Gazzetta n. 105 del 8 maggio 2018 (vai al sommario) |
CORTE DEI CONTI |
DELIBERA 10 aprile 2018 |
Linee guida per l'esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale e per la valutazione della sua congruenza (art. 243-quater, TUEL). (Delibera n. 5/SEZAUT/2018/INPR). |
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LA CORTE DEI CONTI Sezione delle autonomie
Nell'adunanza del 10 aprile 2018; Visto l'art. 100, secondo comma, della Costituzione; Vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e le successive modificazioni ed integrazioni; Visto l'art. 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20; Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131; Visto il regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, approvato dalle Sezioni riunite con la deliberazione n. 14 del 16 giugno 2000 e le successive modifiche ed integrazioni; Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il testo unico delle leggi sugli enti locali e successive modificazioni; Visto il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito in legge 7 dicembre 2012, n. 213, in particolare l'art. 3, comma 1, lettera r) che, nell'ambito della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, prevede l'adozione di linee guida deliberate dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti ai fini dell'esame del piano di riequilibrio; Visto il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 corretto ed integrato dal decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126, con il quale sono stati introdotti nuovi schemi di bilancio e di rendiconto; Vista la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), in particolare l'art. 1, commi 849, 888 e 889, che disciplina nuovamente la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ex art. 243-bis, decreto legislativo n. 267/2000; Considerato che dal 2016 ha trovato piena applicazione il nuovo sistema contabile ed i nuovi schemi di bilancio armonizzati; Vista la deliberazione della Sezione delle autonomie n. 16/2012/INPR e successive integrazioni, con la quale sono state approvate le prime linee guida sulla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale; Considerato che la disciplina del riequilibrio finanziario pluriennale degli enti locali e' stata oggetto di successivi interventi normativi che hanno inciso sia sul profilo procedimentale che sugli aspetti sostanziali della misura di risanamento; Rilevata l'esigenza di rielaborare le linee guida ed i criteri per l'istruttoria del piano di riequilibrio finanziario pluriennale ex art. 243-quater TUEL da parte della Commissione per la stabilita' finanziaria degli enti locali, di cui alla sopra richiamata deliberazione n. 16/2012/INPR e successive integrazioni; Considerato che restano fermi gli indirizzi gia' espressi dalla Sezione delle autonomie con la sopra citata deliberazione n. 16/2012/INPR e successive deliberazioni di indirizzo ed orientamento, per quanto non modificati dalla normativa intervenuta; Ritenuta la necessita' di individuare l'esatta perimetrazione delle situazioni di sofferenza finanziaria suscettibili di ricorso al piano di riequilibrio, distinguendo tali situazioni da quelle riconducibili all'area di applicazione degli ordinari istituti di ripiano del disavanzo ex art. 188 TUEL; Dato atto che le presenti linee guida costituiscono indicazioni sulla corretta applicazione della procedura, al fine di garantire l'omogeneita' nelle valutazioni e conclusioni istruttorie, resta ferma la facolta' di ulteriori acquisizioni, utili all'esame del piano di risanamento; Vista la nota del Presidente della Corte dei conti n. 955 del 29 marzo 2018 di convocazione della Sezione delle autonomie per l'adunanza odierna, nonche' la successiva nota n. 961 del 4 aprile 2018 integrativa dell'ordine del giorno; Uditi i relatori, Presidente di sezione Francesco Petronio, Consigliere Rinieri Ferone e Consigliere Elena Brandolini;
Delibera: di approvare gli uniti documenti, che sono parte integrante della presente deliberazione, riguardanti le linee guida e il relativo schema istruttorio per l'esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale ex art. 243-quater del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL).
La presente deliberazione sara' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Cosi' deliberato in Roma nell'adunanza del 10 aprile 2018.
Il presidente: Buscema I relatori: Petronio - Ferone - Brandolini Depositata in segreteria il 26 aprile 2018 Il dirigente: Prozzo |
| LINEE GUIDA PER L'ESAME DEL PIANO DI RIEQUILIBRIO FINANZIARIO PLURIENNALE E PER LA VALUTAZIONE DELLA SUA CONGRUENZA (ART. 243-QUATER, TUEL). 1. Aspetti generali. La procedura di riequilibrio finanziario pluriennale e' uno strumento straordinario, previsto per gli enti locali in condizione di grave squilibrio strutturale, volto a prevenire il dissesto ed a ripristinare gli equilibri finanziari. Le esigenze di risanamento, in genere, conseguono ad una situazione di illiquidita' - in molti casi generata da una sovrastima dell'attivo con crediti di dubbia esazione e/o sforniti di idoneo titolo, nonche' da un non accurato riaccertamento ordinario dei residui - che impedisce il regolare adempimento delle obbligazioni con il ricorso ai mezzi ordinari. La procedura, che si colloca nell'ambito di un sistema articolato, nel quale sono previsti diversi strumenti per far fronte alle situazioni di squilibrio delle gestioni, favorisce l'emersione di disavanzi occulti, offrendo agli amministratori un utile strumento di auto-risanamento volto a scongiurare la piu' grave situazione di dissesto finanziario. In tal modo la gestione della crisi resta affidata agli organi ordinari dell'ente e nel contempo le iniziative di riequilibrio vengono sottoposte alla costante vigilanza delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini