Gazzetta n. 250 del 26 ottobre 2018 (vai al sommario)
DECRETO LEGISLATIVO 2 ottobre 2018, n. 123
Riforma dell'ordinamento penitenziario, in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 82, 83 e 85, lettere a), d), i), l), m), o), r), t) e u), della legge 23 giugno 2017, n. 103.



IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;
Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la legge 23 giugno 2017, n. 103, recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario, contenente la delega al Governo per la riforma dell'ordinamento penitenziario, e, in particolare l'articolo 1, commi 82, 83 e 85, lettere a), d), i), l), m), o), r), t) e u);
Visto il regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, recante approvazione del testo definitivo del codice penale;
Vista la legge 26 luglio 1975, n. 354, recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta';
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447, recante approvazione del codice di procedura penale;
Visto il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, recante norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale;
Vista la legge 15 dicembre 1990, n. 395, recante ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria;
Visto il decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, recante riordino della medicina penitenziaria, a norma dell'articolo 5 della legge 30 novembre 1998, n. 419;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, concernente regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della liberta';
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 2 agosto 2018;
Sentito il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della liberta' personale;
Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso nella seduta del 6 settembre 2018;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 27 settembre 2018;
Su proposta del Ministro della giustizia;

E m a n a

il seguente decreto legislativo:

Art. 1
Modifiche alle norme sull'ordinamento penitenziario in tema di
assistenza sanitaria

1. L'articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e' sostituito dal seguente:
«Art. 11 (Servizio sanitario). - 1. Il servizio sanitario nazionale opera negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni nel rispetto della disciplina sul riordino della medicina penitenziaria.
2. Garantisce a ogni istituto un servizio sanitario rispondente alle esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti e degli internati.
3. La carta dei servizi sanitari di cui al decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, per i detenuti e gli internati, adottata da ogni azienda sanitaria locale nel cui ambito e' ubicato un istituto penitenziario, e' messa a disposizione dei detenuti e degli internati con idonei mezzi di pubblicita'.
4. Ove siano necessarie cure o accertamenti sanitari che non possono essere apprestati dai servizi sanitari presso gli istituti, gli imputati sono trasferiti in strutture sanitarie esterne di diagnosi o di cura, con provvedimento del giudice che procede. Se il giudice e' in composizione collegiale, il provvedimento e' adottato dal presidente. Prima dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari; provvede il pubblico ministero in caso di giudizio direttissimo e fino alla presentazione dell'imputato in udienza per la contestuale convalida dell'arresto in flagranza. Se e' proposto ricorso per cassazione, provvede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Per i condannati e gli internati provvede il magistrato di sorveglianza. Il provvedimento puo' essere modificato per sopravvenute ragioni di sicurezza ed e' revocato appena vengono meno le ragioni che lo hanno determinato.
5. Quando non vi sia pericolo di fuga, i detenuti e gli internati trasferiti in strutture sanitarie esterne di diagnosi e di cura possono non essere sottoposti a piantonamento durante la degenza, salvo che sia necessario per la tutela della incolumita' personale loro o altrui.
6. Il detenuto o l'internato che si allontana dal luogo di diagnosi o di cura senza giustificato motivo e' punibile a norma del primo comma dell'articolo 385 del codice penale.
7. All'atto dell'ingresso nell'istituto il detenuto e l'internato sono sottoposti a visita medica generale e ricevono dal medico informazioni complete sul proprio stato di salute. Nella cartella clinica il medico annota immediatamente ogni informazione relativa a segni o indici che facciano apparire che la persona possa aver subito violenze o maltrattamenti e, fermo l'obbligo di referto, ne da' comunicazione al direttore dell'istituto e al magistrato di sorveglianza. I detenuti e gli internati hanno diritto altresi' di ricevere informazioni complete sul proprio stato di salute durante il periodo di detenzione e all'atto della rimessione in liberta'. Durante la permanenza nell'istituto, l'assistenza sanitaria e' prestata con periodici riscontri, effettuati con cadenza allineata ai bisogni di salute del detenuto, e si uniforma ai principi di metodo proattivo, di globalita' dell'intervento sulle cause di pregiudizio della salute, di unitarieta' dei servizi e delle prestazioni, d'integrazione dell'assistenza sociale e sanitaria e di garanzia della continuita' terapeutica.
8. Il medico del servizio sanitario garantisce quotidianamente la visita dei detenuti ammalati e di quelli che ne fanno richiesta quando risulta necessaria in base a criteri di appropriatezza clinica. L'Amministrazione penitenziaria assicura il completo espletamento delle attivita' sanitarie senza limiti orari che ne impediscono l'effettuazione. Il medico competente che effettua la sorveglianza sanitaria della struttura penitenziaria, secondo le disposizioni attuative del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, controlla l'idoneita' dei soggetti ai lavori cui sono addetti. In ogni istituto penitenziario per donne sono in funzione servizi speciali per l'assistenza sanitaria alle gestanti e alle puerpere.
9. Quando i detenuti e gli internati sono trasferiti e' loro garantita la necessaria continuita' con il piano terapeutico individuale in corso.
10. Ai detenuti e agli internati che, al momento della custodia cautelare in carcere o dell'esecuzione dell'ordine di carcerazione, abbiano in corso un programma terapeutico ai fini di cui alla legge 14 aprile 1982, n. 164, sono assicurati la prosecuzione del programma e il necessario supporto psicologico.
11. Nel caso di diagnosi anche sospetta di malattia contagiosa sono messi in atto tutti gli interventi di controllo per evitare insorgenza di casi secondari, compreso l'isolamento. Il direttore dell'istituto e' immediatamente informato dell'isolamento e ne da' comunicazione al magistrato di sorveglianza.
12. I detenuti e gli internati, possono richiedere di essere visitati a proprie spese da un esercente di una professione sanitaria di loro fiducia. L'autorizzazione per gli imputati e' data dal giudice che procede, e per gli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, per i condannati e gli internati e' data dal direttore dell'istituto. Con le medesime forme possono essere autorizzati trattamenti medici, chirurgici e terapeutici da effettuarsi a spese degli interessati da parte di sanitari e tecnici di fiducia nelle infermerie o nei reparti clinici e chirurgici all'interno degli istituti, previ accordi con l'azienda sanitaria competente e nel rispetto delle indicazioni organizzative fornite dalla stessa.
13. Il direttore generale dell'azienda unita' sanitaria dispone la visita almeno due volte l'anno degli istituti di prevenzione e di pena, allo scopo di accertare, anche in base alle segnalazioni ricevute, l'adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie infettive e le condizioni igieniche e sanitarie degli istituti.
14. Il direttore generale dell'azienda unita' sanitaria riferisce al Ministero della salute e al Ministero della giustizia sulle visite compiute e sui provvedimenti da adottare, informando altresi' i competenti uffici regionali, comunali e il magistrato di sorveglianza.».
2. All'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, dopo la parola: «efficaci» e' inserita la seguente: «, tempestive».
3. All'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, i commi 6 e 7 sono abrogati.

N O T E

Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia, ai sensi
dell'art.10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n.1092, al solo fine
di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
modificate o alle quali e' operato il rinvio. Restano
invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.

