Gazzetta n. 250 del 26 ottobre 2018 (vai al sommario)
DECRETO LEGISLATIVO 2 ottobre 2018, n. 121
Disciplina dell'esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni, in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 81, 83 e 85, lettera p), della legge 23 giugno 2017, n. 103.



IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;
Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la legge 23 giugno 2017, n. 103, recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario», contenente la delega al Governo per la riforma dell'ordinamento penitenziario, e, in particolare l'articolo 1, commi 82, 83, 85, lettera p);
Vista la legge 26 luglio 1975, n. 354, recante «Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'»;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447, recante «Approvazione del codice di procedura penale»;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, recante «Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni»;
Visto il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, recante: «Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni»;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2012, n. 263, recante «Regolamento recante norme generali per la ridefinizione dell'assetto organizzativo didattico dei Centri d'istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi serali, a norma dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133»;
Sentito il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della liberta' personale;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 22 febbraio 2018;
Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto delegato 28 agosto 1997, n. 28, espressa nella seduta del 1° agosto 2018;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 27 settembre 2018;
Sulla proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

Emana
il seguente decreto legislativo:

Art. 1

Regole e finalita' dell'esecuzione

1. Nel procedimento per l'esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunita' a carico di minorenni, nonche' per l'applicazione di queste ultime, si osservano le disposizioni del presente decreto e, per quanto da esse non previsto, quelle del codice di procedura penale, della legge 26 luglio 1975, n. 354, del relativo regolamento di attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n.230, e del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, e relative norme di attuazione, di coordinamento e transitorie approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272.
2. L'esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunita' deve favorire percorsi di giustizia riparativa e di mediazione con le vittime di reato. Tende altresi' a favorire la responsabilizzazione, l'educazione e il pieno sviluppo psico-fisico del minorenne, la preparazione alla vita libera, l'inclusione sociale e a prevenire la commissione di ulteriori reati, anche mediante il ricorso ai percorsi di istruzione, di formazione professionale, di istruzione e formazione professionale, di educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, e ad attivita' di utilita' sociale, culturali, sportive e di tempo libero.

N O T E

Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia, ai sensi
dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la
lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali
e' operato il rinvio. Restano invariati il valore e
l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.

Note alle premesse:
L'art. 76 della Costituzione stabilisce che l'esercizio
della funzione legislativa non puo' essere delegato al
Governo se non con determinazione di principi e criteri
direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti
definiti.
L'art. 87 della Costituzione conferisce, tra l'altro,
al Presidente della Repubblica il potere di promulgare le
leggi e di emanare i decreti aventi valore di legge ed i
regolamenti
- Si riporta il testo dell'art. 14 della legge 23
agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e
ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 12 settembre 1988, n.
214, S.O.):
«Art. 14 (Decreti legislativi). - 1. I decreti
legislativi adottati dal Governo ai sensi dell'art. 76
della Costituzione sono emanati dal Presidente della
Repubblica con la denominazione di «decreto legislativo» e
con l'indicazione, nel preambolo, della legge di
delegazione, della deliberazione del Consiglio dei ministri
e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla
legge di delegazione.
2. L'emanazione del decreto legislativo deve avvenire
entro il termine fissato dalla legge di delegazione; il
testo del decreto legislativo adottato dal Governo e'
trasmesso al Presidente della Repubblica, per la
emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza.
3. Se la delega legislativa si riferisce ad una
pluralita' di oggetti distinti suscettibili di separata
disciplina, il Governo puo' esercitarla mediante piu' atti
successivi per uno o piu' degli oggetti predetti. In
relazione al termine finale stabilito dalla legge di
delegazione, il Governo informa periodicamente le Camere
sui criteri che segue nell'organizzazione dell'esercizio
della delega.
4. In ogni caso, qualora il termine previsto per
l'esercizio della delega ecceda i due anni, il Governo e'
tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei
decreti delegati. Il parere e' espresso dalle Commissioni
permanenti delle due Camere competenti per materia entro
sessanta giorni, indicando specificamente le eventuali
disposizioni non ritenute corrispondenti alle direttive
della legge di delegazione. Il Governo, nei trenta giorni
successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue
osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle
Commissioni per il parere definitivo che deve essere
espresso entro trenta giorni.».

Note all'art. 1:
La legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento
penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e
limitative della liberta'), e' pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale 9 agosto 1975, n. 212, S.O.
Il decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno
2000, n. 230 (Regolamento recante norme sull'ordinamento
penitenziario e sulle misure privative e limitative della
liberta') e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 agosto
2000, n. 195, S.O.
Il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre
1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo
penale a carico di imputati minorenni) e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 24 ottobre 1988, n. 250, S.O.
Il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272 (Norme di
attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del
Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448,
recante disposizioni sul processo penale a carico di
imputati minorenni), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 5
agosto 1989, n. 182, S.O.
 
Art. 2

Misure penali di comunita'

1. Sono misure penali di comunita' l'affidamento in prova al servizio sociale, l'affidamento in prova con detenzione domiciliare, la detenzione domiciliare, la semiliberta', l'affidamento in prova in casi particolari.
2. Le misure penali di comunita' sono disposte quando risultano idonee a favorire l'evoluzione positiva della personalita', un proficuo percorso educativo e di recupero, sempre che non vi sia il pericolo che il condannato si sottragga all'esecuzione o commetta altri reati. Tutte le misure devono prevedere un programma di intervento educativo.
3. Fermo quanto previsto all'articolo 1, comma 1, ai fini della concessione delle misure penali di comunita' e dei permessi premio e per l'assegnazione al lavoro esterno si applica l'articolo 4-bis, commi 1 e 1-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.
4. Il tribunale di sorveglianza decide sulla base dei risultati dell'osservazione e della valutazione della personalita' del minorenne, delle condizioni di salute psico-fisica, dell'eta' e del grado di maturita', del contesto di vita e di ogni altro elemento utile, tenuto conto della proposta di programma di intervento educativo redatta dall'ufficio di servizio sociale per i minorenni e dei percorsi formativi in atto.
5. Nella scelta della misura si tiene conto dell'esigenza di garantire un rapido inserimento sociale con il minor sacrificio della liberta' personale.
6. La durata delle misure penali di comunita' e' corrispondente alla durata della pena da eseguire.
7. L'esecuzione delle misure penali di comunita' avviene principalmente nel contesto di vita del minorenne e nel rispetto delle positive relazioni socio-familiari, salvo motivi contrari e, in ogni caso, purche' non vi siano elementi tali da far ritenere collegamenti con la criminalita' organizzata.
8. Con l'applicazione delle misure puo' essere disposto il collocamento del minorenne in comunita' pubbliche o del privato sociale. Per favorire il percorso educativo del condannato, le comunita' possono essere organizzate, in deroga a quanto previsto dall'articolo 10, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, anche in modo da ospitare solamente minorenni sottoposti a procedimento penale ovvero in esecuzione di pena.
9. Ai fini dell'applicazione delle misure penali di comunita', l'osservazione e' svolta dall'ufficio di servizio sociale per i minorenni che acquisisce i dati giudiziari e penitenziari, sanitari, psicologici e sociali, coordinandosi con i servizi socio-sanitari territoriali di residenza del minorenne e, per i detenuti, anche con il gruppo di osservazione e trattamento dell'istituto di appartenenza. Il tribunale di sorveglianza puo' disporre approfondimenti sanitari anche avvalendosi dei servizi specialistici territoriali.
10. Il tribunale di sorveglianza acquisisce informazioni sul contesto di vita familiare e ambientale, sui precedenti delle persone con cui il minorenne convive e sull'idoneita' del domicilio indicato per l'esecuzione della misura.
11. L'ufficio di servizio sociale per i minorenni predispone gli interventi necessari ai fini della individuazione di un domicilio o di altra situazione abitativa, tale da consentire l'applicazione di una misura penale di comunita'.
12. Le disposizioni sull'affidamento in prova al servizio sociale, sulla detenzione domiciliare e sulla semiliberta' di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni, nonche' sull'affidamento in casi particolari previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, si applicano, in quanto compatibili, alle corrispondenti misure di comunita' di cui al presente decreto.