della verifica della piena sostenibilita' economico-finanziaria delle misure indicate dal piano allo scopo di garantire l'effettivo raggiungimento del risanamento dell'ente. Alla Sezione delle autonomie e' affidata una funzione d'indirizzo particolarmente orientata ai compiti e alle valutazioni istruttorie della Commissione di cui all'art. 155 TUEL e della quale tengono conto le Sezioni regionali di controllo (art. 243-quater TUEL, come introdotto dall'art. 3, comma 1, lettera r), del decreto-legge n. 174/2012, convertito nella legge n. 213/2012) per assicurare omogeneita' di principio nell'esercizio dei compiti ad esse assegnati nell'ambito della procedura di riequilibrio. Nell'esercizio di tale funzione la Sezione delle autonomie ha deliberato le linee guida per l'esame del piano di riequilibrio finanziario, approvate con la deliberazione n. 16/2012/INPR e successive integrazioni (delibere n. 11/2013 e n. 8/2015). Trascorsi cinque anni dall'approvazione della delibera, l'impianto di base e i principi che guidano la procedura in esame sono rimasti sostanzialmente immutati ma sono intervenuti elementi di novita' che impongono una rivisitazione delle linee d'indirizzo. In tal senso sono da tenere in considerazione le modifiche del quadro normativo che riguardano, da un lato, l'introduzione di un nuovo sistema contabile e di una diversa modulazione degli obiettivi di finanza pubblica e, dall'altro, le modifiche specifiche che in piu' occasioni hanno rivisto aspetti di dettaglio della procedura. Sul piano interpretativo si sono, inoltre, registrati numerosi interventi da parte delle Sezioni regionali di controllo e della stessa Sezione delle autonomie (che si e' pronunciata nella risoluzione di questioni di massima, talora integrando le richiamate linee guida), nonche' da parte delle Sezioni riunite in speciale composizione, alle quali e' intestata la giurisdizione in tema di impugnazioni relative ai piani di riequilibrio. Particolare rilievo assumono anche gli aspetti procedurali, in quanto, essendo rimessa all'ente la gestione del risanamento, il legislatore ha previsto, a presidio di siffatta responsabilita', un sistema di scadenze e preclusioni a garanzia degli interessi antagonisti in gioco. La procedura e' improntata alla salvaguardia del bene pubblico «bilancio» e quindi le operazioni di riequilibrio, (cfr. Corte Cost., sentenze n. 184/2016, n. 228/2017 e n. 247/2017) e tutte le fasi relative all'adozione e all'approvazione del piano sono scandite da termini, talvolta, di natura perentoria. Ne consegue, anche in ragione dell'intervenuta evoluzione normativa, l'esigenza di una rivisitazione funditus delle linee guida del 2012, in modo da poter offrire ancora a tutti gli attori della procedura un supporto chiaro che, da un lato, risolva (ove possibile) ex ante i dubbi interpretativi e, dall'altro, fornisca schemi contabili ed indici di valutazione sia della gravita' della situazione di squilibrio che della sostenibilita' delle manovre di risanamento e della loro congruita' rispetto al fine di ripristinare stabilmente l'equilibrio dell'ente. Alla luce di tali considerazioni le presenti linee guida ed il relativo schema istruttorio rappresentano il necessario aggiornamento di quelle approvate con deliberazione n. 16/2012. Esse sono destinate alla Commissione per la stabilita' finanziaria degli enti locali ex art. 155 TUEL e costituiscono, anche, supporto alle funzioni esercitate dalle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, comprese quelle presso le Regioni a statuto speciale e le due Province autonome che potranno utilizzarle nel rispetto dei regimi di autonomia differenziata ad esse applicabili. Il supporto operativo dato dalle linee guida e dal relativo schema istruttorio - si rammenta - non limita, comunque, gli approfondimenti istruttori di cui la Commissione e le Sezioni regionali ravvisino la necessita', in relazione anche ad ulteriori profili contabili e gestionali ritenuti di interesse. Si precisa che per quanto non modificato dalla normativa sopravvenuta e non oggetto del presente documento restano fermi gli indirizzi ed i principi di diritto gia' affermati dalla deliberazione n. 16/2012/INPR e successive modificazioni ed integrazioni. 2. Innovazioni normative e giurisprudenziali Sugli aspetti salienti della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (PRFP), e sui criteri d'esame del piano, la Corte si e' pronunciata piu' volte fornendo indirizzi stabili in materia. Nell'immediatezza della novella normativa, la Sezione delle autonomie ha adottato, attraverso le citate linee guida, indicazioni sulla corretta applicazione della procedura utili a superare possibili difficolta' nell'esegesi delle norme e renderne l'interpretazione tendenzialmente uniforme. Sono stati, in particolare, posti criteri per verificare l'esatta determinazione dei fattori di squilibrio presenti nella gestione dell'ente, nonche' l'attendibilita' e la sostenibilita' delle misure rivolte al superamento della situazione critica. E' stato, altresi', precisato che il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale e' ammesso solo nel caso in cui le accertate condizioni di squilibrio strutturale - unitamente alla complessiva massa passiva da ripianare - non compromettano la continuita' amministrativa nello svolgimento delle funzioni e dei servizi indispensabili e, nel contempo, lo squilibrio finanziario e la massa passiva siano ripianabili, ragionevolmente, nell'orizzonte temporale determinato in base ai criteri dell'art. 243-bis, comma 6, TUEL. Le indicazioni contenute nelle suddette linee guida, per quanto specifiche e rivolte a destinatari diversi dagli organi di revisione, richiedono un necessario coordinamento con linee guida ex art. 1, comma 166 e seguenti, legge n. 266/2005 per il bilancio e il rendiconto, nelle parti in