Note alle premesse:
- L'art. 76 della Costituzione stabilisce che
l'esercizio della funzione legislativa non puo' essere
delegato al Governo se non con determinazione di principi e
criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per
oggetti definiti.
- L'art. 87 della Costituzione conferisce, tra l'altro,
al Presidente della Repubblica il potere di promulgare le
leggi e di emanare i decreti aventi valore di legge ed i
regolamenti.
- Si riporta il testo dell'articolo 14 della legge 23
agosto 1988, n.400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e
ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Pubblicata nella Gazz. Uff. 12 settembre 1988, n. 214,
S.O.):
«Art. 14 (Decreti legislativi). - 1. I decreti
legislativi adottati dal Governo ai sensi dell'articolo 76
della Costituzione sono emanati dal Presidente della
Repubblica con la denominazione di «decreto legislativo» e
con l'indicazione, nel preambolo, della legge di
delegazione, della deliberazione del Consiglio dei ministri
e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla
legge di delegazione.
2. L'emanazione del decreto legislativo deve avvenire
entro il termine fissato dalla legge di delegazione; il
testo del decreto legislativo adottato dal Governo e'
trasmesso al Presidente della Repubblica, per la
emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza.
3. Se la delega legislativa si riferisce ad una
pluralita' di oggetti distinti suscettibili di separata
disciplina, il Governo puo' esercitarla mediante piu' atti
successivi per uno o piu' degli oggetti predetti. In
relazione al termine finale stabilito dalla legge di
delegazione, il Governo informa periodicamente le Camere
sui criteri che segue nell'organizzazione dell'esercizio
della delega.
4. In ogni caso, qualora il termine previsto per
l'esercizio della delega ecceda i due anni, il Governo e'
tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei
decreti delegati. Il parere e' espresso dalle Commissioni
permanenti delle due Camere competenti per materia entro
sessanta giorni, indicando specificamente le eventuali
disposizioni non ritenute corrispondenti alle direttive
della legge di delegazione. Il Governo, nei trenta giorni
successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue
osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle
Commissioni per il parere definitivo che deve essere
espresso entro trenta giorni.».
- Si riporta il testo dell'articolo 1 della citata
legge 23 giugno 2017, n.103, commi 82, 83 e 85;
«82. Il Governo e' delegato ad adottare decreti
legislativi per la riforma della disciplina in materia di
intercettazione di conversazioni o comunicazioni e di
giudizi di impugnazione nel processo penale nonche' per la
riforma dell'ordinamento penitenziario, secondo i principi
e criteri direttivi previsti dai commi 84 e 85.
83. I decreti legislativi di cui al comma 82 sono
adottati, su proposta del Ministro della giustizia,
relativamente alle materie a cui si riferiscono i principi
e criteri direttivi di cui alle lettere a), b), c), d) ed
e) del comma 84 nel termine di tre mesi, e relativamente
alle restanti materie nel termine di un anno, senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica. I termini per
l'esercizio delle deleghe decorrono dalla data di entrata
in vigore della presente legge. I relativi schemi sono
trasmessi alle Camere, corredati di relazione tecnica che
dia conto della neutralita' finanziaria dei medesimi, per
l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari
competenti per materia e per i profili finanziari. I pareri
sono resi nel termine di quarantacinque giorni, decorsi i
quali i decreti possono essere comunque emanati. Qualora
tale termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti
la scadenza del termine di delega, o successivamente,
quest'ultimo termine e' prorogato di sessanta giorni. Il
Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri
parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con
le sue osservazioni e con eventuali modificazioni,
corredate dei necessari elementi integrativi di
informazione e motivazione. I pareri definitivi delle
Commissioni competenti per materia e per i profili
finanziari sono espressi entro il termine di dieci giorni
dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine,
i decreti possono essere comunque emanati.».
«85. Fermo restando quanto previsto dall'articolo
41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive
modificazioni, nell'esercizio della delega di cui al comma
82, i decreti legislativi recanti modifiche all'ordinamento
penitenziario, per i profili di seguito indicati, sono
adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi:
a) semplificazione delle procedure, anche con la
previsione del contraddittorio differito ed eventuale, per
le decisioni di competenza del magistrato e del Tribunale
di sorveglianza, fatta eccezione per quelle relative alla
revoca delle misure alternative alla detenzione;
b) revisione delle modalita' e dei presupposti di
accesso alle misure alternative, sia con riferimento ai
presupposti soggettivi sia con riferimento ai limiti di
pena, al fine di facilitare il ricorso alle stesse, salvo
che per i casi di eccezionale gravita' e pericolosita' e in
particolare per le condanne per i delitti di mafia e
terrorismo anche internazionale;
c) revisione della disciplina concernente le
procedure di accesso alle misure alternative, prevedendo
che il limite di pena che impone la sospensione dell'ordine
di esecuzione sia fissato in ogni caso a quattro anni e che
il procedimento di sorveglianza garantisca il diritto alla
presenza dell'interessato e la pubblicita' dell'udienza;
d) previsione di una necessaria osservazione
scientifica della personalita' da condurre in liberta',
stabilendone tempi, modalita' e soggetti chiamati a
intervenire; integrazione delle previsioni sugli interventi
degli uffici dell'esecuzione penale esterna; previsione di
misure per rendere piu' efficace il sistema dei controlli,
anche mediante il coinvolgimento della polizia
penitenziaria;
e) eliminazione di automatismi e di preclusioni che
impediscono ovvero ritardano, sia per i recidivi sia per
gli autori di determinate categorie di reati,
l'individualizzazione del trattamento rieducativo e la
differenziazione dei percorsi penitenziari in relazione
alla tipologia dei reati commessi e alle caratteristiche
personali del condannato, nonche' revisione della
disciplina di preclusione dei benefici penitenziari per i
condannati alla pena dell'ergastolo, salvo che per i casi
di eccezionale gravita' e pericolosita' specificatamente
individuati e comunque per le condanne per i delitti di
mafia e terrorismo anche internazionale;
f) previsione di attivita' di giustizia riparativa e
delle relative procedure, quali momenti qualificanti del
percorso di recupero sociale sia in ambito intramurario sia
nell'esecuzione delle misure alternative;
g) incremento delle opportunita' di lavoro
retribuito, sia intramurario sia esterno, nonche' di
attivita' di volontariato individuale e di reinserimento
sociale dei condannati, anche attraverso il potenziamento
del ricorso al lavoro domestico e a quello con committenza
esterna, aggiornando quanto il detenuto deve a titolo di
mantenimento;
h) previsione di una maggiore valorizzazione del
volontariato sia all'interno del carcere, sia in
collaborazione con gli uffici dell'esecuzione penale
esterna;
i) disciplina dell'utilizzo dei collegamenti
audiovisivi sia a fini processuali, con modalita' che
garantiscano il rispetto del diritto di difesa, sia per
favorire le relazioni familiari;
l) revisione delle disposizioni dell'ordinamento
penitenziario alla luce del riordino della medicina
penitenziaria disposto dal decreto legislativo 22 giugno
1999, n. 230, tenendo conto della necessita' di potenziare
l'assistenza psichiatrica negli istituti di pena;
m) previsione della esclusione del sanitario dal
consiglio di disciplina istituito presso l'istituto
penitenziario;
n) riconoscimento del diritto all'affettivita' delle
persone detenute e internate e disciplina delle condizioni
generali per il suo esercizio;
o) previsione di norme che favoriscano l'integrazione
delle persone detenute straniere;
p) adeguamento delle norme dell'ordinamento
penitenziario alle esigenze educative dei detenuti minori
di eta' secondo i seguenti criteri:
1) giurisdizione specializzata e affidata al
tribunale per i minorenni, fatte salve le disposizioni
riguardanti l'incompatibilita' del giudice di sorveglianza
che abbia svolto funzioni giudicanti nella fase di
cognizione;
2) previsione di disposizioni riguardanti
l'organizzazione penitenziaria degli istituti penali per
minorenni nell'ottica della socializzazione, della
responsabilizzazione e della promozione della persona;
3) previsione dell'applicabilita' della disciplina
prevista per i minorenni quantomeno ai detenuti giovani
adulti, nel rispetto dei processi educativi in atto;
4) previsione di misure alternative alla detenzione
conformi alle istanze educative del condannato minorenne;
5) ampliamento dei criteri per l'accesso alle
misure alternative alla detenzione, con particolare
riferimento ai requisiti per l'ammissione dei minori
all'affidamento in prova ai servizi sociali e alla
semiliberta', di cui rispettivamente agli articoli 47 e 50
della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive
modificazioni;
6) eliminazione di ogni automatismo e preclusione
per la revoca o per la concessione dei benefici
penitenziari, in contrasto con la funzione rieducativa
della pena e con il principio dell'individuazione del
trattamento;
7) rafforzamento dell'istruzione e della formazione
professionale quali elementi centrali del trattamento dei
detenuti minorenni;
8) rafforzamento dei contatti con il mondo esterno
quale criterio guida nell'attivita' trattamentale in
funzione del reinserimento sociale;
q) attuazione, sia pure tendenziale, del principio
della riserva di codice nella materia penale, al fine di
una migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni e
quindi dell'effettivita' della funzione rieducativa della
pena, presupposto indispensabile perche' l'intero
ordinamento penitenziario sia pienamente conforme ai
principi costituzionali, attraverso l'inserimento nel
codice penale di tutte le fattispecie criminose previste da
disposizioni di legge in vigore che abbiano a diretto
oggetto di tutela beni di rilevanza costituzionale, in
particolare i valori della persona umana, e tra questi il
principio di uguaglianza, di non discriminazione e di
divieto assoluto di ogni forma di sfruttamento a fini di
profitto della persona medesima, e i beni della salute,
individuale e collettiva, della sicurezza pubblica e
dell'ordine pubblico, della salubrita' e integrita'
ambientale, dell'integrita' del territorio, della
correttezza e trasparenza del sistema economico di mercato;
r) previsione di norme volte al rispetto della
dignita' umana attraverso la responsabilizzazione dei
detenuti, la massima conformita' della vita penitenziaria a
quella esterna, la sorveglianza dinamica;
s) revisione delle norme vigenti in materia di misure
alternative alla detenzione al fine di assicurare la tutela
del rapporto tra detenute e figli minori e di garantire
anche all'imputata sottoposta a misura cautelare la
possibilita' che la detenzione sia sospesa fino al momento
in cui la prole abbia compiuto il primo anno di eta';
t) previsione di norme che considerino gli specifici
bisogni e diritti delle donne detenute;
u) revisione del sistema delle pene accessorie
improntata al principio della rimozione degli ostacoli al
reinserimento sociale del condannato ed esclusione di una
loro durata superiore alla durata della pena principale;
v) revisione delle attuali previsioni in materia di
liberta' di culto e dei diritti ad essa connessi.».

