Gazzetta n. 176 del 29 luglio 2022 (vai al sommario)
DECRETO LEGISLATIVO 30 giugno 2022, n. 105
Attuazione della direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all'equilibrio tra attivita' professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio.


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;
Visti gli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea;
Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri;
Vista la legge 22 aprile 2021, n. 53, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2019-2020, e, in particolare, l'articolo 1, comma 1, e l'allegato A (punto 27);
Vista la direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all'equilibrio tra attivita' professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio;
Vista la direttiva 2010/18/UE del Consiglio, dell'8 marzo 2010, che attua l'accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE;
Vista la direttiva 2010/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sull'applicazione del principio della parita' di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un'attivita' autonoma e che abroga la direttiva 86/613/CEE del Consiglio;
Vista la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunita' e della parita' di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego;
Visto il regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale;
Vista la legge 5 febbraio 1992, n. 104, recante legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate;
Vista la legge 8 marzo 2000, n. 53, recante disposizioni per il sostegno della maternita' e della paternita', per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle citta';
Visto il decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, recante testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53;
Visto il decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, recante codice delle pari opportunita' tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246;
Vista la legge 28 giugno 2012, n. 92, recante disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita, e, in particolare, l'articolo 4, comma 24, lettera a);
Visto il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, recante disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183;
Vista la legge 11 dicembre 2016, n. 232, recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, e, in particolare, l'articolo 1, comma 354;
Vista la legge 22 maggio 2017, n. 81, recante misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato;
Vista la legge 30 dicembre 2021, n. 234, recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024, e, in particolare, l'articolo 1, comma 134;
Visto il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 22 dicembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 13 febbraio 2013, recante l'introduzione, in via sperimentale per gli anni 2013-2015, del congedo obbligatorio e del congedo facoltativo del padre, oltre a forme di contributi economici alla madre, per favorire il rientro nel mondo del lavoro al termine del congedo;
Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 31 marzo 2022;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 22 giugno 2022;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per le pari opportunita' e la famiglia, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'economia e delle finanze, della giustizia, per le disabilita', e per la pubblica amministrazione;

Emana
il seguente decreto legislativo:

Art. 1

Oggetto e finalita'

1. Il presente decreto reca disposizioni finalizzate a migliorare la conciliazione tra attivita' lavorativa e vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza, al fine di conseguire la condivisione delle responsabilita' di cura tra uomini e donne e la parita' di genere in ambito lavorativo e familiare.
2. Nell'ottica della piena equiparazione dei diritti alla genitorialita' e all'assistenza, i congedi, i permessi e gli altri istituti oggetto del presente decreto, salvo che non sia diversamente specificato, sono direttamente applicabili anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