cui queste esaminano gli stessi aspetti rilevanti per la procedura di riequilibrio pluriennale. La Sezione delle autonomie e' stata chiamata a risolvere, anche, numerose questioni di interesse generale (cfr.: deliberazioni nn. 8-13-22/2013/QMIG, 6-22/2014/QMIG, 1-13/2016/QMIG, 9/2017/QMIG), alcune delle quali relative alle innovazioni di carattere procedurale introdotte da sopravvenute e reiterate disposizioni normative, non sempre di agevole coordinamento con le norme preesistenti. Tali modifiche, concedendo facolta' di rimodulazione e/o riformulazione degli strumenti di risanamento in essere, introducono elementi che potrebbero non risultare coerenti con il sistema volto al risanamento finanziario degli enti locali. In tal modo, infatti, viene scalfito il principio di intangibilita' della procedura di riequilibrio pluriennale, in ragione del quale si ritenevano preclusi adattamenti del percorso di risanamento in fase di attuazione. Il sovrapporsi dei diversi interventi ha, inoltre, reso incerto il quadro normativo, in relazione soprattutto alla corretta perimetrazione delle diverse fattispecie e, sotto altro profilo, la continua rimessione in termini ha rappresentato un fattore di depotenziamento degli ordinari strumenti per la gestione delle situazioni di squilibrio ed ha determinato la dilatazione eccessiva del tempo di definizione della procedura con il rischio di pregiudizio di interessi giuridicamente rilevanti. Si e' trattato, per lo piu', di disposizioni ad efficacia temporale limitata che, da un lato, hanno esaurito i propri effetti regolativi al maturare delle scadenze espressamente in esse indicate e, dall'altro, in quanto norme derogatorie di principi generali, non sono suscettibili d'interpretazione estensiva. Rivestono parimenti carattere di eccezionalita' le disposizioni contenute nell'art. 1, commi 848, 849 e 889 della legge n. 205/2017 (legge di bilancio 2018) che hanno riaperto i termini per rimodulare e/o riformulare i Piani di riequilibrio finanziario pluriennale, presentati o approvati, nel contempo disciplinandone i presupposti. Nello specifico, il comma 848 consente, contestualmente all'approvazione del rendiconto 2017 e secondo le modalita' definite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, il riaccertamento straordinario dei residui al 31 dicembre 2017 provenienti dalla gestione 2014 e precedenti, esclusivamente per i casi espressamente indicati. Di diversa portata, invece, le novelle che sono intervenute direttamente sulla struttura dell'art. 243-bis, TUEL, che, da un lato, hanno introdotto in via permanente la possibilita' di riformulazione del piano al verificarsi di particolari presupposti di legge e, dall'altro, hanno ridefinito i parametri per la durata minima e massima dello stesso. Un primo intervento a carattere strutturale e' stato operato dal decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (conv. con mod. dalla legge n. 98/2013) che, novellando l'art. 243-bis, comma 5, del TUEL, ha aggiunto una disposizione che consente all'amministrazione in carica di rimodulare all'inizio del mandato il PRFP, presentato dalla precedente amministrazione, ordinaria o commissariale, nel caso in cui non risulti ancora intervenuta la delibera della Corte dei conti di approvazione o di diniego di cui all'art. 243-quater, comma 3. La facolta' introdotta nella fase di avvicendamento delle amministrazioni consente solo la rimodulazione del piano e non anche la sua riformulazione. Con il termine «riformulazione» deve intendersi una nuova edizione del piano di riequilibrio, mentre la «rimodulazione» consiste nella revisione e/o riorganizzazione del piano stesso sulla base di esigenze diverse sopravvenute (vengono revisionati una serie di parametri in modo coordinato e graduale). Sul punto vanno richiamate le deliberazioni della Sezione autonomie n. 13/2016 e n. 9/2017 ove si chiarisce che la distinzione tra «rimodulazione» e «riformulazione» del piano di riequilibrio appare simmetrica a quella tra enti che hanno gia' ottenuto l'approvazione del piano dalla competente Sezione regionale ed enti che hanno soltanto deliberato il piano per il quale, in seguito alla riformulazione, si rende necessaria la trasmissione alla Commissione per la stabilita' finanziaria degli enti locali al fine di garantire la corrispondenza tra il piano oggetto d'istruttoria ed il piano oggetto di decisione. Altra modifica strutturale dovuta alla gia' citata legge di bilancio 2018 riguarda l'introduzione del parametro di durata del PRFP. In forza dell'art. 1, comma 888, lettera a), e' stata, infatti, disposta la modifica dell'art. 243-bis, comma 5 in relazione alla durata minima e massima dei piani e con l'art. 1, comma 888, lettera b) e' stato introdotto il comma 5-bis all'art. 243-bis del TUEL recante i criteri atti ad individuare quattro fasce temporali di durata massima del piano di riequilibrio. La durata massima del PRFP (in origine stabilita in anni cinque, poi dilatata ad anni 10, incluso quello in corso, con la legge di conversione del decreto-legge n. 174/2012) e' ora compresa tra quattro e venti anni (co. 5, nel testo novellato), in ragione del rapporto tra le passivita' da ripianare nel medesimo e l'ammontare degli impegni di cui al titolo I della spesa del rendiconto dell'anno precedente a quello di deliberazione del ricorso alla procedura di riequilibrio o dell'ultimo rendiconto approvato (co. 5-bis). La novella apportata all'art. 256 TUEL («Liquidazione e pagamento della massa passiva») in relazione agli enti soggetti all'attivita' dell'organo straordinario di liquidazione risulta di peculiare portata e a carattere eccezionale. L'art. 15-bis, comma 1, lettera a) del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2016, n. 160 ha, infatti, introdotto, al comma 12 del richiamato articolo, la possibilita' per l'ente di aderire alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dall'art. 243-bis nell'esclusiva ipotesi d'insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, e tale da compromettere il doveroso risanamento del medesimo ente, all'uopo includendo espressamente detta misura tra quelle ritenute «straordinarie». 