Note all'art. 1:
- Si riporta il testo dell'articolo 1, comma 1, del
decreto legislativo 22 giugno 1999, n 230 (Riordino della
medicina penitenziaria, a norma dell'articolo 5 della L. 30
novembre 1998, n. 419), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
16 luglio 1999, n. 165, S.O.), come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 1 (Diritto alla salute dei detenuti e degli
internati). - 1. I detenuti e gli internati hanno diritto,
al pari dei cittadini in stato di liberta', alla erogazione
delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e
riabilitazione, efficaci, tempestive ed appropriate, sulla
base degli obiettivi generali e speciali di salute e dei
livelli essenziali e uniformi di assistenza individuati nel
Piano sanitario nazionale, nei piani sanitari regionali e
in quelli locali.».
- Si riporta il testo dell'articolo 17 del decreto del
Presidente dalla Repubblica 30 giugno 2000, n 230
(Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e
sulle misure privative e limitative della liberta'.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 22 agosto 2000, n. 195, S.O.),
come modificato dal presente decreto legislativo:
«Art. 17 (Assistenza sanitaria). - 1. I detenuti e gli
internati usufruiscono dell'assistenza sanitaria secondo le
disposizioni della vigente normativa.
2. Le funzioni di programmazione, indirizzo,
coordinamento ed organizzazione dei servizi sanitari in
ambito penitenziario, nonche' di controllo sul
funzionamento dei servizi medesimi, sono esercitate secondo
le competenze e con le modalita' indicate dalla vigente
normativa.
3. L'assistenza sanitaria viene prestata all'interno
degli istituti penitenziari, salvo quanto previsto dal
secondo comma dell'articolo 11 della legge.
4. Sulla base delle indicazioni desunte dalla
rilevazione e dall'analisi delle esigenze sanitarie della
popolazione penitenziaria, sono organizzati, con opportune
dislocazioni nel territorio nazionale, reparti clinici e
chirurgici.
5. In ogni caso in cui le prestazioni di carattere
psichiatrico non siano assicurate a mezzo dell'opera di
specialisti in psichiatria di ruolo, la direzione
dell'istituto si avvale di specialisti ai sensi del quarto
comma dell'articolo 80 della legge.
6. (Abrogato).
7. (Abrogato).
8. Quando deve provvedersi con estrema urgenza al
trasferimento di un detenuto o di un internato in luogo
esterno di cura e non sia possibile ottenere con
immediatezza la decisione della competente autorita'
giudiziaria, il direttore provvede direttamente al
trasferimento, dandone contemporanea comunicazione alla
predetta autorita': da' inoltre notizia del trasferimento
al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e al
provveditore regionale.
9. In ogni istituto devono essere svolte con
continuita' attivita' di medicina preventiva che rilevino,
segnalino ed intervengano in merito alle situazioni che
possono favorire lo sviluppo di forme patologiche, comprese
quelle collegabili alle prolungate situazioni di inerzia e
di riduzione del movimento e dell'attivita' fisica.».
 
Art. 2
Modifiche alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie
del codice di procedura penale in tema di assistenza sanitaria.

1. L'articolo 240 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e' abrogato.

Note all'art. 2:
- Il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme
di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di
procedura penale), modificato dal presente decreto, e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 5 agosto 1989, n. 182,
S.O.
 
Art. 3
Modifiche alle norme sull'ordinamento penitenziario in tema di
semplificazione delle procedure

1. Alla legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 18-ter, comma 3, le lettere a) e b) sono sostitute dalle seguenti:
«a) nei confronti dei condannati e degli internati, dal magistrato di sorveglianza;
b) nei confronti degli imputati, dal giudice indicato nell'articolo 279 del codice di procedura penale; se procede un giudice in composizione collegiale, il provvedimento e' adottato dal presidente del collegio o della corte di assise.»;
b) all'articolo 30, primo comma, il secondo e il terzo periodo sono sostituiti dal seguente: «Agli imputati il permesso e' concesso dall'autorita' giudiziaria competente a disporre il trasferimento in luoghi esterni di cura ai sensi dell'articolo 11.»;
c) all'articolo 35-bis, comma 1, secondo periodo, le parole: «e ne fa dare avviso anche all'amministrazione interessata, che ha diritto di comparire ovvero di trasmettere osservazioni e richieste» sono sostituite dalle seguenti: «e ne fa dare avviso, oltre che al soggetto che ha proposto reclamo, anche all'amministrazione interessata, a cui e' comunicato contestualmente il reclamo, e che puo' comparire con un proprio dipendente ovvero trasmettere osservazioni e richieste»;
d) all'articolo 69-bis il comma 5 e' abrogato.

Note all'art. 3:
- Si riporta il testo dell'art. 18-ter della legge 26
luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e
sulla esecuzione delle misure privative e limitative della
liberta' Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 9 agosto 1975,
n. 212, S.O.), come modificato dal presente decreto
legislativo:
«Art. 18-ter (Limitazioni e controlli della
corrispondenza). - (Omissis).
3. I provvedimenti previsti dal comma 1 sono adottati
con decreto motivato, su richiesta del pubblico ministero o
su proposta del direttore dell'istituto:
"a) nei confronti dei condannati e degli internati,
dal magistrato di sorveglianza;
b) nei confronti degli imputati, dal giudice indicato
nell'articolo 279 del codice di procedura penale; se
procede un giudice in composizione collegiale, il
provvedimento e' adottato dal presidente del collegio o
della corte di assise;
(Omissis)."».
- Si riporta il testo dell'art. 30 della legge 26
luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente decreto
legislativo:
«Art. 30 (Permessi). - Nel caso di imminente pericolo
di vita di un familiare o di un convivente, ai condannati e
agli internati puo' essere concesso dal magistrato di
sorveglianza il permesso di recarsi a visitare, con le
cautele previste dal regolamento, l'infermo. Agli imputati
il permesso e' concesso dall'autorita' giudiziaria
competente a disporre il trasferimento in luoghi esterni di
cura ai sensi dell'articolo 11.
Analoghi permessi possono essere concessi
eccezionalmente per eventi familiari di particolare
gravita'. Il detenuto che non rientra in istituto allo
scadere del permesso senza giustificato motivo, se
l'assenza si protrae per oltre tre ore e per non piu' di
dodici, e' punito in via disciplinare; se l'assenza si
protrae per un tempo maggiore, e' punibile a norma del
primo comma dell'art. 385 del codice penale ed e'
applicabile la disposizione dell'ultimo capoverso dello
stesso articolo. L'internato che rientra in istituto dopo
tre ore dalla scadenza del permesso senza giustificato
motivo e' punito in via disciplinare.».
- Si riporta il testo dell'art. 35-bis della legge 26
luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente decreto
legislativo:
«Art. 35-bis (Reclamo giurisdizionale). - 1. Il
procedimento relativo al reclamo di cui all'articolo 69,
comma 6, si svolge ai sensi degli articoli 666 e 678 del
codice di procedura penale. Salvi i casi di manifesta
inammissibilita' della richiesta a norma dell'articolo 666,
comma 2, del codice di procedura penale, il magistrato di
sorveglianza fissa la data dell'udienza e ne fa dare
avviso, oltre che al soggetto che ha proposto reclamo,
anche all'amministrazione interessata, a cui e' comunicato
contestualmente il reclamo, e che puo' comparire con un
proprio dipendente ovvero trasmettere osservazioni e
richieste.
(Omissis).».
- Si riporta il testo dell'art. 69-bis della legge 26
luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente decreto
legislativo:
«Art. 69-bis (Procedimento in materia di liberazione
anticipata). - 1. Sull'istanza di concessione della
liberazione anticipata, il magistrato di sorveglianza
provvede con ordinanza, adottata in camera di consiglio
senza la presenza delle parti, che e' comunicata o
notificata senza ritardo ai soggetti indicati nell'articolo
127 del codice di procedura penale.
2. Il magistrato di sorveglianza decide non prima di
quindici giorni dalla richiesta del parere al pubblico
ministero e anche in assenza di esso.
3. Avverso l'ordinanza di cui al comma 1 il difensore,
l'interessato e il pubblico ministero possono, entro dieci
giorni dalla comunicazione o notificazione, proporre
reclamo al tribunale di sorveglianza competente per
territorio.
4. Il tribunale di sorveglianza decide ai sensi
dell'articolo 678 del codice di procedura penale. Si
applicano le disposizioni del quinto e del sesto comma
dell'articolo 30-bis.
5. (Abrogato).».
 
Art. 4

Modifiche al codice di procedura penale in tema di semplificazione

1. Al codice di procedura penale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 656, al comma 6 il periodo: «Il tribunale di sorveglianza decide entro quarantacinque giorni dal ricevimento dell'istanza.» e' sostituito dal seguente: «Il tribunale di sorveglianza decide non prima del trentesimo e non oltre il quarantacinquesimo giorno dalla ricezione della richiesta.»;
b) all'articolo 678:
1) il comma 1 e' sostituito dal seguente:
«1. Il magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alle misure di sicurezza e alla dichiarazione di abitualita' o professionalita' nel reato o di tendenza a delinquere, e il tribunale di sorveglianza, nelle materie di sua competenza, se non diversamente previsto, procedono, a richiesta del pubblico ministero, dell'interessato, del difensore o di ufficio, a norma dell'articolo 666. Quando vi e' motivo di dubitare dell'identita' fisica di una persona, procedono comunque a norma dell'articolo 667, comma 4.»;
2) il comma 1-bis e' sostituito dal seguente:
«1-bis. Il magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alla rateizzazione e alla conversione delle pene pecuniarie, alla remissione del debito e alla esecuzione della semidetenzione e della liberta' controllata, e il tribunale di sorveglianza, nelle materie relative alle richieste di riabilitazione, alla valutazione sull'esito dell'affidamento in prova, anche in casi particolari, alla dichiarazione di estinzione del reato conseguente alla liberazione condizionale e al differimento dell'esecuzione della pena nei casi previsti dal primo comma, numeri 1) e 2), dell'articolo 146 del codice penale, procedono a norma dell'articolo 667, comma 4.»;
3) dopo il comma 1-bis e' inserito il seguente:
«1-ter. Quando la pena da espiare non e' superiore a un anno e sei mesi, per la decisione sulle istanze di cui all'articolo 656, comma 5, il presidente del tribunale di sorveglianza, acquisiti i documenti e le necessarie informazioni, designa il magistrato relatore e fissa un termine entro il quale questi, con ordinanza adottata senza formalita', puo' applicare in via provvisoria una delle misure menzionate nell'articolo 656, comma 5. L'ordinanza di applicazione provvisoria della misura e' comunicata al pubblico ministero e notificata all'interessato e al difensore, i quali possono proporre opposizione al tribunale di sorveglianza entro il termine di dieci giorni. Il tribunale di sorveglianza, decorso il termine per l'opposizione, conferma senza formalita' la decisione del magistrato. Quando non e' stata emessa o confermata l'ordinanza provvisoria, o e' stata proposta opposizione, il tribunale di sorveglianza procede a norma del comma 1. Durante il termine per l'opposizione e fino alla decisione sulla stessa, l'esecuzione dell'ordinanza e' sospesa.»;
4) dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti:
«3.1. Quando ne fa richiesta l'interessato l'udienza si svolge in forma pubblica. Si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 471 e 472.
3.2. L'avviso di fissazione dell'udienza, notificato all'interessato, contiene, a pena di nullita', l'avvertimento della facolta' di parteciparvi personalmente. Se l'interessato detenuto o internato ne fa richiesta, il giudice dispone la traduzione. Si applicano in ogni caso le forme e le modalita' di partecipazione a distanza nei procedimenti in camera di consiglio previste dalla legge. La partecipazione all'udienza avviene a distanza anche quando l'interessato, detenuto o internato, ne fa richiesta ovvero quando lo stesso e' detenuto o internato in un luogo posto fuori dalla circoscrizione del giudice. Ove lo ritenga opportuno, il giudice dispone la traduzione dell'interessato.».