NOTE

Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia ai sensi
dell'art. 10, commi 2 e 3 del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la
lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali
e' operato il rinvio. Restano invariati il valore e
l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Per gli atti dell'Unione europea vengono forniti gli
estremi di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
dell'Unione Europea (GUUE).
- Si riporta il testo dell'art. 76 Costituzione:
«Art. 76. - L'esercizio della funzione legislativa
non puo' essere delegato al Governo se non con
determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto
per tempo limitato e per oggetti definiti.».
- L'art. 87, quinto comma, della Costituzione
conferisce al Presidente della Repubblica il potere di
promulgare le leggi ed emanare i decreti aventi valore di
legge e i regolamenti.
- Si riporta il testo degli articoli 31 e 32 della
legge 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla
partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione
della normativa e delle politiche dell'Unione europea),
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 4 gennaio 2013, n. 3:
«Art. 31 (Procedure per l'esercizio delle deleghe
legislative conferite al Governo con la legge di
delegazione europea). - 1. In relazione alle deleghe
legislative conferite con la legge di delegazione europea
per il recepimento delle direttive, il Governo adotta i
decreti legislativi entro il termine di quattro mesi
antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna
delle direttive; per le direttive il cui termine cosi'
determinato sia gia' scaduto alla data di entrata in vigore
della legge di delegazione europea, ovvero scada nei tre
mesi successivi, il Governo adotta i decreti legislativi di
recepimento entro tre mesi dalla data di entrata in vigore
della medesima legge; per le direttive che non prevedono un
termine di recepimento, il Governo adotta i relativi
decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata
in vigore della legge di delegazione europea.
2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto
dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su
proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o del
Ministro per gli affari europei e del Ministro con
competenza prevalente nella materia, di concerto con i
Ministri degli affari esteri, della giustizia,
dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri
interessati in relazione all'oggetto della direttiva. I
decreti legislativi sono accompagnati da una tabella di
concordanza tra le disposizioni in essi previste e quelle
della direttiva da recepire, predisposta
dall'amministrazione con competenza istituzionale
prevalente nella materia.
3. La legge di delegazione europea indica le
direttive in relazione alle quali sugli schemi dei decreti
legislativi di recepimento e' acquisito il parere delle
competenti Commissioni parlamentari della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica. In tal caso gli
schemi dei decreti legislativi sono trasmessi, dopo
l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge,
alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica
affinche' su di essi sia espresso il parere delle
competenti Commissioni parlamentari. Decorsi quaranta
giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati
anche in mancanza del parere. Qualora il termine per
l'espressione del parere parlamentare di cui al presente
comma ovvero i diversi termini previsti dai commi 4 e 9
scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei
termini di delega previsti ai commi 1 o 5 o
successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.
4. Gli schemi dei decreti legislativi recanti
recepimento delle direttive che comportino conseguenze
finanziarie sono corredati della relazione tecnica di cui
all'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n.
196. Su di essi e' richiesto anche il parere delle
Commissioni parlamentari competenti per i profili
finanziari. Il Governo, ove non intenda conformarsi alle
condizioni formulate con riferimento all'esigenza di
garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della
Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati
dei necessari elementi integrativi d'informazione, per i
pareri definitivi delle Commissioni parlamentari competenti
per i profili finanziari, che devono essere espressi entro
venti giorni.
5. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in
vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma
1, nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati
dalla legge di delegazione europea, il Governo puo'
adottare, con la procedura indicata nei commi 2, 3 e 4,
disposizioni integrative e correttive dei decreti
legislativi emanati ai sensi del citato comma 1, fatto
salvo il diverso termine previsto dal comma 6.
6. Con la procedura di cui ai commi 2, 3 e 4 il
Governo puo' adottare disposizioni integrative e correttive
di decreti legislativi emanati ai sensi del comma 1, al
fine di recepire atti delegati dell'Unione europea di cui
all'articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea, che modificano o integrano direttive recepite con
tali decreti legislativi. Le disposizioni integrative e
correttive di cui al primo periodo sono adottate nel
termine di cui al comma 5 o nel diverso termine fissato
dalla legge di delegazione europea. Resta ferma la
disciplina di cui all'articolo 36 per il recepimento degli
atti delegati dell'Unione europea che recano meri
adeguamenti tecnici.
7. I decreti legislativi di recepimento delle
direttive previste dalla legge di delegazione europea,
adottati, ai sensi dell'articolo 117, quinto comma, della
Costituzione, nelle materie di competenza legislativa delle
regioni e delle province autonome, si applicano alle
condizioni e secondo le procedure di cui all'articolo 41,
comma 1.
8. I decreti legislativi adottati ai sensi
dell'articolo 33 e attinenti a materie di competenza
legislativa delle regioni e delle province autonome sono
emanati alle condizioni e secondo le procedure di cui
all'articolo 41, comma 1.
9. Il Governo, quando non intende conformarsi ai
pareri parlamentari di cui al comma 3, relativi a sanzioni
penali contenute negli schemi di decreti legislativi
recanti attuazione delle direttive, ritrasmette i testi,
con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, alla
Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. Decorsi
venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono
emanati anche in mancanza di nuovo parere.».
«Art. 32 (Principi e criteri direttivi generali di
delega per l'attuazione del diritto dell'Unione europea). -
1. Salvi gli specifici principi e criteri direttivi
stabiliti dalla legge di delegazione europea e in aggiunta
a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti
legislativi di cui all'articolo 31 sono informati ai
seguenti principi e criteri direttivi generali:
a) le amministrazioni direttamente interessate
provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le
ordinarie strutture amministrative, secondo il principio
della massima semplificazione dei procedimenti e delle
modalita' di organizzazione e di esercizio delle funzioni e
dei servizi;
b) ai fini di un migliore coordinamento con le
discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla
normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti
modificazioni alle discipline stesse, anche attraverso il
riassetto e la semplificazione normativi con l'indicazione
esplicita delle norme abrogate, fatti salvi i procedimenti
oggetto di semplificazione amministrativa ovvero le materie
oggetto di delegificazione;
c) gli atti di recepimento di direttive dell'Unione
europea non possono prevedere l'introduzione o il
mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli
minimi richiesti dalle direttive stesse, ai sensi
dell'articolo 14, commi 24-bis, 24-ter e 24-quater, della
legge 28 novembre 2005, n. 246;
d) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali
vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle
disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono
previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni
alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali,
nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a 150.000
euro e dell'arresto fino a tre anni, sono previste, in via
alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni
ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente
protetti. In tali casi sono previste: la pena dell'ammenda
alternativa all'arresto per le infrazioni che espongano a
pericolo o danneggino l'interesse protetto; la pena
dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le
infrazioni che rechino un danno di particolare gravita'.
Nelle predette ipotesi, in luogo dell'arresto e
dell'ammenda, possono essere previste anche le sanzioni
alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto
legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e la relativa
competenza del giudice di pace. La sanzione amministrativa
del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non
superiore a 150.000 euro e' prevista per le infrazioni che
ledono o espongono a pericolo interessi diversi da quelli
indicati dalla presente lettera. Nell'ambito dei limiti
minimi e massimi previsti, le sanzioni indicate dalla
presente lettera sono determinate nella loro entita',
tenendo conto della diversa potenzialita' lesiva
dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in
astratto, di specifiche qualita' personali del colpevole,
comprese quelle che impongono particolari doveri di
prevenzione, controllo o vigilanza, nonche' del vantaggio
patrimoniale che l'infrazione puo' recare al colpevole
ovvero alla persona o all'ente nel cui interesse egli
agisce. Ove necessario per assicurare l'osservanza delle
disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono
previste inoltre le sanzioni amministrative accessorie
della sospensione fino a sei mesi e, nei casi piu' gravi,
della privazione definitiva di facolta' e diritti derivanti
da provvedimenti dell'amministrazione, nonche' sanzioni
penali accessorie nei limiti stabiliti dal codice penale.
Al medesimo fine e' prevista la confisca obbligatoria delle
cose che servirono o furono destinate a commettere
l'illecito amministrativo o il reato previsti dai medesimi
decreti legislativi, nel rispetto dei limiti stabiliti
dall'articolo 240, terzo e quarto comma, del codice penale
e dall'articolo 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e
successive modificazioni. Entro i limiti di pena indicati
nella presente lettera sono previste sanzioni anche
accessorie identiche a quelle eventualmente gia' comminate
dalle leggi vigenti per violazioni omogenee e di pari
offensivita' rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei
decreti legislativi. Nelle materie di cui all'articolo 117,
quarto comma, della Costituzione, le sanzioni
amministrative sono determinate dalle regioni;
e) al recepimento di direttive o all'attuazione di
altri atti dell'Unione europea che modificano precedenti
direttive o atti gia' attuati con legge o con decreto
legislativo si procede, se la modificazione non comporta
ampliamento della materia regolata, apportando le
corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto
legislativo di attuazione della direttiva o di altro atto
modificato;
f) nella redazione dei decreti legislativi di cui
all'articolo 31 si tiene conto delle eventuali
modificazioni delle direttive dell'Unione europea comunque
intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;
g) quando si verifichino sovrapposizioni di
competenze tra amministrazioni diverse o comunque siano
coinvolte le competenze di piu' amministrazioni statali, i
decreti legislativi individuano, attraverso le piu'
opportune forme di coordinamento, rispettando i principi di
sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e leale
collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri
enti territoriali, le procedure per salvaguardare
l'unitarieta' dei processi decisionali, la trasparenza, la
celerita', l'efficacia e l'economicita' nell'azione
amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti
responsabili;
h) qualora non siano di ostacolo i diversi termini
di recepimento, vengono attuate con un unico decreto
legislativo le direttive che riguardano le stesse materie o
che comunque comportano modifiche degli stessi atti
normativi;
i) e' assicurata la parita' di trattamento dei
cittadini italiani rispetto ai cittadini degli altri Stati
membri dell'Unione europea e non puo' essere previsto in
ogni caso un trattamento sfavorevole dei cittadini
italiani.
- Il testo dell'art. 14 della legge 23 agosto 1988, n.
400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento
della Presidenza del Consiglio dei ministri) cosi' recita:
«Art. 14 (Decreti legislativi). - 1. I decreti
legislativi adottati dal Governo ai sensi dell'articolo 76
della Costituzione sono emanati dal Presidente della
Repubblica con la denominazione di «decreto legislativo» e
con l'indicazione, nel preambolo, della legge di
delegazione, della deliberazione del Consiglio dei ministri
e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla
legge di delegazione.
2. L'emanazione del decreto legislativo deve avvenire
entro il termine fissato dalla legge di delegazione; il
testo del decreto legislativo adottato dal Governo e'
trasmesso al Presidente della Repubblica, per la
emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza.
3. Se la delega legislativa si riferisce ad una
pluralita' di oggetti distinti suscettibili di separata
disciplina, il Governo puo' esercitarla mediante piu' atti
successivi per uno o piu' degli oggetti predetti. In
relazione al termine finale stabilito dalla legge di
delegazione, il Governo informa periodicamente le Camere
sui criteri che segue nell'organizzazione dell'esercizio
della delega.
4. In ogni caso, qualora il termine previsto per
l'esercizio della delega ecceda i due anni, il Governo e'
tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei
decreti delegati. Il parere e' espresso dalle Commissioni
permanenti delle due Camere competenti per materia entro
sessanta giorni, indicando specificamente le eventuali
disposizioni non ritenute corrispondenti alle direttive
della legge di delegazione. Il Governo, nei trenta giorni
successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue
osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle
Commissioni per il parere definitivo che deve essere
espresso entro trenta giorni.».
- Il testo dell'art. 1 e del punto 27 dell'Allegato A
della legge 22 aprile 2021, n. 53 (Delega al Governo per il
recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri
atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea
2019-2020), pubblicata nella GU Serie Generale n. 97 del
23-04-2021, cosi' recita:
Art. 1 (Delega al Governo per il recepimento delle
direttive e l'attuazione degli altri atti dell'Unione
europea). - 1. Il Governo e' delegato ad adottare, secondo
i termini, le procedure, i principi e i criteri direttivi
di cui agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012,
n. 234, nonche' secondo quelli specifici dettati dalla
presente legge e tenendo conto delle eccezionali
conseguenze economiche e sociali derivanti dalla pandemia
di COVID-19, i decreti legislativi per il recepimento delle
direttive europee e l'attuazione degli altri atti
dell'Unione europea di cui agli articoli da 3 a 29 e
all'allegato A.
2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma
1 sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri
previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato
della Repubblica affinche' su di essi sia espresso il
parere dei competenti organi parlamentari.
3. Eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e
che non riguardano l'attivita' ordinaria delle
amministrazioni statali o regionali possono essere previste
nei decreti legislativi di cui al comma 1, nei soli limiti
occorrenti per l'adempimento degli obblighi derivanti
dall'esercizio delle deleghe di cui allo stesso comma 1.
Alla relativa copertura, nonche' alla copertura delle
minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione
delle deleghe, laddove non sia possibile farvi fronte con i
fondi gia' assegnati alle competenti amministrazioni, si
provvede mediante riduzione del fondo per il recepimento
della normativa europea di cui all'articolo 41-bis della
citata legge n. 234 del 2012. Qualora la dotazione del
predetto fondo si rivelasse insufficiente, i decreti
legislativi dai quali derivino nuovi o maggiori oneri sono
emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei
provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti
risorse finanziarie, in conformita' all'articolo 17, comma
2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
- «27) direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa
all'equilibrio tra attivita' professionale e vita familiare
per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la
direttiva 2010/18/UE del Consiglio (termine di recepimento:
2 agosto 2022).».
- La direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all'equilibrio
tra attivita' professionale e vita familiare per i genitori
e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva
2010/18/UE del Consiglio, e' pubblicata nella G.U.U.E. del
12.07.2019, n. L 188.
- La direttiva 2010/18/UE del Consiglio, dell'8 marzo
2010, che attua l'accordo quadro riveduto in materia di
congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP
e CES e abroga la direttiva 96/34/CE, e' pubblicata nella
G.U.U.E. del 18 marzo 2010, n. L68.
- La direttiva 2010/41/UE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 7 luglio 2010, sull'applicazione del
principio della parita' di trattamento fra gli uomini e le
donne che esercitano un'attivita' autonoma e che abroga la
direttiva 86/613/CEE del Consiglio, e' pubblicata nella
GUUE del 15 luglio 2010, n. L180.
- La direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del
principio delle pari opportunita' e della parita' di
trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e
impiego, e' pubblicata nella GUUE del 26 luglio 2006, n.
L204.
- Il regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al
coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, e'
pubblicato nella GU del 30.4.2004, n. L 166.
- La legge 5 febbraio 1992, n. 104, recante
legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i
diritti delle persone handicappate, e' pubblicata nella GU
Serie Generale n. 39 del 17-02-1992 - Suppl. Ordinario n.
30.
- La legge 8 marzo 2000, n. 53, recante disposizioni
per il sostegno della maternita' e della paternita', per il
diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento
dei tempi delle citta', e' pubblicata nella GU Serie
Generale n. 60 del 13-03-2000).
- Il decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, recante
testo unico delle disposizioni legislative in materia di
tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a
norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53, e'
pubblicato nella GU Serie Generale n. 96 del 26-04-2001 -
Suppl. Ordinario n. 93).
- Il decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198,
recante codice delle pari opportunita' tra uomo e donna, a
norma dell'art. 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246, e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 125 del 31-5-2006 -
Suppl. Ordinario n. 133.
- La legge 28 giugno 2012, n. 92, recante disposizioni
in materia di riforma del mercato del lavoro in una
prospettiva di crescita, e, in particolare, l'art. 4, comma
24, lettera a) e' pubblicata nella GU Serie Generale n. 153
del 03-07-2012 - Suppl. Ordinario n. 136.
- Il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, recante
disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione
della normativa in tema di mansioni, a norma dell'art. 1,
comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183, e'
pubblicato nella GU Serie Generale n. 144 del 24-06-2015 -
Suppl. Ordinario n. 34.
- La legge 11 dicembre 2016, n. 232, recante bilancio
di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e
bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, e, in
particolare, l'art. 1, comma 354, e' pubblicata nella GU
Serie Generale n. 297 del 21-12-2016 - Suppl. Ordinario n.
57).
- La legge 22 maggio 2017, n. 81, recante misure per la
tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure
volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei
luoghi del lavoro subordinato e' pubblicata nella GU Serie
Generale n. 135 del 13-06-2017.
- La legge 30 dicembre 2021, n. 234, recante bilancio
di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e
bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024, e, in
particolare, l'art. 1, comma 134, e' pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 4 gennaio 2013, n. 3.
 