3. Presupposti e condizioni La procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ha come presupposto l'impossibilita' per l'ente di ripristinare l'equilibrio di bilancio e dare copertura «credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale» (sentenze Corte costituzionale n. 106 del 2011, n. 68 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010, n. 213 del 2008, n. 384 del 1991 e n. 1 del 1966) alla situazione debitoria complessiva fuori bilancio attraverso gli strumenti ordinariamente previsti dagli articoli 188, 193 e 194 TUEL. Risulta, comunque, precluso l'accesso alla procedura di riequilibrio qualora sia decorso il termine assegnato dal Prefetto o altro organo previsto dai regimi di autonomia differenziata, con lettera notificata ai singoli consiglieri, per la deliberazione del dissesto. Le situazioni di sofferenza finanziaria suscettibili di ricorso al piano di riequilibrio, vanno distinte con chiarezza da quelle riconducibili all'area di applicazione degli ordinari istituti di ripiano del disavanzo ex art. 188 TUEL. L'art. 243-bis, comma 1, TUEL individua quali presupposti per il ricorso alla procedura di riequilibrio, la concomitante sussistenza di «squilibri strutturali in grado di provocare il dissesto finanziario» ed insufficienza delle misure di cui agli articoli 193 (deliberazione di salvaguardia degli equilibri di bilancio) e 194 (riconoscimento di legittimita' dei debiti fuori bilancio) del TUEL, per il superamento delle condizioni di squilibrio rilevate. Lo squilibrio si individua, sostanzialmente, nell'incapacita' di adempiere alle proprie obbligazioni secondo esigibilita' a causa della mancanza di risorse effettive a copertura della spesa e, solitamente, della correlata mancanza o grave carenza di liquidita' disponibile; tale squilibrio e' «strutturale» quando il deficit - da disavanzo di amministrazione o da debiti fuori bilancio - esorbita le ordinarie capacita' di bilancio e di ripristino degli equilibri e richiede mezzi ulteriori, extra ordinem (in termini di fonti di finanziamento, dilazione passivita', ecc.). Occorre precisare che il ricorso all'utilizzo improprio dello strumento eccezionale e straordinario in luogo di quello ordinario (ripianamento negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della consiliatura ai sensi dell'art. 188 TUEL) rende inammissibile il piano di riequilibrio per carenza dei presupposti di legge e ne preclude l'esame nel merito. Si ricorda, altresi', che nell'esame della situazione complessiva di squilibrio e nella valutazione della possibilita' di ripristino di condizioni di equilibrio durevole, mediante le procedure ordinarie ex art. 188 del TUEL, rilevano le funzioni assegnate al responsabile del servizio finanziario e ai revisori tenuti a vigilare sulla sostenibilita' del bilancio dell'ente anche nella prospettiva del risanamento. In linea di continuita' con quanto affermato con la deliberazione n. 16/2012, si richiama la rilevanza delle competenze intestate all'organo di revisione contabile dell'ente nell'ambito della predisposizione del piano, oltre che in fase attuativa con riferimento alle prescritte relazioni infrannuali sul grado di raggiungimento degli obiettivi intermedi. La richiamata legge di bilancio 2018, ha introdotto un criterio oggettivo per determinare la durata massima del piano di riequilibrio, stabilendo che la vigenza dello stesso sia compresa tra i 4 e i 20 anni in ragione del parametro oggettivo di cui al comma 5-bis, art. 243-bis del TUEL. La particolare contiguita', almeno sotto il profilo temporale, tra le ipotesi di riequilibrio nel termine di 4 anni e quello negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della consiliatura (art. 188 TUEL), impone una valutazione nel merito sulla opportunita' di ricorrere allo strumento di risanamento per realizzare il percorso di riequilibrio. Condizione per accedere alla procedura di riequilibrio e' la regolare approvazione del bilancio di previsione e dell'ultimo rendiconto nei termini di legge: cio' in quanto e' necessario che le successive proiezioni abbiano come punto iniziale di riferimento una situazione consolidata in documenti ufficiali o comunque, conosciuti in momenti topici della gestione quali la verifica per la salvaguardia degli equilibri di bilancio, nonche' in fase di assestamento generale o in qualunque altro momento utile del ciclo di bilancio. Anche se tali adempimenti non sono espressamente richiesti dalla disciplina procedimentale per la definizione del piano di risanamento, essi rappresentano essenziali ed imprescindibili elementi istruttori la cui mancanza si riverbera sulla valutazione della congruenza, ai fini del riequilibrio, dello strumento di risanamento. In proposito si richiamano gli orientamenti gia' espressi con le deliberazioni n. 16/SEZAUT/2012/INPR e n. 22/SEZAUT/2013/QMIG. Si ricorda in proposito che, il piano di riequilibrio deve necessariamente contenere una quantificazione veritiera ed attendibile della situazione economico-finanziaria dell'ente e dell'esposizione debitoria, la puntuale ricognizione e quantificazione dei fattori di squilibrio e dell'eventuale disavanzo di amministrazione risultante dall'ultimo rendiconto approvato. Nella rilevazione dell'entita' della situazione iniziale di squilibrio assume un rilievo pregnante la ricognizione degli oneri latenti al fine di poterne stimare le ricadute negli anni di svolgimento della procedura di risanamento. Ove non adeguatamente considerati, i debiti e gli oneri latenti, possono