e' venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non puo' essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione. L'adozione di misure ritenute ritorsive, di cui al primo periodo, nei confronti del segnalante e' comunicata in ogni caso all'ANAC dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere. L'ANAC informa il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri o gli altri organismi di garanzia o di disciplina per le attivita' e gli eventuali provvedimenti di competenza.
2. Ai fini del presente articolo, per dipendente pubblico si intende il dipendente delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, ivi compreso il dipendente di cui all'articolo 3, il dipendente di un ente pubblico economico ovvero il dipendente di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. La disciplina di cui al presente articolo si applica anche ai lavoratori e ai collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione pubblica.
3. L'identita' del segnalante non puo' essere rivelata. Nell'ambito del procedimento penale, l'identita' del segnalante e' coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall'articolo 329 del codice di procedura penale. Nell'ambito del procedimento dinanzi alla Corte dei conti, l'identita' del segnalante non puo' essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria. Nell'ambito del procedimento disciplinare l'identita' del segnalante non puo' essere rivelata, ove la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell'identita' del segnalante sia indispensabile per la difesa dell'incolpato, la segnalazione sara' utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identita'.
4. La segnalazione e' sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.
5. L'ANAC, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, adotta apposite linee guida relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni. Le linee guida prevedono l'utilizzo di modalita' anche informatiche e promuovono il ricorso a strumenti di crittografia per garantire la riservatezza dell'identita' del segnalante e per il contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione.
6. Qualora venga accertata, nell'ambito dell'istruttoria condotta dall'ANAC, l'adozione di misure discriminatorie da parte di una delle amministrazioni pubbliche o di uno degli enti di cui al comma 2, fermi restando gli altri profili di responsabilita', l'ANAC applica al responsabile che ha adottato tale misura una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro. Qualora venga accertata l'assenza di procedure per l'inoltro e la gestione delle segnalazioni ovvero l'adozione di procedure non conformi a quelle di cui al comma 5, l'ANAC applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. Qualora venga accertato il mancato svolgimento da parte del responsabile di attivita' di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute, si applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. L'ANAC determina l'entita' della sanzione tenuto conto delle dimensioni dell'amministrazione o dell'ente cui si riferisce la segnalazione.
7. E' a carico dell'amministrazione pubblica o dell'ente di cui al comma 2 dimostrare che le misure discriminatorie o ritorsive, adottate nei confronti del segnalante, sono motivate da ragioni estranee alla segnalazione stessa. Gli atti discriminatori o ritorsivi adottati dall'amministrazione o dall'ente sono nulli.
8. Il segnalante che sia licenziato a motivo della segnalazione e' reintegrato nel posto di lavoro ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23.
9. Le tutele di cui al presente articolo non sono garantite nei casi in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilita' penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque per reati commessi con la denuncia di cui al comma 1 ovvero la sua responsabilita' civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave».

N O T E

Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia, ai sensi
dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
modificate o alle quali e' operato il rinvio. Restano
invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.

Note all'art. 1:
- Il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante
«Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze
delle amministrazioni pubbliche», e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 106, del 9 maggio 2001, Supplemento
ordinario n. 112.
 
Art. 2

Tutela del dipendente o collaboratore
che segnala illeciti nel settore privato

1. All'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:
«2-bis. I modelli di cui alla lettera a) del comma 1 prevedono:
a) uno o piu' canali che consentano ai soggetti indicati nell'articolo 5, comma 1, lettere a) e b), di presentare, a tutela dell'integrita' dell'ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del presente decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell'ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte; tali canali garantiscono la riservatezza dell'identita' del segnalante nelle attivita' di gestione della segnalazione;
b) almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalita' informatiche, la riservatezza dell'identita' del segnalante;
c) il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione;
d) nel sistema disciplinare adottato ai sensi del comma 2, lettera e), sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonche' di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.
2-ter. L'adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti che effettuano le segnalazioni di cui al comma 2-bis puo' essere denunciata all'Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza, oltre che dal segnalante, anche dall'organizzazione sindacale indicata dal medesimo.
2-quater. Il licenziamento ritorsivo o discriminatorio del soggetto segnalante e' nullo. Sono altresi' nulli il mutamento di mansioni ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile, nonche' qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. E' onere del datore di lavoro, in caso di controversie legate all'irrogazione di sanzioni disciplinari, o a demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti, o sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, successivi alla presentazione della segnalazione, dimostrare che tali misure sono fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa.».