Note all'art. 2:
- Si riporta il testo dell'art. 4-bis della citata
legge 26 luglio 1975, n. 354:
«Art. 4-bis (Divieto di concessione dei benefici e
accertamento della pericolosita' sociale dei condannati per
taluni delitti). - 1. L'assegnazione al lavoro all'esterno,
i permessi premio e le misure alternative alla detenzione
previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata,
possono essere concessi ai detenuti e internati per i
seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e
internati collaborino con la giustizia a norma dell'art.
58-ter della presente legge: delitti commessi per finalita'
di terrorismo, anche internazionale, o di eversione
dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di
violenza, delitti di cui agli articoli 416-bis e 416-ter
del codice penale, delitti commessi avvalendosi delle
condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di
agevolare l'attivita' delle associazioni in esso previste,
delitti di cui agli articoli 600, 600-bis, primo comma,
600-ter, primo e secondo comma, 601, 602, 609-octies e 630
del codice penale, all'art. 12, commi 1 e 3, del testo
unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,
di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e
successive modificazioni, all'art. 291-quater del testo
unico delle disposizioni legislative in materia doganale,
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23
gennaio 1973, n. 43, e all'art. 74 del testo unico delle
leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e
sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei
relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Sono
fatte salve le disposizioni degli articoli 16-nonies e
17-bis del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito,
con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e
successive modificazioni.
1-bis. I benefici di cui al comma 1 possono essere
concessi ai detenuti o internati per uno dei delitti ivi
previsti, purche' siano stati acquisiti elementi tali da
escludere l'attualita' di collegamenti con la criminalita'
organizzata, terroristica o eversiva, altresi' nei casi in
cui la limitata partecipazione al fatto criminoso,
accertata nella sentenza di condanna, ovvero l'integrale
accertamento dei fatti e delle responsabilita', operato con
sentenza irrevocabile, rendono comunque impossibile
un'utile collaborazione con la giustizia, nonche' nei casi
in cui, anche se la collaborazione che viene offerta
risulti oggettivamente irrilevante, nei confronti dei
medesimi detenuti o internati sia stata applicata una delle
circostanze attenuanti previste dall'art. 62, numero 6),
anche qualora il risarcimento del danno sia avvenuto dopo
la sentenza di condanna, dall'art. 114 ovvero dall'art.
116, secondo comma, del codice penale.
1-ter. I benefici di cui al comma 1 possono essere
concessi, purche' non vi siano elementi tali da far
ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalita'
organizzata, terroristica o eversiva, ai detenuti o
internati per i delitti di cui agli articoli 575, 600-bis,
secondo e terzo comma, 600-ter, terzo comma, 600-quinquies,
628, terzo comma, e 629, secondo comma, del codice penale,
all'art. 291-ter del citato testo unico di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43,
all'art. 73 del citato testo unico di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e
successive modificazioni, limitatamente alle ipotesi
aggravate ai sensi dell'art. 80, comma 2, del medesimo
testo unico, all'art. 416, primo e terzo comma, del codice
penale, realizzato allo scopo di commettere delitti
previsti dagli articoli 473 e 474 del medesimo codice, e
all'art. 416 del codice penale, realizzato allo scopo di
commettere delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo
III, sezione I, del medesimo codice, dagli articoli
609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale e
dall'art. 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e
norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive
modificazioni.
1-quater. I benefici di cui al comma 1 possono essere
concessi ai detenuti o internati per i delitti di cui agli
articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies,
609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e
609-undecies del codice penale solo sulla base dei
risultati dell'osservazione scientifica della personalita'
condotta collegialmente per almeno un anno anche con la
partecipazione degli esperti di cui al quarto comma
dell'art. 80 della presente legge. Le disposizioni di cui
al periodo precedente si applicano in ordine al delitto
previsto dall'art. 609-bis del codice penale salvo che
risulti applicata la circostanza attenuante dallo stesso
contemplata.
1-quinquies. Salvo quanto previsto dal comma 1, ai fini
della concessione dei benefici ai detenuti e internati per
i delitti di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, anche se
relativo al materiale pornografico di cui all'art.
600-quater.1, 600-quinquies, 609-quater, 609-quinquies e
609-undecies del codice penale, nonche' agli articoli
609-bis e 609-octies del medesimo codice, se commessi in
danno di persona minorenne, il magistrato di sorveglianza o
il tribunale di sorveglianza valuta la positiva
partecipazione al programma di riabilitazione specifica di
cui all'art. 13-bis della presente legge.
2. Ai fini della concessione dei benefici di cui al
comma 1 il magistrato di sorveglianza o il tribunale di
sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni per
il tramite del comitato provinciale per l'ordine e la
sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di
detenzione del condannato. In ogni caso il giudice decide
trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni.
Al suddetto comitato provinciale puo' essere chiamato a
partecipare il direttore dell'istituto penitenziario in cui
il condannato e' detenuto.
2-bis. Ai fini della concessione dei benefici di cui al
comma 1-ter, il magistrato di sorveglianza o il tribunale
di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni
dal questore. In ogni caso il giudice decide trascorsi
trenta giorni dalla richiesta delle informazioni.
3. Quando il comitato ritiene che sussistano
particolari esigenze di sicurezza ovvero che i collegamenti
potrebbero essere mantenuti con organizzazioni operanti in
ambiti non locali o extranazionali, ne da' comunicazione al
giudice e il termine di cui al comma 2 e' prorogato di
ulteriori trenta giorni al fine di acquisire elementi ed
informazioni da parte dei competenti organi centrali.
3-bis. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi
premio e le misure alternative alla detenzione previste dal
capo VI, non possono essere concessi ai detenuti ed
internati per delitti dolosi quando il Procuratore
nazionale antimafia e antiterrorismo o il Procuratore
distrettuale comunica, d'iniziativa o su segnalazione del
comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica
competente in relazione al luogo di detenzione o
internamento, l'attualita' di collegamenti con la
criminalita' organizzata. In tal caso si prescinde dalle
procedure previste dai commi 2 e 3.».
- Si riporta il testo dell'art. 10 del citato decreto
legislativo 28 luglio 1989, n. 272:
«Art. 10 (Organizzazione delle comunita'). - 1. Per
l'attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 22
settembre 1988, n. 448, i centri per la giustizia minorile
stipulano convenzioni con comunita' pubbliche e private,
associazioni e cooperative che operano in campo
adolescenziale e che siano riconosciute o autorizzate dalla
regione competente per territorio. Possono altresi'
organizzare proprie comunita', anche in gestione mista con
enti locali.
2. L'organizzazione e la gestione delle comunita' deve
rispondere ai seguenti criteri:
a) organizzazione di tipo familiare, che preveda
anche la presenza di minorenni non sottoposti a
procedimento penale e capienza non superiore alle dieci
unita', tale da garantire, anche attraverso progetti
personalizzati, una conduzione e un clima educativamente
significativi;
b) utilizzazione di operatori professionali delle
diverse discipline;
c) collaborazione di tutte le istituzioni interessate
e utilizzazione delle risorse del territorio.
3. Operatori dei servizi minorili dell'amministrazione
della giustizia possono essere distaccati presso comunita'
e strutture pubbliche o convenzionate per compiti di
collaborazione interdisciplinare.».
Per il titolo della legge 26 luglio 1975, n. 354, vedi
nelle note all'art. 1.
Il decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre
1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di
disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,
prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza) e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
31 ottobre 1990, n. 255, S.O.
 
Art. 3

Prescrizioni e modalita' esecutive delle misure penali di comunita'

1. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre una misura penale di comunita', prescrive lo svolgimento di attivita' di utilita' sociale, anche a titolo gratuito, o di volontariato.
2. Le attivita' di cui al comma 1 sono svolte compatibilmente con i percorsi di istruzione, formazione professionale, istruzione e formazione professionale, le esigenze di studio, di lavoro, di famiglia e di salute del minorenne e non devono mai compromettere i percorsi educativi in atto.
3. Con il provvedimento che applica una misura penale di comunita' sono indicate le modalita' con le quali il nucleo familiare del minorenne e' coinvolto nel progetto di intervento educativo. Ai fini dell'attuazione del progetto puo' farsi applicazione dell'articolo 32, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448.

Note all'art. 3:
- Si riporta il testo dell'art. 32 del citato decreto
del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, 448:
«Art. 32 (Provvedimenti). - 1. Nell'udienza
preliminare, prima dell'inizio della discussione, il
giudice chiede all'imputato se consente alla definizione
del processo in quella stessa fase, salvo che il consenso
sia stato validamente prestato in precedenza. Se il
consenso e' prestato, il giudice, al termine della
discussione, pronuncia sentenza di non luogo a procedere
nei casi previsti dall'art. 425 del codice di procedura
penale o per concessione del perdono giudiziale o per
irrilevanza del fatto.
2. Il giudice, se vi e' richiesta del pubblico
ministero, pronuncia sentenza di condanna quando ritiene
applicabile una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva.
In tale caso la pena puo' essere diminuita fino alla meta'
rispetto al minimo edittale.
3. Contro la sentenza prevista dal comma 2 l'imputato e
il difensore munito di procura speciale possono proporre
opposizione, con atto depositato nella cancelleria del
giudice che ha emesso la sentenza, entro cinque giorni
dalla pronuncia o, quando l'imputato non e' comparso, dalla
notificazione dell'estratto. La sentenza e' irrevocabile
quando e' inutilmente decorso il termine per proporre
opposizione o quello per impugnare l'ordinanza che la
dichiara inammissibile.
3-bis. L'esecuzione della sentenza di condanna
pronunciata a carico di piu' minorenni imputati dello
stesso reato rimane sospesa nei confronti di coloro che non
hanno proposto opposizione fino a quando il giudizio
conseguente all'opposizione non sia definito con pronuncia
irrevocabile.
4. In caso di urgente necessita', il giudice, con
separato decreto, puo' adottare provvedimenti civili
temporanei a protezione del minorenne. Tali provvedimenti
sono immediatamente esecutivi e cessano di avere effetto
entro trenta giorni dalla loro emissione.».
 
Art. 4

Affidamento in prova al servizio sociale

1. Se la pena detentiva da eseguire non supera i quattro anni il condannato puo' essere affidato all'ufficio di servizio sociale per i minorenni, per lo svolgimento del programma di intervento educativo.
2. Il programma, predisposto in collaborazione con i servizi socio-sanitari territoriali, contiene gli impegni in ordine:
a) alle attivita' di istruzione, di formazione professionale, di istruzione e formazione professionale, di lavoro o comunque utili per l'educazione e l'inclusione sociale;
b) alle prescrizioni riguardanti la dimora, la liberta' di movimento e il divieto di frequentare determinati luoghi;
c) alle prescrizioni dirette ad impedire lo svolgimento di attivita' ovvero relazioni personali che possono indurre alla commissione di ulteriori reati.
3. Con lo stesso provvedimento il tribunale di sorveglianza puo' disporre prescrizioni riguardanti l'adempimento degli obblighi di assistenza familiare e ogni altra prescrizione utile per l'educazione e il positivo inserimento sociale del minorenne, compreso, quando opportuno, il collocamento in comunita'.
4. L'ordinanza che dispone l'affidamento in prova indica altresi': a) il ruolo del servizio sociale per i minorenni e dei servizi socio-sanitari territoriali nell'esecuzione del programma; b) le modalita' di svolgimento delle attivita' di utilita' sociale.
5. Nel corso dell'affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza sulla base delle indicazioni fornite dall'ufficio di servizio sociale per i minorenni. Le deroghe temporanee alle prescrizioni sono autorizzate, per motivi di urgenza, dal direttore dell'ufficio di servizio sociale per i minorenni, il quale ne da' immediata comunicazione al magistrato di sorveglianza.
6. L'ufficio di servizio sociale per i minorenni incontra l'affidato e lo assiste nel percorso di reinserimento sociale, anche mettendosi in relazione con la famiglia e con gli altri ambienti di vita del condannato.
 
Art. 5

Affidamento in prova con detenzione domiciliare

1. Fermo quanto previsto dall'articolo 4, il tribunale di sorveglianza puo' applicare l'affidamento in prova al servizio sociale con detenzione domiciliare in giorni determinati della settimana presso l'abitazione dell'affidato, altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, o presso comunita'.
2. La detenzione domiciliare si esegue nelle forme di cui all'articolo 6.
 
Art. 6

Detenzione domiciliare

1. Fermo quanto previsto dagli articoli 47-ter, comma 1, 47-quater e 47-quinquies della legge 26 luglio 1975, n. 354, il condannato puo' espiare la pena detentiva da eseguire in misura non superiore a tre anni nella propria abitazione o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza o presso comunita', quando non vi sono le condizioni per l'affidamento in prova al servizio sociale e per l'affidamento in prova al servizio sociale con detenzione domiciliare.
2. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare, ne fissa le modalita' secondo quanto stabilito dall'articolo 284 del codice di procedura penale, tenendo conto del programma di intervento educativo predisposto dall'ufficio di servizio sociale per i minorenni. Tali prescrizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo in cui si esegue la misura.
3. Le prescrizioni di cui al comma 2 favoriscono lo svolgimento di attivita' esterne, in particolare di istruzione, di formazione professionale, di istruzione e formazione professionale, ovvero di lavoro, o culturali, o sportive, comunque utili al successo formativo e all'inclusione sociale.
4. Al soggetto sottoposto alla detenzione domiciliare e' fatto divieto di allontanarsi dal luogo di esecuzione della misura senza l'autorizzazione del magistrato di sorveglianza. Il soggetto che si allontana senza la prescritta autorizzazione e' punito ai sensi dell'articolo 385 del codice penale. Si applica la disposizione del quarto comma dello stesso articolo.