minare in radice la sostenibilita' del piano programmato. Il comma 6 dell'art. 243-bis stabilisce, infatti, che il piano di riequilibrio finanziario pluriennale deve individuare e quantificare tutte le misure necessarie per ripristinare l'equilibrio strutturale del bilancio, per ripianare integralmente il disavanzo di amministrazione accertato e per finanziare i debiti fuori bilancio nel periodo massimo di vigenza dello stesso. Contestualmente, non vanno trascurati gli obblighi discendenti dal principio di prudenza declinati nei vincoli di accantonamento a vario titolo previsti dalla legge. Il compito di ripristinare gli equilibri del bilancio, infatti, non si esaurisce con il riequilibrio del solo flusso delle entrate e delle spese. Una corretta programmazione impone di inserire nella previsione tutti i fenomeni finanziari incidenti sulla gestione. Oggetto del piano di riequilibrio e' il disavanzo sostanzialmente determinato e previamente formalizzato, tramite una sistematica attivita' di ricognizione di passivita' e debiti fuori bilancio da riconoscere e la «revisione» straordinaria dei residui ai sensi dell'art. 243-bis, comma 8 lettera e). Parallelamente, deve essere effettuata una sistematica attivita' di accertamento delle posizioni debitorie aperte con il sistema creditizio e della relativa sostenibilita' attuale e nella prospettiva temporale del piano di riequilibrio. 4. Risanamento, congruita' e sostenibilita' La Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, entro il termine di 30 giorni dalla data di ricezione della documentazione di cui al comma 1, dell'art. 243-quater, delibera sull'approvazione o sul diniego del piano, valutandone la congruenza ai fini del riequilibrio. La valutazione di congruenza va effettuata alla stregua del principio contabile generale degli enti locali (All. 1, decreto legislativo n. 118/2011) cosi' definito: «la congruita' consiste nella verifica dell'adeguatezza dei mezzi disponibili rispetto ai fini stabiliti. Il principio si collega a quello della coerenza, rafforzandone i contenuti di carattere finanziario, economico e patrimoniale, anche nel rispetto degli equilibri di bilancio. La congruita' delle entrate e delle spese deve essere valutata in relazione agli obiettivi programmati, agli andamenti storici ed al riflesso nel periodo degli impegni pluriennali che sono coerentemente rappresentati nel sistema di bilancio nelle fasi di previsione e programmazione, di gestione e rendicontazione». Particolare importanza assume, sotto il profilo valutativo, il giudizio sulla congruita' dei mezzi, che potrebbe essere compromesso dall'accertata scarsa capacita' di riscossione dei crediti da parte dell'ente, dal costante aumento delle spese correnti, oppure da una riscontrata cronica situazione di illiquidita' con ricorso sistematico ad anticipazioni di tesoreria di notevole entita', che possono diventare veri e propri finanziamenti qualora non restituite alla fine dell'esercizio di riferimento. La valutazione del piano impone un giudizio in termini di veridicita' (c.d. principio della contabilita' privatistica della rappresentazione veritiera e corretta - c.d. true and fair view - secondo la direttiva 78/660/CEE) e attendibilita' delle previsioni (parametro normativo anche del bilancio di previsione ai sensi dell'art. 162, comma 5, decreto legislativo n. 267/2000) e, quindi, di sostenibilita' finanziaria del riequilibrio in base alle previsioni ritenute veritiere e attendibili. Previsioni veritiere e, dunque, realmente rappresentative e attendibili costituiscono presupposti indefettibili per poter formulare compiute conclusioni in ordine alla sostenibilita', in concreto, del percorso di riequilibrio ed alla effettivita' dello stesso. Quanto al principio di attendibilita' giova rimarcare come lo stesso implichi una «informazione scevra da errori e distorsioni»; a tal fine e' precisato che «le previsioni e in generale tutte le valutazioni a contenuto economico-finanziario e patrimoniale, devono essere sostenute da accurate analisi di tipo storico e programmatico o, in mancanza, da altri idonei ed obiettivi parametri di riferimento, nonche' da fondate aspettative di acquisizione e di utilizzo delle risorse». Per le valutazioni in sede istruttoria cosi' come in sede procedimentale (Commissione ministeriale e Sezione regionale di controllo) vanno tenute in considerazione le indicazioni offerte dalla giurisprudenza delle Sezioni riunite in speciale composizione circa la necessita' di una «visione dinamica» della situazione contabile dell'ente. Di conseguenza le prospettive di recupero, in quanto correlate al concetto stesso di strutturalita' dello squilibrio, devono essere individuate tenendo in considerazione la situazione presente al momento delle valutazioni conclusive. In tale contesto, va tenuto conto anche della necessita' che lo strumento di risanamento sia efficace al suo scopo. Pertanto, in questa prospettiva, al fine di superare le criticita' correlate all'insorgenza di debiti fuori bilancio, maturati nelle more della procedura, che vanno ad incidere aggravando la massa passiva, ed in vista di una compiuta emersione di oneri latenti e di passivita' potenziali anche con riferimento agli organismi partecipati, sia in sede istruttoria che procedimentale, vanno operati specifici «focus» istruttori dei quali deve essere data evidenza formale, si' da favorire l'emersione e l'inclusione di tali elementi patrimoniali negativi nell'ambito dell'azione di risanamento. Gli effetti di una puntuale ricognizione di tutti i debiti rende chiaro e leggibile il percorso di risanamento, evitando che questo si incagli in improvvide ed intempestive emersioni di ulteriori passivita' che rendono impossibile il riequilibrio con le conseguenti responsabilita' per i vari profili di rilevanza. Appare evidente come un