Note all'art. 4:
- Il decreto del Presidente della Repubblica 22
settembre 1988, n. 447 (Approvazione del codice di
procedura penale) e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 24
ottobre 1988, n. 250, S.O.
- Si riporta il testo dell'art. 656 del CPP, come
modificato dal presente decreto legislativo:
«Art. 656 (Esecuzione delle pene detentive). -
(Omissis).
6. L'istanza deve essere presentata dal condannato o
dal difensore di cui al comma 5 ovvero allo scopo nominato
al pubblico ministero, il quale la trasmette, unitamente
alla documentazione, al tribunale di sorveglianza
competente in relazione al luogo in cui ha sede l'ufficio
del pubblico ministero. Se l'istanza non e' corredata dalla
documentazione utile, questa, salvi i casi di
inammissibilita', puo' essere depositata nella cancelleria
del tribunale di sorveglianza fino a cinque giorni prima
dell'udienza fissata a norma dell'articolo 666, comma 3.
Resta salva, in ogni caso, la facolta' del tribunale di
sorveglianza di procedere anche d'ufficio alla richiesta di
documenti o di informazioni, o all'assunzione di prove a
norma dell'articolo 666, comma 5. Il Tribunale di
Sorveglianza decide non prima del trentesimo e non oltre il
quarantacinquesimo giorno dalla ricezione della
richiesta.».

- Si riporta il testo dell'art. 678 del CPP, come
modificato dal presente decreto legislativo:
«Art. 678 (Procedimento di sorveglianza). - 1. Il
magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alle
misure di sicurezza e alla dichiarazione di abitualita' o
professionalita' nel reato o di tendenza a delinquere, e il
tribunale di sorveglianza, nelle materie di sua competenza,
se non diversamente previsto, procedono, a richiesta del
pubblico ministero, dell'interessato, del difensore o di
ufficio, a norma dell'articolo 666. Quando vi e' motivo di
dubitare dell'identita' fisica di una persona, procedono
comunque a norma dell'articolo 667, comma 4.

1-bis. Il magistrato di sorveglianza, nelle materie
attinenti alla rateizzazione e alla conversione delle pene
pecuniarie, alla remissione del debito e alla esecuzione
della semidetenzione e della liberta' controllata, e il
tribunale di sorveglianza, nelle materie relative alle
richieste di riabilitazione, alla valutazione sull'esito
dell'affidamento in prova, anche in casi particolari, alla
dichiarazione di estinzione del reato conseguente alla
liberazione condizionale e al differimento dell'esecuzione
della pena nei casi previsti dal primo comma, numeri 1) e
2), dell'articolo 146 del codice penale, procedono a norma
dell'articolo 667, comma 4.

1-ter. Quando la pena da espiare non e' superiore a un
anno e sei mesi, per la decisione sulle istanze di cui
all'articolo 656, comma 5, il presidente del tribunale di
sorveglianza, acquisiti i documenti e le necessarie
informazioni, designa il magistrato relatore e fissa un
termine entro il quale questi, con ordinanza adottata senza
formalita', puo' applicare in via provvisoria una delle
misure menzionate nell'articolo 656, comma 5. L'ordinanza
di applicazione provvisoria della misura e' comunicata al
pubblico ministero e notificata all'interessato e al
difensore, i quali possono proporre opposizione al
tribunale di sorveglianza entro il termine di dieci giorni.
Il tribunale di sorveglianza, decorso il termine per
l'opposizione, conferma senza formalita' la decisione del
magistrato. Quando non e' stata emessa o confermata
l'ordinanza provvisoria, o e' stata proposta opposizione,
il tribunale di sorveglianza procede a norma del comma 1.
Durante il termine per l'opposizione e fino alla decisione
sulla stessa, l'esecuzione dell'ordinanza e' sospesa.

2. Quando si procede nei confronti di persona
sottoposta a osservazione scientifica della personalita',
il giudice acquisisce la relativa documentazione e si
avvale, se occorre, della consulenza dei tecnici del
trattamento.
3. Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate,
davanti al tribunale di sorveglianza, dal procuratore
generale presso la corte di appello e, davanti al
magistrato di sorveglianza, dal procuratore della
Repubblica presso il tribunale della sede dell'ufficio di
sorveglianza.
3.1. Quando ne fa richiesta l'interessato l'udienza si
svolge in forma pubblica. Si osservano, in quanto
compatibili, le disposizioni degli articoli 471 e 472.

3.2. L'avviso di fissazione dell'udienza, notificato
all'interessato, contiene, a pena di nullita',
l'avvertimento della facolta' di parteciparvi
personalmente. Se l'interessato detenuto o internato ne fa
richiesta, il giudice dispone la traduzione. Si applicano
in ogni caso le forme e le modalita' di partecipazione a
distanza nei procedimenti in camera di consiglio previste
dalla legge. La partecipazione all'udienza avviene a
distanza anche quando l'interessato, detenuto o internato,
ne fa richiesta ovvero quando lo stesso e' detenuto o
internato in un luogo posto fuori dalla circoscrizione del
giudice. Ove lo ritenga opportuno, il giudice dispone la
traduzione dell'interessato.
3-bis. Il tribunale di sorveglianza e il magistrato di
sorveglianza, nelle materie di rispettiva competenza,
quando provvedono su richieste di provvedimenti incidenti
sulla liberta' personale di condannati da Tribunali o Corti
penali internazionali, danno immediata comunicazione della
data dell'udienza e della pertinente documentazione al
Ministro della giustizia, che tempestivamente ne informa il
Ministro degli affari esteri e, qualora previsto da accordi
internazionali, l'organismo che ha pronunciato la
condanna.».
 
Art. 5
Modifiche in tema di sopravvenienza di nuovi titoli di privazione
della liberta' e di sospensione e revoca delle misure alternative.

1. Alla legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 51-bis il comma 1 e' sostituito dal seguente:
«1. Quando, durante l'esecuzione di una misura alternativa alla detenzione, sopravviene un titolo esecutivo di altra pena detentiva, il pubblico ministero competente ai sensi dell'articolo 655 del codice di procedura penale informa immediatamente il magistrato di sorveglianza formulando contestualmente le proprie richieste. Il magistrato di sorveglianza, tenuto conto del cumulo delle pene, se rileva che permangono le condizioni di applicabilita' della misura in esecuzione, ne dispone con ordinanza la prosecuzione; in caso contrario, ne dispone la cessazione e ordina l'accompagnamento del condannato in istituto.»;
b) l'articolo 51-ter e' sostituito dal seguente:
«Art. 51-ter (Sospensione cautelativa delle misure alternative). - 1. Se la persona sottoposta a misura alternativa pone in essere comportamenti suscettibili di determinarne la revoca, il magistrato di sorveglianza, nella cui giurisdizione la misura e' in esecuzione, ne da' immediata comunicazione al tribunale di sorveglianza affinche' decida in ordine alla prosecuzione, sostituzione o revoca della misura.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, il magistrato di sorveglianza puo' disporre con decreto motivato la provvisoria sospensione della misura alternativa e ordinare l'accompagnamento in istituto del trasgressore. Il provvedimento di sospensione perde efficacia se la decisione del tribunale non interviene entro trenta giorni dalla ricezione degli atti.».

Note all'art. 5:
- Si riporta il testo dell'art. 51-bis della legge 26
luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente decreto
legislativo:
«Art. 51-bis (Sopravvenienza di nuovi titoli di
privazione della liberta'). - 1. Quando, durante
l'esecuzione di una misura alternativa alla detenzione,
sopravviene un titolo esecutivo di altra pena detentiva, il
pubblico ministero competente ai sensi dell'articolo 655
del codice di procedura penale informa immediatamente il
magistrato di sorveglianza formulando contestualmente le
proprie richieste. Il magistrato di sorveglianza, tenuto
conto del cumulo delle pene, se rileva che permangono le
condizioni di applicabilita' della misura in esecuzione, ne
dispone con ordinanza la prosecuzione; in caso contrario,
ne dispone la cessazione e ordina l'accompagnamento del
condannato in istituto.
2. Avverso il provvedimento di cui al comma 1 e'
ammesso reclamo ai sensi dell'articolo 69-bis.».
 
Art. 6
Modifiche in tema di esecuzione delle pene accessorie ed espiazione
della pena in misura alternativa

1. Dopo l'articolo 51-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e' inserito il seguente:
«Art. 51-quater (Disciplina delle pene accessorie in caso di concessione di misure alternative). - 1. In caso di applicazione di una misura alternativa alla detenzione, sono eseguite anche le pene accessorie, salvo che il giudice che ha concesso la misura, tenuto conto delle esigenze di reinserimento sociale del condannato, ne disponga la sospensione.
2. In caso di revoca della misura, ove disposta l'applicazione delle pene accessorie ai sensi del comma 1, l'esecuzione ne viene sospesa, ma il periodo gia' espiato e' computato ai fini della loro durata.».
 
