Gazzetta n. 101 del 17 aprile 2020 (vai al sommario)
PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 28 febbraio 2020
Scioglimento del consiglio comunale di Pizzo e nomina della commissione straordinaria.


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Considerato che nel Comune di Pizzo (Vibo Valentia) gli organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative dell'11 giugno 2017;
Considerato che, dall'esito di approfonditi accertamenti, sono emerse forme di ingerenza della criminalita' organizzata che hanno esposto l'amministrazione a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l'imparzialita' dell'attivita' comunale;
Rilevato, altresi', che la permeabilita' dell'ente ai condizionamenti esterni della criminalita' organizzata ha arrecato grave pregiudizio agli interessi della collettivita' e ha determinato la perdita di credibilita' dell'istituzione locale;
Ritenuto che, al fine di porre rimedio alla situazione di grave inquinamento e deterioramento dell'amministrazione comunale di Pizzo, si rende necessario far luogo allo scioglimento del consiglio comunale e disporre il conseguente commissariamento, per rimuovere tempestivamente gli effetti pregiudizievoli per l'interesse pubblico e per assicurare il risanamento dell'ente locale;
Visto l'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
Vista la proposta del Ministro dell'interno, la cui relazione e' allegata al presente decreto e ne costituisce parte integrante;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 25 febbraio 2020;

Decreta:

Art. 1

Il consiglio comunale di Pizzo (Vibo Valentia) e' sciolto.
 
