Gazzetta n. 256 del 31 ottobre 2019 (vai al sommario)
PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 1 ottobre 2019
Scioglimento del consiglio comunale di Misterbianco e nomina della commissione straordinaria.



IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Considerato che nel Comune di Misterbianco (Catania) gli organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative dell'11 giugno 2017;
Considerato che dall'esito di approfonditi accertamenti sono emerse forme di ingerenza della criminalita' organizzata, che hanno esposto l'amministrazione a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l'imparzialita' dell'attivita' comunale;
Rilevato, altresi', che la permeabilita' dell'ente ai condizionamenti esterni della criminalita' organizzata ha arrecato grave pregiudizio per gli interessi della collettivita' e ha determinato la perdita di credibilita' dell'istituzione locale;
Ritenuto che, al fine di porre rimedio alla situazione di grave inquinamento e deterioramento dell'amministrazione comunale, si rende necessario l'intervento dello Stato mediante un commissariamento di adeguata durata, per rimuovere tempestivamente gli effetti pregiudizievoli per l'interesse pubblico e per assicurare il risanamento dell'ente locale;
Visto l'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
Vista la proposta del Ministro dell'interno, la cui relazione e' allegata al presente decreto e ne costituisce parte integrante;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 26 settembre 2019, alla quale e' stato debitamente invitato il Presidente della Regione Siciliana;

Decreta:

Art. 1

Il consiglio comunale di Misterbianco (Catania) e' sciolto.
 