Art. 7
Ulteriori misure di semplificazione in tema di accesso alle misure
alternative

1. Alla legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 47, comma 2, dopo le parole: «per almeno un mese in istituto,» sono inserite le seguenti: «se il soggetto e' recluso, e mediante l'intervento dell'ufficio di esecuzione penale esterna, se l'istanza e' proposta da soggetto in liberta',»;
b) l'articolo 57 e' sostituito dal seguente:
«Art. 57 (Legittimazione alla richiesta di misure). - 1. Le misure alternative e quelle di cui agli articoli 30, 30-ter, 52, 53 e 54 nonche' all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, possono essere richieste dal condannato, dall'internato, dai loro prossimi congiunti, dal difensore, ovvero proposte dal gruppo di osservazione e trattamento.».

Note all'art. 7:
- Si riporta il testo dell'art. 47 della citata legge
26 luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 47 (Affidamento in prova al servizio sociale). -
(Omissis).
2. Il provvedimento e' adottato sulla base dei
risultati della osservazione della personalita', condotta
collegialmente per almeno un mese in istituto, se il
soggetto e' recluso, e mediante l'intervento dell'ufficio
di esecuzione penale esterna, se l'istanza e' proposta da
soggetto in liberta', nei casi in cui si puo' ritenere che
il provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni
di cui al comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e
assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta
altri reati.
(Omissis).».
 
Art. 8

Modifiche in tema di comunicazioni e attivita' di controllo

1. All'articolo 58 della legge 26 luglio 1975, n. 354, dopo il primo comma sono aggiunti i seguenti: «Alle attivita' di controllo partecipa, ove richiesta, la polizia penitenziaria, secondo le indicazioni del direttore dell'ufficio di esecuzione penale esterna e previo coordinamento con l'autorita' di pubblica sicurezza. Tali attivita' riguardano esclusivamente l'osservanza delle prescrizioni inerenti alla dimora, alla liberta' di locomozione, ai divieti di frequentare determinati locali o persone e di detenere armi.
Le attivita' di controllo sono svolte con modalita' tali da garantire il rispetto dei diritti dell'interessato e dei suoi familiari e conviventi, da recare il minor pregiudizio possibile al processo di reinserimento sociale e la minore interferenza con lo svolgimento di attivita' lavorative.».

Note all'art. 8:
- Si riporta il testo dell'art. 58 della citata legge
26 luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 58 (Comunicazione all'autorita' di pubblica
sicurezza). - Dei provvedimenti previsti dal presente capo
ed adottati dal magistrato o dalla sezione di sorveglianza,
e' data immediata comunicazione all'autorita' provinciale
di pubblica sicurezza a cura della cancelleria.
Alle attivita' di controllo partecipa, ove richiesta,
la polizia penitenziaria, secondo le indicazioni del
direttore dell'ufficio di esecuzione penale esterna e
previo coordinamento con l'autorita' di pubblica sicurezza.
Tali attivita' riguardano esclusivamente l'osservanza delle
prescrizioni inerenti alla dimora, alla liberta' di
locomozione, ai divieti di frequentare determinati locali o
persone e di detenere armi.
Le attivita' di controllo sono svolte con modalita'
tali da garantire il rispetto dei diritti dell'interessato
e dei suoi familiari e conviventi, da recare il minor
pregiudizio possibile al processo di reinserimento sociale
e la minore interferenza con lo svolgimento di attivita'
lavorative.».
 
Art. 9
Modifiche in tema di competenze degli uffici locali di esecuzione
esterna

1. All'articolo 72 della legge 26 luglio 1975, n. 354, al comma 2, lettera b), dopo le parole: «indagini socio-familiari» sono inserite le seguenti: «e l'attivita' di osservazione del comportamento».

Note all'art. 9:
- Si riporta il testo dell'art. 72 della citata legge
26 luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 72 (Uffici locali di esecuzione penale esterna).
- 1. Gli uffici locali di esecuzione penale esterna
dipendono dal Ministero della giustizia e la loro
organizzazione e' disciplinata con regolamento adottato dal
Ministro ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23
agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni.
2. Gli uffici:
a) svolgono, su richiesta dell'autorita' giudiziaria,
le inchieste utili a fornire i dati occorrenti per
l'applicazione, la modificazione, la proroga e la revoca
delle misure di sicurezza;
b) svolgono le indagini socio-familiari e l'attivita'
di osservazione del comportamento per l'applicazione delle
misure alternative alla detenzione ai condannati;
c) propongono all'autorita' giudiziaria il programma
di trattamento da applicare ai condannati che chiedono di
essere ammessi all'affidamento in prova e alla detenzione
domiciliare;
d) controllano l'esecuzione dei programmi da parte
degli ammessi alle misure alternative, ne riferiscono
all'autorita' giudiziaria, proponendo eventuali interventi
di modificazione o di revoca;
e) su richiesta delle direzioni degli istituti
penitenziari, prestano consulenza per favorire il buon
esito del trattamento penitenziario;
f) svolgono ogni altra attivita' prescritta dalla
legge e dal regolamento.».
 
Art. 10

Modifiche alla legge 15 dicembre 1990, n. 395

1. All'articolo 5, comma 2, della legge 15 dicembre 1990, n. 395, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Contribuisce a verificare il rispetto delle prescrizioni previste dai provvedimenti della magistratura di sorveglianza.».

Note all'art. 10:
- Si riporta il testo dell'art. 5 della legge 15
dicembre 1990, n. 395 (Ordinamento del Corpo di polizia
penitenziaria), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 27
dicembre 1990, n. 300, S.O., come modificato dal presente
decreto legislativo:
«2. Il Corpo di polizia penitenziaria attende ad
assicurare l'esecuzione dei provvedimenti restrittivi della
liberta' personale; garantisce l'ordine all'interno degli
istituti di prevenzione e di pena e ne tutela la sicurezza;
partecipa, anche nell'ambito di gruppi di lavoro, alle
attivita' di osservazione e di trattamento rieducativo dei
detenuti e degli internati; espleta il servizio di
traduzione dei detenuti ed internati ed il servizio di
piantonamento dei detenuti ed internati ricoverati in
luoghi esterni di cura, secondo le modalita' ed i tempi di
cui all'articolo 4. Contribuisce a verificare il rispetto
delle prescrizioni previste dai provvedimenti della
magistratura di sorveglianza.».
 
Art. 11
Modifiche alle norme sull'ordinamento penitenziario in tema di
trattamento penitenziario