Art. 2

Modifiche al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151

1. Al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 2, comma 1:
1) dopo la lettera a) e' inserita la seguente: «a-bis) per "congedo di paternita'" si intende l'astensione dal lavoro del lavoratore, che ne fruisce in via autonoma ai sensi dell'articolo 27-bis del presente decreto;»;
2) la lettera b) e' sostituita dalla seguente: «b) per "congedo di paternita' alternativo" si intende l'astensione dal lavoro del lavoratore, in alternativa al congedo di maternita' nei casi previsti dall'articolo 28 del presente decreto;»;
b) all'articolo 18, dopo il comma 1, e' aggiunto il seguente: «1-bis. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui agli articoli 16, 16-bis e 17, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parita' di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni»;
c) dopo l'articolo 27, al capo IV, «Congedo di paternita'», e' inserito il seguente articolo:
«Art. 27-bis (Congedo di paternita' obbligatorio (legge 28 giugno 2012, n. 92, art. 4, comma 24, lett. a; legge 11 dicembre 2016, n. 232, art. 1, comma 354; legge 30 dicembre 2020, n. 178, art. 1, commi 25 e 363)). - 1. Il padre lavoratore, dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, si astiene dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa. Il congedo e' fruibile, entro lo stesso arco temporale, anche in caso di morte perinatale del figlio.
2. In caso di parto plurimo, la durata del congedo e' aumentata a venti giorni lavorativi.
3. Il congedo e' fruibile dal padre anche durante il congedo di maternita' della madre lavoratrice.
4. Il congedo si applica anche al padre adottivo o affidatario.
5. Il congedo e' riconosciuto anche al padre che fruisce del congedo di paternita' ai sensi dell'articolo 28.
6. Per l'esercizio del diritto, il padre comunica in forma scritta al datore di lavoro i giorni in cui intende fruire del congedo, con un anticipo non minore di cinque giorni, ove possibile in relazione all'evento nascita, sulla base della data presunta del parto, fatte salve le condizioni di miglior favore previste dalla contrattazione collettiva. La forma scritta della comunicazione puo' essere sostituita dall'utilizzo, ove presente, del sistema informativo aziendale per la richiesta e la gestione delle assenze.»;
d) all'articolo 28, la rubrica e' sostituita dalla seguente: «Congedo di paternita' alternativo»;
e) l'articolo 29 e' sostituito dal seguente:
«Art. 29 (Trattamento economico e normativo (legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, comma 3)). - 1. Per il congedo di cui all'articolo 27-bis e' riconosciuta per tutto il periodo un'indennita' giornaliera pari al 100 per cento della retribuzione. Il trattamento economico e normativo e' determinato ai sensi dell'articolo 22, commi da 2 a 7, e dell'articolo 23.
2. Per il congedo di cui all'articolo 28 il trattamento economico e normativo e' quello spettante ai sensi degli articoli 22 e 23.»;
f) l'articolo 30 e' sostituito dal seguente:
«Art. 30 (Trattamento previdenziale). - 1. Per i congedi di cui al presente capo il trattamento previdenziale e' quello previsto dall'articolo 25.»;
g) dopo l'articolo 31, e' inserito il seguente:
«Art. 31-bis (Sanzioni). - 1. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui all'articolo 27-bis sono puniti con la sanzione amministrativa da euro 516 a euro 2.582 e, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parita' di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni»;
2. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui all'articolo 28 e' punito con le sanzioni previste all'articolo 18.»;
h) all'articolo 32, comma 1, la lettera c) e' sostituita dalla seguente: «c) per un periodo continuativo o frazionato non superiore a undici mesi, qualora vi sia un solo genitore ovvero un genitore nei confronti del quale sia stato disposto, ai sensi dell'articolo 337-quater del Codice civile, l'affidamento esclusivo del figlio. In quest'ultimo caso, l'altro genitore perde il diritto al congedo non ancora utilizzato. A tal fine copia del provvedimento di affidamento e' trasmessa, a cura del pubblico ministero, all'INPS»;
i) all'articolo 34:
1) il comma 1 e' sostituito dal seguente: «1. Per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32, fino al dodicesimo anno di vita del figlio, a ciascun genitore lavoratore spetta per tre mesi, non trasferibili, un'indennita' pari al 30 per cento della retribuzione. I genitori hanno altresi' diritto, in alternativa tra loro, ad un ulteriore periodo di congedo della durata complessiva di tre mesi, per i quali spetta un'indennita' pari al 30 per cento della retribuzione. Nel caso vi sia un solo genitore, allo stesso spetta un'indennita' pari al 30 per cento della retribuzione per un periodo massimo di nove mesi. Qualora sia stato disposto, ai sensi dell'articolo 337-quater del Codice civile, l'affidamento esclusivo del figlio ad un solo genitore, a quest'ultimo spetta in via esclusiva anche la fruizione del congedo indennizzato riconosciuto complessivamente alla coppia genitoriale. L'indennita' e' calcolata secondo quanto previsto all'articolo 23.»;
2) il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. Per tutto il periodo di prolungamento del congedo di cui all'articolo 33 e' dovuta alle lavoratrici e ai lavoratori un'indennita' pari al 30 per cento della retribuzione.»;
3) al comma 3, le parole «fino all'ottavo anno di vita del bambino, un'indennita' pari al 30 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «fino al dodicesimo anno di vita del bambino, un'indennita' pari al 30 per cento»;
4) il comma 5 e' sostituito dal seguente: «I periodi di congedo parentale sono computati nell'anzianita' di servizio e non comportano riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilita' o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all'effettiva presenza in servizio, salvo quanto diversamente previsto dalla contrattazione collettiva.»;
l) all'articolo 36, comma 3, le parole «entro i sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «entro i dodici anni»;
m) all'articolo 38, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parita' di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni»;
n) all'articolo 42, il comma 5 e' sostituito dal seguente: «5. Il coniuge convivente di soggetto con disabilita' in situazione di gravita', accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro trenta giorni dalla richiesta. Al coniuge convivente sono equiparati, ai fini della presente disposizione, la parte di un'unione civile di cui all'articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76, e il convivente di fatto di cui all'articolo 1, comma 36, della medesima legge. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente o della parte di un'unione civile o del convivente di fatto, hanno diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o delle sorelle conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi, ha diritto a fruire del congedo il parente o l'affine entro il terzo grado convivente. Il diritto al congedo di cui al presente comma spetta anche nel caso in cui la convivenza sia stata instaurata successivamente alla richiesta di congedo.»;
o) l'articolo 46 e' sostituito dal seguente:
«Art. 46 (Sanzioni (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 31, comma 3)). - 1. L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 39, 40, 41, 42, 42-bis e 45 e' punita con la sanzione amministrativa da euro 516 a euro 2.582.
2. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di cui agli articoli 39, 40, 41, 42, 42-bis e 45, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parita' di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni»;
p) all'articolo 52, comma 1, dopo le parole «euro 2.582» sono aggiunte le seguenti: «e, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parita' di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni»;
q) all'articolo 53, dopo il comma 3, e' aggiunto il seguente: «3-bis. Ferma restando le sanzioni di cui all'articolo 18-bis del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, l'inosservanza delle disposizioni di cui ai precedenti commi 1, 2 e 3, ove rilevata nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parita' di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impedisce al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni»;
r) all'articolo 54:
1) al comma 7, le parole «di cui all'articolo 28» sono sostituite dalle seguenti: «di cui agli articoli 27-bis e 28»;
2) al comma 8, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «Inoltre, ove rilevata nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parita' di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impedisce al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.»;
s) all'articolo 56, comma 4-bis, le parole «la sanzione amministrativa di cui all'articolo 54, comma 8.» sono sostituite dalle seguenti: «le sanzioni di cui all'articolo 54, comma 8.»;
t) all'articolo 68, dopo il comma 2-bis, e' inserito il seguente: «2-ter. Nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza, sulla base degli accertamenti medici di cui all'articolo 17, comma 3, alle lavoratrici di cui al presente articolo, l'indennita' giornaliera e' corrisposta anche per i periodi antecedenti i due mesi prima del parto.»;
u) all'articolo 69, al comma 1, dopo le parole «Alle lavoratrici» sono inserite le seguenti: «e ai lavoratori» e la parola «madri» e' sostituita dalla seguente: «genitori»;
v) all'articolo 70, al comma 1, e' aggiunto, infine, il seguente periodo: «Nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza, sulla base degli accertamenti medici di cui all'articolo 17, comma 3, l'indennita' di maternita' e' corrisposta anche per i periodi antecedenti i due mesi prima del parto.».