Allegato

Al Presidente della Repubblica

Il Comune di Misterbianco (Catania), i cui organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative dell'11 giugno 2017, presenta forme d'ingerenza da parte della criminalita' organizzata che compromettono la libera determinazione e l'imparzialita' dell'amministrazione nonche' il buon andamento ed il funzionamento dei servizi, con grave pregiudizio per l'ordine e la sicurezza pubblica.
Il 21 novembre 2018, a conclusione di un'articolata operazione di polizia giudiziaria denominata «Revolution Bet», e' stata data esecuzione ad un'ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania nei confronti, tra gli altri, del vicesindaco ed assessore alla manutenzione, verde pubblico, sport ed attivita' produttive dell'ente, dimissionario in pari data ed in seguito rinviato a giudizio per i reati di cui agli articoli 416, 416-bis e 512-bis del codice penale.
Dagli atti della magistratura inquirente sono emersi elementi su possibili infiltrazioni delle consorterie malavitose che hanno indotto il prefetto di Catania, con decreto del 29 novembre 2018, successivamente prorogato, a disporre l'accesso presso il comune ai sensi dell'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Al termine delle indagini effettuate, la commissione incaricata dell'accesso ha depositato le proprie conclusioni, alla luce delle quali il prefetto - sentito, nella seduta del 18 giugno 2019, il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, integrato con la partecipazione del procuratore distrettuale antimafia - ha trasmesso l'allegata relazione in data 5 luglio 2019, che costituisce parte integrante della presente proposta, in cui si da' atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti e indiretti degli amministratori locali con la criminalita' organizzata e su forme di condizionamento degli stessi, riscontrando, pertanto, i presupposti per l'applicazione del richiamato art. 143.
I lavori svolti dalla commissione d'indagine hanno preso in esame, oltre all'intero andamento gestionale dell'amministrazione comunale, la cornice criminale ed il contesto ove si colloca l'ente, il cui organo consiliare era stato gia' sciolto per infiltrazioni della criminalita' organizzata con decreto del Presidente della Repubblica del 21 dicembre 1991.
Il Comune di Misterbianco - importante centro alle pendici dell'Etna con un'economica a vocazione essenzialmente industriale e commerciale - ha recentemente conosciuto una notevole espansione edilizia e demografica a seguito di consistenti fenomeni migratori dal vicino capoluogo di provincia e dall'hinterland catanese.
Su quel territorio e' stata giudizialmente accertata la radicata presenza di diversi gruppi criminali tra cui una potente famiglia malavitosa affiliata a «cosa nostra», la quale a partire dagli anni duemila - in seguito all'arresto dei suoi esponenti apicali ed ad un conseguente avvicendamento nelle posizioni di «reggenza» - ha significativamente esteso la propria sfera di ingerenza nel settore del gioco e delle scommesse, anche online.
In tale contesto, il prefetto stigmatizza la continuita' che ha caratterizzato nel tempo la conduzione dell'istituzione locale atteso che l'attuale primo cittadino e' al suo quinto mandato quale organo di vertice del comune ed ha rivestito la medesima carica per un totale di diciotto anni dal 1988 ad oggi. Inoltre, ben quindici consiglieri su ventidue assegnati all'ente nonche' tre componenti la giunta - compreso l'ex vicesindaco sopra citato - hanno fatto parte dell'amministrazione eletta nel 2012.
Gli accertamenti esperiti dalla commissione di indagine hanno altresi' fatto emergere le relazioni di vicinanza - attestate da fonti tecniche di prova nell'ambito dell'inchiesta giudiziaria c.d. «Gisella» - nonche' i rapporti di parentela, di affinita' e di frequentazione che legano diversi membri degli organi elettivi e dell'apparato burocratico del comune - alcuni dei quali con pregiudizi di natura penale - a persone controindicate ovvero ad esponenti anche di spicco delle consorterie localmente dominanti.
Al riguardo, risultano paradigmatici gli esiti dell'operazione di polizia da cui e' scaturito l'accesso che hanno delineato il ruolo svolto dal menzionato ex vicesindaco rinviato a giudizio per i reati di cui agli articoli 416, 416-bis e 512-bis del codice penale, evidenziandone le convergenze di interessi con i reggenti della famiglia malavitosa summenzionata, peraltro a lui legati da vincoli di parentela.
Piu' nel dettaglio, e' emerso come alla predetta famiglia malavitosa fosse riconducibile un'associazione sportiva dilettantistica - sottoposta a sequestro preventivo a febbraio 2019 e destinataria di un'interdittiva antimafia adottata dalla prefettura di Catania nel successivo mese di maggio - la quale, con riferimento ad una determinata disciplina agonistica, e' riuscita ad imporsi come l'unica associazione operante sul territorio comunale, anche in considerazione della circostanza che l'amministrazione locale ha posto in essere condotte ostruzionistiche ed ha compiuto atti che hanno indotto un'altra associazione sportiva dilettantistica, operante nel medesimo settore agonistico, ad abbandonare quel territorio.
In particolare, il prefetto evidenzia che nei confronti dell'associazione dilettantistica da ultimo citata il comune ha reiteratamente preteso, per l'utilizzo di un impianto sportivo comunale, il pagamento di un corrispettivo spropositato e quantificato in maniera approssimativa nonche' svincolato dall'effettivo tempo di fruizione dell'impianto. Di contro, l'associazione riconducibile alla famiglia malavitosa localmente dominante e' stata destinataria di ripetuti, illegittimi favoritismi sia da parte del piu' volte citato ex vicesindaco sia da parte degli uffici dell'ente i quali - sempre a fronte dell'utilizzo di un impianto sportivo comunale - all'associazione in questione hanno richiesto un corrispettivo nettamente inferiore al dovuto.
Alla predetta famiglia malavitosa sono risultate inoltre riconducibili altre associazioni sportive dilettantistiche, di cui una parimenti sottoposta a sequestro preventivo a novembre 2018 ed altre due - come riferito dalla commissione di indagine - aventi sede presso l'indirizzo di residenza dell'ex vicesindaco.
Altro episodio sintomatico e' quello concernente l'atto con il quale il sindaco, a marzo 2017, ha disposto l'intitolazione di una via cittadina ad un dipendente comunale deceduto, stretto affine di un noto capoclan. Il prefetto rimarca che l'atto in parola - pubblicamente rivendicato dal primo cittadino anche sui mass media locali - presenta gravi profili di illegittimita' in quanto e' stato adottato in violazione della normativa vigente in materia ed, in particolare, in difetto dell'autorizzazione prescritta dall'art. 1 della legge 23 giugno 1927, n. 1188.