Note all'art. 6:
- Si riporta il testo dell'art. 47-ter della citata
legge 26 luglio 1975, n. 354:
«Art. 47-ter (Detenzione domiciliare). - 01. La pena
della reclusione per qualunque reato, ad eccezione di
quelli previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione
I, e dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del
codice penale, dall'art. 51, comma 3-bis, del codice di
procedura penale e dall'art. 4-bis della presente legge,
puo' essere espiata nella propria abitazione o in altro
luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza, quando
trattasi di persona che, al momento dell'inizio
dell'esecuzione della pena, o dopo l'inizio della stessa,
abbia compiuto i settanta anni di eta' purche' non sia
stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per
tendenza ne' sia stato mai condannato con l'aggravante di
cui all'art. 99 del codice penale.
1. La pena della reclusione non superiore a quattro
anni, anche se costituente parte residua di maggior pena,
nonche' la pena dell'arresto, possono essere espiate nella
propria abitazione o in altro luogo di privata dimora
ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza
ovvero, nell'ipotesi di cui alla lettera a), in case
famiglia protette, quando trattasi di:
a) donna incinta o madre di prole di eta' inferiore
ad anni dieci con lei convivente;
b) padre, esercente la potesta', di prole di eta'
inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre
sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a
dare assistenza alla prole;
c) persona in condizioni di salute particolarmente
gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi
sanitari territoriali;
d) persona di eta' superiore a sessanta anni, se
inabile anche parzialmente;
e) persona minore di anni ventuno per comprovate
esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.
1.1.
1-bis. La detenzione domiciliare puo' essere applicata
per l'espiazione della pena detentiva inflitta in misura
non superiore a due anni, anche se costituente parte
residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni
di cui al comma 1 quando non ricorrono i presupposti per
l'affidamento in prova al servizio sociale e sempre che
tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il
condannato commetta altri reati. La presente disposizione
non si applica ai condannati per i reati di cui all'art.
4-bis.
1-ter. Quando potrebbe essere disposto il rinvio
obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai
sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il
tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il
limite di cui al comma 1, puo' disporre la applicazione
della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di
durata di tale applicazione, termine che puo' essere
prorogato. L'esecuzione della pena prosegue durante la
esecuzione della detenzione domiciliare.
1-quater. L'istanza di applicazione della detenzione
domiciliare e' rivolta, dopo che ha avuto inizio
l'esecuzione della pena, al tribunale di sorveglianza
competente in relazione al luogo di esecuzione. Nei casi in
cui vi sia un grave pregiudizio derivante dalla protrazione
dello stato di detenzione, l'istanza di detenzione
domiciliare di cui ai precedenti commi 01, 1, 1-bis e 1-ter
e' rivolta al magistrato di sorveglianza che puo' disporre
l'applicazione provvisoria della misura. Si applicano, in
quanto compatibili, le disposizioni di cui all'art. 47,
comma 4.
2.
3.
4. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la
detenzione domiciliare, ne fissa le modalita' secondo
quanto stabilito dal secondo comma dell'art. 284 del codice
di procedura penale. Determina e impartisce altresi' le
disposizioni per gli interventi del servizio sociale. Tali
prescrizioni e disposizioni possono essere modificate dal
magistrato di sorveglianza competente per il luogo in cui
si svolge la detenzione domiciliare.
4-bis.
5. Il condannato nei confronti del quale e' disposta la
detenzione domiciliare non e' sottoposto al regime
penitenziario previsto dalla presente legge e dal relativo
regolamento di esecuzione. Nessun onere grava
sull'amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la
cura e l'assistenza medica del condannato che trovasi in
detenzione domiciliare.
6. La detenzione domiciliare e' revocata se il
comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle
prescrizioni dettate, appare incompatibile con la
prosecuzione delle misure.
7. Deve essere inoltre revocata quando vengono a
cessare le condizioni previste nei commi 1 e 1-bis.
8. Il condannato che, essendo in stato di detenzione
nella propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati
nel comma 1, se ne allontana, e' punito ai sensi dell'art.
385 del codice penale. Si applica la disposizione
dell'ultimo comma dello stesso articolo.
9. La condanna per il delitto di cui al comma 8, salvo
che il fatto non sia di lieve entita', importa la revoca
del beneficio.
9-bis. Se la misura di cui al comma 1-bis e' revocata
ai sensi dei commi precedenti la pena residua non puo'
essere sostituita con altra misura.».
- Si riporta il testo dell'art. 47-quater della citata
legge 26 luglio 1975, n. 354:
«Art. 47-quater (Misure alternative alla detenzione nei
confronti dei soggetti affetti da AIDS conclamata o da
grave deficienza immunitaria). - 1. Le misure previste
dagli articoli 47e 47-ter possono essere applicate, anche
oltre i limiti di pena ivi previsti, su istanza
dell'interessato o del suo difensore, nei confronti di
coloro che sono affetti da AIDS conclamata o da grave
deficienza immunitaria accertate ai sensi dell'art.
286-bis, comma 2, del codice di procedura penale e che
hanno in corso o intendono intraprendere un programma di
cura e assistenza presso le unita' operative di malattie
infettive ospedaliere ed universitarie o altre unita'
operative prevalentemente impegnate secondo i piani
regionali nell'assistenza ai casi di AIDS.
2. L'istanza di cui al comma 1 deve essere corredata da
certificazione del servizio sanitario pubblico competente o
del servizio sanitario penitenziario, che attesti la
sussistenza delle condizioni di salute ivi indicate e la
concreta attuabilita' del programma di cura e assistenza,
in corso o da effettuare, presso le unita' operative di
malattie infettive ospedaliere ed universitarie o altre
unita' operative prevalentemente impegnate secondo i piani
regionali nell'assistenza ai casi di AIDS.
3. Le prescrizioni da impartire per l'esecuzione della
misura alternativa devono contenere anche quelle relative
alle modalita' di esecuzione del programma.
4. In caso di applicazione della misura della
detenzione domiciliare, i centri di servizio sociale per
adulti svolgono l'attivita' di sostegno e controllo circa
l'attuazione del programma.
5. Nei casi previsti dal comma 1, il giudice puo' non
applicare la misura alternativa qualora l'interessato abbia
gia' fruito di analoga misura e questa sia stata revocata
da meno di un anno.
6. Il giudice puo' revocare la misura alternativa
disposta ai sensi del comma 1 qualora il soggetto risulti
imputato o sia stato sottoposto a misura cautelare per uno
dei delitti previsti dall'art. 380 del codice di procedura
penale, relativamente a fatti commessi successivamente alla
concessione del beneficio.
7. Il giudice, quando non applica o quando revoca la
misura alternativa per uno dei motivi di cui ai commi 5 e
6, ordina che il soggetto sia detenuto presso un istituto
carcerario dotato di reparto attrezzato per la cura e
l'assistenza necessarie.
8. Per quanto non diversamente stabilito dal presente
articolo si applicano le disposizioni dell'art. 47-ter.
9. Ai fini del presente articolo non si applica il
divieto di concessione dei benefici previsto dall'art.
4-bis, fermi restando gli accertamenti previsti dai commi
2, 2-bis e 3 dello stesso articolo.
10. Le disposizioni del presente articolo si applicano
anche alle persone internate.».
- Si riporta il testo dell'art. 47-quinquies della
citata legge 26 luglio 1975, n. 354:
«Art. 47-quinquies (Detenzione domiciliare speciale). -
1. Quando non ricorrono le condizioni di cui all'art.
47-ter, le condannate madri di prole di eta' non superiore
ad anni dieci, se non sussiste un concreto pericolo di
commissione di ulteriori delitti e se vi e' la possibilita'
di ripristinare la convivenza con i figli, possono essere
ammesse ad espiare la pena nella propria abitazione, o in
altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura,
assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e
alla assistenza dei figli, dopo l'espiazione di almeno un
terzo della pena ovvero dopo l'espiazione di almeno
quindici anni nel caso di condanna all'ergastolo, secondo
le modalita' di cui al comma 1-bis.
1-bis. Salvo che nei confronti delle madri condannate
per taluno dei delitti indicati nell'art. 4-bis,
l'espiazione di almeno un terzo della pena o di almeno
quindici anni, prevista dal comma 1 del presente articolo,
puo' avvenire presso un istituto a custodia attenuata per
detenute madri ovvero, se non sussiste un concreto pericolo
di commissione di ulteriori delitti o di fuga, nella
propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora,
ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine
di provvedere alla cura e all'assistenza dei figli. In caso
di impossibilita' di espiare la pena nella propria
abitazione o in altro luogo di privata dimora, la stessa
puo' essere espiata nelle case famiglia protette, ove
istituite.
2. Per la condannata nei cui confronti e' disposta la
detenzione domiciliare speciale, nessun onere grava
sull'amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la
cura e l'assistenza medica della condannata che si trovi in
detenzione domiciliare speciale.
3. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la
detenzione domiciliare speciale, fissa le modalita' di
attuazione, secondo quanto stabilito dall'art. 284, comma
2, del codice di procedura penale, precisa il periodo di
tempo che la persona puo' trascorrere all'esterno del
proprio domicilio, detta le prescrizioni relative agli
interventi del servizio sociale. Tali prescrizioni e
disposizioni possono essere modificate dal magistrato di
sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la
misura. Si applica l'art. 284, comma 4, del codice di
procedura penale.
4. All'atto della scarcerazione e' redatto verbale in
cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto deve
seguire nei rapporti con il servizio sociale.
5. Il servizio sociale controlla la condotta del
soggetto e lo aiuta a superare le difficolta' di
adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in
relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti
di vita; riferisce periodicamente al magistrato di
sorveglianza sul comportamento del soggetto.
6. La detenzione domiciliare speciale e' revocata se il
comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle
prescrizioni dettate, appare incompatibile con la
prosecuzione della misura.
7. La detenzione domiciliare speciale puo' essere
concessa, alle stesse condizioni previste per la madre,
anche al padre detenuto, se la madre e' deceduta o
impossibilitata e non vi e' modo di affidare la prole ad
altri che al padre.
8. Al compimento del decimo anno di eta' del figlio, su
domanda del soggetto gia' ammesso alla detenzione
domiciliare speciale, il tribunale di sorveglianza puo':
a) disporre la proroga del beneficio, se ricorrono i
requisiti per l'applicazione della semiliberta' di cui
all'art. 50, commi 2, 3 e 5;
b) disporre l'ammissione all'assistenza all'esterno
dei figli minori di cui all'art. 21-bis, tenuto conto del
comportamento dell'interessato nel corso della misura,
desunto dalle relazioni redatte dal servizio sociale, ai
sensi del comma 5, nonche' della durata della misura e
dell'entita' della pena residua.».
- Si riporta il testo dell'art. 284 del codice di
procedura penale:
«Art. 284 (Arresti domiciliari). - 1. Con il
provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, il
giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi dalla
propria abitazione o da altro luogo di privata dimora
ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza ovvero,
ove istituita, da una casa famiglia protetta.
1-bis. Il giudice dispone il luogo degli arresti
domiciliari in modo da assicurare comunque le prioritarie
esigenze di tutela della persona offesa dal reato.
2. Quando e' necessario, il giudice impone limiti o
divieti alla facolta' dell'imputato di comunicare con
persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo
assistono.
3. Se l'imputato non puo' altrimenti provvedere alle
sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in
situazione di assoluta indigenza, il giudice puo'
autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal
luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per
provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una
attivita' lavorativa.
4. Il pubblico ministero o la polizia giudiziaria,
anche di propria iniziativa, possono controllare in ogni
momento l'osservanza delle prescrizioni imposte
all'imputato.
5. L'imputato agli arresti domiciliari si considera in
stato di custodia cautelare.
5-bis. Non possono essere, comunque, concessi gli
arresti domiciliari a chi sia stato condannato per il reato
di evasione nei cinque anni precedenti al fatto per il
quale si procede, salvo che il giudice ritenga, sulla base
di specifici elementi, che il fatto sia di lieve entita' e
che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con
tale misura. A tale fine il giudice assume nelle forme piu'
rapide le relative notizie.».
- Si riporta il testo dell'art. 385 del codice penale:
«Art. 385 (Evasione). - Chiunque, essendo legalmente
arrestato o detenuto per un reato, evadee' punito con la
reclusione da uno a tre anni.
La pena e' della reclusione da due a cinque anni se il
colpevole commette il fatto usando violenza o minaccia
verso le persone, ovvero mediante effrazione; ed e' da tre
a sei anni se la violenza o minaccia e' commessa con armi o
da piu' persone riunite.
Le disposizioni precedenti si applicano anche
all'imputato che essendo in stato di arresto nella propria
abitazione o in altro luogo designato nel provvedimento se
ne allontani, nonche' al condannato ammesso a lavorare
fuori dello stabilimento penale.
Quando l'evaso si costituisce in carcere prima della
condanna, la pena e' diminuita.».
 