corretto dimensionamento delle passivita' da iscrivere nel piano rappresenti il necessario antecedente per una applicazione non strumentale del nuovo regime, risultando ancora attuali le indicazioni rese dalla Sezione delle autonomie, in occasione delle prime linee guida (cfr. deliberazione n. 16/INPR/2012) circa la auspicabile coincidenza tra l'amministrazione che ha presentato il piano e quella destinata a darvi attuazione. Il piano di riequilibrio, inoltre, deve necessariamente risultare coerente con le misure di razionalizzazione delle societa' partecipate, con i contratti di servizio e gli impegni assunti dall'ente nei confronti degli organismi partecipati, ovvero imposti ex lege quale socio, committente, finanziatore, garante, e ad ogni altro titolo. Circa la valutazione della congruita' delle misure di risanamento e la sostenibilita' del percorso di riequilibrio vanno tenute in particolare evidenza le indicazioni offerte dalle pronunce rese dalle Sezioni regionali di controllo in sede di monitoraggio infrannuale, secondo le quali gli scostamenti rispetto alle previsioni formulate si sono riscontrati soprattutto con riferimento alla mancata realizzazione di entrate relative a dismissioni immobiliari ed al recupero dell'evasione tributaria. In merito alla sostenibilita' del piano di riequilibrio sia in sede di Commissione che nelle Sezioni regionali di controllo va ponderata l'adeguatezza della quota di ripiano stimata rispetto alle risorse correnti disponibili ed agli altri fattori determinanti quali i coefficienti di rigidita' del bilancio (debito, spesa del personale). Infatti, un piano di rientro basato su misure non sostenibili non risulta efficace, aggravando lo squilibrio finanziario dell'ente. Ai fini dell'effettiva sostenibilita' del piano di risanamento e' opportuno privilegiare, specie nei piani di durata ultradecennale, l'impiego di mezzi di riequilibrio di carattere ordinario che favoriscano la formazione di un adeguato saldo di parte corrente anche in vista della costituzione di appositi accantonamenti idonei a far fronte ad eventi imprevisti nell'arco della durata del piano. 5. Verifiche istruttorie e criteri direttivi Le verifiche di attendibilita' e congruita' delle misure di risanamento previste dal piano di riequilibrio devono necessariamente tenere conto delle novellate ipotesi di modulabilita' del piano in quattro, dieci, quindici e venti anni. In primo luogo, come gia' accennato nell'illustrare i presupposti procedimentali, particolare riflessione si impone in relazione all'effettiva sussistenza delle condizioni per ricorrere al piano di riequilibrio di durata quadriennale. Cio' in considerazione della particolare contiguita' che detta modulazione temporale del piano presenta con la misura ordinaria di rientro dal disavanzo ex art. 188 del TUEL, nel contempo costituendone, tuttavia, misura fortemente derogatoria. In particolare, per il predetto piano quadriennale, in sede istruttoria va verificata la condizione essenziale apposta dal primo comma dell'art. 243-bis del TUEL, ovvero la sussistenza di squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto. A tal fine non e' sufficiente verificare il peso delle passivita' secondo il criterio definito dall'art. 243-bis, comma 5-bis, TUEL, ma va ponderato se da tale rapporto discenda l'insostenibilita' di un piano di rientro ex art. 188 del TUEL che, come noto, consente il ripiano della situazione di disavanzo anche entro la durata della consiliatura e che teoricamente permetterebbe uno spazio temporale maggiore rispetto al piano di riequilibrio quadriennale ove l'amministrazione appena eletta decidesse di ricorrere al piano di riequilibrio. Per le ragioni gia' esposte in precedenza (cfr. par. 3), quindi, la condizione che legittima il ricorso al piano di riequilibrio quadriennale non e' integrata dalla semplice sussistenza del rapporto tra passivita' e spesa corrente indicato dalla norma dell'art. 243-bis, comma 5-bis, del TUEL. Deve trattarsi di una situazione marcatamente differente rispetto alle ipotesi di disavanzo che impongono il piano di rientro e altresi' non superabile con le ordinarie misure di salvaguardia ex art. 193, TUEL. Su tali aspetti si deve incentrare poi la verifica in sede istruttoria ed in sede di esame del piano di riequilibrio, nel piu' ampio contraddittorio con l'ente. Un utile riferimento valutativo puo' rinvenirsi nel nuovo sistema parametrale, ancora sperimentale, per l'individuazione degli enti locali strutturalmente deficitari (Osservatorio sulla finanza e contabilita' degli enti locali - Atto di indirizzo ex. art. 154, comma 2, TUEL, sulla revisione dei parametri per l'individuazione degli enti locali strutturalmente deficitari di cui all'art. 242, TUEL). Esso si compone di 8 indicatori parametrizzati con l'indicazione di opportune soglie, al di sopra o al di sotto delle quali scatta la presunzione di positivita'. Anche tali aspetti devono essere verificati in sede istruttoria ed in sede di esame del piano di riequilibrio. Sul versante opposto, occorre soffermare l'attenzione sui piani ultradecennali nel senso che il percorso di riequilibrio e l'apprezzamento della congruenza del programma diluito in un cosi' ampio arco di tempo deve fondarsi su parametri di stima piu' complessi rispetto a quelli che si assumono per le procedure di breve durata, poiche' le previsioni che superano i cinque anni, sia sul versante della spesa che dell'entrata, sono inevitabilmente soggette all'influenza di innumerevoli variabili (sia endogene che esogene). Per queste ragioni la Commissione prima e la Sezione regionale di controllo in sede di esame del piano poi, dovranno, da un lato, verificare se i flussi esposti dall'ente che ha deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio possano essere attendibili, soprattutto alla luce dei dati storici