In ordine all'attivita' di gestione posta in essere dall'amministrazione comunale, assume valore emblematico della permeabilita' dell'ente a pregiudizievoli condizionamenti esterni la vicenda relativa ad un amministratore al suo secondo mandato consecutivo in qualita' di consigliere comunale di Misterbianco, titolare di una concessione all'occupazione di suolo pubblico rilasciata, a marzo 2015, per la realizzazione di un chiosco - edicola.
In relazione a tale vicenda, le verifiche espletate in sede di indagine hanno messo in luce gravi irregolarita' atteso che la superficie dell'area effettivamente occupata risulta maggiore rispetto a quella indicata nel titolo abilitativo ed il concessionario ha provveduto a corrispondere la prescritta tassa comunale soltanto per il primo anno di occupazione del suolo pubblico, omettendo di versarla per gli anni successivi. Inoltre, nell'area in questione - prospiciente una struttura adibita alla somministrazione di bevande, di proprieta' del medesimo amministratore locale - in luogo del chiosco - edicola per il quale la concessione era stata rilasciata, e' stato realizzato un diverso manufatto in assenza delle necessarie autorizzazioni.
Il prefetto evidenzia che a settembre 2018, nei pressi del menzionato manufatto abusivo, si e' svolto un evento musicale per il quale l'ente ha concesso il proprio patrocinio su istanza del citato amministratore locale titolare della concessione all'occupazione di suolo pubblico, peraltro in assenza di preventiva convocazione della commissione comunale per i pubblici spettacoli. Al riguardo, rileva la circostanza che il protagonista dell'evento - stretto parente di un noto capoclan - a marzo di quest'armo, a seguito dell'operazione di polizia giudiziaria c.d. «Zeta», e' stato tratto in arresto dalla squadra mobile di Catania ed e' stato poi rinviato a giudizio, tra l'altro, per il reato di cui all'art. 416-bis del codice penale. Unitamente al protagonista dell'evento, e' stato arrestato e rinviato a giudizio per il medesimo reato anche un familiare convivente di quello stesso amministratore locale di cui si e' detto.
Nel settore delle manutenzioni sono emerse diffuse illegittimita' ed anomalie quali l'artificioso, reiterato frazionamento dell'importo degli affidamenti, l'omessa richiesta delle prescritte informazioni antimafia, la sistematica inosservanza del generale principio di rotazione e la mancata adozione dell'albo dei fornitori comunali in contrasto con le norme regolamentari dell'ente.
Segnatamente, l'amministrazione comunale non ha mai provveduto ad acquisire la certificazione antimafia nei confronti di una ditta beneficiaria di consistenti affidamenti nel triennio 2012 - 2014, tra l'altro in contrasto con le cautele che sarebbe necessario adottare a tutela della legalita' in un contesto ambientale in cui e' notoriamente consolidata la presenza di sodalizi criminali.
Gravi irregolarita' sono state parimenti riscontrate con riferimento all'affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani, relativamente al quale l'operazione di polizia giudiziaria denominata «Gorgoni» - conclusasi con l'adozione, a novembre 2017, di un provvedimento applicativo di misure cautelari - ha disvelato i pregiudizievoli rapporti di un ex dipendente comunale con un imprenditore - titolare della societa' al tempo affidataria del servizio - definito dal prefetto «longa manus» di una consorteria locale, rinviato a giudizio per associazione di tipo mafioso nonche' per i reati previsti dagli articoli 319, 319-bis, 321 e 353 del codice penale aggravati ai sensi dell'art. 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152 e successivamente deceduto.
Piu' nel dettaglio, a seguito dell'accesso e' emerso che l'ente - con determina dirigenziale di luglio 2014 - ha affidato il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani alla predetta societa' omettendo di richiedere le prescritte informazioni antimafia. La societa' medesima ha poi beneficiato di ripetute proroghe, pur dopo che - con determina dirigenziale del 25 settembre 2015 - il servizio era stato formalmente aggiudicato ad un'altra impresa a seguito di procedura negoziata.
Inoltre, nei confronti della societa' in argomento, il 14 maggio 2015, la prefettura di Catania ha adottato un provvedimento interdittivo antimafia la cui efficacia e' stata successivamente sospesa in sede cautelare dal consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana con ordinanza depositata il 4 settembre 2015. Nondimeno, nel lasso di tempo intercorso tra l'adozione dell'informativa interdittiva e la sospensione degli effetti della stessa disposta dal giudice amministrativo, la menzionata societa' ha continuato a svolgere il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani per conto del comune in forza di un'ordinanza di proroga adottata, a marzo 2015, dall'allora sindaco - rieletto alla medesima carica nel 2017 - ai sensi dell'art. 191 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Criticita' sono infine emerse relativamente all'ufficio anagrafe che, dal 2013 al 2017, ha subito reiterati furti e danneggiamenti mai segnalati dall'amministrazione comunale alla prefettura, competente ad imporre eventuali interventi di potenziamento delle misure di sicurezza. Anche in questo caso, rilevano le risultante dell'operazione di polizia giudiziaria da cui ha preso le mosse l'accesso, le quali hanno fatto emergere l'esistenza di stretti rapporti di vicinanza tra soggetti controindicati ed un dipendente comunale, peraltro legato da vincoli familiari a personaggi apicali della consorteria localmente egemone nonche' all'ex vicesindaco summenzionato.
Le circostanze analiticamente esaminate e dettagliatamente riferite nella relazione del prefetto hanno rivelato una serie di condizionamenti nell'amministrazione comunale di Misterbianco, volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali, che hanno determinato lo svilimento e la perdita di credibilita' dell'istituzione locale, nonche' il pregiudizio degli interessi della collettivita', rendendo necessario l'intervento dello Stato per assicurare la riconduzione dell'ente alla legalita'.
Ritengo, pertanto, che ricorrano le condizioni per l'adozione del provvedimento di scioglimento del consiglio comunale di Misterbianco (Catania), ai sensi dell'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
In relazione alla presenza ed all'estensione dell'influenza criminale, si rende necessario che la durata della gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi.