Allegato

Al Presidente della Repubblica

Nel Comune di Pizzo (Vibo Valentia), i cui organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative dell'11 giugno 2017, sono state riscontrate forme di ingerenza da parte della criminalita' organizzata che compromettono la libera determinazione e l'imparzialita' dell'amministrazione nonche' il buon andamento e il funzionamento dei servizi con grave pregiudizio dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Il 19 dicembre 2019 si e' conclusa una vasta operazione di polizia giudiziaria, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e condotta dall'Arma dei carabinieri che ha interessato complessivamente quattrocentosedici indagati e ha portato all'esecuzione di trecentotrentaquattro misure cautelari.
L'operazione giudiziaria ha coinvolto il sindaco e un altro amministratore locale del Comune di Pizzo nonche' alcuni componenti dell'apparato burocratico ai quali sono stati contestati, a vario titolo, numerosi reati, tutti aggravati dall'associazione per delinquere di stampo mafioso.
Il primo cittadino e il comandante della polizia municipale, per i quali e' stata disposta la misura restrittiva della custodia cautelare in carcere, sono indagati per diversi reati tra cui anche il concorso esterno in associazione mafiosa.
In particolare al sindaco viene contestato di avere concretamente contribuito, pur senza farne formalmente parte, al rafforzamento, alla conservazione e alla realizzazione degli scopi dell'associazione mafiosa operante nella Provincia di Vibo Valentia e su altre zone del territorio calabrese, anche con diramazioni in ambito nazionale ed estero, associazione che si avvale della forza d'intimidazione, del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omerta' che ne deriva, allo scopo di commettere delitti tra i quali la corruzione e la coercizione elettorale, acquisire appalti pubblici e privati, ostacolare il libero esercizio del voto, procurare a se' e ad altri voti in occasione di competizioni elettorali, convogliando in tal modo le preferenze su candidati a loro vicini in cambio di future utilita'. Lo stesso e' inoltre indagato per aver omesso nella qualita' di pubblico ufficiale di compiere qualsiasi atto amministrativo che potesse dare effettiva e concreta esecuzione a ordinanze emesse dagli uffici amministrativi del Comune di Pizzo.
Il 31 dicembre successivo il primo cittadino ha rassegnato le dimissioni dalla carica e conseguentemente il prefetto di Vibo Valentia, ritenuti sussistenti i presupposti di cui all'art. 141, comma 1, lettera b), n. 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ha disposto con provvedimento del 22 gennaio 2020, adottato ai sensi dell'art. 141, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, la sospensione del consiglio comunale.
Tenuto conto della valenza dei riscontri investigativi e degli elementi fattuali in possesso delle Forze dell'ordine, cosi' evidenti da rendere non necessario un accesso ispettivo, il prefetto di Vibo Valentia, acquisito nella riunione del 24 dicembre 2019 il parere del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, integrato con la partecipazione del procuratore distrettuale antimafia di Catanzaro e del procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, ha predisposto l'allegata relazione che costituisce parte integrante della presente proposta.
Nel documento si da' atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti e indiretti degli amministratori con la criminalita' organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi, riscontrando, pertanto, i presupposti per l'applicazione della misura prevista dall'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Le risultanze della menzionata indagine giudiziaria hanno preso in esame la cornice criminale e il contesto ambientale ove si colloca l'ente, con particolare riguardo ai rapporti tra gli amministratori e le locali consorterie criminali e hanno evidenziato come l'uso distorto della cosa pubblica si sia concretizzato, nel tempo, in favore di soggetti o imprese collegati direttamente o indirettamente ad ambienti malavitosi.
La verifica effettuata sui componenti della compagine elettiva pone in rilievo una sostanziale continuita' amministrativa atteso che il sindaco e' al suo secondo mandato consecutivo e alcuni degli amministratori eletti nel 2017 hanno fatto parte, con cariche diverse, di precedenti consiliature.
Il territorio del Comune di Pizzo e' caratterizzato dalla presenza di un'organizzazione criminale particolarmente attiva nel traffico di sostanze stupefacenti, nelle intimidazioni a imprenditori, nell'acquisizione di attivita' commerciali attraverso intestazioni fittizie, nei reati in materia di armi, esercitando inoltre influenze sull'attivita' amministrativa locale; la cosca e' capeggiata da persona, anch'essa destinataria di provvedimento cautelare nell'ambito della citata operazione, gia' sorvegliata speciale di p.s., che vanta una fitta rete di sodali utilizzati per i fini illeciti della consorteria attraverso i quali controlla il locale territorio.
La menzionata indagine giudiziaria ha fatto emergere che il gruppo criminale egemone controlla e influenza, in modo sistematico, per i propri illeciti interessi, molteplici esponenti sia politici che burocratici dell'amministrazione comunale, riuscendo a incidere e determinarne le azioni amministrative che si risolvono a proprio vantaggio.
Sintomatica in tal senso deve ritenersi la vicenda concernente l'occupazione abusiva di alcuni box di proprieta' comunale da parte di stretti parenti del citato capo mafia e utilizzati per l'esercizio di un'attivita' commerciale.
Come accertato anche a seguito di indagini esperite dall'Arma dei carabinieri nel settembre 2017, detti box collocati in piazza mercato sono stati oggetto di un'ordinanza di sgombero dell'aprile 2013, che tuttavia e' stata eseguita soltanto il successivo mese di settembre, per asserite difficolta' logistiche; nondimeno, nel novembre dello stesso anno, a seguito di un sopralluogo esperito dagli uffici comunali, i locali sono risultati nuovamente occupati da parte di soggetti riconducibili, anche in questo caso, al citato capo cosca. Viene al riguardo evidenziato che sebbene le varie componenti dell'amministrazione locale - e in primo luogo il sindaco - fossero pienamente consapevoli che detti locali erano occupati senza titolo, non si e' provveduto al loro sequestro ma, anzi, l'apparato amministrativo ha comunque tenuto una condotta omissiva e consenziente che ha permesso a soggetti riconducibili all'organizzazione criminale di continuare a occupare illecitamente i suddetti beni, con la conseguente mancata acquisizione degli stessi nella disponibilita' del comune.
Fonti tecniche di prova attestano come il primo cittadino abbia incontrato il capo della locale organizzazione 'ndranghetista, in quel periodo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di p.s., per discutere dei piu' volte citati locali.
I contenuti dell'ordinanza cautelare evidenziano inoltre come l'incontro tra l'esponente di vertice della locale cosca e il sindaco sia stato pianificato proprio nel periodo in cui quest'ultimo era impegnato in campagna elettorale in modo tale da sistemare, dietro la promessa di un sostegno elettorale, alcune questioni amministrative tra le quali, oltre a quella concernente i locali situati nella piazza mercato, anche quella relativa a un'altra area con annessa piscina in uso a uno stretto parente del citato capo cosca, anche quest'ultimo ritenuto organico alla compagine criminale egemone.