Art. 7

Semiliberta'

1. Il condannato puo' essere ammesso alla semiliberta', e cosi' trascorrere parte del giorno fuori dall'istituto per partecipare ad attivita' di istruzione, di formazione professionale, di istruzione e di formazione professionale, di lavoro, di utilita' sociale o comunque funzionali all'inclusione sociale, quando ha espiato almeno un terzo della pena; se si tratta di condannato per taluno dei delitti indicati nel comma 1 dell'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, si tiene conto, altresi', del significativo rapporto tra la pena espiata e la pena residua.
2. Nel programma di intervento educativo sono indicate le prescrizioni da osservare all'esterno con riferimento ai rapporti con la famiglia e con l'ufficio di servizio sociale per i minorenni, nonche' gli orari di rientro in istituto.
3. Il soggetto ammesso alla semiliberta' e' assegnato preferibilmente ad appositi istituti o sezioni e puo' essere trasferito in altro istituto che agevoli l'organizzazione e lo svolgimento delle attivita' esterne, nonche' il consolidamento delle relazioni socio-familiari utili per il suo inserimento sociale.
4. Il condannato che, senza giustificato motivo, non rientra in istituto o rimane assente per un tempo superiore alle dodici ore e' punibile a norma del primo comma dell'articolo 385 del codice penale ed e' applicabile la disposizione del quarto comma dello stesso articolo. Se il condannato rimane assente dall'istituto, senza giustificato motivo, per non piu' di dodici ore, e' punito in via disciplinare. In tali casi la semiliberta' puo' essere revocata.

Note all'art. 7:
Per il testo dell'art. 4-bis della citata legge 26
luglio 1975, n. 354, vedi nelle note all'art. 2.
Per il testo dell'art. 385 del codice penale, vedi
nelle note all'art. 6.
 
Art. 8

Adozione, sostituzione e revoca delle misure penali di comunita'

1. La competenza a decidere sulla adozione, sostituzione e revoca delle misure penali di comunita' spetta al tribunale di sorveglianza per i minorenni. L'adozione della misura penale di comunita' puo' essere disposta su richiesta dell'interessato, se maggiorenne, o del suo difensore; non puo' essere disposta d'ufficio. Nel caso in cui il condannato non abbia compiuto la maggiore eta', la richiesta e' presentata dal difensore o dall'esercente la responsabilita' genitoriale. L'adozione della misura puo' essere proposta dal pubblico ministero o dall'ufficio di servizio sociale per i minorenni.
2. Il magistrato di sorveglianza puo' disporre l'applicazione in via provvisoria delle misure penali di comunita', con le modalita' di cui articolo 47, comma 4, della legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni, quando lo stato di detenzione determina un grave pregiudizio al percorso di inserimento sociale.
3. Le misure penali di comunita' sono sostituite o revocate, oltre che nei casi espressamente previsti, qualora il comportamento del condannato, contrario alla legge o alle prescrizioni impartite, appaia incompatibile con la prosecuzione della misura.
4. Il magistrato di sorveglianza puo' disporre in via provvisoria la sospensione della misura. La misura sospesa puo' essere sostituita con altra. Il magistrato di sorveglianza trasmette quindi immediatamente gli atti al tribunale di sorveglianza per le decisioni di competenza. Il provvedimento di sospensione del magistrato di sorveglianza cessa di avere efficacia se la decisione del tribunale di sorveglianza non interviene entro trenta giorni dalla ricezione degli atti.
5. In caso di revoca, il periodo trascorso in detenzione domiciliare o in semiliberta' e' scomputato dalla pena o misura ancora da espiare. In caso di revoca dell'affidamento in prova al servizio sociale e dell'affidamento in prova con detenzione domiciliare, il tribunale di sorveglianza determina la pena da espiare, tenuto conto della durata della misura concessa, delle limitazioni imposte al condannato e del suo comportamento durante il periodo trascorso.

Note all'art. 8:
- Si riporta il testo dell'art. 47, della citata legge
26 luglio 1975, n. 354:
«Art. 47 (Affidamento in prova al servizio sociale). -
1. Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il
condannato puo' essere affidato al servizio sociale fuori
dell'istituto per un periodo uguale a quello della pena da
scontare.
2. Il provvedimento e' adottato sulla base dei
risultati della osservazione della personalita', condotta
collegialmente per almeno un mese in istituto, nei casi in
cui si puo' ritenere che il provvedimento stesso, anche
attraverso le prescrizioni di cui al comma 5, contribuisca
alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del
pericolo che egli commetta altri reati.
3. L'affidamento in prova al servizio sociale puo'
essere disposto senza procedere all'osservazione in
istituto quando il condannato, dopo la commissione del
reato, ha serbato comportamento tale da consentire il
giudizio di cui al comma 2.
3-bis. L'affidamento in prova puo', altresi', essere
concesso al condannato che deve espiare una pena, anche
residua, non superiore a quattro anni di detenzione, quando
abbia serbato, quantomeno nell'anno precedente alla
presentazione della richiesta, trascorso in espiazione di
pena, in esecuzione di una misura cautelare ovvero in
liberta', un comportamento tale da consentire il giudizio
di cui al comma 2.
4. L'istanza di affidamento in prova al servizio
sociale e' proposta, dopo che ha avuto inizio l'esecuzione
della pena, al tribunale di sorveglianza competente in
relazione al luogo dell'esecuzione. Quando sussiste un
grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato
di detenzione, l'istanza puo' essere proposta al magistrato
di sorveglianza competente in relazione al luogo di
detenzione. Il magistrato di sorveglianza, quando sono
offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei
presupposti per l'ammissione all'affidamento in prova e al
grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato
di detenzione e non vi sia pericolo di fuga, dispone la
liberazione del condannato e l'applicazione provvisoria
dell'affidamento in prova con ordinanza. L'ordinanza
conserva efficacia fino alla decisione del tribunale di
sorveglianza, cui il magistrato trasmette immediatamente
gli atti, che decide entro sessanta giorni.
5. All'atto dell'affidamento e' redatto verbale in cui
sono dettate le prescrizioni che il soggetto dovra' seguire
in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla
dimora, alla liberta' di locomozione, al divieto di
frequentare determinati locali ed al lavoro.
6. Con lo stesso provvedimento puo' essere disposto che
durante tutto o parte del periodo di affidamento in prova
il condannato non soggiorni in uno o piu' comuni, o
soggiorni in un comune determinato; in particolare sono
stabilite prescrizioni che impediscano al soggetto di
svolgere attivita' o di avere rapporti personali che
possono portare al compimento di altri reati.
7. Nel verbale deve anche stabilirsi che l'affidato si
adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo
reato ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza
familiare.
8. Nel corso dell'affidamento le prescrizioni possono
essere modificate dal magistrato di sorveglianza. Le
deroghe temporanee alle prescrizioni sono autorizzate, nei
casi di urgenza, dal direttore dell'ufficio di esecuzione
penale esterna, che ne da' immediata comunicazione al
magistrato di sorveglianza e ne riferisce nella relazione
di cui al comma 10.
9. Il servizio sociale controlla la condotta del
soggetto e lo aiuta a superare le difficolta' di
adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in
relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti
di vita.
10. Il servizio sociale riferisce periodicamente al
magistrato di sorveglianza sul comportamento del soggetto.
11. L'affidamento e' revocato qualora il comportamento
del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni
dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della
prova.
12. L'esito positivo del periodo di prova estingue la
pena detentiva ed ogni altro effetto penale. Il tribunale
di sorveglianza, qualora l'interessato si trovi in
disagiate condizioni economiche, puo' dichiarare estinta
anche la pena pecuniaria che non sia stata gia' riscossa.
12-bis. All'affidato in prova al servizio sociale che
abbia dato prova nel periodo di affidamento di un suo
concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti
rivelatori del positivo evolversi della sua personalita',
puo' essere concessa la detrazione di pena di cui all'art.
54. Si applicano gli articoli 69, comma 8, e 69-bis nonche'
l'art. 54, comma 3.».
 
Art. 9
Esecuzione delle misure penali di comunita' e delle misure
alternative

1. All'articolo 24, comma 1, primo periodo del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, le parole: «le misure alternative» sono sostituite dalle seguenti: «le misure penali di comunita', le altre misure alternative»; le parole «per quanti abbiano gia' compiuto il ventunesimo anno, » sono soppresse e dopo le parole «finalita' rieducative» sono aggiunte le seguenti: «ovvero quando le predette finalita' non risultano in alcun modo perseguibili a causa della mancata adesione al trattamento in atto».

Note all'art. 9:
- Si riporta il testo dell'art. 24, comma 1, primo
periodo del citato decreto legislativo 28 luglio 1989, n.
272, come modificato dal decreto qui pubblicato:
«Art. 24 (Esecuzione di provvedimenti limitativi della
liberta' personale). - 1. Le misure cautelari, le misure
penali di comunita', le altre misure alternative, le
sanzioni sostitutive, le pene detentive e le misure di
sicurezza si eseguono secondo le norme e con le modalita'
previste per i minorenni anche nei confronti di coloro che
nel corso dell'esecuzione abbiano compiuto il diciottesimo
ma non il venticinquesimo anno di eta', sempre che non
ricorrano particolari ragioni di sicurezza valutate dal
giudice competente, tenuto conto altresi' delle finalita'
rieducative ovvero quando le predette finalita' non
risultano in alcun modo perseguibili a causa della mancata
adesione al trattamento in atto. L'esecuzione rimane
affidata al personale dei servizi minorili.
2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche
quando l'esecuzione ha inizio dopo il compimento del
diciottesimo anno di eta'.».
 
Art. 10
Estensione dell'ambito di esecuzione delle pene secondo le norme e
con le modalita' previste per i minorenni

1. Quando nel corso dell'esecuzione di una condanna per reati commessi da minorenne sopravviene un titolo di esecuzione di altra pena detentiva per reati commessi da maggiorenne, il pubblico ministero emette l'ordine di esecuzione, lo sospende secondo quanto previsto dall'articolo 656 del codice di procedura penale e trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza per i minorenni. Se questi ritiene che vi siano le condizioni per la prosecuzione dell'esecuzione secondo le norme e con le modalita' previste per i minorenni, tenuto conto del percorso educativo in atto e della gravita' dei fatti oggetto di cumulo, ne dispone con ordinanza l'estensione al nuovo titolo, altrimenti dispone la cessazione della sospensione e restituisce gli atti al pubblico ministero per l'ulteriore corso dell'esecuzione. Si tiene altresi' conto delle ragioni di cui all'articolo 24 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272.
2. Avverso la decisione del magistrato di sorveglianza e' ammesso reclamo ai sensi dell'articolo 69-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 98 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230.
3. L'esecuzione della pena nei confronti di chi ha commesso il reato da minorenne e' affidata al personale dei servizi minorili dell'amministrazione della giustizia.
4. Quando l'ordine di esecuzione per il reato commesso da maggiorenne non puo' essere sospeso, il magistrato di sorveglianza per i minorenni trasmette gli atti al pubblico ministero che ha emesso l'ordine per l'ulteriore corso dell'esecuzione secondo le norme e con le modalita' previste per i maggiorenni.
5. Se il condannato per reati commessi da minorenne abbia fatto ingresso in un istituto per adulti in custodia cautelare o in espiazione di pena, per reati commessi dopo il compimento del diciottesimo anno di eta', non si fa luogo all'esecuzione secondo le norme e con le modalita' previste per i minorenni.