Note all'art. 2:
- Il testo degli articoli 2, 18 e 16 del decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle
disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno
della maternita' e della paternita', a norma dell'art. 15
della legge 8 marzo 2000, n. 53), citato nelle note alle
premesse, come modificato dal presente decreto, cosi'
recita:
«Art. 2 (Definizioni (legge 30 dicembre 1971, n.
1204, articoli 1, comma 1, e 13)). - 1. Ai fini del
presente testo unico:
a) per "congedo di maternita'" si intende
l'astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice;
a-bis) per "congedo di paternita'" si intende
l'astensione dal lavoro del lavoratore, che ne fruisce in
via autonoma ai sensi dell'articolo 27-bis del presente
decreto;
b) per "congedo di paternita' alternativo" si
intende l'astensione dal lavoro del lavoratore, in
alternativa al congedo di maternita' nei casi previsti
dall'articolo 28 del presente decreto;
c) per "congedo parentale", si intende l'astensione
facoltativa della lavoratrice o del lavoratore;
d) per "congedo per la malattia del figlio" si
intende l'astensione facoltativa dal lavoro della
lavoratrice o del lavoratore in dipendenza della malattia
stessa;
e) per "lavoratrice" o "lavoratore", salvo che non
sia altrimenti specificato, si intendono i dipendenti,
compresi quelli con contratto di apprendistato, di
amministrazioni pubbliche, di privati datori di lavoro
nonche' i soci lavoratori di cooperative.
2. Le indennita' di cui al presente testo unico
corrispondono, per le pubbliche amministrazioni, ai
trattamenti economici previsti, ai sensi della legislazione
vigente, da disposizioni normative e contrattuali. I
trattamenti economici non possono essere inferiori alle
predette indennita'.».
«Art. 18 (Sanzioni (legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
art. 31, comma 1)). - 1. L'inosservanza delle disposizioni
contenute negli articoli 16 e 17 e' punita con l'arresto
fino a sei mesi.
1-bis. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo
all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui agli
articoli 16, 16-bis e 17, ove rilevati nei due anni
antecedenti alla richiesta della certificazione della
parita' di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto
legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe
certificazioni previste dalle regioni e dalle province
autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore
di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.».
- Il testo dell'art. 28 del citato decreto legislativo
26 marzo 2001, n. 151, come modificato dal presente
decreto, cosi' recita:
«Art. 28. (Congedo di paternita' alternativo (legge 9
dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, commi 1 e 2)). - 1. Il
padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro per
tutta la durata del congedo di maternita' o per la parte
residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di
morte o di grave infermita' della madre ovvero di
abbandono, nonche' in caso di affidamento esclusivo del
bambino al padre.
1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1, si
applicano anche qualora la madre sia lavoratrice autonoma
avente diritto all'indennita' di cui all'articolo 66.
1-ter. L'indennita' di cui all'articolo 66 spetta al
padre lavoratore autonomo, previa domanda all'INPS, per
tutta la durata del congedo di maternita' o per la parte
residua che sarebbe spettata alla lavoratrice in caso di
morte o di grave infermita' della madre ovvero di
abbandono, nonche' in caso di affidamento esclusivo del
bambino al padre.
2. Il padre lavoratore che intende avvalersi del
diritto di cui ai commi 1 e 1-bis presenta al datore di
lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi
previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore ne
rende dichiarazione ai sensi dell'articolo 47 del decreto
del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
L'INPS provvede d'ufficio agli accertamenti amministrativi
necessari all'erogazione dell'indennita' di cui al comma
1-ter, con le risorse umane, strumentali e finanziarie
previste a legislazione vigente.».
- Il testo degli articoli 32 e 34 del citato decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151, come modificato dal
presente decreto, cosi' recita:
«Art. 32 (Congedo parentale (legge 30 dicembre 1971,
n. 1204, articoli 1, comma 4, e 7, commi 1, 2 e 3)). - 1.
Per ogni bambino, nei primi suoi dodici anni di vita,
ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo
le modalita' stabilite dal presente articolo. I relativi
congedi parentali dei genitori non possono complessivamente
eccedere il limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto
del comma 2 del presente articolo. Nell'ambito del predetto
limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:
a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di
congedo di maternita' di cui al Capo III, per un periodo
continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;
b) al padre lavoratore, dalla nascita del figlio,
per un periodo continuativo o frazionato non superiore a
sei mesi, elevabile a sette nel caso di cui al comma 2;
c) per un periodo continuativo o frazionato non
superiore a undici mesi, qualora vi sia un solo genitore
ovvero un genitore nei confronti del quale sia stato
disposto, ai sensi dell'articolo 337-quater del Codice
civile, l'affidamento esclusivo del figlio. In quest'ultimo
caso, l'altro genitore perde il diritto al congedo non
ancora utilizzato. A tal fine copia del provvedimento di
affidamento e' trasmessa, a cura del pubblico ministero,
all'INPS;
2. Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di
astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o
frazionato non inferiore a tre mesi, il limite complessivo
dei congedi parentali dei genitori e' elevato a undici
mesi.
3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma
1, il genitore e' tenuto, salvo casi di oggettiva
impossibilita', a preavvisare il datore di lavoro secondo
le modalita' e i criteri definiti dai contratti collettivi
e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a
cinque giorni indicando l'inizio e la fine del periodo di
congedo. Il termine di preavviso e' pari a 2 giorni nel
caso di congedo parentale su base oraria.
4. Il congedo parentale spetta al genitore
richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia
diritto.
4-bis. Durante il periodo di congedo, il lavoratore e
il datore di lavoro concordano, ove necessario, adeguate
misure di ripresa dell'attivita' lavorativa, tenendo conto
di quanto eventualmente previsto dalla contrattazione
collettiva.».
«Art. 34 (Trattamento economico e normativo (legge 30
dicembre 1971, n. 1204, articoli 15, commi 2 e 4, e 7,
comma 5)). - 1. Per i periodi di congedo parentale di cui
all'articolo 32, fino al dodicesimo anno di vita del
figlio, a ciascun genitore lavoratore spetta per tre mesi,
non trasferibili, un'indennita' pari al 30 per cento della
retribuzione. I genitori hanno altresi' diritto, in
alternativa tra loro, ad un ulteriore periodo di congedo
della durata complessiva di tre mesi, per i quali spetta
un'indennita' pari al 30 per cento della retribuzione. Nel
caso vi sia un solo genitore, allo stesso spetta
un'indennita' pari al 30 per cento della retribuzione per
un periodo massimo di nove mesi. Qualora sia stato
disposto, ai sensi dell'articolo 337-quater del Codice
civile, l'affidamento esclusivo del figlio ad un solo
genitore, a quest'ultimo spetta in via esclusiva anche la
fruizione del congedo indennizzato riconosciuto
complessivamente alla coppia genitoriale. L'indennita' e'
calcolata secondo quanto previsto all'articolo 23.
2. Per tutto il periodo di prolungamento del congedo
di cui all'articolo 33 e' dovuta alle lavoratrici e ai
lavoratori un'indennita' pari al 30 per cento della
retribuzione.
3. Per i periodi di congedo parentale di cui
all'articolo 32 ulteriori rispetto a quanto previsto ai
commi 1 e 2 e' dovuta, fino al dodicesimo anno di vita del
bambino, un'indennita' pari al 30 per cento della
retribuzione, a condizione che il reddito individuale
dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del
trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione
generale obbligatoria. Il reddito e' determinato secondo i
criteri previsti in materia di limiti reddituali per
l'integrazione al minimo.
4. L'indennita' e' corrisposta con le modalita' di
cui all'articolo 22, comma 2.
5. I periodi di congedo parentale sono computati
nell'anzianita' di servizio e non comportano riduzione di
ferie, riposi, tredicesima mensilita' o gratifica
natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi
all'effettiva presenza in servizio, salvo quanto
diversamente previsto dalla contrattazione collettiva.
6. Si applica quanto previsto all'articolo 22, commi
4, 6 e 7.».
- Il testo degli articoli 36,38 e 42 del citato decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151, come modificato dal
presente decreto, cosi' recita:
«Art. 36 (Adozioni e affidamenti (legge 9 dicembre
1977, n. 903, art. 6, comma 2; legge 5 febbraio 1992, n.
104, art. 33, comma 7; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 3,
comma 5)). - 1. Il congedo parentale di cui al presente
Capo spetta anche nel caso di adozione, nazionale e
internazionale, e di affidamento.
2. Il congedo parentale puo' essere fruito dai
genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l'eta' del
minore, entro dodici anni dall'ingresso del minore in
famiglia, e comunque non oltre il raggiungimento della
maggiore eta'.
3. L'indennita' di cui all'articolo 34, comma 1, e'
dovuta, per il periodo massimo complessivo ivi previsto,
entro i dodici anni dall'ingresso del minore in famiglia.».
«Art. 38 (Sanzioni (legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
art. 31, comma 3)). - 1. Il rifiuto, l'opposizione o
l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro
di cui al presente Capo sono puniti con la sanzione
amministrativa da euro 516 a euro 2.582 e, ove rilevati nei
due anni antecedenti alla richiesta della certificazione
della parita' di genere di cui all'articolo 46-bis del
decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe
certificazioni previste dalle regioni e dalle province
autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore
di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.».
«Art. 42 (Riposi e permessi per i figli con handicap
grave (legge 8 marzo 2000, n. 53, articoli 4, comma 4-bis,
e 20)). - 1. Fino al compimento del terzo anno di vita del
bambino con handicap in situazione di gravita' e in
alternativa al prolungamento del periodo di congedo
parentale, si applica l'articolo 33, comma 2, della legge 5
febbraio 1992, n. 104, relativo alle due ore di riposo
giornaliero retribuito.
2. Il diritto a fruire dei permessi di cui
all'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n.
104, e successive modificazioni, e' riconosciuto, in
alternativa alle misure di cui al comma 1, ad entrambi i
genitori, anche adottivi, del bambino con handicap in
situazione di gravita', che possono fruirne
alternativamente, anche in maniera continuativa nell'ambito
del mese.
3.
4. I riposi e i permessi, ai sensi dell'articolo 33,
comma 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, possono essere
cumulati con il congedo parentale ordinario e con il
congedo per la malattia del figlio.
5. Il coniuge convivente di soggetto con disabilita'
in situazione di gravita', accertata ai sensi dell'articolo
4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto
a fruire del congedo di cui all'articolo 4, comma 2, della
legge 8 marzo 2000, n. 53, entro trenta giorni dalla
richiesta. Al coniuge convivente sono equiparati, ai fini
della presente disposizione, la parte di un'unione civile
di cui all'articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio
2016, n. 76, e il convivente di fatto di cui all'articolo
1, comma 36, della medesima legge. In caso di mancanza,
decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge
convivente o della parte di un'unione civile o del
convivente di fatto, hanno diritto a fruire del congedo il
padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso,
mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e
della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del
congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza,
decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli
conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei
fratelli o delle sorelle conviventi; in caso di mancanza,
decesso o in presenza di patologie invalidanti di uno dei
fratelli o delle sorelle conviventi, ha diritto a fruire
del congedo il parente o l'affine entro il terzo grado
convivente. Il diritto al congedo di cui al presente comma
spetta anche nel caso in cui la convivenza sia stata
instaurata successivamente alla richiesta di congedo.
5-bis. Il congedo fruito ai sensi del comma 5 non
puo' superare la durata complessiva di due anni per
ciascuna persona portatrice di handicap e nell'arco della
vita lavorativa. Il congedo e' accordato a condizione che
la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno,
salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la
presenza del soggetto che presta assistenza. Il congedo ed
i permessi di cui articolo 33, comma 3, della legge n. 104
del 1992 non possono essere riconosciuti a piu' di un
lavoratore per l'assistenza alla stessa persona. Per
l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione
di gravita', i diritti sono riconosciuti ad entrambi i
genitori, anche adottivi, che possono fruirne
alternativamente, ma negli stessi giorni l'altro genitore
non puo' fruire dei benefici di cui all'articolo 33, commi
2 e 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e 33, comma 1,
del presente decreto.
5-ter. Durante il periodo di congedo, il richiedente
ha diritto a percepire un'indennita' corrispondente
all'ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e
continuative del trattamento, e il periodo medesimo e'
coperto da contribuzione figurativa; l'indennita' e la
contribuzione figurativa spettano fino a un importo
complessivo massimo di euro 43.579,06 annui per il congedo
di durata annuale. Detto importo e' rivalutato annualmente,
a decorrere dall'anno 2011, sulla base della variazione
dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di
operai e impiegati. L'indennita' e' corrisposta dal datore
di lavoro secondo le modalita' previste per la
corresponsione dei trattamenti economici di maternita'. I
datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva,
detraggono l'importo dell'indennita' dall'ammontare dei
contributi previdenziali dovuti all'ente previdenziale
competente. Per i dipendenti dei predetti datori di lavoro
privati, compresi quelli per i quali non e' prevista
l'assicurazione per le prestazioni di maternita',
l'indennita' di cui al presente comma e' corrisposta con le
modalita' di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30
dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla
legge 29 febbraio 1980, n. 33.
5-quater. I soggetti che usufruiscono dei congedi di
cui al comma 5 per un periodo continuativo non superiore a
sei mesi hanno diritto ad usufruire di permessi non
retribuiti in misura pari al numero dei giorni di congedo
ordinario che avrebbero maturato nello stesso arco di tempo
lavorativo, senza riconoscimento del diritto a
contribuzione figurativa.
5-quinquies. Il periodo di cui al comma 5 non rileva
ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima
mensilita' e del trattamento di fine rapporto. Per quanto
non espressamente previsto dai commi 5, 5-bis, 5-ter e
5-quater si applicano le disposizioni dell'articolo 4,
comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53.
6. I riposi, i permessi e i congedi di cui al
presente articolo spettano anche qualora l'altro genitore
non ne abbia diritto.».
- Il testo degli articoli 52, 53, 54, 56, 68, 69 e 70
del citato decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, come
modificato dal presente decreto, cosi' recita:
«Art. 52 (Sanzioni (legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
art. 31, comma 3)). - 1. Il rifiuto, l'opposizione o
l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro
di cui al presente Capo sono puniti con la sanzione
amministrativa da euro 516 a euro 2.582 e, ove rilevati nei
due anni antecedenti alla richiesta della certificazione
della parita' di genere di cui all'articolo 46-bis del
decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe
certificazioni previste dalle regioni e dalle province
autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore
di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.».
«Art. 53 (Lavoro notturno (legge 9 dicembre 1977, n.
903, art. 5, commi 1 e 2, lettere a) e b)). - 1. E' vietato
adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6,
dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al
compimento di un anno di eta' del bambino.
2. Non sono obbligati a prestare lavoro notturno:
a) la lavoratrice madre di un figlio di eta'
inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre
convivente con la stessa;
b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico
genitore affidatario di un figlio convivente di eta'
inferiore a dodici anni;
b-bis) la lavoratrice madre adottiva o affidataria
di un minore, nei primi tre anni dall'ingresso del minore
in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di
eta' o, in alternativa ed alle stesse condizioni, il
lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la
stessa.
3. Ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera c),
della legge 9 dicembre 1977, n. 903, non sono altresi'
obbligati a prestare lavoro notturno la lavoratrice o il
lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile
ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive
modificazioni.
3-bis. Ferma restando le sanzioni di cui all'articolo
18-bis del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66,
l'inosservanza delle disposizioni di cui ai precedenti
commi 1, 2 e 3, ove rilevata nei due anni antecedenti alla
richiesta della certificazione della parita' di genere di
cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile
2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle
regioni e dalle province autonome nei rispettivi
ordinamenti, impedisce al datore di lavoro il conseguimento
delle stesse certificazioni».
«Art. 54 (Divieto di licenziamento (legge 30 dicembre
1971, n. 1204, art. 2, commi 1, 2, 3, 5, e art. 31, comma
2; legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, comma 4;
decreto legislativo 9 settembre 1994, n. 566, art. 2, comma
2; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 18, comma 1)). - 1. Le
lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del
periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di
interdizione dal lavoro previsti dal Capo III, nonche' fino
al compimento di un anno di eta' del bambino.
2. Il divieto di licenziamento opera in connessione
con lo stato oggettivo di gravidanza, e la lavoratrice,
licenziata nel corso del periodo in cui opera il divieto,
e' tenuta a presentare al datore di lavoro idonea
certificazione dalla quale risulti l'esistenza all'epoca
del licenziamento, delle condizioni che lo vietavano.
3. Il divieto di licenziamento non si applica nel
caso:
a) di colpa grave da parte della lavoratrice,
costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di
lavoro;
b) di cessazione dell'attivita' dell'azienda cui
essa e' addetta;
c) di ultimazione della prestazione per la quale la
lavoratrice e' stata assunta o di risoluzione del rapporto
di lavoro per la scadenza del termine;
d) di esito negativo della prova; resta fermo il
divieto di discriminazione di cui all'articolo 4 della
legge 10 aprile 1991, n. 125, e successive modificazioni.
4. Durante il periodo nel quale opera il divieto di
licenziamento, la lavoratrice non puo' essere sospesa dal
lavoro, salvo il caso che sia sospesa l'attivita'
dell'azienda o del reparto cui essa e' addetta, sempreche'
il reparto stesso abbia autonomia funzionale. La
lavoratrice non puo' altresi' essere collocata in mobilita'
a seguito di licenziamento collettivo ai sensi della legge
23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, salva
l'ipotesi di collocamento in mobilita' a seguito della
cessazione dell'attivita' dell'azienda di cui al comma 3,
lettera b).
5. Il licenziamento intimato alla lavoratrice in
violazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3, e'
nullo.
6. E' altresi' nullo il licenziamento causato dalla
domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la
malattia del bambino da parte della lavoratrice o del
lavoratore.
7. In caso di fruizione del congedo di paternita', di
cui agli articoli 27-bis e 28, il divieto di licenziamento
si applica anche al padre lavoratore per la durata del
congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno
di eta' del bambino. Si applicano le disposizioni del
presente articolo, commi 3, 4 e 5.
8. L'inosservanza delle disposizioni contenute nel
presente articolo e' punita con la sanzione amministrativa
da euro 1.032 a euro 2.582. Non e' ammesso il pagamento in
misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24
novembre 1981, n. 689. Inoltre, ove rilevata nei due anni
antecedenti alla richiesta della certificazione della
parita' di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto
legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe
certificazioni previste dalle regioni e dalle province
autonome nei rispettivi ordinamenti, impedisce al datore di
lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.
9. Le disposizioni del presente articolo si applicano
anche in caso di adozione e di affidamento. Il divieto di
licenziamento si applica fino ad un anno dall'ingresso del
minore nel nucleo familiare. In caso di adozione
internazionale, il divieto opera dal momento della
comunicazione della proposta di incontro con il minore
adottando, ai sensi dell'articolo 31, terzo comma, lettera
d), della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive
modificazioni, ovvero della comunicazione dell'invito a
recarsi all'estero per ricevere la proposta di
abbinamento.».
«Art. 56 (Diritto al rientro e alla conservazione del
posto (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, comma 6;
legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 17, comma 1)). - 1. Al
termine dei periodi di divieto di lavoro previsti dal Capo
II e III, le lavoratrici hanno diritto di conservare il
posto di lavoro e, salvo che espressamente vi rinuncino, di
rientrare nella stessa unita' produttiva ove erano occupate
all'inizio del periodo di gravidanza o in altra ubicata nel
medesimo comune, e di permanervi fino al compimento di un
anno di eta' del bambino; hanno altresi' diritto di essere
adibite alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni
equivalenti, nonche' di beneficiare di eventuali
miglioramenti delle condizioni di lavoro, previsti dai
contratti collettivi ovvero in via legislativa o
regolamentare, che sarebbero loro spettati durante
l'assenza.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche
al lavoratore al rientro al lavoro dopo la fruizione del
congedo di paternita'.
3. Negli altri casi di congedo, di permesso o di
riposo disciplinati dal presente testo unico, la
lavoratrice e il lavoratore hanno diritto alla
conservazione del posto di lavoro e, salvo che
espressamente vi rinuncino, al rientro nella stessa unita'
produttiva ove erano occupati al momento della richiesta, o
in altra ubicata nel medesimo comune; hanno altresi'
diritto di essere adibiti alle mansioni da ultimo svolte o
a mansioni equivalenti.
4. Le disposizioni del presente articolo si applicano
anche in caso di adozione e di affidamento. Le disposizioni
di cui ai commi 1 e 2 si applicano fino a un anno
dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.
4-bis. L'inosservanza delle disposizioni contenute
nel presente articolo e' punita con le sanzioni di cui
all'articolo 54, comma 8. Non e' ammesso il pagamento in
misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24
novembre 1981, n. 689.».
«Art. 68 (Misura dell'indennita' (legge 29 dicembre
1987, n. 546, articoli 3, 4 e 5)). - 1. Alle coltivatrici
dirette, colone e mezzadre e alle imprenditrici agricole e'
corrisposta, per i due mesi antecedenti la data del parto e
per i tre mesi successivi alla stessa, una indennita'
giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione minima
giornaliera per gli operai agricoli a tempo indeterminato,
come prevista dall'articolo 14, comma 7, del decreto-legge
22 dicembre 1981, n. 791, convertito, con modificazioni,
dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54, in relazione all'anno
precedente il parto.
2. Alle lavoratrici autonome, artigiane ed esercenti
attivita' commerciali e' corrisposta, per i due mesi
antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi
alla stessa data effettiva del parto, una indennita'
giornaliere pari all'80 per cento del salario minimo
giornaliero stabilito dall'articolo 1 del decreto-legge 29
luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla
legge 26 settembre 1981, n. 537, nella misura risultante,
per la qualifica di impiegato, dalla tabella A e dai
successivi decreti ministeriali di cui al secondo comma del
medesimo articolo 1.
2-bis. Alle pescatrici autonome della piccola pesca
marittima e delle acque interne e' corrisposta, per i due
mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi
successivi alla stessa data effettiva del parto una
indennita' giornaliera pari all'80 per cento della massima
giornaliera del salario convenzionale previsto per i
pescatori della piccola pesca marittima e delle acque
interne dall'articolo 10 della legge 13 marzo 1958, n. 250,
come successivamente adeguato in base alle disposizioni
vigenti.
3. In caso di interruzione della gravidanza,
spontanea o volontaria, nei casi previsti dagli articoli 4,
5 e 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194, verificatasi non
prima del terzo mese di gravidanza, su certificazione
medica rilasciata dall'azienda sanitaria locale competente
per territorio, e' corrisposta una indennita' giornaliera
calcolata ai sensi dei commi 1 e 2 per un periodo di trenta
giorni.
2-ter. Nel caso di gravi complicanze della gravidanza
o di persistenti forme morbose che si presume possano
essere aggravate dallo stato di gravidanza, sulla base
degli accertamenti medici di cui all'articolo 17, comma 3,
alle lavoratrici di cui al presente articolo, l'indennita'
giornaliera e' corrisposta anche per i periodi antecedenti
i due mesi prima del parto.».
- Il testo dell'art. 69 del decreto legislativo 26
marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni
legislative in materia di tutela e sostegno della
maternita' e della paternita', a norma dell'art. 15 della
legge 8 marzo 2000, n. 53), citato nelle note alle
premesse, come modificato dal presente decreto, cosi'
recita:
«Art. 69 (Congedo parentale (legge 30 dicembre 1971,
n. 1204, art. 1, comma 4)). - 1. Alle lavoratrici e ai
lavoratori di cui al presente Capo, genitori di bambini
nati a decorrere dal 1° gennaio 2000, e' esteso il diritto
al congedo parentale di cui all'articolo 32, compresi il
relativo trattamento economico e il trattamento
previdenziale di cui all'articolo 35, limitatamente ad un
periodo di tre mesi, entro il primo anno di vita del
bambino.
1-bis. Le disposizioni del presente articolo trovano
applicazione anche nei confronti dei genitori adottivi o
affidatari.».
«Art. 70 (Indennita' di maternita' per le libere
professioniste (legge 11 dicembre 1990, n. 379, art. 1)). -
1. Alle libere professioniste, iscritte ad un ente che
gestisce forme obbligatorie di previdenza di cui alla
tabella D allegata al presente testo unico, e' corrisposta
un'indennita' di maternita' per i due mesi antecedenti la
data del parto e i tre mesi successivi alla stessa. Nel
caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti
forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo
stato di gravidanza, sulla base degli accertamenti medici
di cui all'articolo 17, comma 3, l'indennita' di maternita'
e' corrisposta anche per i periodi antecedenti i due mesi
prima del parto.
2. L'indennita' di cui al comma 1 viene corrisposta
in misura pari all'80 per cento di cinque dodicesimi del
solo reddito professionale percepito e denunciato ai fini
fiscali come reddito da lavoro autonomo dalla libera
professionista nel secondo anno precedente a quello
dell'evento.
3. In ogni caso l'indennita' di cui al comma 1 non
puo' essere inferiore a cinque mensilita' di retribuzione
calcolata nella misura pari all'80 per cento del salario
minimo giornaliero stabilito dall'articolo 1 del
decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con
modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, e
successive modificazioni, nella misura risultante, per la
qualifica di impiegato, dalla tabella A e dai successivi
decreti ministeriali di cui al secondo comma del medesimo
articolo.
3-bis. L'indennita' di cui al comma 1 non puo' essere
superiore a cinque volte l'importo minimo derivante
dall'applicazione del comma 3, ferma restando la potesta'
di ogni singola cassa di stabilire, con delibera del
consiglio di amministrazione, soggetta ad approvazione del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un importo
massimo piu' elevato, tenuto conto delle capacita'
reddituali e contributive della categoria professionale e
della compatibilita' con gli equilibri finanziari
dell'ente.
3-ter. L'indennita' di cui al comma 1 spetta al padre
libero professionista per il periodo in cui sarebbe
spettata alla madre libera professionista o per la parte
residua, in caso di morte o di grave infermita' della madre
ovvero di abbandono, nonche' in caso di affidamento
esclusivo del bambino al padre.».
 