1. Alla legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 1 e' sostituito dal seguente:
«Art. 1 (Trattamento e rieducazione). - 1. Il trattamento penitenziario deve essere conforme a umanita' e deve assicurare il rispetto della dignita' della persona. Esso e' improntato ad assoluta imparzialita', senza discriminazioni in ordine a sesso, identita' di genere, orientamento sessuale, razza, nazionalita', condizioni economiche e sociali, opinioni politiche e credenze religiose, e si conforma a modelli che favoriscono l'autonomia, la responsabilita', la socializzazione e l'integrazione.
2. Il trattamento tende, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale ed e' attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni degli interessati.
3. Ad ogni persona privata della liberta' sono garantiti i diritti fondamentali; e' vietata ogni violenza fisica e morale in suo danno.
4. Negli istituti l'ordine e la disciplina sono mantenuti nel rispetto dei diritti delle persone private della liberta'.
5. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con l'esigenza di mantenimento dell'ordine e della disciplina e, nei confronti degli imputati, non indispensabili a fini giudiziari.
6. I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome.
7. Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio per cui essi non sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva.»;
b) all'articolo 9 il primo comma e' sostituito dal seguente:
«Ai detenuti e agli internati e' assicurata un'alimentazione sana e sufficiente, adeguata all'eta', al sesso, allo stato di salute, al lavoro, alla stagione, al clima. Ai detenuti che ne fanno richiesta e' garantita, ove possibile, un'alimentazione rispettosa del loro credo religioso.»;
c) all'articolo 10 il primo comma e' sostituito dai seguenti:
«Ai soggetti che non prestano lavoro all'aperto e' consentito di permanere all'aria aperta per un tempo non inferiore alle quattro ore al giorno.
Per giustificati motivi la permanenza all'aperto puo' essere ridotta fino a due ore al giorno con provvedimento del direttore dell'istituto. Il provvedimento e' comunicato al provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria e al magistrato di sorveglianza.
Gli spazi destinati alla permanenza all'aperto devono offrire possibilita' di protezione dagli agenti atmosferici.»;
d) all'articolo 13 il primo, secondo, terzo e quarto comma sono sostituiti dai seguenti:
«Il trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari bisogni della personalita' di ciascun soggetto, incoraggiare le attitudini e valorizzare le competenze che possono essere di sostegno per il reinserimento sociale.
Nei confronti dei condannati e degli internati e' predisposta l'osservazione scientifica della personalita' per rilevare le carenze psicofisiche o le altre cause che hanno condotto al reato e per proporre un idoneo programma di reinserimento.
Nell'ambito dell'osservazione e' offerta all'interessato l'opportunita' di una riflessione sul fatto criminoso commesso, sulle motivazioni e sulle conseguenze prodotte, in particolare per la vittima, nonche' sulle possibili azioni di riparazione.
L'osservazione e' compiuta all'inizio dell'esecuzione e proseguita nel corso di essa. Per ciascun condannato e internato, in base ai risultati dell'osservazione, sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo ed e' compilato il relativo programma, che e' integrato o modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell'esecuzione. La prima formulazione e' redatta entro sei mesi dall'inizio dall'esecuzione.
Le indicazioni generali e particolari del trattamento sono inserite, unitamente ai dati giudiziari, biografici e sanitari, nella cartella personale che segue l'interessato nei suoi trasferimenti e nella quale sono successivamente annotati gli sviluppi del trattamento praticato e i suoi risultati.»;
e) all'articolo 14:
1) al primo comma e' premesso il seguente:
«I detenuti e gli internati hanno diritto di essere assegnati a un istituto quanto piu' vicino possibile alla stabile dimora della famiglia o, se individuabile, al proprio centro di riferimento sociale, salvi specifici motivi contrari.»;
2) il secondo comma e' sostituito dal seguente:
«L'assegnazione dei condannati e degli internati ai singoli istituti e il raggruppamento nelle sezioni di ciascun istituto sono disposti con particolare riguardo alla possibilita' di procedere a trattamento rieducativo comune e all'esigenza di evitare influenze nocive reciproche.»;
3) il quinto comma e' sostituito dai seguenti:
«Le donne sono ospitate in istituti separati da quelli maschili o in apposite sezioni in numero tale da non compromettere le attivita' trattamentali.
Alle madri e' consentito di tenere presso di se' i figli fino all'eta' di tre anni. Per la cura e l'assistenza dei bambini sono organizzati appositi asili nido.
L'assegnazione dei detenuti e degli internati, per i quali si possano temere aggressioni o sopraffazioni da parte della restante popolazione detenuta, in ragione solo dell'identita' di genere o dell'orientamento sessuale, deve avvenire, per categorie omogenee, in sezioni distribuite in modo uniforme sul territorio nazionale previo consenso degli interessati i quali, in caso contrario, saranno assegnati a sezioni ordinarie. E' in ogni caso garantita la partecipazione ad attivita' trattamentali, eventualmente anche insieme alla restante popolazione detenuta.»;
f) all'articolo 15 il primo comma e' sostituito dal seguente:
«Il trattamento del condannato e dell'internato e' svolto avvalendosi principalmente dell'istruzione, della formazione professionale, del lavoro, della partecipazione a progetti di pubblica utilita', della religione, delle attivita' culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno e i rapporti con la famiglia.»;
g) all'articolo 18:
1) al primo comma le parole: «nonche' con il garante dei diritti dei detenuti,» sono soppresse;
2) dopo il primo comma e' inserito il seguente:
«I detenuti e gli internati hanno diritto di conferire con il difensore, fermo quanto previsto dall'articolo 104 del codice di procedura penale, sin dall'inizio dell'esecuzione della misura o della pena. Hanno altresi' diritto di avere colloqui e corrispondenza con i garanti dei diritti dei detenuti.»;
3) al secondo comma, dopo il primo periodo, sono aggiunti i seguenti:
«I locali destinati ai colloqui con i familiari favoriscono, ove possibile, una dimensione riservata del colloquio e sono collocati preferibilmente in prossimita' dell'ingresso dell'istituto. Particolare cura e' dedicata ai colloqui con i minori di anni quattordici.»;
4) dopo il sesto comma sono aggiunti i seguenti:
«Ogni detenuto ha diritto a una libera informazione e di esprimere le proprie opinioni, anche usando gli strumenti di comunicazione disponibili e previsti dal regolamento.
L'informazione e' garantita per mezzo dell'accesso a quotidiani e siti informativi con le cautele previste dal regolamento.»;
5) l'ultimo comma e' sostituito dal seguente:
«Salvo quanto disposto dall'articolo 18-bis, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, i permessi di colloquio, le autorizzazioni alla corrispondenza telefonica e agli altri tipi di comunicazione sono di competenza dell'autorita' giudiziaria che procede individuata ai sensi dell'articolo 11, comma 4. Dopo la pronuncia della sentenza di primo grado provvede il direttore dell'istituto.»;
h) all'articolo 19:
1) dopo il secondo comma sono inseriti i seguenti:
«Tramite la programmazione di iniziative specifiche, e' assicurata parita' di accesso delle donne detenute e internate alla formazione culturale e professionale.
Speciale attenzione e' dedicata all'integrazione dei detenuti stranieri anche attraverso l'insegnamento della lingua italiana e la conoscenza dei principi costituzionali.»;
2) il quarto comma e' sostituito dai seguenti:
«Sono agevolati la frequenza e il compimento degli studi universitari e tecnici superiori, anche attraverso convenzioni e protocolli d'intesa con istituzioni universitarie e con istituti di formazione tecnica superiore, nonche' l'ammissione di detenuti e internati ai tirocini di cui alla legge 28 giugno 2012, n. 92.»;
i) all'articolo 27, secondo comma, le parole: «e dagli assistenti sociali» sono sostituite dalle seguenti: «, dagli assistenti sociali, dai mediatori culturali che operano nell'istituto ai sensi dell'articolo 80, quarto comma,»;
l) l'articolo 31 e' sostituito dal seguente:
«Art. 31 (Costituzione delle rappresentanze dei detenuti e degli internati). - 1. Le rappresentanze dei detenuti e degli internati previste dagli articoli 9, 12, 20 e 27 sono nominate per sorteggio secondo le modalita' indicate dal regolamento interno dell'istituto.
2. Negli istituti penitenziari che ospitano sezioni femminili la rappresentanza comprende anche una detenuta o internata.»;
m) l'articolo 33 e' sostituito dal seguente:
«Art. 33 (Isolamento). - 1. Negli istituti penitenziari l'isolamento continuo e' ammesso:
a) quando e' prescritto per ragioni sanitarie;
b) durante l'esecuzione della sanzione della esclusione dalle attivita' in comune;
c) per gli indagati e imputati se vi sono ragioni di cautela processuale; il provvedimento dell'autorita' giudiziaria competente indica la durata e le ragioni dell'isolamento.
2. Il regolamento specifica le modalita' di esecuzione dell'isolamento.
3. Durante la sottoposizione all'isolamento non sono ammesse limitazioni alle normali condizioni di vita, ad eccezione di quelle funzionali alle ragioni che lo hanno determinato.
4. L'isolamento non preclude l'esercizio del diritto di effettuare colloqui visivi con i soggetti autorizzati.»;
n) all'articolo 36, dopo il primo comma, e' aggiunto il seguente:
«Nell'applicazione della sanzione si tiene conto del programma di trattamento in corso.»;
o) all'articolo 40 il secondo comma e' sostituito dal seguente:
«Le altre sanzioni sono deliberate dal consiglio di disciplina, composto dal direttore o, in caso di suo legittimo impedimento, dall'impiegato piu' elevato in grado con funzioni di presidente, dall'educatore e da un professionista esperto nominato ai sensi dell'articolo 80.»;
p) all'articolo 42 il secondo comma e' sostituito dai seguenti:
«Nel disporre i trasferimenti i soggetti sono comunque destinati agli istituti piu' vicini alla loro dimora o a quella della loro famiglia ovvero al loro centro di riferimento sociale, da individuarsi tenuto conto delle ragioni di studio, di formazione, di lavoro o salute. L'amministrazione penitenziaria da' conto delle ragioni che ne giustificano la deroga.
Sulla richiesta di trasferimento da parte dei detenuti e degli internati per ragioni di studio, di formazione, di lavoro, di salute o familiari l'amministrazione penitenziaria provvede, con atto motivato, entro sessanta giorni.»;
q) all'articolo 43 e' aggiunto, in fine, il seguente: «I detenuti e gli internati sono dimessi con documenti di identita' validi, ove sussistano i presupposti per il rilascio. L'amministrazione penitenziaria a tal fine si avvale della collaborazione degli enti locali.»;
r) all'articolo 45:
1) alla rubrica sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e aiuti economico-sociali»;
2) dopo il terzo comma e' aggiunto il seguente:
«Ai fini della realizzazione degli obiettivi indicati dall'articolo 3, commi 2 e 3, della legge 8 novembre 2000, n. 328, il detenuto o l'internato privo di residenza anagrafica e' iscritto, su segnalazione del direttore, nei registri della popolazione residente del comune dove e' ubicata la struttura. Al condannato e' richiesto di optare tra il mantenimento della precedente residenza anagrafica e quella presso la struttura ove e' detenuto o internato. L'opzione puo' essere in ogni tempo modificata.»;
s) all'articolo 80, quarto comma, dopo le parole: «criminologia clinica,» sono inserite le seguenti: «nonche' di mediatori culturali e interpreti,».

Note all'art. 11:
- Si riporta il testo dell'art. 1 della citata legge 26
luglio 1975, n. 354, come sostituito integralmente dal
presente decreto legislativo:
«Art. 1 (Trattamento e rieducazione). - 1. Il
trattamento penitenziario deve essere conforme a umanita' e
deve assicurare il rispetto della dignita' della persona.
Esso e' improntato ad assoluta imparzialita', senza
discriminazioni in ordine a sesso, identita' di genere,
orientamento sessuale, razza, nazionalita', condizioni
economiche e sociali, opinioni politiche e credenze
religiose, e si conforma a modelli che favoriscono
l'autonomia, la responsabilita', la socializzazione e
l'integrazione.
2. Il trattamento tende, anche attraverso i contatti
con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale ed e'
attuato secondo un criterio di individualizzazione in
rapporto alle specifiche condizioni degli interessati.
3. Ad ogni persona privata della liberta' sono
garantiti i diritti fondamentali; e' vietata ogni violenza
fisica e morale in suo danno.
4. Negli istituti l'ordine e la disciplina sono
mantenuti nel rispetto dei diritti delle persone private
della liberta'.
5. Non possono essere adottate restrizioni non
giustificabili con l'esigenza di mantenimento dell'ordine e
della disciplina e, nei confronti degli imputati, non
indispensabili a fini giudiziari.
6. I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati
con il loro nome.
7. Il trattamento degli imputati deve essere
rigorosamente informato al principio per cui essi non sono
considerati colpevoli sino alla condanna definitiva.».