Note all'art. 10:
- Si riporta il testo dell'art. 656 del codice di
procedura penale:
«Art. 656 (Esecuzione delle pene detentive). - 1.
Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena
detentiva, il pubblico ministero emette ordine di
esecuzione con il quale, se il condannato non e' detenuto,
ne dispone la carcerazione. Copia dell'ordine e' consegnata
all'interessato.
2. Se il condannato e' gia' detenuto, l'ordine di
esecuzione e' comunicato al Ministro di grazia e giustizia
e notificato all'interessato.
3. L'ordine di esecuzione contiene le generalita' della
persona nei cui confronti deve essere eseguito e
quant'altro valga a identificarla, l'imputazione, il
dispositivo del provvedimento e le disposizioni necessarie
all'esecuzione. L'ordine e' notificato al difensore del
condannato.
4. L'ordine che dispone la carcerazione e' eseguito
secondo le modalita' previste dall'art. 277.
4-bis. Al di fuori dei casi previsti dal comma 9,
lettera b), quando la residua pena da espiare, computando
le detrazioni previste dall'art. 54 della legge 26 luglio
1975, n. 354, non supera i limiti indicati dal comma 5, il
pubblico ministero, prima di emettere l'ordine di
esecuzione, previa verifica dell'esistenza di periodi di
custodia cautelare o di pena dichiarata fungibile relativi
al titolo esecutivo da eseguire, trasmette gli atti al
magistrato di sorveglianza affinche' provveda all'eventuale
applicazione della liberazione anticipata. Il magistrato di
sorveglianza provvede senza ritardo con ordinanza adottata
ai sensi dell'art. 69-bis della legge 26 luglio 1975, n.
354. La presente disposizione non si applica nei confronti
dei condannati per i delitti di cuiall'art. 4-bisdella
legge 26 luglio 1975, n. 354.
4-ter. Quando il condannato si trova in stato di
custodia cautelare in carcere il pubblico ministero emette
l'ordine di esecuzione e, se ricorrono i presupposti di cui
al comma 4-bis, trasmette senza ritardo gli atti al
magistrato di sorveglianza per la decisione sulla
liberazione anticipata.
4-quater. Nei casi previsti dal comma 4-bis, il
pubblico ministero emette i provvedimenti previsti dai
commi 1, 5 e 10 dopo la decisione del magistrato di
sorveglianza.
5. Se la pena detentiva, anche se costituente residuo
di maggiore pena, non e' superiore a tre anni, quattro anni
nei casi previsti dall'art. 47-ter, comma 1, della legge 26
luglio 1975, n. 354, o sei anni nei casi di cui agli
articoli 90 e 94 del testo unico approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e
successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo
quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l'esecuzione.
L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono
notificati al condannato e al difensore nominato per la
fase dell'esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha
assistito nella fase del giudizio, con l'avviso che entro
trenta giorni puo' essere presentata istanza, corredata
dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta
ad ottenere la concessione di una delle misure alternative
alla detenzione di cui agli articoli 47, 47-ter e 50, comma
1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive
modificazioni, e di cuiall'art. 94del testo unico approvato
condecreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990,
n. 309, e successive modificazioni, ovvero la sospensione
dell'esecuzione della pena di cuiall'art. 90dello stesso
testo unico. L'avviso informa altresi' che, ove non sia
presentata l'istanza o la stessa sia inammissibile ai sensi
degli articoli 90 e seguenti del citato testo unico,
l'esecuzione della pena avra' corso immediato.
6. L'istanza deve essere presentata dal condannato o
dal difensore di cui al comma 5 ovvero allo scopo nominato
al pubblico ministero, il quale la trasmette, unitamente
alla documentazione, al tribunale di sorveglianza
competente in relazione al luogo in cui ha sede l'ufficio
del pubblico ministero. Se l'istanza non e' corredata dalla
documentazione utile, questa, salvi i casi di
inammissibilita', puo' essere depositata nella cancelleria
del tribunale di sorveglianza fino a cinque giorni prima
dell'udienza fissata a norma dell'art. 666, comma 3. Resta
salva, in ogni caso, la facolta' del tribunale di
sorveglianza di procedere anche d'ufficio alla richiesta di
documenti o di informazioni, o all'assunzione di prove a
norma dell'art. 666, comma 5. Il tribunale di sorveglianza
decide entro quarantacinque giorni dal ricevimento
dell'istanza.
7. La sospensione dell'esecuzione per la stessa
condanna non puo' essere disposta piu' di una volta, anche
se il condannato ripropone nuova istanza sia in ordine a
diversa misura alternativa, sia in ordine alla medesima,
diversamente motivata, sia in ordine alla sospensione
dell'esecuzione della pena di cui all'art. 90 del testo
unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica
9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.
8. Salva la disposizione del comma 8-bis, qualora
l'istanza non sia tempestivamente presentata, o il
tribunale di sorveglianza la dichiari inammissibile o la
respinga, il pubblico ministero revoca immediatamente il
decreto di sospensione dell'esecuzione. Il pubblico
ministero provvede analogamente quando l'istanza presentata
e' inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del
testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive
modificazioni, nonche', nelle more della decisione del
tribunale di sorveglianza, quando il programma di recupero
di cui all'art. 94 del medesimo testo unico non risulta
iniziato entro cinque giorni dalla data di presentazione
della relativa istanza o risulta interrotto. A tal fine il
pubblico ministero, nel trasmettere l'istanza al tribunale
di sorveglianza, dispone gli opportuni accertamenti.
8-bis. Quando e' provato o appare probabile che il
condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell'avviso
di cui al comma 5, il pubblico ministero puo' assumere,
anche presso il difensore, le opportune informazioni,
all'esito delle quali puo' disporre la rinnovazione della
notifica.
9. La sospensione dell'esecuzione di cui al comma 5 non
puo' essere disposta:
a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui
all'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e
successive modificazioni, nonche' di cui agli articoli
423-bis, 572, secondo comma, 612-bis, terzo comma, 624-bis
del codice penale, fatta eccezione per coloro che si
trovano agli arresti domiciliari disposti ai sensi
dell'art. 89 del testo unico di cui aldecreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e
successive modificazioni;
b) nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto
della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia
cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene
definitiva;
c).
10. Nella situazione considerata dal comma 5, se il
condannato si trova agli arresti domiciliari per il fatto
oggetto della condanna da eseguire, e se la residua pena da
espiare determinata ai sensi del comma 4-bis non supera i
limiti indicati dal comma 5, il pubblico ministero sospende
l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmette gli
atti senza ritardo al tribunale di sorveglianza perche'
provveda alla eventuale applicazione di una delle misure
alternative di cui al comma 5. Fino alla decisione del
tribunale di sorveglianza, il condannato permane nello
stato detentivo nel quale si trova e il tempo
corrispondente e' considerato come pena espiata a tutti gli
effetti. Agli adempimenti previsti dall'art. 47-ter della
legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni,
provvede in ogni caso il magistrato di sorveglianza.».
- Si riporta il testo dell'art. 24 del citato decreto
legislativo 28 luglio 1989, n. 272:
«Art. 24 (Esecuzione di provvedimenti limitativi della
liberta' personale). - 1. Le misure cautelari, le misure
alternative, le sanzioni sostitutive, le pene detentive e
le misure di sicurezza si eseguono secondo le norme e con
le modalita' previste per i minorenni anche nei confronti
di coloro che nel corso dell'esecuzione abbiano compiuto il
diciottesimo ma non il venticinquesimo anno di eta', sempre
che, per quanti abbiano gia' compiuto il ventunesimo anno,
non ricorrano particolari ragioni di sicurezza valutate dal
giudice competente, tenuto conto altresi' delle finalita'
rieducative. L'esecuzione rimane affidata al personale dei
servizi minorili.
2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche
quando l'esecuzione ha inizio dopo il compimento del
diciottesimo anno di eta'.».
- Si riporta il testo dell'art. 69-bis della citata
legge 26 luglio 1975, n. 354:
«Art. 69-bis (Procedimento in materia di liberazione
anticipata). - 1. Sull'istanza di concessione della
liberazione anticipata, il magistrato di sorveglianza
provvede con ordinanza, adottata in camera di consiglio
senza la presenza delle parti, che e' comunicata o
notificata senza ritardo ai soggetti indicati nell'art. 127
del codice di procedura penale.
2. Il magistrato di sorveglianza decide non prima di
quindici giorni dalla richiesta del parere al pubblico
ministero e anche in assenza di esso.
3. Avverso l'ordinanza di cui al comma 1 il difensore,
l'interessato e il pubblico ministero possono, entro dieci
giorni dalla comunicazione o notificazione, proporre
reclamo al tribunale di sorveglianza competente per
territorio.
4. Il tribunale di sorveglianza decide ai sensi
dell'art. 678 del codice di procedura penale. Si applicano
le disposizioni del quinto e del sesto comma dell'art.
30-bis.
5. Il tribunale di sorveglianza, ove nel corso dei
procedimenti previsti dall'art. 70, comma 1, sia stata
presentata istanza per la concessione della liberazione
anticipata, puo' trasmetterla al magistrato di
sorveglianza.».
- Si riporta il testo dell'art. 98 del citato decreto
del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230:
«Art. 98 (Prosecuzione o cessazione, revoca e
annullamento dell'affidamento in prova al servizio
sociale). - 1. Se sopravvengono nuovi titoli di esecuzione
di pena detentiva, il magistrato di sorveglianza, comunque
informato, provvede a norma dell'art. 51-bis della legge.
Il provvedimento di prosecuzione provvisoria, che contiene
la indicazione dei dati indicati nella lettera a) del comma
4 dell'art. 96, se gia' disponibili, e' comunicato al
centro servizio sociale che segue l'affidamento. Il
provvedimento di sospensione provvisoria, oltre agli stessi
dati suindicati, relativi alla nuova pena da eseguire,
contiene l'ordine agli organi di polizia di provvedere
all'accompagnamento dell'affidato nell'istituto
penitenziario piu' vicino o in quello che, comunque, sara'
indicato nel provvedimento stesso, che e' direttamente ed
immediatamente eseguibile.
2. Il magistrato di sorveglianza, in entrambi i casi,
trasmette gli atti e il provvedimento adottato al tribunale
di sorveglianza per i definitivi provvedimenti dello
stesso. Il provvedimento adottato in via provvisoria dal
magistrato di sorveglianza, conserva i suoi effetti fino
alla decisione definitiva del tribunale di sorveglianza se
questo esamina il caso in udienza entro il termine
stabilito dall'art. 51-bis della legge, anche se la
decisione intervenga in una udienza successiva, ove
occorrano ulteriori accertamenti.
3. Se il tribunale di sorveglianza estende
l'affidamento in prova alla nuova pena da eseguire, nella
ordinanza vengono annotati i dati di cui alle letterea) e
b) del comma 4 dell'art. 96. L'ordinanza e' notificata e
comunicata, come previsto dal comma 1 dell'art. 97, in
quanto applicabile. L'organo del pubblico ministero,
competente, ai sensi del comma 2 dell'art. 663 del codice
di procedura penale, emette provvedimento di esecuzione di
pene concorrenti, indicando la nuova data di conclusione
della esecuzione del periodo di prova, dandone notifica
all'interessato e comunicazione agli uffici competenti. Il
direttore del centro di servizio sociale che segue la
prova, o suo sostituto, redige apposito verbale con cui
l'affidato si impegna al rispetto delle prescrizioni
precedentemente determinate anche per il periodo di
prosecuzione della misura alternativa, dandone
comunicazione al tribunale di sorveglianza e all'ufficio di
sorveglianza.
4. Se il tribunale di sorveglianza, invece, prende atto
del venire meno delle condizioni di ammissibilita' alla
misura alternativa, ne dichiara la inefficacia e dispone
che la esecuzione della pena complessiva prosegua in regime
detentivo. Nella ordinanza si menzionano i dati essenziali
della pena stessa, come indicati alle lettere a) e b) del
comma 4 dell'art. 96, specificando la pena residua ancora
da espiare e deducendo il periodo di esecuzione della pena
in regime di affidamento in prova, che resta utilmente
espiato. L'ordinanza e' comunicata e notificata, come
previsto dal comma 1 dell'art. 97. L'organo del pubblico
ministero competente, ai sensi del comma 2 dell'art. 663
del codice di procedura penale, provvede come indicato al
comma 3 del presente articolo.
5. Qualora il magistrato di sorveglianza ritenga,
direttamente o in base ad informazioni acquisite, che si
debba verificare se ricorrono le condizioni per la revoca
dell'affidamento in prova, investe il tribunale di
sorveglianza della decisione. Se lo ritiene necessario,
provvede anche alla sospensione provvisoria della misura
alternativa, ai sensi dell'art. 51-ter della legge,
indicando l'organo di polizia competente al
riaccompagnamento in istituto, al quale viene direttamente
trasmessa copia del provvedimento per la esecuzione.
6. Al tribunale di sorveglianza sono trasmessi gli atti
e, se emesso, anche il provvedimento di sospensione
provvisoria della misura alternativa.
7. Il tribunale di sorveglianza adotta la decisione
definitiva, previ ulteriori accertamenti, se li ritenga
necessari. Se il tribunale di sorveglianza revoca la misura
alternativa, nella ordinanza vengono annotati i dati di cui
alle lettere a) e b) del comma 4 dell'art. 96 e determinata
la pena detentiva residua da espiare, tenuto conto della
durata delle limitazioni patite dal condannato e del suo
comportamento durante il periodo trascorso in affidamento
in prova. Nel caso in cui vi sia stata sospensione della
esecuzione della misura alternativa e riaccompagnamento in
carcere, la data di questo viene indicata come data di
decorrenza della pena detentiva residua da espiare.
L'ordinanza e' comunicata e notificata come previsto dal
comma 1 dell'art. 97, in quanto applicabile. L'organo del
pubblico ministero competente alla esecuzione della pena
emette nuovo ordine di esecuzione della stessa; si applica
l'ultima parte del comma 3 dell'art. 97.
8. Nel caso di annullamento da parte della Corte di
cassazione della ordinanza di concessione dell'affidamento
in prova al servizio sociale, cessa la esecuzione della
misura alternativa. La sentenza di annullamento deve essere
comunicata al pubblico ministero competente alla
esecuzione. Il pubblico ministero, quando debba emettere
nuovo ordine di esecuzione della pena detentiva, deduce il
periodo di esecuzione della stessa in regime di affidamento
in prova, che resta utilmente espiato.».
 