In merito a quest'ultima vicenda gli accertamenti giudiziari hanno evidenziato che tra il menzionato esponente mafioso e il Comune di Pizzo e' in atto un contenzioso avente a oggetto l'occupazione abusiva di un'area di proprieta' comunale - gia' sottoposta a sequestro nel 2010 e successivamente dissequestrata e restituita al proprietario. All'esito di un successivo sopralluogo il responsabile dell'ufficio tecnico invitava il sindaco a chiedere al responsabile della polizia municipale una rettifica del provvedimento di dissequestro che non avrebbe dovuto riguardare alcune aree. Successivamente, effettuata un'ulteriore ispezione e verificata la sussistenza di opere abusive non demolite - tra le quali una piscina - il menzionato responsabile dell'ufficio tecnico chiedeva al sindaco di adottare una delibera con la quale avrebbe dovuto esprimersi in merito all'esistenza di prevalenti interessi pubblici per la conservazione di opere insistenti sul terreno e l'acquisizione di quelle non demolite al patrimonio comunale.
Le indagini esperite hanno evidenziato che, pur a fronte di tale formale richiesta, il vertice dell'amministrazione non ha invece adottato alcuna delibera, consentendo al menzionato esponente della criminalita' organizzata di continuare a mantenere la disponibilita' dell'area in questione.
E' significativo, inoltre, che l'amministrazione comunale non ha nemmeno effettuato sul sito in argomento gli accertamenti per i quali era stata delegata nel 2017 dall'autorita' giudiziaria, atteso che agli atti del comune non e' stata rinvenuta alcuna documentazione comprovante l'adempimento delle attivita' delegate.
Ulteriori elementi che evidenziano la sussistenza di cointeressenze tra esponenti della criminalita' organizzata ed esponenti dell'apparato politico, che hanno determinato un condizionamento e un consequenziale sviamento dell'attivita' amministrativa, sono emersi dall'analisi della vicenda concernente la gestione e la vendita di una struttura commerciale ricettiva gestita da soggetti contigui alla criminalita' organizzata.
All'esito di controlli disposti dai carabinieri del Nas il 23 giugno 2017 e' emerso che nel giugno 2015 il responsabile dell'ufficio tecnico aveva disposto la revoca del certificato di agibilita' del locale, provvedimento al quale non aveva fatto immediato seguito, da parte del responsabile dell'ufficio commercio, la revoca dell'autorizzazione alla somministrazione di bevande e alimenti - adottata invece solamente il 26 giugno 2017, lo stesso giorno in cui su tale vicenda il citato responsabile dell'ufficio tecnico e' stato escusso dall'Arma dei carabinieri - favorendo in tal modo gli interessi della societa' che gestisce il locale.
Pochi giorni dopo, nondimeno, in accoglimento delle istanze con le quali era richiesto l'annullamento dell'ordinanza di revoca del certificato di agibilita' della struttura e l'annullamento del provvedimento di revoca dell'autorizzazione alla somministrazione di bevande e alimenti, l'amministrazione provvedeva, questa volta tempestivamente, ad accogliere le richieste provenienti da soggetti contigui ad ambienti controindicati.
La relazione del prefetto evidenzia che fonti tecniche di prova hanno fatto emergere un interesse «quasi spasmodico» da parte di alcuni componenti della compagine politica, in particolare del sindaco e di un assessore, a che le richieste provenienti da soggetti vicini alla criminalita' organizzata fossero prontamente evase. Viene inoltre posto in rilievo che il provvedimento in questione e' stato adottato senza che venissero svolti gli opportuni accertamenti, finalizzati a verificare l'effettiva realizzazione dei richiesti lavori di regolarizzazione.
I contenuti della piu' volte citata ordinanza cautelare rivelano come l'interesse del primo cittadino a una rapida e positiva conclusione della menzionata procedura sia stato motivato da convergenze di interessi con ambienti controindicati e strettamente connessi con la procedura di vendita all'asta del bene in argomento, avvenuta poco tempo dopo l'adozione dei citati provvedimenti.
L'indagine giudiziaria ha posto in rilievo che la criminalita' organizzata, interessata a mantenere il controllo gestionale della menzionata struttura ricettiva, aveva avviato la ricerca di un imprenditore locale disposto a rilevare il plesso commerciale che, come dettagliatamente evidenziato nella relazione del prefetto, verra' acquistato da una societa' le cui quote sociali appartengono al sindaco e a un suo stretto parente.
E' al riguardo emblematica la circostanza che a seguito dell'avvenuto acquisto del bene sia stato proprio il sindaco ad assicurare ai predetti soggetti riconducibili ad ambienti criminali di poter continuare a gestire la piu' volte menzionata struttura ricettizia.
Le attivita' d'indagine hanno mostrato, in piu' casi, come l'attivita' amministrativa del comune sia stata spesso sviata in favore degli interessi imprenditoriali del sindaco. Rileva al riguardo che presso un'altra struttura alberghiera di cui e' socio unitamente al menzionato parente, sono stati commessi numerosi abusi edilizi, costituenti illeciti penali, realizzati peraltro in zona ricadente a vincolo paesaggistico. Per tali fatti sono stati formulati diversi capi d'imputazione nei confronti, tra gli altri, di funzionari comunali assegnati all'ufficio tecnico per avere, nell'esercizio delle loro funzioni, illecitamente rilasciato un'autorizzazione paesaggistica in assenza del prescritto parere della soprintendenza procurando, intenzionalmente, un ingiusto vantaggio all'azienda riconducibile al primo cittadino e al suo menzionato parente.
Il controllo operato dalla consorteria criminale sulle diverse componenti dell'amministrazione comunale di Pizzo trova ulteriore conferma in un'altra vicenda concernente la richiesta pervenuta all'ufficio della polizia municipale di effettuare accertamenti in merito alla convivenza tra il piu' volte citato capo mafia - in quel periodo recluso in carcere - e la sua compagna, al fine di poter consentire a quest'ultima di fargli visita.
Il procedimento, assegnato in un primo momento a un agente della polizia municipale, non si era concluso favorevolmente per l'istante in quanto era stata riscontrata la mancanza dei prescritti requisiti, come peraltro confermato da analoghi accertamenti condotti dall'Arma dei carabinieri. Successivamente il comandante della polizia locale - alla cui attenzione era stato posto il procedimento - al fine di agevolare l'organizzazione criminale di Pizzo sottoscriveva una falsa attestazione che consentiva di definire favorevolmente la richiesta, permettendo alla compagna del capo cosca di accedere alla struttura carceraria.
Le circostanze analiticamente esaminate e dettagliatamente riferite nella relazione del prefetto hanno rivelato una serie di condizionamenti nell'amministrazione comunale di Pizzo, volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali, che hanno determinato lo svilimento e la perdita di credibilita' dell'istituzione locale nonche' il pregiudizio degli interessi della collettivita', rendendo necessario l'intervento dello Stato per assicurare la riconduzione dell'ente alla legalita'.
Ritengo, pertanto, che ricorrano le condizioni per l'adozione del provvedimento di scioglimento del consiglio comunale di Pizzo (Vibo Valentia), ai sensi dell'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
In relazione alla presenza e all'estensione dell'influenza criminale, si rende necessario che la durata della gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi.