Art. 3

Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104

1. Alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo l'articolo 2 e' inserito il seguente:
«Art. 2-bis (Divieto di discriminazione). - 1. E' vietato discriminare o riservare un trattamento meno favorevole ai lavoratori che chiedono o usufruiscono dei benefici di cui all'articolo 33 della presente legge, agli articoli 33 e 42 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, all'articolo 18, comma 3-bis, della legge 22 maggio 2017, n. 81, e all'articolo 8 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nonche' di ogni altro beneficio concesso ai lavoratori medesimi in relazione alla condizione di disabilita' propria o di coloro ai quali viene prestata assistenza e cura.
2. I giudizi civili avverso atti e comportamenti ritenuti discriminatori in base al presente articolo sono regolati dall'articolo 28 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.
3. Chi intende agire in giudizio per il riconoscimento della sussistenza di una delle discriminazioni di cui al presente articolo e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, puo' promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura civile.
4. Resta salva la giurisdizione del giudice amministrativo per il personale di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.»;
b) all'articolo 33:
1) il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con disabilita' in situazione di gravita' accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, possono chiedere ai rispettivi datori di lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a 3 anni del congedo parentale di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.»;
2) il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3. Il lavoratore dipendente, pubblico o privato, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa, per assistere una persona con disabilita' in situazione di gravita', che non sia ricoverata a tempo pieno, rispetto alla quale il lavoratore sia coniuge, parte di un'unione civile ai sensi dell'articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76, convivente di fatto ai sensi dell'articolo 1, comma 36, della medesima legge, parente o affine entro il secondo grado. In caso di mancanza o decesso dei genitori o del coniuge o della parte di un'unione civile o del convivente di fatto, ovvero qualora gli stessi siano affetti da patologie invalidanti o abbiano compiuto i sessantacinque anni di eta', il diritto e' riconosciuto a parenti o affini entro il terzo grado della persona con disabilita' in situazione di gravita'. Fermo restando il limite complessivo di tre giorni, per l'assistenza allo stesso individuo con disabilita' in situazione di gravita', il diritto puo' essere riconosciuto, su richiesta, a piu' soggetti tra quelli sopra elencati, che possono fruirne in via alternativa tra loro. Il lavoratore ha diritto di prestare assistenza nei confronti di piu' persone con disabilita' in situazione di gravita', a condizione che si tratti del coniuge o della parte di un'unione civile di cui all'articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76, o del convivente di fatto ai sensi dell'articolo 1, comma 36, della medesima legge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con disabilita' in situazione di gravita' abbiano compiuto i 65 anni di eta' oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.»;
3) il comma 4 e' sostituito dal seguente: «4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano con quelli previsti agli articoli 32 e 47 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 43, 44 e 56 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001.»;
4) dopo il comma 6, e' inserito il seguente: «6-bis. I lavoratori che usufruiscono dei permessi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo hanno diritto di priorita' nell'accesso al lavoro agile ai sensi dell'articolo 18, comma 3-bis, della legge 22 maggio 2017, n. 81 o ad altre forme di lavoro flessibile. Restano ferme le eventuali previsioni piu' favorevoli previste dalla contrattazione collettiva nel settore pubblico e privato.»;
5) dopo il comma 7-bis, e' aggiunto il seguente: «7-ter. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di cui al presente articolo, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parita' di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni».

Note all'art. 3:
- Si riporta il testo dell'art. 33 della citata legge 5
febbraio 1992, n. 104, come modificato dal presente
decreto:
«Art. 33 (Agevolazioni). - 1.
2. La lavoratrice madre o, in alternativa, il
lavoratore padre, anche adottivi, di minore con disabilita'
in situazione di gravita' accertata ai sensi dell'articolo
4, comma 1, possono chiedere ai rispettivi datori di lavoro
di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a 3 anni
del congedo parentale di cui all'articolo 33 del decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151, di due ore di permesso
giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di
vita del bambino.
3. Il lavoratore dipendente, pubblico o privato, ha
diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile
retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in
maniera continuativa, per assistere una persona con
disabilita' in situazione di gravita', che non sia
ricoverata a tempo pieno, rispetto alla quale il lavoratore
sia coniuge, parte di un'unione civile ai sensi
dell'articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n.
76, convivente di fatto ai sensi dell'articolo 1, comma 36,
della medesima legge, parente o affine entro il secondo
grado. In caso di mancanza o decesso dei genitori o del
coniuge o della parte di un'unione civile o del convivente
di fatto, ovvero qualora gli stessi siano affetti da
patologie invalidanti o abbiano compiuto i sessantacinque
anni di eta', il diritto e' riconosciuto a parenti o affini
entro il terzo grado della persona con disabilita' in
situazione di gravita'. Fermo restando il limite
complessivo di tre giorni, per l'assistenza allo stesso
individuo con disabilita' in situazione di gravita', il
diritto puo' essere riconosciuto, su richiesta, a piu'
soggetti tra quelli sopra elencati, che possono fruirne in
via alternativa tra loro. Il lavoratore ha diritto di
prestare assistenza nei confronti di piu' persone con
disabilita' in situazione di gravita', a condizione che si
tratti del coniuge o della parte di un'unione civile di cui
all'articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n.
76, o del convivente di fatto ai sensi dell'articolo 1,
comma 36, della medesima legge o di un parente o affine
entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i
genitori o il coniuge della persona con disabilita' in
situazione di gravita' abbiano compiuto i 65 anni di eta'
oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o
siano deceduti o mancanti.
3-bis. Il lavoratore che usufruisce dei permessi di
cui al comma 3 per assistere persona in situazione di
handicap grave, residente in comune situato a distanza
stradale superiore a 150 chilometri rispetto a quello di
residenza del lavoratore, attesta con titolo di viaggio, o
altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di
residenza dell'assistito.
4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano
con quelli previsti agli articoli 32 e 47 del decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151, si applicano le
disposizioni di cui agli articoli 43, 44 e 56 del citato
decreto legislativo n. 151 del 2001.
5. Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a
scegliere ove possibile, la sede di lavoro piu' vicina al
domicilio della persona da assistere e non puo' essere
trasferito senza il suo consenso ad altra sede.
6. La persona handicappata maggiorenne in situazione
di gravita' puo' usufruire alternativamente dei permessi di
cui ai commi 2 e 3, ha diritto a scegliere, ove possibile,
la sede di lavoro piu' vicina al proprio domicilio e non
puo' essere trasferita in altra sede, senza il suo
consenso.
6-bis. I lavoratori che usufruiscono dei permessi di
cui ai commi 2 e 3 del presente articolo hanno diritto di
priorita' nell'accesso al lavoro agile ai sensi
dell'articolo 18, comma 3-bis, della legge 22 maggio 2017,
n. 81 o ad altre forme di lavoro flessibile. Restano ferme
le eventuali previsioni piu' favorevoli previste dalla
contrattazione collettiva nel settore pubblico e privato.
7. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si
applicano anche agli affidatari di persone handicappate in
situazione di gravita'.
7-bis. Ferma restando la verifica dei presupposti per
l'accertamento della responsabilita' disciplinare, il
lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al
presente articolo, qualora il datore di lavoro o l'INPS
accerti l'insussistenza o il venir meno delle condizioni
richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti.
Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente comma
non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
7-ter. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo
all'esercizio dei diritti di cui al presente articolo, ove
rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della
certificazione della parita' di genere di cui all'articolo
46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di
analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle
province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono
al datore di lavoro il conseguimento delle stesse
certificazioni».
 
Art. 4

Modifiche alla legge 22 maggio 2017, n. 81

1. Alla legge 22 maggio 2017, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 8:
1) al comma 4, primo periodo, le parole «massimo pari a sei mesi entro i primi tre anni di vita» sono sostituite dalle seguenti: «pari a tre mesi ciascuno entro i primi dodici anni di vita del bambino. Entro lo stesso termine, i genitori hanno diritto, in alternativa tra loro, ad ulteriori tre mesi di congedo.» e le parole «sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «nove mesi»;
2) dopo il comma 7, e' inserito il seguente: «7-bis. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui ai commi 4, 6 e 7, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parita' di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni»;
b) l'articolo 18:
1) il comma 3-bis e' sostituito dal seguente: «3-bis. I datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l'esecuzione della prestazione di lavoro in modalita' agile sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorita' alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalita' agile formulate dalle lavoratrici e dai lavoratori con figli fino a dodici anni di eta' o senza alcun limite di eta' nel caso di figli in condizioni di disabilita' ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. La stessa priorita' e' riconosciuta da parte del datore di lavoro alle richieste dei lavoratori con disabilita' in situazione di gravita' accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 o che siano caregivers ai sensi dell'articolo 1, comma 255, della legge 27 dicembre 2017, n. 205. La lavoratrice o il lavoratore che richiede di fruire del lavoro agile non puo' essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro. Qualunque misura adottata in violazione del precedente periodo e' da considerarsi ritorsiva o discriminatoria e, pertanto, nulla»;
2) dopo il comma 3-bis, e' inserito il seguente: «3-ter. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo alla fruizione del lavoro agile, secondo quanto disposto dal comma 3-bis, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parita' di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni».