- Si riporta il testo dell'art. 9 della citata legge 26
luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente decreto
legislativo:
«Art. 9 (Alimentazione). - Ai detenuti e agli internati
e' assicurata un'alimentazione sana e sufficiente, adeguata
all'eta', al sesso, allo stato di salute, al lavoro, alla
stagione, al clima. Ai detenuti che ne fanno richiesta e'
garantita, ove possibile, un'alimentazione rispettosa del
loro credo religioso.
Il vitto e' somministrato, di regola, in locali
all'uopo destinati.
I detenuti e gli internati devono avere sempre a
disposizione acqua potabile.
La quantita' e la qualita' del vitto giornaliero sono
determinate da apposite tabelle approvate con decreto
ministeriale.
Il servizio di vettovagliamento e' di regola gestito
direttamente dall'amministrazione penitenziaria.
Una rappresentanza dei detenuti o degli internati,
designata mensilmente per sorteggio, controlla
l'applicazione delle tabelle e la preparazione del vitto.
Ai detenuti e agli internati e' consentito l'acquisto,
a proprie spese, di generi alimentari e di conforto, entro
i limiti fissati dal regolamento. La vendita dei generi
alimentari o di conforto deve essere affidata di regola a
spacci gestiti direttamente dall'amministrazione carceraria
o da imprese che esercitano la vendita a prezzi controllati
dall'autorita' comunale. I prezzi non possono essere
superiori a quelli comunemente praticati nel luogo in cui
e' sito l'istituto. La rappresentanza indicata nel
precedente comma, integrata da un delegato del direttore,
scelto tra il personale civile dell'istituto, controlla
qualita' e prezzi dei generi venduti nell'istituto.».
- Si riporta il testo dell'art. 10 della citata legge
26 luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 10 (Permanenza all'aperto). - Ai soggetti che non
prestano lavoro all'aperto e' consentito di permanere
all'aria aperta per un tempo non inferiore alle quattro ore
al giorno.
Per giustificati motivi la permanenza all'aperto puo'
essere ridotta fino a due ore al giorno con provvedimento
del direttore dell'istituto. Il provvedimento e' comunicato
al provveditore regionale dell'amministrazione
penitenziaria e al magistrato di sorveglianza.
Gli spazi destinati alla permanenza all'aperto devono
offrire possibilita' di protezione dagli agenti
atmosferici.
La permanenza all'aria aperta e' effettuata in gruppi a
meno che non ricorrano i casi indicati nell'art. 33 e nei
numeri 4) e 5) dell'art. 39 ed e' dedicata, se possibile,
ad esercizi fisici.».
- Si riporta il testo dell'art. 13, della citata legge
26 luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 13 (Individualizzazione del trattamento). - Il
trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari
bisogni della personalita' di ciascun soggetto,
incoraggiare le attitudini e valorizzare le competenze che
possono essere di sostegno per il reinserimento sociale.

Nei confronti dei condannati e degli internati e'
predisposta l'osservazione scientifica della personalita'
per rilevare le carenze psicofisiche o le altre cause che
hanno condotto al reato e per proporre un idoneo programma
di reinserimento.

Nell'ambito dell'osservazione e' offerta
all'interessato l'opportunita' di una riflessione sul fatto
criminoso commesso, sulle motivazioni e sulle conseguenze
prodotte, in particolare per la vittima, nonche' sulle
possibili azioni di riparazione.

L'osservazione e' compiuta all'inizio dell'esecuzione e
proseguita nel corso di essa. Per ciascun condannato e
internato, in base ai risultati dell'osservazione, sono
formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo
ed e' compilato il relativo programma, che e' integrato o
modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso
dell'esecuzione. La prima formulazione e' redatta entro sei
mesi dall'inizio dall'esecuzione.

Le indicazioni generali e particolari del trattamento
sono inserite, unitamente ai dati giudiziari, biografici e
sanitari, nella cartella personale che segue l'interessato
nei suoi trasferimenti e nella quale sono successivamente
annotati gli sviluppi del trattamento praticato e i suoi
risultati.
Deve essere favorita la collaborazione dei condannati e
degli internati alle attivita' di osservazione e di
trattamento.».
- Si riporta il testo dell'art. 14, della citata legge
26 luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 14 (Assegnazione, raggruppamento e categorie dei
detenuti e degli internati). - I detenuti e gli internati
hanno diritto di essere assegnati a un istituto quanto piu'
vicino possibile alla stabile dimora della famiglia o, se
individuabile, al proprio centro di riferimento sociale,
salvi specifici motivi contrari.

L'assegnazione dei condannati e degli internati ai
singoli istituti e il raggruppamento nelle sezioni di
ciascun istituto sono disposti con particolare riguardo
alla possibilita' di procedere a trattamento rieducativo
comune e all'esigenza di evitare influenze nocive
reciproche.
E' assicurata la separazione degli imputati dai
condannati e internati, dei giovani al disotto dei
venticinque anni dagli adulti, dei condannati dagli
internati e dei condannati all'arresto dai condannati alla
reclusione.
E' consentita, in particolari circostanze, l'ammissione
di detenuti e di internati ad attivita' organizzate per
categorie diverse da quelle di appartenenza.

Le donne sono ospitate in istituti separati da quelli
maschili o in apposite sezioni in numero tale da non
compromettere le attivita' trattamentali.
Alle madri e' consentito di tenere presso di se' i
figli fino all'eta' di tre anni. Per la cura e l'assistenza
dei bambini sono organizzati appositi asili nido.
L'assegnazione dei detenuti e degli internati, per i
quali si possano temere aggressioni o sopraffazioni da
parte della restante popolazione detenuta, in ragione solo
dell'identita' di genere o dell'orientamento sessuale, deve
avvenire, per categorie omogenee, in sezioni distribuite in
modo uniforme sul territorio nazionale previo consenso
degli interessati i quali, in caso contrario, saranno
assegnati a sezioni ordinarie. E' in ogni caso garantita la
partecipazione ad attivita' trattamentali, eventualmente
anche insieme alla restante popolazione detenuta.».

- Si riporta il testo dell'art. 15 della citata legge
26 luglio 1975, n. 354 cosi' come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 15 (Elementi del trattamento). - Il trattamento
del condannato e dell'internato e' svolto avvalendosi
principalmente dell'istruzione, della formazione
professionale, del lavoro, della partecipazione a progetti
di pubblica utilita', della religione, delle attivita'
culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni
contatti con il mondo esterno e i rapporti con la famiglia.
Ai fini del trattamento rieducativo, salvo casi di
impossibilita', al condannato e all'internato e' assicurato
il lavoro.
Gli imputati sono ammessi, a loro richiesta, a
partecipare ad attivita' educative, culturali e ricreative
e, salvo giustificati motivi o contrarie disposizioni
dell'autorita' giudiziaria, a svolgere attivita' lavorativa
o di formazione professionale, possibilmente di loro scelta
e, comunque, in condizioni adeguate alla loro posizione
giuridica.».
- Si riporta il testo dell'art. 18 della citata legge
26 luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 18 (Colloqui, corrispondenza e informazione). - I
detenuti e gli internati sono ammessi ad avere colloqui e
corrispondenza con i congiunti e con altre persone, anche
al fine di compiere atti giuridici.
I detenuti e gli internati hanno diritto di conferire
con il difensore, fermo quanto previsto dall'articolo 104
del codice di procedura penale, sin dall'inizio
dell'esecuzione della misura o della pena. Hanno altresi'
diritto di avere colloqui e corrispondenza con i garanti
dei diritti dei detenuti.
I colloqui si svolgono in appositi locali sotto il
controllo a vista e non auditivo del personale di custodia.
I locali destinati ai colloqui con i familiari favoriscono,
ove possibile, una dimensione riservata del colloquio e
sono collocati preferibilmente in prossimita' dell'ingresso
dell'istituto. Particolare cura e' dedicata ai colloqui con
i minori di anni quattordici.
Particolare favore viene accordato ai colloqui con i
familiari.
L'amministrazione penitenziaria pone a disposizione dei
detenuti e degli internati, che ne sono sprovvisti, gli
oggetti di cancelleria necessari per la corrispondenza.
Puo' essere autorizzata nei rapporti con i familiari e,
in casi particolari, con terzi, corrispondenza telefonica
con le modalita' e le cautele previste dal regolamento.
I detenuti e gli internati sono autorizzati a tenere
presso di se' i quotidiani, i periodici e i libri in libera
vendita all'esterno e ad avvalersi di altri mezzi di
informazione.

Ogni detenuto ha diritto a una libera informazione e di
esprimere le proprie opinioni, anche usando gli strumenti
di comunicazione disponibili e previsti dal regolamento.

L'informazione e' garantita per mezzo dell'accesso a
quotidiani e siti informativi con le cautele previste dal
regolamento.

Salvo quanto disposto dall'articolo 18-bis, per gli
imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado,
i permessi di colloquio, le autorizzazioni alla
corrispondenza telefonica e agli altri tipi di
comunicazione sono di competenza dell'autorita' giudiziaria
che procede individuata ai sensi dell'articolo 11, comma 4.
Dopo la pronuncia della sentenza di primo grado provvede il
direttore dell'istituto.».
- Si riporta il testo dell'art. 19 della citata legge
26 luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 19 (Istruzione). - Negli istituti penitenziari la
formazione culturale e professionale, e' curata mediante
l'organizzazione dei corsi della scuola d'obbligo e di
corsi di addestramento professionale, secondo gli
orientamenti vigenti e con l'ausilio di metodi adeguati
alla condizione dei soggetti.
Particolare cura e' dedicata alla formazione culturale
e professionale dei detenuti di eta' inferiore ai
venticinque anni.