Art. 11

Esecuzione delle pene detentive

1. Quando deve essere eseguita nei confronti di persona che non abbia compiuto i venticinque anni di eta' una condanna a pena detentiva per reati commessi da minorenne, il pubblico ministero emette l'ordine di esecuzione se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggior pena, non e' superiore a quattro anni, salvo, per l'affidamento in prova in casi particolari, quanto previsto dall'articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e contestualmente ne dispone la sospensione salvo il caso in cui il condannato si trovi per il fatto oggetto della condanna in stato di custodia cautelare ovvero sia detenuto in carcere o in istituto penitenziario minorile per altro titolo definitivo.
2. L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato, al difensore nominato per la fase dell'esecuzione o, in difetto, al difensore che ha operato nella fase del giudizio, e, in caso di persona minore degli anni diciotto, agli esercenti la responsabilita' genitoriale, con l'avviso che nel termine di trenta giorni puo' essere presentata richiesta, corredata di dichiarazione o elezione di domicilio, al tribunale di sorveglianza per l'applicazione di una misura di comunita', mediante deposito presso l'ufficio del pubblico ministero, il quale ne cura l'immediata trasmissione al tribunale di sorveglianza unitamente agli atti.
3. Il decreto di sospensione contiene altresi' l'invito al condannato a prendere contatti con l'ufficio del servizio sociale minorile dell'amministrazione della giustizia.
4. Se nel termine di cui al comma 2 non sono presentate richieste il pubblico ministero revoca la sospensione dell'ordine di esecuzione.
5. Il tribunale di sorveglianza, ricevuta l'istanza di cui al comma 2, entro il termine di quarantacinque giorni fissa l'udienza a norma dell'articolo 666, comma 3, del codice di procedura penale e ne fa dare avviso al condannato, agli esercenti la responsabilita' genitoriale nel caso di persone minori degli anni diciotto, al pubblico ministero, al difensore e ai servizi sociali minorili dell'amministrazione della giustizia.
6. Con l'avviso di cui al comma 5 le parti sono altresi' invitate a depositare, almeno cinque giorni prima della data fissata per l'udienza, memorie e documenti utili per l'applicazione della misura. I servizi sociali minorili dell'amministrazione della giustizia presentano, anche in udienza, la relazione personologica e sociale svolta sul minorenne, nonche' il progetto di intervento redatto sulla base delle specifiche esigenze del condannato. Resta salva, in ogni caso, la facolta' del tribunale di sorveglianza di procedere anche d'ufficio all'acquisizione di documenti o di informazioni, o all'assunzione di prove a norma dell'articolo 666, comma 5, del codice di procedura penale.

Note all'art. 11:
- Si riporta il testo dell'art. 94 del citato decreto
del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309:
«Art. 94 (Affidamento in prova in casi particolari). -
1. Se la pena detentiva deve essere eseguita nei confronti
di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia
in corso un programma di recupero o che ad esso intenda
sottoporsi, l'interessato puo' chiedere in ogni momento di
essere affidato in prova al servizio sociale per proseguire
o intraprendere l'attivita' terapeutica sulla base di un
programma da lui concordato con un'azienda unita' sanitaria
locale o con una struttura privata autorizzata ai sensi
dell'art. 116. L'affidamento in prova in casi particolari
puo' essere concesso solo quando deve essere espiata una
pena detentiva, anche residua e congiunta a pena
pecuniaria, non superiore a sei anni od a quattro anni se
relativa a titolo esecutivo comprendente reato di cui
all'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e
successive modificazioni. Alla domanda e' allegata, a pena
di inammissibilita', certificazione rilasciata da una
struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata
accreditata per l'attivita' di diagnosi prevista dal comma
2, lettera d), dell'art. 116 attestante lo stato di
tossicodipendenza o di alcooldipendenza, la procedura con
la quale e' stato accertato l'uso abituale di sostanze
stupefacenti, psicotrope o alcoliche, l'andamento del
programma concordato eventualmente in corso e la sua
idoneita', ai fini del recupero del condannato. Affinche'
il trattamento sia eseguito a carico del Servizio sanitario
nazionale, la struttura interessata deve essere in possesso
dell'accreditamento istituzionale di cui all'art. 8-quater
del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e
successive modificazioni, ed aver stipulato gli accordi
contrattuali di cui all'art. 8-quinquies del citato decreto
legislativo.(133)
2. Se l'ordine di carcerazione e' stato eseguito, la
domanda e' presentata al magistrato di sorveglianza il
quale, se l'istanza e' ammissibile, se sono offerte
concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei
presupposti per l'accoglimento della domanda ed al grave
pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di
detenzione, qualora non vi siano elementi tali da far
ritenere la sussistenza del pericolo di fuga, puo' disporre
l'applicazione provvisoria della misura alternativa. Si
applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al
comma 4. Sino alla decisione del tribunale di sorveglianza,
il magistrato di sorveglianza e' competente all'adozione
degli ulteriori provvedimenti di cui alla legge 26 luglio
1975, n. 354, e successive modificazioni.
3. Ai fini della decisione, il tribunale di
sorveglianza puo' anche acquisire copia degli atti del
procedimento e disporre gli opportuni accertamenti in
ordine al programma terapeutico concordato; deve altresi'
accertare che lo stato di tossicodipendenza o
alcooldipendenza o l'esecuzione del programma di recupero
non siano preordinati al conseguimento del beneficio. Si
applicano le disposizioni di cui all'art. 92, commi 1 e 3.
4. Il tribunale accoglie l'istanza se ritiene che il
programma di recupero, anche attraverso le altre
prescrizioni di cui all'art. 47, comma 5, della legge 26
luglio 1975, n. 354, contribuisce al recupero del
condannato ed assicura la prevenzione del pericolo che egli
commetta altri reati. Se il tribunale di sorveglianza
dispone l'affidamento, tra le prescrizioni impartite devono
essere comprese quelle che determinano le modalita' di
esecuzione del programma. Sono altresi' stabilite le
prescrizioni e le forme di controllo per accertare che il
tossicodipendente o l'alcooldipendente inizi immediatamente
o prosegua il programma di recupero. L'esecuzione della
pena si considera iniziata dalla data del verbale di
affidamento, tuttavia qualora il programma terapeutico al
momento della decisione risulti gia' positivamente in
corso, il tribunale, tenuto conto della durata delle
limitazioni alle quali l'interessato si e' spontaneamente
sottoposto e del suo comportamento, puo' determinare una
diversa, piu' favorevole data di decorrenza
dell'esecuzione.
5.
6. Si applica, per quanto non diversamente stabilito,
la disciplina prevista dalla legge 26 luglio 1975, n. 354,
come modificata dalla legge 10 giugno 1986, n. 663.
6-bis. Qualora nel corso dell'affidamento disposto ai
sensi del presente articolo l'interessato abbia
positivamente terminato la parte terapeutica del programma,
il magistrato di sorveglianza, previa rideterminazione
delle prescrizioni, puo' disporne la prosecuzione ai fini
del reinserimento sociale anche qualora la pena residua
superi quella prevista per l'affidamento ordinario di cui
all'art. 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354.
6-ter. Il responsabile della struttura presso cui si
svolge il programma terapeutico di recupero e
socio-riabilitativo e' tenuto a segnalare all'autorita'
giudiziaria le violazioni commesse dalla persona sottoposta
al programma. Qualora tali violazioni integrino un reato,
in caso di omissione, l'autorita' giudiziaria ne da'
comunicazione alle autorita' competenti per la sospensione
o revoca dell'autorizzazione di cui all'art. 116 e
dell'accreditamento di cui all'art. 117, ferma restando
l'adozione di misure idonee a tutelare i soggetti in
trattamento presso la struttura.».
- Si riporta il testo dell'art. 666 del codice di
procedura penale:
«Art. 666 (Procedimento di esecuzione). - 1. Il giudice
dell'esecuzione procede a richiesta del pubblico ministero,
dell'interessato o del difensore.
2. Se la richiesta appare manifestamente infondata per
difetto delle condizioni di legge ovvero costituisce mera
riproposizione di una richiesta gia' rigettata, basata sui
medesimi elementi, il giudice o il presidente del collegio,
sentito il pubblico ministero, la dichiara inammissibile
con decreto motivato, che e' notificato entro cinque giorni
all'interessato. Contro il decreto puo' essere proposto
ricorso per cassazione.
3. Salvo quanto previsto dal comma 2, il giudice o il
presidente del collegio, designato il difensore di ufficio
all'interessato che ne sia privo, fissa la data
dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso
alle parti e ai difensori. L'avviso e' comunicato o
notificato almeno dieci giorni prima della data predetta.
Fino a cinque giorni prima dell'udienza possono essere
depositate memorie in cancelleria.
4. L'udienza si svolge con la partecipazione necessaria
del difensore e del pubblico ministero. L'interessato che
ne fa richiesta e' sentito personalmente; tuttavia, se e'
detenuto o internato in luogo posto fuori della
circoscrizione del giudice, e' sentito prima del giorno
dell'udienza dal magistrato di sorveglianza del luogo,
salvo che il giudice ritenga di disporre la traduzione.
5. Il giudice puo' chiedere alle autorita' competenti
tutti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno;
se occorre assumere prove, procede in udienza nel rispetto
del contraddittorio.
6. Il giudice decide con ordinanza. Questa e'
comunicata o notificata senza ritardo alle parti e ai
difensori, che possono proporre ricorso per cassazione. Si
osservano, in quanto applicabili, le disposizioni sulle
impugnazioni e quelle sul procedimento in camera di
consiglio davanti alla corte di cassazione.
7. Il ricorso non sospende l'esecuzione dell'ordinanza,
a meno che il giudice che l'ha emessa disponga
diversamente.
8. Se l'interessato e' infermo di mente, l'avviso
previsto dal comma 3 e' notificato anche al tutore o al
curatore; se l'interessato ne e' privo, il giudice o il
presidente del collegio nomina un curatore provvisorio. Al
tutore e al curatore competono gli stessi diritti
dell'interessato.
9. Il verbale di udienza e' redatto soltanto in forma
riassuntiva a norma dell'art. 140 comma 2.».
 