di bilancio e, dall'altro, per i periodi successivi ai cinque anni, stimare la ragionevolezza delle previsioni. Si rammenta, peraltro, che l'attendibilita', la congruita' e la coerenza, interna ed esterna, dei documenti di programmazione costituiscono prova dell'affidabilita' e credibilita' degli enti territoriali (par. 1, principio contabile allegato 4/1, decreto legislativo n. 118/2011). In particolare, bisogna tener conto che le previsioni - in quattro, dieci, quindici e venti anni - esprimono un'anticipata programmazione finanziaria dei futuri esercizi nella misura in cui essi sono interessati dal piano di rientro e che, le stesse, vincolano l'ente ad attuarlo in virtu' del fatto costitutivo, rappresentato dall'approvazione del piano, salvo il verificarsi dell'ipotesi contemplata dall'art. 243-quater, comma 7-bis, TUEL. Il ricorso al piano di riequilibrio, peraltro, non si esaurisce in un mero piano di estinzione rateizzata dei debiti in un esteso arco di tempo, ma principalmente nell'adozione di misure strutturali che evitino il riformarsi dei debiti, misure che devono incidere maggiormente nei primi anni previsti dal piano per poi stabilizzarsi negli anni successivi. Si deve cioe' dimostrare di poter garantire in prospettiva un equilibrio economico-finanziario veritiero e durevole nel tempo. Un profilo che attiene alla corretta programmazione di rientro dal deficit e' quello che concerne il piano di estinzione dei debiti che deve risultare da uno specifico accordo con i creditori e non essere oggetto di un mero atto unilaterale dell'ente che, in quanto tale, non puo' assumere alcuna efficacia ai fini del previsto ripiano. La mancata sottoscrizione, infatti, di un previo idoneo accordo con i creditori interessati costituisce carenza tale da rendere il piano di riequilibrio finanziario del tutto inattendibile, ove si determini il rinvio ad eventi futuri ed incerti della possibilita' per l'ente di transigere o di rateizzare le sue passivita' (Sezioni riunite in sede giurisdizionale, in speciale composizione, sentenza n. 10/2014/EL). Allo stesso modo particolare cura dovra' essere posta in relazione ai piani di rateizzazione dei pagamenti di cui all'art. 243-bis, comma 7-bis e seguenti del TUEL, tenuto conto del possibile non allineamento temporale tra la durata della rateizzazione e la durata del piano eventualmente superiore ai dieci anni che non «attrae», in tale piu' lunga durata, la predetta rateizzazione. 6. Procedure e termini La procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, disciplinata dall'art. 243-bis e seguenti del TUEL, e' scandita in fasi alle quali si riconnettono termini e preclusioni sulla cui portata e' bene soffermarsi. E' da considerare al riguardo che l'avvio della procedura di risanamento pluriennale, ancor prima dell'approvazione del piano, comporta la sospensione delle azioni esecutive, determinando una compressione dei diritti dei terzi creditori, per cui la cadenza delle fasi procedurali in ristretti ambiti temporali e' destinata a non comprimere oltremodo tali situazioni meritevoli di tutela. Nei primi cinque anni di applicazione della normativa, pero', la principale criticita' emersa afferisce, proprio, alla estrema lunghezza della fase istruttoria. Condizione che frustra l'essenza stessa del processo di risanamento, il quale, in quanto rimedio utile a prevenire il dissesto, non dovrebbe poter prescindere dalla celerita' dell'applicazione del piano e dal sollecito esame dello stesso. Il trascorrere del tempo rende vetuste le misure di risanamento proposte nel piano e, dunque, inattendibile il complessivo percorso di riequilibrio, ma, soprattutto, aggrava la condizione di precarieta' finanziaria dell'ente avvicinandolo alla configurazione del dissesto. A tal proposito, poiche' in caso di richieste istruttorie i conseguenti adempimenti possono richiedere tempistiche diverse, solitamente piu' lunghe rispetto ai termini procedurali stabiliti ex lege, appare necessario che, anche in assenza di espressa previsione normativa, si assegnino all'ente precisi termini per l'adempimento con espressa avvertenza che, in caso di mancato rispetto degli stessi, la valutazione del piano sara' fatta allo stato degli atti. Il buon esito della procedura, infatti, non puo' prescindere dal rispetto dei termini e dall'applicazione delle conseguenti decadenze di legge in caso d'infruttuoso decorso di termini perentori. Per l'adozione del piano di riequilibrio e' previsto un termine perentorio di 90 giorni a partire dalla data di esecutivita' della deliberazione consiliare di ricorso alla procedura. Al fine dell'esatta individuazione del dies a quo, per il computo del termine predetto, si pongono due ipotesi alternative: una, ordinaria, riferita al decorso del prescritto periodo di pubblicazione ex art. 134, comma 3, TUEL, e una, eccezionale, riferita alla pubblicazione della delibera dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 134, comma 4. Decorso infruttuosamente il predetto termine trova applicazione l'art. 243-quater, comma 7, del TUEL. In tale ipotesi la Sezione regionale di controllo, accertata la tardiva presentazione del piano, trasmette la relativa deliberazione al Prefetto competente o altro organo previsto dai regimi di autonomia differenziata, che, ai sensi dell'art. 6, comma 2, decreto legislativo n. 149/2011, assegna al Consiglio dell'ente un termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto. Particolare attenzione dovra' essere posta anche all'osservanza dei termini procedurali di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 243-quater, TUEL (espletamento dell'istruttoria di competenza della Commissione) in quanto lo stretto margine previsto dal legislatore per i predetti adempimenti e' diretta conseguenza della necessita' che la valutazione del piano sia quanto piu' possibile