Note all'art. 4:
- Si riporta il testo degli articoli 8 e 18 della
citata legge 22 maggio 2017, n. 81, come modificato dal
presente decreto:
«Art. 8 (Disposizioni fiscali e sociali). - 1.
All'articolo 54, comma 5, del testo unico delle imposte sui
redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986, n. 917, il secondo periodo e' sostituito
dai seguenti: "I limiti di cui al periodo precedente non si
applicano alle spese relative a prestazioni alberghiere e
di somministrazione di alimenti e bevande sostenute
dall'esercente arte o professione per l'esecuzione di un
incarico e addebitate analiticamente in capo al
committente. Tutte le spese relative all'esecuzione di un
incarico conferito e sostenute direttamente dal committente
non costituiscono compensi in natura per il
professionista".
2. Le disposizioni di cui all'articolo 54, comma 5,
del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,
n. 917, come modificato dal comma 1 del presente articolo
nonche' dall'articolo 9, comma 1, si applicano a decorrere
dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017.
3. Alle minori entrate derivanti dal comma 1,
valutate in 3 milioni di euro per l'anno 2018 e in 1,8
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, si
provvede ai sensi dell'articolo 25, comma 3.
4. A decorrere dalla data di entrata in vigore della
presente legge, le lavoratrici ed i lavoratori iscritti
alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26,
della legge 8 agosto 1995, n. 335, non titolari di pensione
e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie,
tenuti al versamento della contribuzione maggiorata di cui
all'articolo 59, comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n.
449, hanno diritto ad un trattamento economico per congedo
parentale per un periodo pari a tre mesi ciascuno entro i
primi dodici anni di vita del bambino. Entro lo stesso
termine, i genitori hanno diritto, in alternativa tra loro,
ad ulteriori tre mesi di congedo. I trattamenti economici
per congedo parentale, ancorche' fruiti in altra gestione o
cassa di previdenza, non possono complessivamente superare
tra entrambi i genitori il limite complessivo di nove mesi.
5. Salvo quanto previsto al comma 6, il trattamento
economico di cui al comma 4 e' corrisposto a condizione che
risultino accreditate almeno tre mensilita' della predetta
contribuzione maggiorata nei dodici mesi precedenti
l'inizio del periodo indennizzabile. L'indennita' e'
calcolata, per ciascuna giornata del periodo
indennizzabile, in misura pari al 30 per cento del reddito
di lavoro relativo alla predetta contribuzione, calcolato
ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali 4 aprile 2002, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 2002.
6. Il trattamento economico per i periodi di congedo
parentale fruiti entro il primo anno di vita del bambino e'
corrisposto, a prescindere dal requisito contributivo di
cui al comma 5, anche alle lavoratrici ed ai lavoratori di
cui al comma 4 che abbiano titolo all'indennita' di
maternita' o paternita'. In tale caso, l'indennita' e'
calcolata in misura pari al 30 per cento del reddito preso
a riferimento per la corresponsione dell'indennita' di
maternita' o paternita'.
7. Le disposizioni di cui ai commi 4, 5 e 6 si
applicano anche nei casi di adozione o affidamento
preadottivo.
7-bis. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo
all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui ai
commi 4, 6 e 7, ove rilevati nei due anni antecedenti alla
richiesta della certificazione della parita' di genere di
cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile
2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle
regioni e dalle province autonome nei rispettivi
ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il
conseguimento delle stesse certificazioni.
8. All'articolo 1, comma 788, della legge 27 dicembre
2006, n. 296, il settimo e l'ottavo periodo sono soppressi.
9. Agli oneri derivanti dall'attuazione dei commi da
4 a 8, valutati in 5,26 milioni di euro per l'anno 2017,
5,11 milioni di euro per l'anno 2018, 5 milioni di euro per
l'anno 2019, 5,14 milioni di euro per l'anno 2020, 5,24
milioni di euro per l'anno 2021, 5,34 milioni di euro per
l'anno 2022, 5,45 milioni di euro per l'anno 2023, 5,57
milioni di euro per l'anno 2024 e 5,68 milioni di euro
annui a decorrere dall'anno 2025, si provvede ai sensi
dell'articolo 25, comma 3.
10. Per gli iscritti alla Gestione separata di cui
all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n.
335, i periodi di malattia, certificata come conseguente a
trattamenti terapeutici di malattie oncologiche, o di gravi
patologie cronico-degenerative ingravescenti o che comunque
comportino una inabilita' lavorativa temporanea del 100 per
cento, sono equiparati alla degenza ospedaliera.
11. Agli oneri derivanti dall'attuazione del comma
10, valutati in 0,36 milioni di euro annui a decorrere
dall'anno 2017, si provvede ai sensi dell'articolo 25,
comma 3.».
«Art. 18 (Lavoro agile). - 1. Le disposizioni del
presente capo, allo scopo di incrementare la competitivita'
e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro,
promuovono il lavoro agile quale modalita' di esecuzione
del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante
accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per
fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o
di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti
tecnologici per lo svolgimento dell'attivita' lavorativa.
La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte
all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno
senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata
massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale,
derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
2. Il datore di lavoro e' responsabile della
sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti
tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento
dell'attivita' lavorativa.
3. Le disposizioni del presente capo si applicano, in
quanto compatibili, anche nei rapporti di lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, e successive modificazioni, secondo le
direttive emanate anche ai sensi dell'articolo 14 della
legge 7 agosto 2015, n. 124, e fatta salva l'applicazione
delle diverse disposizioni specificamente adottate per tali
rapporti.
3-bis. I datori di lavoro pubblici e privati che
stipulano accordi per l'esecuzione della prestazione di
lavoro in modalita' agile sono tenuti in ogni caso a
riconoscere priorita' alle richieste di esecuzione del
rapporto di lavoro in modalita' agile formulate dalle
lavoratrici e dai lavoratori con figli fino a dodici anni
di eta' o senza alcun limite di eta' nel caso di figli in
condizioni di disabilita' ai sensi dell'articolo 3, comma
3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. La stessa priorita'
e' riconosciuta da parte del datore di lavoro alle
richieste dei lavoratori con disabilita' in situazione di
gravita' accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della
legge 5 febbraio 1992, n. 104 o che siano caregivers ai
sensi dell'articolo 1, comma 255, della legge 27 dicembre
2017, n. 205. La lavoratrice o il lavoratore che richiede
di fruire del lavoro agile non puo' essere sanzionato,
demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra
misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o
indiretti, sulle condizioni di lavoro. Qualunque misura
adottata in violazione del precedente periodo e' da
considerarsi ritorsiva o discriminatoria e, pertanto,
nulla.
3-ter. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo alla
fruizione del lavoro agile, secondo quanto disposto dal
comma 3-bis, ove rilevati nei due anni antecedenti alla
richiesta della certificazione della parita' di genere di
cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile
2006, n. 198 o di analoghe certificazioni previste dalle
regioni e dalle province autonome nei rispettivi
ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il
conseguimento delle stesse certificazioni.
4. Gli incentivi di carattere fiscale e contributivo
eventualmente riconosciuti in relazione agli incrementi di
produttivita' ed efficienza del lavoro subordinato sono
applicabili anche quando l'attivita' lavorativa sia
prestata in modalita' di lavoro agile.
5. Agli adempimenti di cui al presente articolo si
provvede senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica, con le risorse umane, finanziarie e strumentali
disponibili a legislazione vigente.».
 
Art. 5

Modifiche al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81

1. All'articolo 8 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 4, dopo la parola «coniuge» sono inserite le seguenti: «la parte di un'unione civile di cui all'articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76 o il convivente di fatto ai sensi dell'articolo 1, comma 36, della medesima legge»;
b) dopo il comma 5, sono inseriti i seguenti:
«5-bis. La lavoratrice o il lavoratore che richiede la trasformazione del contratto, ai sensi dei commi 4 e 5, non puo' essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro. Qualunque misura adottata in violazione del precedente periodo e' da considerarsi ritorsiva o discriminatoria e, pertanto, nulla.».
5-ter. La violazione delle disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 5-bis, ove rilevata nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parita' di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto-legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impedisce al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni».

Note all'art. 5:
- Il testo dell'art. 8 del citato decreto legislativo
15 giugno 2015, n. 81, come modificato dal presente
decreto, cosi' recita:
«Art. 8 (Trasformazione del rapporto). - 1. Il
rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto
di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o
viceversa, non costituisce giustificato motivo di
licenziamento.
2. Su accordo delle parti risultante da atto scritto
e' ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo
pieno in rapporto a tempo parziale.
3. I lavoratori del settore pubblico e del settore
privato affetti da patologie oncologiche nonche' da gravi
patologie cronico-degenerative ingravescenti, per i quali
residui una ridotta capacita' lavorativa, eventualmente
anche a causa degli effetti invalidanti di terapie
salvavita, accertata da una commissione medica istituita
presso l'azienda unita' sanitaria locale territorialmente
competente, hanno diritto alla trasformazione del rapporto
di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale. A
richiesta del lavoratore il rapporto di lavoro a tempo
parziale e' trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a
tempo pieno.
4. In caso di patologie oncologiche o gravi patologie
cronico-degenerative ingravescenti riguardanti il coniuge,
la parte di un'unione civile di cui all'articolo 1, comma
20, della legge 20 maggio 2016, n. 76 o il convivente di
fatto ai sensi dell'articolo 1, comma 36, della medesima
legge, i figli o i genitori del lavoratore o della
lavoratrice, nonche' nel caso in cui il lavoratore o la
lavoratrice assista una persona convivente con totale e
permanente inabilita' lavorativa con connotazione di
gravita' ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5
febbraio 1992, n. 104, che abbia necessita' di assistenza
continua in quanto non in grado di compiere gli atti
quotidiani della vita, e' riconosciuta la priorita' nella
trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a
tempo parziale.
5. In caso di richiesta del lavoratore o della
lavoratrice, con figlio convivente di eta' non superiore a
tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap
ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 104 del 1992, e'
riconosciuta la priorita' nella trasformazione del
contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
5-bis. La lavoratrice o il lavoratore che richiede la
trasformazione del contratto, ai sensi dei commi 4 e 5, non
puo' essere sanzionato, demansionato, licenziato,
trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa
avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle
condizioni di lavoro. Qualunque misura adottata in
violazione del precedente periodo e' da considerarsi
ritorsiva o discriminatoria e, pertanto, nulla.
5-ter. La violazione delle disposizioni di cui ai
commi 3, 4, 5 e 5-bis, ove rilevata nei due anni
antecedenti alla richiesta della certificazione della
parita' di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto-
legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe
certificazioni previste dalle regioni e dalle province
autonome nei rispettivi ordinamenti, impedisce al datore di
lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.
6. Il lavoratore il cui rapporto sia trasformato da
tempo pieno in tempo parziale ha diritto di precedenza
nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per
l'espletamento delle stesse mansioni o di mansioni di pari
livello e categoria legale rispetto a quelle oggetto del
rapporto di lavoro a tempo parziale.
7. Il lavoratore puo' chiedere, per una sola volta,
in luogo del congedo parentale od entro i limiti del
congedo ancora spettante ai sensi del Capo V del decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151, la trasformazione del
rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo
parziale, purche' con una riduzione d'orario non superiore
al 50 per cento. Il datore di lavoro e' tenuto a dar corso
alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta.
8. In caso di assunzione di personale a tempo
parziale il datore di lavoro e' tenuto a darne tempestiva
informazione al personale gia' dipendente con rapporto a
tempo pieno occupato in unita' produttive site nello stesso
ambito comunale, anche mediante comunicazione scritta in
luogo accessibile a tutti nei locali dell'impresa, ed a
prendere in considerazione le domande di trasformazione a
tempo parziale dei rapporti dei dipendenti a tempo pieno.».
 
Art. 6

Modifiche alla legge 8 marzo 2000, n. 53

1. All'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, dopo il comma 4, e' aggiunto il seguente: «4-ter. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui al presente articolo, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parita' di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni».