Art. 12

Esecuzione delle misure penali di comunita'

1. L'esecuzione delle misure penali di comunita' e' affidata al magistrato di sorveglianza del luogo dove la misura deve essere eseguita.
2. Il magistrato di sorveglianza, se ne ravvisa l'opportunita' per elementi sopravvenuti, provvede alla modifica delle prescrizioni con decreto motivato, dandone notizia all'ufficio di servizio sociale per i minorenni.
3. Il minorenne sottoposto a misura penale di comunita' e' affidato all'ufficio di servizio sociale per i minorenni, il quale, in collaborazione con i servizi socio-sanitari territoriali, svolge attivita' di controllo, assistenza e sostegno per tutta la durata dell'esecuzione.
4. Per garantire la continuita' dell'intervento educativo e l'inserimento sociale, terminata l'esecuzione della misura, i servizi socio-sanitari territoriali prendono in carico il minorenne per la prosecuzione delle attivita' di assistenza e sostegno anche curando, ove necessario, i contatti con i familiari e con le altre figure di riferimento.
5. Al compimento del venticinquesimo anno di eta', se e' in corso l'esecuzione di una misura penale di comunita', il magistrato di sorveglianza per i minorenni trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza ordinario per la prosecuzione della misura, ove ne ricorrano le condizioni, con le modalita' previste dalla legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni.

Note all'art. 12:
Per il titolo della legge 26 luglio 1975, n. 354, vedi
nelle note all'art. 1.
 
Art. 13
Nuovi titoli di privazione della liberta' per fatti commessi da
minorenne

1. Quando, durante l'esecuzione di una misura penale di comunita', sopravviene un titolo esecutivo di altra pena detentiva per fatti commessi da minorenne, il pubblico ministero sospende l'ordine di esecuzione se ricorrono le condizioni di cui all'articolo 11, comma 1, e trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza, il quale, se ritiene che permangono le condizioni per la prosecuzione della misura, la dispone con ordinanza. In caso contrario dispone la cessazione dell'esecuzione della misura.
2. Avverso l'ordinanza e' ammesso reclamo ai sensi dell'articolo 69-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni.

Note all'art. 13:
Per il testo dell'art. 69-bis della citata legge 26
luglio 1975, n. 354, vedi nelle note all'art. 10.
 
Art. 14

Progetto di intervento educativo

1. La permanenza negli istituti penali per minorenni si svolge in conformita' a un progetto educativo predisposto entro tre mesi dall'inizio dell'esecuzione. Il progetto, elaborato secondo i principi della personalizzazione delle prescrizioni e la flessibilita' esecutiva, previo ascolto del condannato, tiene conto delle attitudini e delle caratteristiche della sua personalita'. Il progetto contiene indicazioni sulle modalita' con cui coltivare le relazioni con il mondo esterno e attuare la vita di gruppo e la cittadinanza responsabile, anche nel rispetto della diversita' di genere, e sulla personalizzazione delle attivita' di istruzione, di formazione professionale, di istruzione e formazione professionale, nonche' sulle attivita' di lavoro, di utilita' sociale, culturali, sportive e di tempo libero utili al recupero sociale e alla prevenzione del rischio di commissione di ulteriori reati.
2. All'ingresso in istituto, e' garantito un supporto psicologico da parte di personale specializzato, utile anche per la predisposizione del progetto educativo e per la prevenzione del rischio di atti di autolesionismo e di suicidio.
3. Il progetto educativo e' illustrato al condannato con linguaggio comprensibile ed e' costantemente aggiornato, considerati il grado di adesione alle opportunita' offerte, l'evoluzione psico-fisica e il percorso di maturazione e di responsabilizzazione.
4. Il progetto di intervento educativo assicura la graduale restituzione di spazi di liberta' in funzione dei progressi raggiunti nel percorso di recupero.
 
Art. 15

Assegnazione dei detenuti

1. Nella assegnazione dei detenuti e' assicurata la separazione dei minorenni dai giovani al di sotto dei venticinque anni e degli imputati dai condannati. Le donne sono ospitate in istituti o sezioni apposite.
 
Art. 16

Camere di pernottamento

1. Le camere di pernottamento devono essere adattate alle esigenze di vita individuale dei detenuti e possono ospitare sino ad un massimo di quattro persone.
2. Per le finalita' di cui al presente articolo e' autorizzata la spesa di 80.000 euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019.
 
Art. 17

Permanenza all'aperto

1. Ai detenuti e' consentito di permanere all'aria aperta per un tempo non inferiore alle quattro ore al giorno. Tale periodo puo' essere ridotto per specifici motivi.
2. La permanenza all'aperto avviene in modo organizzato e con la presenza degli operatori penitenziari e dei volontari, in spazi attrezzati per lo svolgimento di attivita' fisica e ricreativa.
3. Per le finalita' di cui al presente articolo e' autorizzata la spesa di 100.000 euro per l'anno 2018.
 
Art. 18

Istruzione e formazione professionale all'esterno

1. I detenuti sono ammessi a frequentare i corsi di istruzione, di formazione professionale, di istruzione e formazione professionale all'esterno dell'istituto, previa intesa con istituzioni, imprese, cooperative o associazioni, quando si ritiene che la frequenza esterna faciliti il percorso educativo e contribuisca alla valorizzazione delle potenzialita' individuali e all'acquisizione di competenze certificate e al recupero sociale.
2. Si applica la disciplina di cui all'articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.

Note all'art. 18:
- Si riporta il testo dell'art. 21 della citata legge
26 luglio 1975, n. 354:
«Art. 21 (Lavoro all'esterno). - 1. I detenuti e gli
internati possono essere assegnati al lavoro all'esterno in
condizioni idonee a garantire l'attuazione positiva degli
scopi previsti dall'art. 15. Tuttavia, se si tratta di
persona condannata alla pena della reclusione per uno dei
delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell'art.
4-bis, l'assegnazione al lavoro all'esterno puo' essere
disposta dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena e,
comunque, di non oltre cinque anni. Nei confronti dei
condannati all'ergastolo l'assegnazione puo' avvenire dopo
l'espiazione di almeno dieci anni.
2. I detenuti e gli internati assegnati al lavoro
all'esterno sono avviati a prestare la loro opera senza
scorta, salvo che essa sia ritenuta necessaria per motivi
di sicurezza. Gli imputati sono ammessi al lavoro
all'esterno previa autorizzazione della competente
autorita' giudiziaria.
3. Quando si tratta di imprese private, il lavoro deve
svolgersi sotto il diretto controllo della direzione
dell'istituto a cui il detenuto o l'internato e' assegnato,
la quale puo' avvalersi a tal fine del personale dipendente
e del servizio sociale.
4. Per ciascun condannato o internato il provvedimento
di ammissione al lavoro all'esterno diviene esecutivo dopo
l'approvazione del magistrato di sorveglianza.
4-bis. Le disposizioni di cui ai commi precedenti e la
disposizione di cui al secondo periodo del comma sedicesimo
dell'art. 20 si applicano anche ai detenuti ed agli
internati ammessi a frequentare corsi di formazione
professionale all'esterno degli istituti penitenziari.
4-ter. I detenuti e gli internati di norma possono
essere assegnati a prestare la propria attivita' a titolo
volontario e gratuito, tenendo conto anche delle loro
specifiche professionalita' e attitudini lavorative,
nell'esecuzione di progetti di pubblica utilita' in favore
della collettivita' da svolgere presso lo Stato, le
regioni, le province, i comuni, le comunita' montane, le
unioni di comuni, le aziende sanitarie locali o presso enti
o organizzazioni, anche internazionali, di assistenza
sociale, sanitaria e di volontariato. I detenuti e gli
internati possono essere inoltre assegnati a prestare la
propria attivita' a titolo volontario e gratuito a sostegno
delle famiglie delle vittime dei reati da loro commessi.
L'attivita' e' in ogni caso svolta con modalita' che non
pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia
e di salute dei detenuti e degli internati. Sono esclusi
dalle previsioni del presente comma i detenuti e gli
internati per il delitto di cui all'art. 416-bis del codice
penale e per i delitti commessi avvalendosi delle
condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di
agevolare l'attivita' delle associazioni in esso previste.
Si applicano, in quanto compatibili, le modalita' previste
nell'art. 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n.
274.».
 
Art. 19

Colloqui e tutela dell'affettivita'

1. Il detenuto ha diritto ad otto colloqui mensili, di cui almeno uno da svolgersi in un giorno festivo o prefestivo, con i congiunti e con le persone con cui sussiste un significativo legame affettivo. Ogni colloquio ha una durata non inferiore a sessanta minuti e non superiore a novanta. La durata massima di ciascuna conversazione telefonica mediante dispositivi, anche mobili, in dotazione dell'istituto, e' di venti minuti. Salvo che ricorrano specifici motivi, il detenuto puo' usufruire di un numero di conversazioni telefoniche non inferiore a due e non superiore a tre a settimana. L'autorita' giudiziaria puo' disporre che le conversazioni telefoniche vengano ascoltate e registrate per mezzo di idonee apparecchiature. E' sempre disposta la registrazione delle conversazioni telefoniche autorizzate su richiesta di detenuti o internati per i reati indicati nell'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.
2. Per i detenuti privi di riferimenti socio-familiari sono favoriti colloqui con volontari autorizzati ad operare negli istituti penali per minorenni ed e' assicurato un costante supporto psicologico.
3. Al fine di favorire le relazioni affettive, il detenuto puo' usufruire ogni mese di quattro visite prolungate della durata non inferiore a quattro ore e non superiore a sei ore, con una o piu' delle persone di cui al comma 1.
4. Le visite prolungate si svolgono in unita' abitative appositamente attrezzate all'interno degli istituti, organizzate per consentire la preparazione e la consumazione di pasti e riprodurre, per quanto possibile, un ambiente di tipo domestico.
5. Il direttore dell'istituto verifica la sussistenza di eventuali divieti dell'autorita' giudiziaria che impediscono i contatti con le persone indicate ai commi precedenti. Verifica altresi' la sussistenza del legame affettivo, acquisendo le informazioni necessarie tramite l'ufficio del servizio sociale per i minorenni e dei servizi socio-sanitari territoriali.
6. Sono favorite le visite prolungate per i detenuti che non usufruiscono di permessi premio.