Note all'art. 2:
- Il testo dell'art. 6 del decreto legislativo 8 giugno
2001, n. 231, recante «Disciplina della responsabilita'
amministrativa delle persone giuridiche, delle societa' e
delle associazioni anche prive di personalita' giuridica, a
norma dell'art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300»,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 140 del 19 giugno
2001, come modificato dalla presente legge, e' il seguente:
«Art. 6 (Soggetti in posizione apicale e modelli di
organizzazione dell'ente). - 1. Se il reato e' stato
commesso dalle persone indicate nell'art. 5, comma 1,
lettera a), l'ente non risponde se prova che:
a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente
attuato, prima della commissione del fatto, modelli di
organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della
specie di quello verificatosi;
b) il compito di vigilare sul funzionamento e
l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento e'
stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi
poteri di iniziativa e di controllo;
c) le persone hanno commesso il reato eludendo
fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
d) non vi e' stata omessa o insufficiente vigilanza
da parte dell'organismo di cui alla lettera b).
2. In relazione all'estensione dei poteri delegati e al
rischio di commissione dei reati, i modelli di cui alla
lettera a), del comma 1, devono rispondere alle seguenti
esigenze:
a) individuare le attivita' nel cui ambito possono
essere commessi reati;
b) prevedere specifici protocolli diretti a
programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni
dell'ente in relazione ai reati da prevenire;
c) individuare modalita' di gestione delle risorse
finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
d) prevedere obblighi di informazione nei confronti
dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e
l'osservanza dei modelli;
e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a
sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel
modello.
2-bis. I modelli di cui alla lettera a) del comma 1
prevedono:
a) uno o piu' canali che consentano ai soggetti
indicati nell'art. 5, comma 1, lettere a) e b), di
presentare, a tutela dell'integrita' dell'ente,
segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti
ai sensi del presente decreto e fondate su elementi di
fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di
organizzazione e gestione dell'ente, di cui siano venuti a
conoscenza in ragione delle funzioni svolte; tali canali
garantiscono la riservatezza dell'identita' del segnalante
nelle attivita' di gestione della segnalazione;
b) almeno un canale alternativo di segnalazione
idoneo a garantire, con modalita' informatiche, la
riservatezza dell'identita' del segnalante;
c) il divieto di atti di ritorsione o discriminatori,
diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per
motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla
segnalazione;
d) nel sistema disciplinare adottato ai sensi del
comma 2, lettera e), sanzioni nei confronti di chi viola le
misure di tutela del segnalante, nonche' di chi effettua
con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano
infondate.
2-ter. L'adozione di misure discriminatorie nei confronti
dei soggetti che effettuano le segnalazioni di cui al comma
2-bis puo' essere denunciata all'Ispettorato nazionale del
lavoro, per i provvedimenti di propria competenza, oltre
che dal segnalante, anche dall'organizzazione sindacale
indicata dal medesimo.
2-quater. Il licenziamento ritorsivo o discriminatorio del
soggetto segnalante e' nullo. Sono altresi' nulli il
mutamento di mansioni ai sensi dell'art. 2103 del codice
civile, nonche' qualsiasi altra misura ritorsiva o
discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. E'
onere del datore di lavoro, in caso di controversie legate
all'irrogazione di sanzioni disciplinari, o a
demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti, o
sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa
avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle
condizioni di lavoro, successivi alla presentazione della
segnalazione, dimostrare che tali misure sono fondate su
ragioni estranee alla segnalazione stessa.
3. I modelli di organizzazione e di gestione possono
essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma 2,
sulla base di codici di comportamento redatti dalle
associazioni rappresentative degli enti, comunicati al
Ministero della giustizia che, di concerto con i Ministeri
competenti, puo' formulare, entro trenta giorni,
osservazioni sulla idoneita' dei modelli a prevenire i
reati.
4. Negli enti di piccole dimensioni i compiti indicati
nella lettera b), del comma 1, possono essere svolti
direttamente dall'organo dirigente.
4-bis. Nelle societa' di capitali il collegio
sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per
il controllo della gestione possono svolgere le funzioni
dell'organismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b).
5. E' comunque disposta la confisca del profitto che
l'ente ha tratto dal reato, anche nella forma per
equivalente.».
 