Tramite la programmazione di iniziative specifiche, e'
assicurata parita' di accesso delle donne detenute e
internate alla formazione culturale e professionale.
Speciale attenzione e' dedicata all'integrazione dei
detenuti stranieri anche attraverso l'insegnamento della
lingua italiana e la conoscenza dei principi
costituzionali.
Con le procedure previste dagli ordinamenti scolastici
possono essere istituite scuole di istruzione secondaria di
secondo grado negli istituti penitenziari.
Sono agevolati la frequenza e il compimento degli studi
universitari e tecnici superiori, anche attraverso
convenzioni e protocolli d'intesa con istituzioni
universitarie e con istituti di formazione tecnica
superiore, nonche' l'ammissione di detenuti e internati ai
tirocini di cui alla legge 28 giugno 2012, n. 92.

E' favorito l'accesso alle pubblicazioni contenute
nella biblioteca, con piena liberta' di scelta delle
letture.».
- Si riporta il testo dell'art. 27 della citata legge
26 luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 27 (Attivita' culturali, ricreative e sportive).
- Negli istituti devono essere favorite e organizzate
attivita' culturali, sportive e ricreative e ogni altra
attivita' volta alla realizzazione della personalita' dei
detenuti e degli internati, anche nel quadro del
trattamento rieducativo.
Una commissione composta dal direttore dell'istituto,
dagli educatori, dagli assistenti sociali, dai mediatori
culturali che operano nell'istituto ai sensi dell'art.80,
quarto comma, e dai rappresentanti dei detenuti e degli
internati cura l'organizzazione delle attivita' di cui al
precedente comma, anche mantenendo contatti con il mondo
esterno utili al reinserimento sociale.».
- Si riporta il testo dell'art. 36, della citata legge
26 luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 36 (Regime disciplinare). - Il regime
disciplinare e' attuato in modo da stimolare il senso di
responsabilita' e la capacita' di autocontrollo. Esso e'
adeguato alle condizioni fisiche e psichiche dei soggetti.
Nell'applicazione della sanzione si tiene conto del
programma di trattamento in corso.».


- Si riporta il testo dell'art. 40 della citata legge
26 luglio 1975, n. 345, come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 40 (Autorita' competente a deliberare le
sanzioni). - Le sanzioni del richiamo e dell'ammonizione
sono deliberate dal direttore.
Le altre sanzioni sono deliberate dal consiglio di
disciplina, composto dal direttore o, in caso di suo
legittimo impedimento, dall'impiegato piu' elevato in grado
con funzioni di presidente, dall'educatore e da un
professionista esperto nominato ai sensi dell'articolo
80.».

- Si riporta il testo dell'art. 42 della citata legge
26 luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 42 (Trasferimenti). - I trasferimenti sono
disposti per gravi e comprovati motivi di sicurezza, per
esigenze dell'istituto, per motivi di giustizia, di salute,
di studio e familiari.

Nel disporre i trasferimenti i soggetti sono comunque
destinati agli istituti piu' vicini alla loro dimora o a
quella della loro famiglia ovvero al loro centro di
riferimento sociale, da individuarsi tenuto conto delle
ragioni di studio, di formazione, di lavoro o salute.
L'amministrazione penitenziaria da' conto delle ragioni che
ne giustificano la deroga.

Sulla richiesta di trasferimento da parte dei detenuti
e degli internati per ragioni di studio, di formazione, di
lavoro, di salute o familiari l'amministrazione
penitenziaria provvede, con atto motivato, entro sessanta
giorni.
I detenuti e gli internati debbono essere trasferiti
con il bagaglio personale e con almeno parte del loro
peculio.».
- Si riporta il testo dell'art. 43 della citata legge
26 luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 43 (Dimissione). - La dimissione dei detenuti e
degli internati e' eseguita senza indugio dalla direzione
dell'istituto in base ad ordine scritto della competente
autorita' giudiziaria o di pubblica sicurezza.
Il direttore dell'istituto da' notizia della prevista
dimissione, almeno tre mesi prima, al consiglio di aiuto
sociale e al centro di servizio sociale del luogo in cui ha
sede l'istituto ed a quelli del luogo dove il soggetto
intende stabilire la sua residenza, comunicando tutti i
dati necessari per gli opportuni interventi assistenziali.
Nel caso in cui il momento della dimissione non possa
essere previsto tre mesi prima, il direttore da' le
prescritte notizie non appena viene a conoscenza della
relativa decisione.
Oltre a quanto stabilito da specifiche disposizioni di
legge, il direttore informa anticipatamente il magistrato
di sorveglianza, il questore e l'ufficio di polizia
territorialmente competente di ogni dimissione anche
temporanea dall'istituto.
Il consiglio di disciplina dell'istituto, all'atto
della dimissione o successivamente, rilascia al soggetto,
che lo richieda, un attestato con l'eventuale
qualificazione professionale conseguita e notizie obiettive
circa la condotta tenuta.
I soggetti, che ne sono privi, vengono provvisti di un
corredo di vestiario civile.
I detenuti e gli internati sono dimessi con documenti
di identita' validi, ove sussistano i presupposti per il
rilascio. L'amministrazione penitenziaria a tal fine si
avvale della collaborazione degli enti locali.».
- Si riporta il testo dell'art. 45 della citata legge
26 luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 45 (Assistenza alle famiglie e aiuti
economico-sociali). - Il trattamento dei detenuti e degli
internati e' integrato da un'azione di assistenza alle loro
famiglie.
Tale azione e' rivolta anche a conservare e migliorare
le relazioni dei soggetti con i familiari e a rimuovere le
difficolta' che possono ostacolarne il reinserimento
sociale.
E' utilizzata, all'uopo, la collaborazione degli enti
pubblici e privati qualificati nell'assistenza sociale.
Ai fini della realizzazione degli obiettivi indicati
dall'articolo 3, commi 2 e 3, della legge 8 novembre 2000,
n. 328, il detenuto o l'internato privo di residenza
anagrafica e' iscritto, su segnalazione del direttore, nei
registri della popolazione residente del Comune dove e'
ubicata la struttura. Al condannato e' richiesto di optare
tra il mantenimento della precedente residenza anagrafica e
quella presso la struttura ove e' detenuto o internato.
L'opzione puo' essere in ogni tempo modificata.».
- Si riporta il testo dell'art. 80 della citata legge
26 luglio 1975, n. 354, come modificato dal presente
decreto legislativo:
«Art. 80 (Personale dell'amministrazione degli istituti
di prevenzione e di pena). - Presso gli istituti di
prevenzione e di pena per adulti, oltre al personale
previsto dalle leggi vigenti, operano gli educatori per
adulti e gli assistenti sociali dipendenti dai centri di
servizio sociale previsti dall'art. 72.
L'amministrazione penitenziaria puo' avvalersi per lo
svolgimento delle attivita' di osservazione e di
trattamento, di personale incaricato giornaliero, entro
limiti numerici da concordare annualmente, con il Ministero
del tesoro.
Al personale incaricato giornaliero e' attribuito lo
stesso trattamento ragguagliato a giornata previsto per il
corrispondente personale incaricato.
Per lo svolgimento delle attivita' di osservazione e di
trattamento, l'amministrazione penitenziaria puo' avvalersi
di professionisti esperti in psicologia, servizio sociale,
pedagogia, psichiatria e criminologia clinica, nonche' di
mediatori culturali e interpreti, corrispondendo ad essi
onorari proporzionati alle singole prestazioni effettuate.
Il servizio infermieristico degli istituti
penitenziari, previsti dall'art. 59, e' assicurato mediante
operai specializzati con la qualifica di infermieri.
A tal fine la dotazione organica degli operai
dell'amministrazione degli istituti di prevenzione e di
pena, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31
marzo 1971, n. 275, emanato a norma dell'art. 17 della
legge 28 ottobre 1970, n. 775, e' incrementata di 800
unita' riservate alla suddetta categoria. Tali unita' sono
attribuite nella misura di 640 agli operai specializzati e
di 160 ai capi operai.
Le modalita' relative all'assunzione di detto personale
saranno stabilite dal regolamento di esecuzione.».
 
Art. 12

Disposizioni finanziarie

1. Per le finalita' di cui all'articolo 11, comma 1, lettere c) e s), e' autorizzata, rispettivamente, la spesa di 1.050.000 euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e di 1.440.000 euro annui a decorrere dall'anno 2018.
2. Agli oneri derivanti dal comma 1, pari a 2.490.000 euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e a 1.440.000 euro annui a decorrere dall'anno 2020, si provvede mediante riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 475, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
4. Dall'attuazione del presente decreto, ad eccezione delle disposizioni di cui all'articolo 11 comma 1, lettere c) e s), non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
5. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti del presente decreto nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi' 2 ottobre 2018

MATTARELLA

Conte, Presidente del Consiglio dei
ministri

Bonafede, Ministro della giustizia
Visto, il Guardasigilli: Bonafede

Note all'art. 12:
- Si riporta il testo dell'articolo 1, comma 475, della
legge 27 dicembre 2017, n 205 (Bilancio di previsione dello
Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale
per il triennio 2018-2020), pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale 29 dicembre 2017, n. 302, S.O.)
«475. E' istituito presso il Ministero della giustizia
un fondo, con una dotazione di 10 milioni di euro per
l'anno 2018, di 20 milioni di euro per l'anno 2019 e di 30
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, da
destinare con decreti del Ministro dell'economia e delle
finanze all'attuazione delle disposizioni di cui alla legge
23 giugno 2017, n. 103, in materia di riforma del processo
penale e dell'ordinamento penitenziario.».
 
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