Roma, 21 febbraio 2020

Il Ministro dell'interno: Lamorgese
 
Art. 2

La gestione del Comune di Pizzo (Vibo Valentia) e' affidata, per la durata di diciotto mesi, alla commissione straordinaria composta da:
dott. Antonio Reppucci - prefetto a riposo;
dott. Giuseppe Di Martino - viceprefetto;
dott. Antonio Corvo - funzionario economico finanziario.
 

Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Vibo Valentia
Organo Periferico di Sicurezza
Prot. N.R. 2/2-2/2020/NC/O.P.S. Vibo Valentia 16 gennaio 2020

Al Signor Ministro dell'Interno
Piazza del Viminale n. 1
ROMA
OGGETTO: Comune di PIZZO (VV). Proposta di scioglimento ai sensi dell'art. 143 D.Lgs. 267/2000.

Parte di provvedimento in formato grafico

 
Art. 3

La commissione straordinaria per la gestione dell'ente esercita, fino all'insediamento degli organi ordinari a norma di legge, le attribuzioni spettanti al consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco nonche' ogni altro potere ed incarico connesso alle medesime cariche.

Dato a Roma, addi' 28 febbraio 2020

MATTARELLA

Conte, Presidente del Consiglio dei
ministri

Lamorgese, Ministro dell'interno

Registrato alla Corte dei conti il 6 marzo 2020 Interno, foglio n. 629