Roma, 24 settembre 2019

Il Ministro dell'interno: Lamorgese
 
Art. 2

La gestione del Comune di Misterbianco (Catania) e' affidata, per la durata di diciotto mesi, alla commissione straordinaria composta da:
dott. Salvatore Caccamo - viceprefetto;
dott. Ferdinando Trombadore - viceprefetto aggiunto;
dott.ssa Giovanna Camizzi - dirigente di lI fascia Area I.
 

Prefettura di Catania
Ufficio Territoriale del Governo
AL SIG. MINISTRO DELL'INTERNO
ROMA

OGGETTO: Comune di Misterbianco - Commissione d'indagine per
l'accesso ai sensi dell'art. 143 del Decreto Legislativo 18
agosto 2000 n. 267, come sostituito dall'art. 2 comma 30
della Legge 15 luglio 2009 n. 94

Parte di provvedimento in formato grafico

 
Art. 3

La commissione straordinaria per la gestione dell'ente esercita, fino all'insediamento degli organi ordinari a norma di legge, le attribuzioni spettanti al consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco nonche' ogni altro potere ed incarico connesso alle medesime cariche.

Dato a Roma, addi' 1° ottobre 2019

MATTARELLA

Conte, Presidente del Consiglio dei
ministri

Lamorgese, Ministro dell'interno

Registrato alla Corte dei conti l'8 ottobre 2019 Interno foglio n. 2450