Note all'art. 6:
- Il testo dell'art. 4 della citata legge 8 marzo 2000,
n. 53, come modificato dal presente decreto, cosi' recita:
«Art. 4 (Congedi per eventi e cause particolari). -
1. La lavoratrice e il lavoratore hanno diritto ad un
permesso retribuito di tre giorni lavorativi all'anno in
caso di decesso o di documentata grave infermita' del
coniuge o di un parente entro il secondo grado o del
convivente, purche' la stabile convivenza con il lavoratore
o la lavoratrice risulti da certificazione anagrafica. In
alternativa, nei casi di documentata grave infermita', il
lavoratore e la lavoratrice possono concordare con il
datore di lavoro diverse modalita' di espletamento
dell'attivita' lavorativa.
2. I dipendenti di datori di lavoro pubblici o
privati possono richiedere, per gravi e documentati motivi
familiari, fra i quali le patologie individuate ai sensi
del comma 4, un periodo di congedo, continuativo o
frazionato, non superiore a due anni. Durante tale periodo
il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto
alla retribuzione e non puo' svolgere alcun tipo di
attivita' lavorativa. Il congedo non e' computato
nell'anzianita' di servizio ne' ai fini previdenziali; il
lavoratore puo' procedere al riscatto, ovvero al versamento
dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della
prosecuzione volontaria.
3. I contratti collettivi disciplinano le modalita'
di partecipazione agli eventuali corsi di formazione del
personale che riprende l'attivita' lavorativa dopo la
sospensione di cui al comma 2.
4. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge, il Ministro per la
solidarieta' sociale, con proprio decreto, di concerto con
i Ministri della sanita', del lavoro e della previdenza
sociale e per le pari opportunita', provvede alla
definizione dei criteri per la fruizione dei congedi di cui
al presente articolo, all'individuazione delle patologie
specifiche ai sensi del comma 2, nonche' alla
individuazione dei criteri per la verifica periodica
relativa alla sussistenza delle condizioni di grave
infermita' dei soggetti di cui al comma 1.
4-bis. La lavoratrice madre o, in alternativa, il
lavoratore padre, anche adottivi, o, dopo la loro
scomparsa, uno dei fratelli o delle sorelle conviventi di
soggetto con handicap in situazione di gravita' di cui
all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n.
104, accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della
legge medesima da almeno cinque anni e che abbiano titolo a
fruire dei benefici di cui all'articolo 33, commi 1, 2 e 3,
della predetta legge n. 104 del 1992 per l'assistenza del
figlio, hanno diritto a fruire del congedo di cui al comma
2 del presente articolo entro sessanta giorni dalla
richiesta. Durante il periodo di congedo, il richiedente ha
diritto a percepire un'indennita' corrispondente all'ultima
retribuzione e il periodo medesimo e' coperto da
contribuzione figurativa; l'indennita' e la contribuzione
figurativa spettano fino ad un importo complessivo massimo
di lire 70 milioni annue per il congedo di durata annuale.
Detto importo e' rivalutato annualmente, a decorrere
dall'anno 2002, sulla base della variazione dell'indice
ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e
impiegati. L'indennita' e' corrisposta dal datore di lavoro
secondo le modalita' previste per la corresponsione dei
trattamenti economici di maternita'. I datori di lavoro
privati, nella denuncia contributiva, detraggono l'importo
dell'indennita' dall'ammontare dei contributi previdenziali
dovuti all'ente previdenziale competente. Per i dipendenti
dei predetti datori di lavoro privati, compresi quelli per
i quali non e' prevista l'assicurazione per le prestazioni
di maternita', l'indennita' di cui al presente comma e'
corrisposta con le modalita' di cui all'articolo 1 del
decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33. Il
congedo fruito ai sensi del presente comma alternativamente
da entrambi i genitori, anche adottivi, non puo' superare
la durata complessiva di due anni; durante il periodo di
congedo entrambi i genitori non possono fruire dei benefici
di cui all'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,
fatte salve le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 del
medesimo articolo.
4-ter. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo
all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui al
presente articolo, ove rilevati nei due anni antecedenti
alla richiesta della certificazione della parita' di genere
di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11
aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste
dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi
ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il
conseguimento delle stesse certificazioni.».
 
Art. 7

Interventi per la promozione delle misure a sostegno
dei genitori e dei prestatori di assistenza

1. Al fine di migliorare la conoscibilita' della normativa e degli strumenti di sostegno della genitorialita' e delle attivita' di cura, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), nell'ambito dei progetti di sviluppo dei propri sistemi informatici, attiva specifici servizi digitali per l'informazione e l'accesso ai congedi e ai permessi disponibili per i lavoratori con responsabilita' di cura.
2. La Presidenza del Consiglio dei ministri, d'intesa con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, dell'interno, della salute e con i Ministri delegati per gli affari regionali, per le pari opportunita' e la famiglia e per le disabilita', adotta iniziative di carattere informativo per accrescere la conoscenza e promuovere l'utilizzo dei congedi e permessi disciplinati dal presente decreto legislativo, provvedendo altresi' ad assicurare che le Aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, i servizi socio-sanitari e anagrafici forniscano informazioni complete, accessibili e tempestive in merito all'esistenza e alle modalita' di fruizione degli stessi.
3. All'attuazione del presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
 
Art. 8

Monitoraggio

1. L'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP) presenta annualmente, anche sulla base dei dati forniti dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Parlamento, una relazione concernente la fruizione degli istituti oggetto del presente decreto legislativo, al fine di consentirne il monitoraggio e la valutazione, con particolare riguardo agli impatti sulla parita' di genere nel mercato del lavoro e sul miglioramento delle condizioni di vita e della condivisione dei carichi di cura. La relazione comprende, altresi' uno studio sull'interazione tra i diversi tipi di congedo previsti dall'ordinamento, tra cui il congedo di adozione ed i congedi per motivi familiari riconosciuti ai lavoratori autonomi.
2. Con l'accordo di cui all'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP) definiscono ulteriori contenuti della relazione di cui al comma 1, anche con riferimento ai criteri e alle modalita' di monitoraggio e alle tempistiche.
3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono alle attivita' previste dai commi 1 e 2 mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Note all'art. 8:
- Il testo dell'art. 15 della legge 7 agosto 1990, n.
241, cosi' recita:
«Art. 15 (Accordi fra pubbliche amministrazioni). -
1. Anche al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 14,
le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra
loro accordi per disciplinare lo svolgimento in
collaborazione di attivita' di interesse comune.
2. Per detti accordi si osservano, in quanto
applicabili, le disposizioni previste dall'articolo 11,
commi 2 e 3.
2-bis. A fare data dal 30 giugno 2014 gli accordi di
cui al comma 1 sono sottoscritti con firma digitale, ai
sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 7 marzo
2005, n. 82, con firma elettronica avanzata, ai sensi
dell'articolo 1, comma 1, lettera q-bis), del decreto
legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ovvero con altra firma
elettronica qualificata, pena la nullita' degli stessi.
Dall'attuazione della presente disposizione non devono
derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello
Stato. All'attuazione della medesima si provvede
nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie
previste dalla legislazione vigente.».
 
Art. 9

Copertura finanziaria

1. Agli oneri derivanti dagli articoli 2 e 4 del presente decreto, valutati in 96,2 milioni di euro per l'anno 2022, 197,4 milioni di euro per l'anno 2023, 202,1 milioni di euro per l'anno 2024, 206,8 milioni di euro per l'anno 2025, 211,4 milioni di euro per l'anno 2026, 216,6 milioni di euro per l'anno 2027, 221,8 milioni di euro per l'anno 2028, 226,9 milioni di euro per l'anno 2029, 232,4 milioni di euro per l'anno 2030 e in 237,4 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2031 si provvede quanto a:
a) 20,4 milioni di euro per l'anno 2022, 42,3 milioni di euro per l'anno 2023, 43,4 milioni di euro per l'anno 2024, 44,5 milioni di euro per l'anno 2025, 45,4 milioni di euro per l'anno 2026, 46,7 milioni di euro per l'anno 2027, 48,0 milioni di euro per l'anno 2028, 49,l milioni di euro per l'anno 2029, 50,5 milioni di euro per l'anno 2030 e a 51,3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2031, mediante corrispondente riduzione del Fondo per il recepimento della normativa europea di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234;
b) 75,8 milioni di euro per l'anno 2022, 155,1 milioni di euro per l'anno 2023, 158,7 milioni di euro per l'anno 2024, 162,3 milioni di euro per l'anno 2025, 166,0 milioni di euro per l'anno 2026, 169,9 milioni di euro per l'anno 2027, 173,8 milioni di euro per l'anno 2028, 177,8 milioni di euro per l'anno 2029, 181,9 milioni di euro per l'anno 2030 e a 186,1 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2031 mediante le economie derivanti dall'articolo 10.
2. L'INPS effettua il monitoraggio degli oneri derivanti dalle disposizioni di cui agli articoli 2 e 4 del presente decreto fornendo le relative informazioni al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze, anche ai fini dell'applicazione di quanto previsto dall'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni e integrazioni.

Note all'art. 9:
- Il testo dell'art. 41-bis della legge 24 dicembre
2012, n. 234, cosi' recita:
«Art. 41-bis (Fondo per il recepimento della
normativa europea). - 1. Al fine di consentire il
tempestivo adeguamento dell'ordinamento interno agli
obblighi imposti dalla normativa europea, nei soli limiti
occorrenti per l'adempimento degli obblighi medesimi e in
quanto non sia possibile farvi fronte con i fondi gia'
assegnati alle competenti amministrazioni, e' autorizzata
la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2015 e di 50
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016.
2. Per le finalita' di cui al comma 1 e' istituito
nello stato di previsione del Ministero dell'economia e
delle finanze un fondo, con una dotazione di 10 milioni di
euro per l'anno 2015 e di 50 milioni di euro annui a
decorrere dall'anno 2016, destinato alle sole spese
derivanti dagli adempimenti di cui al medesimo comma 1.
3. All'onere derivante dall'attuazione del presente
articolo, pari a 10 milioni di euro per l'anno 2015 e a 50
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016, si
provvede, quanto a 10 milioni di euro per l'anno 2015,
mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato,
per un corrispondente importo, delle somme del fondo di cui
all'articolo 5, comma 1, della legge 16 aprile 1987, n.
183, e, quanto a 50 milioni di euro annui a decorrere
dall'anno 2016, mediante corrispondente riduzione delle
proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte
corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale
2015-2017, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e
speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato
di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze
per l'anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando
l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
4. Il Ministro dell'economia e delle finanze e'
autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti
variazioni di bilancio.».
- Il testo del comma 12 dell'art. 17 della legge 31
dicembre 2009, n. 196, cosi' recita:
«12. Il Ministero dell'economia e delle finanze,
sulla base delle informazioni trasmesse dai Ministeri
competenti, provvede al monitoraggio degli oneri derivanti
dalle leggi che indicano le previsioni di spesa di cui al
comma 1, al fine di prevenire l'eventuale verificarsi di
scostamenti dell'andamento dei medesimi oneri rispetto alle
previsioni.».
 
Art. 10

Abrogazioni

1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati:
a) l'articolo 1, comma 354, della legge 11 dicembre 2016, n. 232;
b) l'articolo 1, comma 134, della legge 30 dicembre 2021, n. 234;
c) gli articoli 1, 2 e 3 del decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 22 dicembre 2012.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addi' 30 giugno 2022

MATTARELLA

Draghi, Presidente del Consiglio
dei ministri

Orlando, Ministro del lavoro e
delle politiche sociali

Bonetti, Ministro per le pari
opportunita' e la famiglia

Di Maio, Ministro degli affari
esteri e della cooperazione
internazionale

Franco, Ministro dell'economia e
delle finanze

Cartabia, Ministro della giustizia

Stefani, Ministro per le
disabilita'

Brunetta, Ministro per la pubblica
amministrazione
Visto, il Guardasigilli: Cartabia

Note all'art. 10:
- Il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche
sociali del 22 dicembre 2012 (Introduzione, in via
sperimentale per gli anni 2013-2015, del congedo
obbligatorio e del congedo facoltativo del padre, oltre a
forme di contributi economici alla madre, per favorire il
rientro nel mondo del lavoro al termine del congedo) e'
stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.
37 del 13-02-2013.