vicina al momento di adozione dello stesso. Cio' in considerazione del fatto che la veridicita' e attendibilita' degli originari contenuti dello strumento di risanamento potrebbero essere compromessi in caso di eccessiva dilatazione dei predetti termini - ancorche' ordinatori -, con conseguente necessita' di ulteriori attivita' istruttorie per la valutazione dei fatti gestionali medio tempore verificatisi, che inevitabilmente influiscono sulla situazione da risanare e sull'adeguatezza dei mezzi per fronteggiarla. Funzionale alle citate esigenze di tempestiva conclusione del procedimento istruttorio e', anche, il rigoroso rispetto di una delle principali e consolidate regole poste a presidio del corretto esercizio delle funzioni amministrative e cioe' che la trattazione degli affari sia svolta secondo il rigoroso ordine cronologico di presentazione dei medesimi. Non puo' trascurarsi di considerare, in proposito, che l'impropria posposizione del suddetto ordine di trattazione danneggia i creditori degli enti coinvolti da tale evenienza, che vedono dilatarsi i termini di sospensione dell'azione per la realizzazione dei propri crediti. Il decorso del tempo incide, come gia' ricordato, anche per la possibile mutevolezza della situazione sostanziale finanziaria rappresentata nell'originaria formulazione del piano. Circa la possibile evoluzione, anche fisiologica, delle condizioni di equilibrio e del processo di risanamento, le Sezioni riunite in speciale composizione hanno evidenziato la necessita' di una valutazione «dinamica dei profili contabili che sostengono il piano» (sentenze nn. 8/2018, 2/2015, 34/2014). Tale criterio di dinamicita' vuole rendere conto della possibilita' che, nelle more delle valutazioni istruttorie della Commissione e della decisione della Sezione regionale, possono intervenire variazioni - che si riflettono sulla situazione di squilibrio originariamente rappresentata dall'Ente - idonee a determinare un miglioramento, o un peggioramento, della stessa e, quindi, un adattamento del percorso di riequilibrio. Detto adattamento, tuttavia, si ritiene non possa esorbitare dalla prospettiva breve dell'esercizio finanziario nel quale sono state rilevate le condizioni per ricorrere al piano. Tali variabili, a titolo esemplificativo, possono conseguire dall'approvazione del rendiconto, ovvero da errori di previsione nella manovra di bilancio, o dall'emersione di passivita' ulteriori diverse da quelle che dovevano obbligatoriamente essere rilevate in sede di presentazione. Anche la conclusione di onerosi contenziosi o eventi straordinari che operano esenzioni di una parte dell'imponibile generano situazioni suscettibili di cambiare, oggettivamente, la sostenibilita' del piano di risanamento. Si rammenta, infatti, che l'art. 243-bis, comma 6, lettera b) impone espressamente «la puntuale ricognizione con esatta quantificazione dei fattori di squilibrio rilevati, dell'eventuale disavanzo di amministrazione risultante dall'ultimo rendiconto approvato e degli eventuali debiti fuori bilancio». Particolare significato, inoltre, assume nella costruzione del percorso di riequilibrio, il costante rispetto delle previsioni normative attuative del principio della prudenza e, quindi, la verifica attenta e scrupolosa delle coperture del fondo pluriennale vincolato di spesa, nonche' l'attenta verifica di congruita' del fondo crediti di dubbia esigibilita', abbandonando, se del caso, ove utilizzata, la forma semplificata di determinazione del fondo crediti a consuntivo. Sempre riconducibile al principio della prudenza si reputa anche la necessita' dell'accantonamento di un congruo fondo per passivita' potenziali nonche' per «rischi spese legali» da effettuarsi, quest'ultimo, sulla base di una ricognizione del contenzioso esistente a carico dell'ente formatosi negli esercizi precedenti ed il cui onere puo' essere ripartito, in quote uguali, tra gli esercizi considerati nel bilancio di previsione (paragrafo 5.2 lettera h, dell'allegato 4/2 al decreto legislativo n. 118/2011). Trascurare tali cautele significa, infatti, perpetuare condizioni di precarieta' che rendono difficile il riequilibrio finanziario tenendo conto, anche, del fatto che l'eventuale sottostima o mancata indicazione delle quote accantonate, destinate e vincolate del risultato di amministrazione pregiudica la veridicita' ed attendibilita' delle risultanze dell'intero rendiconto ripercuotendosi anche sui bilanci degli esercizi successivi. In tal senso assume rilevanza l'asseverazione della congruita' dei vari accantonamenti da parte dell'organo di revisione. Un punto di rilievo riguarda, inoltre, l'esercizio della facolta' di revoca del ricorso alla procedura di riequilibrio in linea di principio da ritenersi consentita qualora esercitata entro il termine di 90 giorni previsto per la presentazione del piano. Si richiamano in proposito i principi affermati nelle delibere della Sezione delle autonomie n. 16/SEZAUT/2012/INPR e n. 22/SEZAUT/2013/QMIG. Tale decisione di revoca deve essere formalizzata ed espressa da apposita delibera e non puo' che consistere in una rinuncia in toto all'utilizzo del rimedio di risanamento; essa non potra' giammai presumersi da eventuali comportamenti concludenti ovvero discendere da un uso improprio delle facolta' di rimodulazione o riformulazione, nei casi in cui siano consentite dalla legge ed, in particolare, nell'ipotesi di rimodulazione del piano ad inizio mandato, secondo le previsioni di cui all'art. 243-bis, comma 5, TUEL. Parimenti oggetto di rinuncia puo' essere la richiesta di accesso al fondo di rotazione, ferme restando le misure programmate di riequilibrio e la comprovata sostenibilita' del percorso di risanamento. |
| SCHEMA ISTRUTTORIO
Parte di provvedimento in formato grafico |
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