Note all'art. 19:
Per il testo dell'art. 4-bis della citata legge 26
luglio 1975, n. 354, vedi nelle note all'art. 2.
 
Art. 20

Regole di comportamento

1. Il regolamento che disciplina la vita nell'istituto e' portato a conoscenza dei detenuti al loro ingresso con linguaggio comprensibile.
2. Ai fini della verifica dell'adesione ai programmi di intervento educativo, con conseguente progressione e concessione di benefici, e' valutato anche il rispetto delle seguenti regole di comportamento all'interno dell'istituto:
a) osservanza degli orari, cura dell'igiene personale, pulizia e ordine della camera di pernottamento;
b) partecipazione alle attivita' di istruzione, formazione professionale, istruzione e formazione professionale, lavoro, culturali e sportive; la permanenza nelle camere di pernottamento nel corso dello svolgimento di tali attivita' e' consentita soltanto in casi eccezionali, o per motivi di salute accertati dall'area sanitaria;
c) consumazione dei pasti nelle aree specificamente dedicate e non all'interno delle camere di pernottamento, salvo specifica indicazione in tal senso da parte dell'area sanitaria;
d) relazioni con gli operatori e con gli altri detenuti improntate al reciproco rispetto.
 
Art. 21

Custodia attenuata

1. Possono essere organizzate sezioni a custodia attenuata per ospitare detenuti che non presentano rilevanti profili di pericolosita' o che sono prossimi alle dimissioni e ammessi allo svolgimento di attivita' all'esterno. L'organizzazione di tali strutture deve prevedere spazi di autonomia nella gestione della vita personale e comunitaria.
 
Art. 22

Territorialita' dell'esecuzione

1. Salvo specifici motivi ostativi, anche dovuti a collegamenti con ambienti criminali, la pena deve essere eseguita in istituti prossimi alla residenza o alla abituale dimora del detenuto e delle famiglie, in modo da mantenere le relazioni personali e socio-familiari educativamente e socialmente significative.
2. L'assegnazione a un istituto penale per minorenni e' comunicata all'autorita' giudiziaria procedente. L'assegnazione a un istituto diverso da quello piu' vicino al luogo di residenza o di abituale dimora e' disposta con provvedimento motivato, previo nulla osta dell'autorita' giudiziaria.
3. Ai trasferimenti si applicano i criteri di cui al comma 1 e sono disposti con provvedimento motivato, previo nulla osta dell'autorita' giudiziaria. Nei casi di urgenza sono eseguiti dalla competente amministrazione per la giustizia minorile e comunicati senza ritardo all'autorita' giudiziaria.
 
Art. 23

Sanzioni disciplinari

1. Fermo quanto previsto dall'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, e successive modificazioni, sulle infrazioni disciplinari, possono essere applicate le seguenti sanzioni:
a) rimprovero verbale e scritto del direttore dell'istituto;
b) attivita' dirette a rimediare al danno cagionato;
c) esclusione dalle attivita' ricreative per non piu' di dieci giorni;
d) esclusione dalle attivita' in comune per non piu' di dieci giorni.
2. Le sanzioni del rimprovero verbale e scritto sono deliberate dal direttore dell'istituto, mentre per le altre e' competente il consiglio di disciplina composto dal direttore dell'istituto o, in caso di legittimo impedimento, dall'impiegato piu' alto in grado con funzioni di presidente, da uno dei magistrati onorari addetti al tribunale per i minorenni designato dal presidente, e da un educatore.

Note all'art. 23:
- Si riporta il testo dell'art. 77 del citato decreto
del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230:
«Art. 77 (Infrazioni disciplinari e sanzioni). - 1. Le
sanzioni disciplinari sono inflitte ai detenuti e agli
internati che si siano resi responsabili di:
1) negligenza nella pulizia e nell'ordine della
persona o della camera;
2) abbandono ingiustificato del posto assegnato;
3) volontario inadempimento di obblighi lavorativi;
4) atteggiamenti e comportamenti molesti nei
confronti della comunita';
5) giochi o altre attivita' non consentite dal
regolamento interno;
6) simulazione di malattia;
7) traffico di beni di cui e' consentito il possesso;
8) possesso o traffico di oggetti non consentiti o di
denaro;
9) comunicazioni fraudolente con l'esterno o
all'interno, nei casi indicati nei numeri 2) e 3) del primo
comma dell'art. 33 della legge;
10) atti osceni o contrari alla pubblica decenza;
11) intimidazione di compagni o sopraffazioni nei
confronti dei medesimi;
12) falsificazione di documenti provenienti
dall'amministrazione affidati alla custodia del detenuto o
dell'internato;
13) appropriazione o danneggiamento di beni
dell'amministrazione;
14) possesso o traffico di strumenti atti ad
offendere;
15) atteggiamento offensivo nei confronti degli
operatori penitenziari o di altre persone che accedono
nell'istituto per ragioni del loro ufficio o per visita;
16) inosservanza di ordini o prescrizioni o
ingiustificato ritardo nell'esecuzione di essi;
17) ritardi ingiustificati nel rientro previsti dagli
articoli 30, 30-ter, 51, 52 e 53 della legge;
18) partecipazione a disordini o a sommosse;
19) promozione di disordini o di sommosse;
20) evasione;
21) fatti previsti dalla legge come reato, commessi
in danno di compagni, di operatori penitenziari o di
visitatori.
2. Le sanzioni disciplinari sono inflitte anche
nell'ipotesi di tentativo delle infrazioni sopra elencate.
3. La sanzione dell'esclusione dalle attivita' in
comune non puo' essere inflitta per le infrazioni previste
nei numeri da 1) a 8) del comma 1, salvo che l'infrazione
sia stata commessa nel termine di tre mesi dalla
commissione di una precedente infrazione della stessa
natura.
4. Delle sanzioni inflitte all'imputato e' data notizia
all'autorita' giudiziaria che procede.».
 
Art. 24

Dimissione

1. Nei sei mesi precedenti, l'ufficio di servizio sociale per i minorenni, in collaborazione con l'area trattamentale, prepara e cura la dimissione:
a) elaborando, per i condannati cui non siano state applicate misure penali di comunita', programmi educativi, di formazione professionale, di lavoro e di sostegno all'esterno;
b) curando i contatti con i familiari di riferimento e con i servizi socio-sanitari territoriali, ai fini di quanto previsto nell'articolo 12, comma 4;
c) rafforzando, in assenza di riferimenti familiari, i rapporti con i servizi socio-sanitari territoriali e con le organizzazioni di volontariato, per la presa in carico del soggetto;
d) attivando sul territorio le risorse educative, di formazione, di lavoro e di sostegno, in particolare per i condannati privi di legami familiari sul territorio nazionale, ovvero la cui famiglia sia irreperibile o inadeguata, e individuando le figure educative o la comunita' di riferimento proposte dai servizi sociali per i minorenni o dai servizi socio-sanitari territoriali.
 
Art. 25

Relazione al Parlamento sull'utilizzo delle risorse

1. Il Ministro della giustizia trasmette alle Camere, con cadenza annuale, per il triennio 2019-2021, una relazione sullo stato di attuazione del presente decreto legislativo a valere sulle risorse stanziate dal medesimo decreto o comunque disponibili a legislazione vigente, evidenziando eventuali criticita' e le iniziative che si intendono conseguentemente realizzare, ivi incluse quelle di carattere finanziario, da adottare d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, anche sulla base del monitoraggio delle previsioni di spesa di cui agli articoli 4 e 6 del presente decreto, cui provvede il predetto Ministero ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

Note all'art. 25:
- Si riporta il testo dell'art. 17, comma 12, della
legge 31 dicembre 2009, n. 196 - legge di contabilita' e
finanza pubblica:
«Art. 17 (Copertura finanziaria delle leggi). -
(Omissis).
12. Il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla
base delle informazioni trasmesse dai Ministeri competenti,
provvede al monitoraggio degli oneri derivanti dalle leggi
che indicano le previsioni di spesa di cui al comma 1, al
fine di prevenire l'eventuale verificarsi di scostamenti
dell'andamento dei medesimi oneri rispetto alle previsioni.
(Omissis).».
 
Art. 26

Disposizioni finanziarie

1. Agli oneri derivanti dagli articoli 4 e 6, valutati in 2.800.000 euro annui a decorrere dall'anno 2018, nonche' dagli articoli 16 e 17 pari a 180.000 euro per l'anno 2018 e a 80.000 euro per l'anno 2019, si provvede mediante riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 475, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
3. Dall'attuazione del presente decreto, ad eccezione delle disposizioni di cui agli articoli 4, 6, 16 e 17, non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. Le disposizioni relative in particolare all'intervento educativo ed ai percorsi di istruzione, di formazione professionale, di istruzione e formazione professionale, di educazione alla cittadinanza attiva e responsabile hanno efficacia nei limiti delle dotazioni organiche del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario determinate con i decreti previsti dall'articolo 1, comma 64, della legge 13 luglio 2015, n. 107 e dal regolamento 22 giugno 2009, n. 119 e successive modificazioni e non danno origine, neppure indirettamente, all'adeguamento delle medesime alle situazioni di fatto.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi' 2 ottobre 2018

MATTARELLA

Conte, Presidente del Consiglio dei
ministri

Bonafede, Ministro della giustizia

Tria, Ministro dell'economia e delle
finanze
Visto, il Guardasigilli: Bonafede

Note all'art. 26:
- Si riporta il testo dell'art. 1, comma 475, della
legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione
dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio
pluriennale per il triennio 2018-2020), pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 29 dicembre 2017, n. 302, S.O. 9):
«475. E' istituito presso il Ministero della giustizia
un fondo, con una dotazione di 10 milioni di euro per
l'anno 2018, di 20 milioni di euro per l'anno 2019 e di 30
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, da
destinare con decreti del Ministro dell'economia e delle
finanze all'attuazione delle disposizioni di cui alla legge
23 giugno 2017, n. 103, in materia di riforma del processo
penale e dell'ordinamento penitenziario.».
- Si riporta il testo dell'art. 1, comma 64, della
legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale
di istruzione e formazione e delega per il riordino delle
disposizioni legislative vigenti), pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 15 luglio 2015, n. 162:
«64. A decorrere dall'anno scolastico 2016/2017, con
cadenza triennale, con decreti del Ministro
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e
con il Ministro per la semplificazione e la pubblica
amministrazione, sentita la Conferenza unificata di cui
all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
e successive modificazioni, e comunque nel limite massimo
di cui al comma 201 del presente articolo, e' determinato
l'organico dell'autonomia su base regionale.».
Il decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno
2009, n. 119 (Regolamento recante disposizioni per la
definizione dei criteri e dei parametri per la
determinazione della consistenza complessiva degli organici
del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA)
delle istituzioni scolastiche ed educative statali, a norma
dell'art. 64, commi 2, 3 e 4, lettera e) del decreto-legge
25 giugno 2008, n. 112), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 17 agosto 2009, n. 189.
 
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