Art. 3
Integrazione della disciplina dell'obbligo di segreto d'ufficio,
aziendale, professionale, scientifico e industriale

1. Nelle ipotesi di segnalazione o denuncia effettuate nelle forme e nei limiti di cui all'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e all'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, come modificati dalla presente legge, il perseguimento dell'interesse all'integrita' delle amministrazioni, pubbliche e private, nonche' alla prevenzione e alla repressione delle malversazioni, costituisce giusta causa di rivelazione di notizie coperte dall'obbligo di segreto di cui agli articoli 326, 622 e 623 del codice penale e all'articolo 2105 del codice civile.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica nel caso in cui l'obbligo di segreto professionale gravi su chi sia venuto a conoscenza della notizia in ragione di un rapporto di consulenza professionale o di assistenza con l'ente, l'impresa o la persona fisica interessata.
3. Quando notizie e documenti che sono comunicati all'organo deputato a riceverli siano oggetto di segreto aziendale, professionale o d'ufficio, costituisce violazione del relativo obbligo di segreto la rivelazione con modalita' eccedenti rispetto alle finalita' dell'eliminazione dell'illecito e, in particolare, la rivelazione al di fuori del canale di comunicazione specificamente predisposto a tal fine.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi' 30 novembre 2017

MATTARELLA

Gentiloni Silveri, Presidente del
Consiglio dei ministri
Visto, il Guardasigilli: Orlando

Note all'art. 3:
- Per il testo dell'art. 54-bis del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165, si veda l'art. 1 della legge.
- Per il testo dell'art. 6 del decreto legislativo 8
giugno 2001, n. 231, come modificato dalla presente legge,
si veda la nota all'art. 2.
- Il testo degli articoli 326, 622 e 623 del codice
penale, e' il seguente:
«Art. 326 (Rivelazione ed utilizzazione di segreti di
ufficio). - Il pubblico ufficiale o la persona incaricata
di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti
alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua
qualita', rivela notizie di ufficio, le quali debbano
rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la
conoscenza, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre
anni.
Se l'agevolazione e' soltanto colposa, si applica la
reclusione fino a un anno.
Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un
pubblico servizio, che, per procurare a se' o ad altri un
indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente
di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete,
e' punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il
fatto e' commesso al fine di procurare a se' o ad altri un
ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri
un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino
a due anni.».
«Art. 622 (Rivelazione di segreto professionale). -
Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o
ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto,
lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio
o altrui profitto, e' punito, se dal fatto puo' derivare
nocumento, con la reclusione fino a un anno o con la multa
da euro 30 a euro 516.
La pena e' aggravata se il fatto e' commesso da
amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla
redazione dei documenti contabili societari, sindaci o
liquidatori o se e' commesso da chi svolge la revisione
contabile della societa'.
Il delitto e' punibile a querela della persona
offesa.».
«Art. 623 (Rivelazione di segreti scientifici o
industriali). - Chiunque, venuto a cognizione per ragione
del suo stato o ufficio, o della sua professione o arte, di
notizie destinate a rimanere segrete, sopra scoperte o
invenzioni scientifiche o applicazioni industriali, le
rivela o le impiega a proprio o altrui profitto, e' punito
con la reclusione fino a due anni.
Il delitto e' punibile a querela della persona
offesa.».
- Il testo dell'art. 2105 del codice civile, e' il
seguente:
«Art 2105 (Obbligo di fedelta'). - Il prestatore di
lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di
terzi, in concorrenza con l'imprenditore, ne' divulgare
notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di
produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter
recare ad essa pregiudizio.».
 
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